Dopo un ritardo di mesi i campi per i migranti, fatti costruire dal governo in Albania tra tanti dubbi e polemiche su come effettivamente opereranno, quale utilità avranno e come garantiranno i diritti delle persone ospitate, sono entrati in funzione. Si tratta di un centro per il trattenimento dei richiedenti asilo da 880 posti, un Cpr da 144 posti e un piccolo penitenziario da 20 posti.
Dopo quasi un anno dall’annuncio della Presidente del Consiglio, i primi sedici migranti sono arrivati nel porto di Schengjin, trasferiti in Albania con la nave Libra della Marina Militare. Quattro sono stati riportati subito indietro in quanto due erano minorenni e due vulnerabili, cioè malati, mentre per gli altri dodici i magistrati romani, come prevedibile, non hanno convalidato il trattenimento perché provenienti da paesi non sicuri, che secondo la sentenza del 4 ottobre della Corte di Giustizia Europea, devono essere tali in ogni sua parte e per ogni persona e non possono esserci persecuzioni, discriminazioni e torture in nessuna zona del loro territorio.
Sessantaquattro militari, una nave di ottanta metri per sedici migranti, tutti uomini, costretti a dormire all’aperto durante il viaggio perché non ci sono cuccette per le persone trasportate ma solo per il personale di bordo. 18 mila euro a migrante e una sonora bocciatura, tanto è costato questo primo trasferimento.
La spesa complessiva preventivata per questa messa in scena propagandistica è di circa un miliardo di euro in cinque anni, di gran lunga superiore a quella necessaria se la gestione dei migranti avvenisse direttamente sul territorio nazionale. Siamo in presenza di uno spreco di milioni di euro, spesi in maniera del tutto incontrollata, che avrebbero potuto essere impiegati a sostegno di quanti sono in difficoltà, di tanti poveri che non riescono neppure a soddisfare le proprie esigenze minime e in un momento poi in cui si prospettano tagli pesantissimi alla spesa pubblica. Per giunta tutto questo denaro è servito a costruire e dovrà mantenere operative delle strutture che neanche lontanamente somigliano a centri di accoglienza per persone provate da viaggi lunghissimi e da violenze e privazioni di ogni sorta.
Il centro di trattenimento per come è stato concepito e strutturato poi è una prigione, da cui non è consentito uscire e all’interno del quale è non possibile avere neppure il cellulare. Le persone vengono tenute recluse senza che abbiano commesso reati e la loro sola colpa è essere fuggite da guerre, da paesi in cui sono sistematiche le violazioni dei diritti umani e dalla povertà e di desiderare un futuro diverso.
I richiedenti asilo sono considerati dei pericolosi delinquenti da internare e isolare, con buona pace dei principi costituzionali che ispirano il nostro ordinamento democratico e che sono palesemente calpestati da norme che rasentano la disumanità. I principi ispiratori della legge voluta dal governo Meloni sono quelli del respingimento sistematico e a prescindere degli immigrati che arrivano in Italia e della selezione per distinguere gli uomini dalle donne, dai bambini e dalle persone fragili, mettendo in conto il rischio di dividere le famiglie, i genitori dai figli. Peraltro stiamo parlando del trasferimento di un numero residuale di immigrati rispetto a quanti arrivano in Italia, dato che occorre fare tutti gli accertamenti e che per il trasferimento in Albania sono necessari tre giorni di navigazione, con la ovvia conseguenza che saranno possibili al massimo un paio di viaggi a settimana.
Giorgia Meloni in più occasioni ha rivendicato il fatto che i campi in Albania sono la realizzazione di un "mandato chiaro ricevuto dai cittadini". Al di là del fatto che il governo tecnicamente non riceve alcun mandato dagli elettori e che di questi centri da realizzare in Albania non c’è traccia nel programma elettorale del centrodestra, il dato reale è che il governo vuole limitare l’immigrazione ricorrendo a misure tanto drastiche quanto biasimevoli eticamente e costituzionalmente.
Il governo lavora per "difendere i confini italiani", sostiene da sempre la Presidente del Consiglio. Se le parole hanno un senso, il gioco ricorrente di parlare di migrazione come di un atto bellico è davvero assurdo, ridicolo e detestabile. Il dover difendere i confini nazionali da un’invasione è un’asserzione farlocca, faziosa e senza fondamento. I confini nazionali vanno difesi dagli eserciti, dalle escalation di guerre, che tante scelte politiche dei governi occidentali oggi stanno fomentando, e non certo da chi fugge in cerca di libertà, protezione e nuove opportunità di vita.
Sostenere che una simile scelta sia funzionale a fermare la tratta di esseri umani è un altro grande cavallo di battaglia della propaganda del governo non rispondente a dati veri. La tratta di esseri umani non si ferma con politiche come quelle dell’esecutivo, che finiscono di fatto per riconsegnare le persone in mano ai trafficanti che si sostiene di voler combattere. Non ha molto senso condannare con pene pesantissime quanti per necessità o disperazione sono costretti a mettersi alla guida dei barconi e non fare nulla contro chi veramente gestisce l’enorme business della tratta di persone, con un costo altissimo in termini di vite umane e di sofferenze, che vengono catturate in mare dai guardacoste libici o tunisini, indirettamente finanziati dalle tasse degli italiani tramite gli accordi di esternalizzazione.
L’errore fondamentale del governo italiano e di molti altri governi europei è pensare che l’Europa e più in generale l’Occidente possano essere trasformati in una fortezza invalicabile, che si possa arrestare il naturale mischiarsi dei popoli che accade da sempre e il flusso migratorio conseguente all’esigenza di fuggire anche dagli effetti dei cambiamenti climatici.
È tempo di mettere fine a questa battaglia di retroguardia, antistorica e contraria ai valori umani ed aprire una fase nuova, rimettendo al centro l’uomo con i suoi diritti, i suoi doveri e le sue libertà.