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La vera questione morale e il Partito Democratico

Set 29, 2024 Scritto da 

 

 

I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei “sotto-boss” (Enrico Berlinguer).
 
Era il 1981 quando Enrico Berlinguer, segretario del PCI, pronunciò queste parole in una famosa intervista concessa a Eugenio Scalfari e pubblicata su “Repubblica”.
 
Il cuore del ragionamento del segretario del PCI era politico e la questione morale, che poneva al centro della sua visione e della sua azione, non aveva nulla a che fare con un’idea astratta di onestà o purezza morale, ma toccava il nodo ineludibile del rapporto tra politica e potere.
 
Le trasformazioni socioculturali, la fine delle grandi ideologie e anche di partiti e movimenti che per decenni hanno dominato la scena politica italiana, non hanno scalfito la validità e l’attualità di quella denuncia. Al contrario negli ultimi trent’anni, quelli della cosiddetta seconda repubblica, il sistema denunciato da Berlinguer è divenuto patrimonio condiviso da tutti i partiti ed è applicabile purtroppo anche alle formazioni politiche di centrosinistra e in particolare al Partito Democratico, nato su ben altre idee e con finalità diverse da quelle di essere strumento di potere a livello locale e nazionale.
 
Riflettere sulle parole di Berlinguer è utile per spiegare la crisi attuale dei partiti e in particolare del Partito Democratico, una crisi politica che professionisti politici di lungo corso e camaleonti buoni per tutte le stagioni, signori delle tessere e detentori di pacchetti di consensi, abili nell’imbastire cordate e patti di potere non ammettono e non ammetteranno mai, perché ciò significherebbe riconoscere la propria sconfitta culturale.
 
Sarebbe un errore gravissimo ridurre la questione morale alla questione giudiziaria, al coinvolgimento di singoli esponenti politici in inchieste e processi. Troppo poco e troppo facile non considerare che tale aspetto è solo la punta estrema di una degenerazione più profonda e preoccupante, la manifestazione della distorsione nel rapporto tra potere e politica e della trasformazione, anche a sinistra, dei partiti in federazioni di camarille al servizio di leader carismatici o presunti tali.
 
Mostrarsi indignati e abbandonarsi ad un moralismo che rapidamente si accende e altrettanto rapidamente si spegne, evita di affrontare e mettere in discussione certi sistemi radicati di controllo dell’apparato partitico. L’obiettivo è mantenersi in tutti i modi a galla ed evitare di mettere mano ai nodi politici.
 
Il problema vero, la vera questione morale invece è che il Partito Democratico e la sinistra in generale sono stati avvolti e in alcuni casi ingoiati da un vuoto ideale e ad essersi deteriorata è la concezione stessa della politica. Poco importa se dilaga l’astensionismo ed è a rischio la stessa sopravvivenza di una prospettiva politica progressista e democratica con al centro gli interessi dei cittadini, il bene comune.
 
La convinzione che la forza del potere esercitato fosse giustificazione sufficiente per l’esercizio del potere stesso, non solo si è dimostrata erronea ma ha logorato un’intera classe politica, la quale per insipienza, convenienza o conformismo non vuole riconoscere che sono queste le ragioni delle sconfitte degli ultimi anni, della crisi dei consensi e delle proprie responsabilità per aver causato la crisi stessa.
 
L’azione generosa e coerente fin qui messa in campo dalla segretaria nazionale del PD Elly Schlein richiede tuttavia un cambio di passo deciso e una incisività maggiore a livello locale, sui territori, dove continuano a dominare logiche totalmente estranee ad una visione alta della politica, legate all’amichettismo e alle cordate, ad una adesione che è solo tesserificio e non possiede nulla della militanza.
 
Il Partito Democratico non può essere una ridotta per pochi autoeletti, ma deve essere una comunità aperta, appartenente ai cittadini e fondata su valori riconoscibili e praticati.
 
Non c’è più tempo da perdere.
 
Pubblicato in Riflessioni

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