Ci sono storie che meritano di essere raccontate, luci accese nel grigiore quotidiano che colorano di speranza il futuro. Ci sono persone in apparenza normali, ordinarie, giudicate insignificanti, che passano inosservate ai disattenti e ai superficiali, dotate invece di una forza sorprendente, capaci di toccare l’intimo di quanti le incontrano, di arrivare con immediatezza e semplicità nel punto di congiunzione tra mente e cuore, di mettere in discussione gli assetti ossificati dei vissuti personali, di orientare con la testimonianza del loro essere e vivere le scelte di quanti camminano loro accanto e perfino di cambiare il corso dei grandi avvenimenti umani.
In questi giorni la faccia sorridente di Carlo Acutis ha campeggiato sui social, della sua storia si sono occupati giornali e notiziari televisivi perché il 10 ottobre 2020 è stato proclamato beato: è il primo santo millenials. Definizione efficace dal punto di vista comunicativo, ma che forse non gli rende giustizia in pieno. Voglio soffermarmi sull’avventura umana di questo ragazzo nato nel 1991 e morto a soli 15 anni il quale, nonostante la brevità del tempo vissuto, non ha rappresentato una meteora, una folata di vento che si è dispersa nella dimenticanza, anzi ha segnato e continua a segnare la vita non solo dei familiari e di quanti lo hanno conosciuto e amato, ma anche di tanti ragazzi e giovani d’ogni parte del mondo e comunque è un interrogativo incessante a prescindere da punti di vista e convincimenti personali, dal credere o meno in Dio.
Chi è Carlo Acutis?
È un ragazzo cresciuto a pane e internet, come tutti i ragazzi del nostro tempo. Porta il nome del nonno, patron della Compagnia di Assicurazione Vittoria e nasce a Londra, dove i genitori si erano momentaneamente trasferiti poiché il padre all’epoca era manager di una banca d’affari. Ritorna con la famiglia a Milano e qui frequenta le scuole. Gioca a pallone, suona il sassofono, fa trekking in montagna, si diverte con i videogiochi, ama i film polizieschi, gira filmini con protagonisti i suoi cani e gatti e va in pizzeria con gli amici. Frequenta con profitto il liceo milanese dei gesuiti “Leone XIII” e gli amici lo amano per l’allegria che porta alla compagnia, anche se non cerca lo sballo ed è sempre misurato nei suoi sentimenti e nei suoi slanci. È un genio dell’informatica. Fin da piccolo gioca a fare lo scienziato informatico con tanto di camice bianco. Realizza video, fa montaggi con la sua telecamera, confeziona riviste online e progetta programmi per il computer. Studia sui manuali specializzati in uso nelle facoltà di ingegneria informatica e da autodidatta diventa un programmatore sempre più esperto. Tuttavia nella vita di Carlo Acutis il posto fondamentale è occupato dalla fede cristiana, che vive in modo profondo e radicale. È un innamorato di Dio. Manifesta questa sua inclinazione fin dalla più tenera età, tanto che chiede ed ottiene di fare la prima comunione a 7 anni anziché a 10, come avviene normalmente, partecipa alla Messa ogni giorno, prega il rosario e trova il tempo per l’adorazione eucaristica quotidiana, convinto che quando “ci si mette di fronte al sole ci si abbronza... ma quando ci si mette dinnanzi a Gesù Eucaristia si diventa santi”. Probabilmente la sua frase più famosa è: "L’Eucaristia? E’ la mia autostrada per il Cielo!". Utilizza le sue capacità informatiche per essere testimone della fede sul web, diventa un influencer di Dio. È ammirato e stimato dai suoi compagni di scuola e tra gli amici anche chi lo avversa e lo prende in giro per la sua fede, finisce per restarne affascinato, per farsi attrarre da lui. Carlo non è un alieno, ma vive nel suo tempo profondamente e concretamente, sforzandosi di essere se stesso, senza nascondersi, senza vergognarsi e senza cedere alla tentazione di fare proselitismo. Testimonia il suo essere cristiano semplicemente con la sua vita quotidiana.
Nel suo quartiere lo conoscono tutti. Quando passa in bicicletta si ferma a parlare con i portinai dei palazzi, molti dei quali sono stranieri e di religione musulmana e induista. Racconta loro di sé, della sua vita e della sua fede con semplicità e tutti ascoltano volentieri quel ragazzino così simpatico e affabile. A pranzo fa mettere in dei contenitori il cibo che avanza e li distribuisce ai clochard del suo quartiere. Con i risparmi personali compra un sacco a pelo per il clochard che incontra abitualmente quando va nella chiesa di Santa Maria Segreta, gli altri li dona ai Cappuccini di viale Piave che hanno una mensa per i poveri e i senzatetto, dove presta anche servizio come volontario. Rajesh il collaboratore domestico che vive in casa con la sua famiglia è induista, ma resta folgorato da lui e decide di convertirsi al cristianesimo. Di Carlo Acutis dice: “L’ho sempre considerato fuori dal normale perché un ragazzo così giovane, così bello e così ricco normalmente preferisce fare una vita diversa”.
Ai primi di ottobre del 2006 Carlo Acutis si ammala. Sembra una banale influenza, ma le sue condizioni si aggravano rapidamente e viene ricoverato all’Ospedale San Gerardo di Monza. Gli viene diagnosticata una leucemia fulminante, il tipo peggiore che non lascia scampo. Muore il 12 ottobre 2006. Il giorno dei suoi funerali la chiesa è gremita di persone che la famiglia non conosce e non ha mai visto prima: poveri, clochard, stranieri e tanti bambini, i quali si avvicinano al papà e alla mamma e parlano loro di Carlo, di tutto quello che ha fatto, testimoniano la sua vita. Viene sepolto ad Assisi, come aveva espressamente chiesto. Dopo la sua morte ai genitori iniziano ad arrivare migliaia di lettere di persone di vogliono sapere qualcosa di più di Carlo. È un’onda montante e inarrestabile: tanti giovani lo ammirano, cambiano vita e cercano di imitarlo.
Personalmente detesto le agiografie, i racconti edificanti, certo devozionismo che considero fuorviante e deleterio. Tuttavia sono rimasto affascinato dalla storia di Carlo Acutis, così lontano dagli stereotipi con cui siamo soliti rappresentare i ragazzi e i giovani del nostro tempo, il quale ha impiegato bene la sua vita impegnandosi nel volontariato e spendendosi per gli ultimi e i diseredati con assoluta generosità. Sono convinto che i nostri giovani hanno potenzialità enormi, sono capaci di grandissime cose anche fuori dall’ordinario, ma troppo spesso si trovano a fare i conti con molti di noi, cattivi maestri e pessimi esempi, credenti e non credenti in par misura. Penso che Carlo Acutis sia un modello a cui guardare, al di là delle convinzioni personali in materia religiosa e dei tanti pregiudizi che troppo spesso ci condizionano, per costruire insieme una società veramente umana, fondata su principi e valori solidi.