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La telenovela Sangiuliano e il discredito delle istituzioni

Set 07, 2024 Scritto da 
 
 
Noi stiamo facendo la storia e dobbiamo esserne tutti consapevoli. E questo non prevede né pause né soste, ma tanto meno può consentire errori e passi falsi”. Queste parole pronunciate dalla Presidente del Consiglio nel corso dell’esecutivo del suo partito, Fratelli d’Italia, parafrasi evidente del motto dell’eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi, “Qui si fa l’Italia o si muore”, dovevano servire a enfatizzare i presunti grandi risultati della destra al governo. Invece Giorgia Meloni si è trovata costretta a fare i conti con la condotta personale e politica, mediocre e imbarazzante, dell’ennesimo ministro del suo governo. Vista l’infima qualità e l’inaffidabilità del gruppo dirigente che ha schierato al suo fianco non c’è molto da meravigliarsi.   
 
La telenevola con al centro le presunte consulenze gratuite, offerte a Maria Rosaria Boccia dal Ministero della Cultura, guidato da Gennaro Sangiuliano, è un romanzo assai poco culturale, costruito a colpi di storie Instagram pubblicate in piena notte, di video e registrazioni, di lettere ai giornali, di interviste al TG1 e a La 7, di pagamenti di pranzi e di viaggi, di relazioni sentimentali e di presunti tradimenti, di pentimenti e di scuse imbarazzate, di vertici a Palazzo Chigi, di minacce di azioni legali e di chissà quant’altro ancora, di cui francamente potevamo farne a meno tutti, specialmente le istituzioni del nostro Paese che ne escono svilite e screditate.
 
La vicenda che ha avuto come protagonista l’ex Ministro Sangiuliano è interessante non per i contorni rosa, per il gossip, per le chat con i cuoricini appartenenti alla sua sfera strettamente privata, come di qualsiasi altro cittadino, e nemmeno per le e-mail, le telefonate e i messaggi scambiati tra gli uffici preposti, assolutamente normali dal momento che si stava predisponendo quanto necessario per intraprendere un rapporto lavorativo di collaborazione, avente natura fiduciaria, o per il fatto che ad un certo punto la procedura è stata bloccata, visto che la reciproca stima professionale si era trasformata in un rapporto personale e sentimentale. L’aspetto inquietante è che la dottoressa Boccia, senza che il suo incarico fosse stato formalizzato, frequentasse gli uffici del ministero, avesse libero accesso a dati sensibili riguardanti le attività delle strutture amministrative e visionasse documenti riservati, alcuni dei quali relativi all’organizzazione del G7 della Cultura, e soprattutto fosse solita registrare le telefonate, fotografare i documenti e filmare gli spazi interni delle istituzioni, del ministero e del Parlamento. Per quale ragione lo ha fatto? Un simile comportamento non può considerarsi normale, a meno che la donna non avesse in mente fin dall’inizio di farvi ricorso, di usare il materiale acquisito contro il suo mentore nell’eventualità che qualcosa fosse andato storto e che la sua nomina non venisse formalizzata, insomma per salvaguardarsi da eventuali passi indietro. Lo stillicidio di pubblicazioni sui suoi profili social con le quali ha smentito e continua a smentire clamorosamente le ricostruzioni raffazzonate dell’accaduto, proposte dall’ex Ministro e inizialmente avvallate dalla stessa Presidente del Consiglio, è imbarazzante.
 
Gennaro Sangiuliano avrebbe dovuto capire immediatamente che c’era qualcosa che non andava, che la dottoressa Boccia non aveva fiducia in lui visto che registrava le conversazioni e girava per il Ministero con occhiali che filmano e fotografano. A quanti ricoprono determinati incarichi non si chiede di essere veggenti, ma di essere avveduti su coloro di cui ci si circondano certamente sì.
 
Il comportamento di Sangiuliano palesa una grande superficialità e un’indiscutibile inadeguatezza istituzionale, ancor più poi che l’errore principale e più importante da lui commesso è stato quello di non aver formalizzato la nomina. Se avesse agito correttamente, non si sarebbe trovato a rincorrere i post sui social, a rispondere alle dichiarazioni della dottoressa Boccia e a giustificare il diniego alla sua nomina spifferando ai quattro venti che aveva avuto con lei una relazione sentimentale.
 
Tuttavia c’è una cifra di novità in questa vicenda, metodologicamente interessante. Una donna sola, teoricamente l’anello più debole, ha tenuto e continua a tenere in pugno tutti, Presidente del Consiglio, governo e media, sintonizzati senza soluzione di continuità sui suoi profili social e in attesa dell’ennesima imminente rivelazione e soprattutto il protagonista maschile di un’ubriacatura d’amore, iniziata male e finita peggio, l’ex Ministro della Cultura, costretto ad un mea culpa televisivo e ad una umiliazione che lascia assai perplessi sotto il profilo della gestione politica.
 
Si è trattato di una vicenda poco trasparente, di attività incompatibili con il ruolo istituzionale di un ministro ritrovatosi al centro di uno scandalo per l’uso disinvolto e privatistico delle istituzioni. L’esito inevitabile e dovuto non potevano che essere, sia pur dopo tanto tergiversare, le sue intervenute dimissioni in un sussulto di ritrovata dignità personale e politica.
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