“Il consenso globale emerso è che, nonostante alcuni progressi, il vero cambiamento sia stato dolorosamente lento per la maggior parte delle donne e delle ragazze del mondo. A oggi, nessun Paese può affermare di aver raggiunto la parità di genere. Multipli ostacoli rimangono invariati nella legislazione e nella cultura. Le donne e le ragazze continuano a essere sottovalutate; lavorano di più e guadagnano di meno e hanno meno scelte; e sperimentano molteplici forme di violenza a casa e negli spazi pubblici. Inoltre, esiste una significativa minaccia di regressione delle conquiste femministe duramente guadagnate”. (Rapporto ONU 2019)
L’obiettivo di realizzare una piena e sostanziale parità di genere, cancellando diseguaglianze e discriminazioni, non è la rivendicazione di una parte, non appartiene solo alle donne ma deve essere un impegno concreto e quotidiano di tutti e di ciascuno. In gioco non ci sono interessi contrapposti, la sottrazione e la conquista di spazi da parte delle donne a scapito degli uomini secondo una logica sostituzionistica o la negazione dell’irrinunciabile ricchezza della diversità, come qualcuno scorrettamente sostiene per coprire la propria subcultura retrograda, ma l’irrinunciabile necessità di affermare e realizzare in modo sostanziale i diritti civili e le libertà sancite nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e nella nostra Carta Costituzionale, nella consapevole certezza che ovunque essi subiscano limitazioni o vengano negati è vilipesa l’essenza stessa della nostra umanità.
L’8 marzo non è banalmente una ricorrenza, una festa consumistica o l’occasione per ostentare un effimero e vuoto orgoglio femminile, quanto piuttosto un giorno in cui ricordare il cammino compiuto grazie alla fierezza dei valori professati, alla forza e al coraggio di tante donne, in cui fare il punto delle conquiste sociali, economiche e politiche ottenute attraverso le lotte e i sacrifici personali, anche con il supporto di tanti uomini che non le hanno lasciate sole, e soprattutto l’occasione per denunciare soprusi, discriminazioni e violenze di cui sono ancora oggetto in tanti paesi del mondo e anche in Italia. Personalmente, se fossi donna, mi sentirei offeso nel vedermi offrire in questo giorno mimose e omaggi floreali, nell’essere destinatario di auguri elargiti con superficialità, dato che tali attenzioni e gesti assai spesso sono pura ipocrisia, non esprimono un sentire autentico, non si accompagnano alla rinuncia delle consolidate posizioni di vantaggio, ad un impegno efficace nell’abbattere barriere e rimuovere ostacoli antistorici e insopportabili e sono un gesto di maniera, una ostentazione di sensibilità apparente, utile solo a celare la scarsa considerazione per le donne e il deficit valoriale che si esplicita in tante scelte compiute ordinariamente, antitetiche all’obiettivo di conseguire una piena parità di genere.
Indubbiamente in questi anni sono stati compiuti passi in avanti significativi sulla strada della parità, grazie anche alla spinta delle cosiddette “quote rosa” stabilite dalla legge, ma ciò nonostante la nostra società continua a nascondere sotto la patina superficiale una cultura patriarcale nella quale prevalgono gli stereotipi sessisti più beceri e un maschilismo mascherato che persevera nel considerare le donne all’altezza di compiti e ruoli al massimo di contorno e non di diretta responsabilità, fino ad arrivare ad alcune frange estreme e retrive, neppure tanto marginali, che le considerano alla stregua di una proprietà. È evidente che non basta un vincolo normativo, per quanto forte e stringente, per superare mentalità consolidate e prassi incancrenite, ancor più poi che tante volte il suo rispetto è solo apparente e non sostanziale. Le donne continuano ad essere poche ai vertici dell’economia, della finanza, della politica, nei luoghi decisionali in genere o comunque hanno ruoli marginali e soprattutto latitano nei livelli sociali meno prestigiosi. Il numero delle donne che lavorano è inammissibilmente basso, soprattutto in Italia, e sono mediamente peggio retribuite. Se la pandemia sta mettendo a rischio il lavoro di milioni di persone, le donne sono quelle che ne pagano e ne pagheranno in maggior misura nel prossimo futuro le conseguenze. Pertanto è indispensabile intervenire con politiche radicali e innovative dirette a colmare questo gap, ripensare lo stato sociale mediante un aumento quantitativo e qualitativo dei servizi affinché sia garantito alle donne di poter dedicare alla propria carriera le stesse energie dei colleghi uomini e contestualmente a questi ultimi la possibilità di usufruire di una maggiore presenza nella cura della famiglia. Conciliare lavoro e famiglia non esaurisce il problema ed è solo uno degli aspetti di una questione di ben più ampia portata sociale e culturale.
Un pensiero particolare, insieme alla mia personale vicinanza e solidarietà, va a tutte le donne che specialmente in questo nostro tempo travagliato e conflittuale, si sono assunte l’onere e la dignità di lottare per la democrazia, i diritti civili, le libertà e la dignità dei propri popoli. Storditi e distratti dalla angosciosa tempesta del Covid-19, non abbiamo prestato sufficiente attenzione a quanto sta avvenendo nel mondo e perfino nel cuore della nostra civilissima Europa, che vanta o forse dovrebbe vantare standard elevati di democrazia. In Bielorussia le donne hanno assunto la guida della protesta contro il regime liberticida e dittatoriale di Lukashenko, che soltanto gli ipocriti hanno il coraggio di definire democrazia. In Polonia sono scese in strada per protestare contro la legge votata dal Parlamento, controllato dall’estrema destra xenofoba e razzista, che ha cancellato la libertà di scelta riguardo la maternità. In Ungheria hanno cercato di resistere in tutti i modi al tentativo purtroppo riuscito del regime di Orban e dei partiti che lo sostengono, di non far ratificare dal Parlamento la Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne e i femminicidi. In Arabia Saudita, finalmente dopo quasi tre anni è stata liberata ed è tornata a casa Loujain al-Hathloul, nota attivista per i diritti delle donne e per questo motivo condannata a cinque anni di carcere. Durante la lunga e ingiusta detenzione è stata torturata e fatto oggetto di abusi sessuali.
Schierarsi al fianco delle donne, condividere la loro battaglia per la piena parità di genere in ogni campo, in ogni contesto sociale e lavorativo è un dovere etico e morale per ogni autentico democratico e non può esserci spazio per distinguo, freddezze o indifferenze: tutti, in prima persona e in pari misura, dobbiamo sentirci investiti irrinunciabilmente da tale impegno, a prescindere se uomini o donne, un dettaglio questo a ben vedere veramente irrilevante rispetto al dato sostanziale dell’affermazione dei diritti umani.
La pandemia quest’anno non fermerà la macchina organizzativa della Passione di Cristo di Sezze. Una delle più antiche ed importanti associazioni della città, considerato che non sarà possibile svolgere la Processione nella sua forma tradizionale per le vie del paese per l’emergenza sanitaria, per dare continuità alla tradizione storica della “Sacra Rappresentazione “, ha presentato al Comune di Sezze un progetto riguardante una interessante iniziativa mediante la realizzazione di un documento-film sulle varie scene che compongono la Sacra Rappresentazione. Il documento-film coinvolgerà più di duecento persone che saranno impegnate in piccoli gruppi, in diversi giorni della settimana, per diverse riprese cinematografiche, a cura di una società specializzata sotto le direttive artistiche dell’Associazione della Passione di Cristo. Le riprese dei quadri sono già iniziate. Diverse e suggestive le location scelte dall’associazione: vicoli della città, interni e soprattutto luoghi all’aperto. Grande novità, infatti, saranno i quadri della passione rappresentati presso l’Anfiteatro di Sezze nella collina setina del Golgota, dove per l’occasione sono state ristrutturate le tre croci. Anche qui sono iniziate le riprese molto suggestive rese dalla straordinaria bellezza del luogo. Il documento filmico sarà proiettato e messo in onda attraverso i canali di emittenti regionali, nazionali ed in eurovisione, il giorno del venerdì santo, fino alla Pasqua, ed eventualmente su richiesta anche in altre giornate. Per gli organizzatori “Il docu-film che l’associazione della Passione di Cristo sta realizzando, valorizzerà, oltre l’aspetto artistico della Sacra Rappresentazione, già riconosciuto a livello nazionale ed internazionale, anche gli elementi architettonici del territorio comunale, gli angoli caratteristici, i siti archeologici e le strutture naturali aventi significato per la realizzazione di un siffatto documento”. Complimenti a tutti.
Foto Franco Abbenda
Poco più di due minuti di un video fantastico, ironico, che invita tutti a “rilassarsi” in un lungo momento di stress. Il video realizzato dal giovane setino Alessandro Di Prospero impazza sul web con oltre 1000 condivisioni e altri e altri ancora commenti. Alessandrino, nella sua semplice ma efficace ironia, ci parla di mucche, capre e relax nella naturale cornice di Melogrosso, una frazione di Sezze dove vive. Il suo video è andato oltre i confini italiani, arrivando perfino nella Repubblica Domenicana. Sarcastico, sottile, invita tutti a non avere “il capo ingrippato” ma a rilassarsi, e a godersi la “variante longara”, la vita in maniera rilassata in questo periodo di pandemia. Alessandrino non è nuovo a fare video dal suo smartphone, non è nuovo a farsi due risate e donarci momenti di ilarità. Una ricetta contro lo stress genuina. Grande Alessandrino.
Quasi due anni e mezzo senza canonica e senza i locali parrocchiali. I lavori a Santa Maria a Sezze ancora non vedono la conclusione, ed è dal lontano nubifragio del 29 ottobre del 2018 che il parroco e il suo vice sono ospitati presso una abitazione privata. Sono più di due anni quindi che Padre Damiano è costretto ad arrangiarsi per fare catechismo e per ricevere i fedeli. La ricostruzione della canonica e dei locali parrocchiali sono diventati una vera e propria fabbrica di San Pietro, e tutto questo sembra che sia dovuto alla lungaggine della burocrazia. La richiesta di finanziamento per ricostruire la canonica e tutto ciò che venne distrutto dal maltempo sono partiti nel 2018, subito dopo i danni alla struttura. Il decreto della Cei però arriva solo nell’aprile del 2020. Si tratta di un finanziamento di circa il 70 per cento dell’importo totale dei lavori che si aggira sui 300 mila euro, mentre il restante 30 per cento sono somme stanziate dalla parrocchia. Il problema però sembra essere stata l’erogazione delle somme. Sembra che la burocrazia preveda subito una somma per inizio lavori e poi un saldo a conclusione degli stessi. Da qui i ritardi nel cronoprogramma dei lavori e di conseguenza i ritardi nella consegna della canonica e dei locali al parroco e ai fedeli. L’appartamento ad oggi è praticamente concluso, manca solo il mobilio. I locali della parrocchia sono in fase finale. Manca solo il nuovo pavimento dell’oratorio in fase di realizzazione. Si spera che adesso si arrivi a dama. Gli addetti ai lavori sono fiduciosi che la canonica sarà consegnata entro Giugno. Speriamo.
Il suo è uno sfogo ed un sollecito. Il presidente del consiglio comunale di Sezze, Enzo Eramo, non ci sta ad aspettare ancora e invita l’amministrazione comunale e gli uffici a rendere esecutivo il progetto di riqualificazione del Parco della Rimembranza di Sezze. Il consiglio comunale da quasi due anni ha stanziato 60 mila euro e tra progetti approvati e altre scartoffie ancora non si procede con l’inizio dei lavori. Ed ecco allora che la seconda carica istituzionale del Comune di Sezze ha deciso di scrivere un post per sollecitare gli uffici ma anche il sindaco Sergio Di Raimo affinché si proceda nell’immediato ad iniziare i lavori. “Con il bilancio approvato nel 2020 l'Amministrazione Comunale decise di dotare il Monumento di un parco giochi adeguato, bello e in sicurezza. Comprendo tutte le difficoltà burocratiche - scrive Enzo Eramo - ma penso che sia arrivata l’ora, dopo i tanti solleciti, di concretizzare tutto ciò, nel rispetto dell'indirizzo preciso dato dal consiglio comunale. Lo dobbiamo ai bambini e glielo dobbiamo soprattutto per quello che stanno soffrendo con questa maledetta pandemia”. I solleciti di cui parla Eramo sono lettere inviate ai responsabili degli uffici e diversi incontri con i tecnici. Che sia la volta buona allora... e che si arrivi in primavera con un parco riqualificato e messo in sicurezza.
Le stelle non brillano più nel firmamento della politica italiana.
Se appena tre anni fa il Movimento 5Stelle sembrava proiettato all’apogeo e verso un futuro di magnifiche sorti e progressive, oggi l’impressione prevalente è quella di un suo lento declinare, di un suo inesorabile rincorrere la linea dell’orizzonte, sole calante allo spirare del giorno. Si sa il consenso è fatuo, particolarmente in questi nostri tempi dalle idealità labili e dagli ancoraggi valoriali incerti, non vive di fedeltà durature ma di superficialità, infatuazione ed emotività.
Volgendo lo sguardo indietro e riconsiderando gli accadimenti trascorsi, a nessuno sfugge che l’affermazione del M5s è stata un’esaltante e travolgente cavalcata, ma soprattutto che si è trattato di un fenomeno tutt’altro che casuale e imprevedibile. Il progetto politico grillino è partito dall’intuizione di un’azienda di comunicazione a conduzione familiare, la Casaleggio, tra le prime in Italia ad occuparsi di propaganda politica online. Il suo visionario fondatore ha colto la potenzialità della rete, la sua capacità di raggiungere senza intermediazione milioni di persone e l’ha applicata nel campo della politica, servendosi di messaggi semplificati e, dettaglio niente affatto irrilevante, della popolarità e del fascino sulle persone della comicità dissacrante di Beppe Grillo. Il progetto messo in campo, dalla forte connotazione antisistemica e di contrapposizione ai partiti e movimenti tradizionali, si è imposto prepotentemente e ha condizionato il dibattito e le iniziative politiche. Si è trattato soprattutto di una gigantesca operazione mediatica, dagli effetti dirompenti anche sul piano della comunicazione per la sua innovatività e pervasività, di fronte alla quale gli stessi operatori del settore si sono trovati spiazzati, l’hanno subita, cavalcata, esaltata o dileggiata e solo in pochi si sono peritati di analizzarne portata e conseguenze. L’approccio superficiale e la prospettazione di soluzioni semplicistiche a problemi complessi, il linguaggio ruvido, la retorica tranciante, il ricorso al giacobinismo e al qualunquismo, il complottismo come strumento di analisi e interpretazione degli avvenimenti, il moralismo e il giustizialismo branditi come un’arma per delegittimare l’avversario, il nuovismo e il giovanilismo presentati come la panacea di tutti i mali, l’indisponibilità a scendere a patti con le altre forze politiche in ragione di una rivendicata purezza, la concezione idealizzata della comunità il cui dinamismo è messo in antitesi rispetto all’abituale agire dei vituperati politicanti di professione, il rigetto della competenza considerata l’arma preferita dalle èlite per soggiogare il popolo, il nazional-populismo contrapposto all’internazionalismo, la solleticazione degli egoismi più settari, il considerare destra e sinistra categorie superate, l’ambiguità e l’indifferentismo valoriale e culturale sono stati i tratti distintivi della martellante proposta politico-mediatica dei M5s, che hanno catalizzato il consenso di un numero consistente di cittadini, stanchi di una classe politica giudicata inadeguata e in crisi profonda di credibilità, rappresentatività e proposte. I problemi sono esplosi quando il M5s ha dovuto tradurre i consensi raccolti in una proposta di governo, passando dalla comoda posizione dell’opposizione a quella assai più difficile dell’assunzione diretta delle responsabilità, e al contempo trovare un terreno di incontro e compromesso con le altre forze politiche presenti in Parlamento, prima con La Lega di Matteo Salvini, poi dopo una giravolta mirabolante con il P.D. e il centrosinistra e da ultimo sostenendo il governo di Mario Draghi, scelte queste che hanno creato malumori, delusioni, dissensi e divisioni sia nella base che tra gli stessi eletti, con l’annesso carosello di abbandoni e espulsioni. Così facendo i grillini sono entrati tangibilmente in contraddizione con il nucleo sostanziale della loro ideologia fondativa, è stata messa in crisi la loro sbandierata diversità ontologica rispetto alle altre forze politiche e da critici feroci dell’establishment e dell’élite politiche, finanziarie e mediatiche, da antagonisti delle istituzioni si sono fatti essi stessi élite, hanno accettato di stringere alleanze e fatto cadere il divieto di esercitare più di due mandati, considerato in origine l’argine indispensabile per impedire il professionismo politico, e sono divenuti nei fatti un partito proprio come gli altri. Il M5s si trova oggi di fronte ad un bivio: o definitivamente istituzionalizzarsi abbandonando il populismo, orientarsi per un campo, che alla luce del percorso intrapreso non può che essere il centrosinistra, sposare l’europeismo divenendo una forza politica moderata, liberale ed ecologista, come sostenuto da Luigi Di Maio in una recente intervista, o tentare di riprendere in qualche modo la carica eversiva e antisistema originaria, riavvolgere il nastro della storia puntando nuovamente a catalizzare i consensi attraverso il collante protestatario e un programma politico velleitario, utili soltanto a celare la diversità genetica e la sostanziale incompatibilità politica delle sue diverse componenti, ritagliandosi un ruolo diverso da quello dei partiti e relegandosi a prescindere all’opposizione, come vorrebbero Alessandro Di Battista e il gruppo di eletti dissidenti che hanno negato la fiducia al nuovo governo. La strada che il M5s ha dinanzi è in ogni caso impervia, irta di ostacoli e pericoli che possono metterne a rischio la stessa sopravvivenza. Tuttavia la storia dimostra che i soggetti politici vivono e sopravvivono solo se si dotano di un impianto ideale e culturale definito e condiviso e che una scelta di campo è ineludibile: destra e sinistra esistono come visioni ideali e come prassi politica. Rimanere in mezzo al guado è impensabile, ancor più poi che il movimentismo protestatario non porta da nessuna parte ed è destinato al fallimento. Inoltre il sentire politico odierno è profondamente cambiato e i cittadini pretendono dalla politica risposte serie e concrete per affrontare e superare le difficoltà economiche e sociali esacerbate dalla pandemia. Spetterà a dirigenti e militanti del M5S dare sostanza e forma nuove al loro soggetto politico oppure, non accettandone e guidandone l’evoluzione, condannarlo all’irrilevanza e alla rapida dissoluzione. Fatte le dovute distinzioni di contesto sociale, culturale ed economico, la parabola politica del M5s ricorda molto quella del Movimento dell’Uomo Qualunque, fondato da Guglielmo Giannini alla fine della seconda guerra mondiale, sia per la carica di antipolitica, sia per l’assenza di una precisa identità politica e sia per il fatto di possedere un codice intrinseco di autodissoluzione. Personalmente guarderò con interessato disincanto l’evoluzione di questo peculiare esperimento politico, con il distacco proprio di chi non è mai caduto vittima della sua fascinazione.
Il gruppo Biancoleone sottopone all’attenzione dei cittadini di Sezze quello che considera un "atteggiamento antisindacale della maggioranza Di Raimo". Tutti i consiglieri di minoranza con una mozione avevano segnalato che la deliberazione di Giunta n. 169 del 17/11/2020 con oggetto: “Nuovo ordinamento degli uffici e servizi organigramma e funzionigramma- approvazione” a circa un anno e mezzo dalle elezioni non poteva funzionare e che "tale scelta non garantiva il perseguimento dell’interesse pubblico, il miglioramento della qualità dei servizi offerti ai cittadini ed alle imprese". I consiglieri comunali Serafino Di Palma e Paride Martella aggiungono: "Da tutti i consiglieri di minoranza la deliberazione 169 fu dichiarata illegittima, in quanto l’adozione del nuovo ordinamento degli uffici non fu sottoposto alla preventiva informazione sindacale, così come previsto dal d.lgs. 165/2001. La maggioranza Di Raimo per niente recettiva alle istanze delle minoranze, sorretta da una forma di autismo politico, in spregio ad ogni forma di democrazia deliberativa è andata avanti scontrandosi con i sindacati. Nei comunicati stampi del Comune di Sezze si lasciava intendere che c’era pieno accordo con le Organizzazione Sindacali, tanto che le stesse in data 12 febbraio 2021 sono state costrette a comunicare che non intendevano aderire alla richiesta di un comunicato stampa congiunto. Le organizzazioni Sindacali hanno ribadito quanto segue: “Soprattutto, però, si è rilevato che nel Comunicato dell’Ente è stata riportata la condivisione con le OO.SS. della Delibera di Giunta 169 del 17 novembre 2020, relativa all’approvazione di una nuova dotazione organica, mai inviata alle organizzazioni sindacali, che non hanno nemmeno ricevuto Comune di Sezze Prot.n. 0005458 del 26-02-2021 arrivo Cat. 3 Cl.11 l'informativa dell’atto, obbligatoria per legge, che apporta un cambiamento sostanziale dell’organigramma e funzionigramma dell’Ente. Infatti, la delibera in oggetto prevede la figura di due dirigenti: uno alla Direzione dell’Area Amministrativa ed uno alla Direzione dell’Area Tecnica. Poiché tali scelte avranno ricadute sulle risorse a disposizione per il personale dell’Ente, con variazione di spesa sui costi complessivi del personale, limitati per legge, e sul salario accessorio, era indispensabile e necessario il coinvolgimento delle OO.SS. di categoria. Inoltre, le stesse OO.SS. non sono a conoscenza del fatto che sia stato o meno modificato il Piano Triennale del Fabbisogno di Personale 2018/2020, n. 10 del 23-01-2018 e se è previsto l’aumento delle ore del personale attualmente part time, se sono previste assunzioni per le categorie B e C in considerazione delle cessazioni dal servizio previste nei prossimi anni. Per quanto sopra le OO.SS. FP CGIL FR LT e la UILFPL Latina chiedono un urgente confronto sui contenuti della deliberazione stessa”. Il gruppo Biancoleone ribadisce che sulla ristrutturazione della pianta organica va avviato un confronto serio con le organizzazioni Sindacali e con i Consiglieri Comunali per rettificare gli atti sin qui adottati. "Solo così operando - chiude la nota del Biancoleone - si possono evitare conflitti di interesse, forme di gestione autarchiche e plenipotenziarie. In questi quattro anni di consiliatura, tutti i suggerimenti dei consiglieri del gruppo Biancoleone sulla gestione del personale rivolti ad accrescere l’efficienza, razionalizzare i costi e realizzare la migliore utilizzazione del personale, sono rimasti inascoltati. Ed è per questo che il caos amministrativo regna all’interno del Comune di Sezze".
Vittorio Accapezzato, ex amministratore della città ed insegnante in pensione, solleva dubbi e perplessità in merito alla nuova toponomastica setina, al centro di numerose polemiche per i nomi scelti per le strade di Sezze. "Ho rispolverato il mensile “Nuova Informazione” e leggo: ”Dopo alcuni anni di lavoro la Commissione per la realizzazione di una toponomastica per l’intitolazione di nuove strade nel comune di Sezze ha consegnato alla Giunta Comunale (epoca sindaco Campoli) un elenco definitivo di nomi di personaggi illustri sia di Sezze sia dell’Italia intera.” Rileggo e noto - scrive Accapezzato - che la Commissione era stata chiamata a lavorare solo per l’intitolazione di nuove strade senza dover cambiare le vecchie ormai consolidate. Mi soffermo su questo punto poiché la normativa che stabilisce come imporre un nome a una strada nuova è la Legge 1188/27; invece, quella che indichi come cambiare nome a una strada già esistente, è il Rdl 1158/23. Contrariamente a quanto stabilito dall’incarico la toponomastica approvata riguarda strade nuove e vecchie esistenti. Nell’espressione delle proposte la Commissione deve tutelare la storia toponomastica di Sezze e del suo territorio e curare che le nuove denominazioni siano una galleria di uomini illustri che hanno dato prestigio a Sezze ed hanno lasciato un segno nella storia locale. Già nella nostra attuale toponomastica abbiamo pochissimi nomi “altisonanti”: Garibaldi, Dante, Matteotti, Marconi, Regina Margherita, Cavour, anziché arricchirla andiamo a riempirla di un gruppo numeroso di persone di un passato normale. Molti cittadini del posto che hanno saputo alcuni nomi dei beneficiari delle intitolazioni, e quindi anche i fatti che li hanno riguardati non conterrebbero adeguati contenuti socio-culturali e storici, ma solo dati che troppo generici per gli intestare aree pubbliche. Le strade non costituiscono soltanto la rete viaria del nostro comune ma, con i loro nomi, ci devono riportare alla nostra storia e alla nostra cultura". Vittorio Accapezzato aggiunge: "Vi sono vie che devono conservare il proprio nome concernente, la morfologia del territorio, alla presenza di piante, canali o fiumi. Vi sono altre che nel loro nome ci restituiscono la celebrazione o il semplice ricordo di fatti e personaggi storici di Sezze (Via San Carlo) e dell’Italia. Girando una qualsiasi strada non camminiamo soltanto dello spazio, ma anche nel tempo: incontriamo, nelle Vie, un promemoria della nostra cultura e dei mutamenti politici del passato che l’hanno attraversata. Spinto dalla mia mania di analizzare cose ed eventi, sono rimasto perplesso davanti a queste future intestazioni e mi chiedo con Don Abbondio: - Carneade... Chi era costui? Si sta creando un precedente non indifferente e inaudito. Per equità (se sia portato avanti questo progetto) bisognerebbe intestare strade e piazze a tutti i comuni cittadini defunti a semplice richiesta di un congiunto oppure essere legati a convenienze di parte per avere amici con un ruolo politico comunale. Altre considerazioni, non trascurabili sono: la toponomastica al femminile e l’intitolazione ai giovanissimi caduti nella prima guerra mondiale. Quante strade o piazze dedicate alle donne ci sono nella nostra Sezze e quante giovanissimi caduti della prima guerra mondiale? Nessuna piazza, alcun largo o vicolo a ricordo perenne. Se dopo ci si deve limitare solo a scrivere su un “pezzo di lamiera” via Tizio o Caio (il Carneade di turno!) e nient’altro non si ravvisano motivi. Cosi come si presenta la nuova toponomastica, non rappresenta la nostra storia ma cancella il passato come viale dei Cappuccini amputato in due parti di Via senza uno storico motivo. Perché a Toto si dedica una strada e a Valeria no. Infine il cambiamento di queste numerose strade riportate nella toponomastica quante lavoro comporterà all’amministrazione Stato Civile e Anagrafe e quanti oneri ai cittadini per la variazione catastale sulla toponomastica per vendere o affittare il proprio immobile? Fermiamo questo cambiamento di nomi alle vie vecchie. Nessun nome fu dato a caso, ma applicato con dovuta saggezza e spontaneità".
Si ricordano i componenti della commissione: l'allora sindaco Andrea Campoli, l'ex consigliere comunale Titta Giorgi, l'ex consigliere Lino Cerrone, l'ex assessore Bruno Cardarello, l'attuale consigliere comunale Ernesto Di Pastina, il prof. Luigi Zaccheo e l'avv. Antonio Campoli.
Vittorio Accapezzato
Un altro carabiniere è morto, ucciso in una imboscata. Aveva solo trenta anni. E’ Vittorio Iacovacci, di Sonnino (LT), in missione di pace, nella Repubblica Democratica del Congo, insieme all’ambasciatore Luca Attanasio, di cui era la scorta, e al loro autista. Vittorio Iacovacci si sarebbe dovuto sposare a giugno. Un bravo ragazzo, entrato giovanissimo nell’Arma, per servire la Patria e per avere un lavoro sicuro. “Era orgoglioso della divisa che indossava”, dicono i suoi amici e compaesani, addolorati e ammutoliti. Unanime la commozione e le condoglianze da parte delle Autorità, ma non sufficienti a colmare il dolore dei genitori e della sua fidanzata domenica. Sonnino è in lutto, l’Italia tutta è in lutto. Sonnino piange il suo eroe ma la ferita ricevuta non si rimarginerà facilmente. Ebbene: mentre vedevo sgomento in TV le immagini del vile agguato in Congo, mi son tornate alla memoria le riflessioni di Pier Paolo Pasolini che, dopo l’assalto del Collettivo di estrema sinistra a Roma, in valle Giulia, esclamò:” io sto con i poliziotti che per 40mila lire al mese; essi sono senza più sorriso, esclusi, derisi, emarginati perché difendono lo Stato e l’ordine pubblico!”. E scriveva ancora:” io sto con i poliziotti perché sono i figli dei poveri e vengono dalle periferie urbane e contadine”. Un grido controcorrente da parte del grande poeta e regista, più volte denunciato e vilipeso, come del resto era abituato a fare. Una dichiarazione polemica contro i figli della borghesia benestante e ipocrita di quegli anni (1968) quando alcuni studenti sognavano la rivoluzione senza una conoscenza reale delle condizioni soggettive e oggettive della stragrande maggioranza della società. Era il 1 marzo 1968. Il corteo degli studenti, guidato del Collettivo di estrema sinistra si diresse verso la Facoltà di architettura, con l’intenzione di rioccuparla, essendo stata sgomberata dalla Polizia qualche giorno prima. Lancio di sassi e di oggetti contundenti. 148 feriti e 200 denunce. Pasolini non ebbe alcuna remora a schierarsi apertamente e aspramente contro i” figli di papà” e a difendere animatamente i poliziotti, definiti servi del sistema e sbirri. In loro Pasolini vedeva l’Italia autentica, innocente, contadina e operaia, schierata contro il conformismo, contro il consumismo, contro il ribellismo velleitario di chi lancia il sasso e vigliaccamente fugge e nasconde la mano. Che c’entra tutto ciò, in questa triste vicenda di Vittorio Iacovacci? Adesso, come allora, i carabinieri e i poliziotti sono quasi sempre figli della povera gente e, anche per questo, meritano dignità e rispetto. Tante volte la violenza di chi, a parole, vuole fare la rivoluzione, si manifesta contro i poveri servitori dello Stato e della democrazia. In Italia come in Francia, come in America! La rivoluzione si pratica in maniera pacifica e graduale perché la violenza produce solo altra violenza. Compiangere e commemorare Il carabiniere Vittorio Iacovacci è un dovere morale e ci ricorda di stare sempre dalla parte giusta perché questo è l’unico modo per modificare e migliora la realtà esistente, ancora troppo ingiusta e diseguale.
Ben vengano le polemiche “costruttive”, quelle osservazioni che hanno la capacità di accendere discussioni utili per la città e che dimostrano che non tutti sono pronti a buttare solo benzina sul fuoco. È accaduto pochi giorni fa sui social, la piazza virtuale dove spesso i leoni da tastiera si lasciano andare a voli pindarici ma poi nei fatti, quando si tratta di rimboccarsi le maniche, si dileguano. Al centro della polemica lo stato di pericolosità della bellissima chiesa Santa Paresceve di Sezze. Molti cittadini hanno giustamente postato foto per segnalare, ancora una volta, lo stato in cui versa una delle più antiche e belle chiese del centro storico. L’immobile ormai fatiscente e pericolante necessita di un urgente intervento di messa in sicurezza e di riqualificazione. Il tetto ormai divelto è pericoloso per i cittadini, cadono calcinacci per strada, così come le pareti della bellissima chiesetta sono danneggiate. E' una chiesa a cui la comunità è molto legata, dove fino agli anni ’60 il compianto don Titta Zarra celebrava messe e ogni sacramento. Anche il portone di ingresso è stato divelto e c’è il rischio che qualcuno possa entrare liberamente. Nel botta e risposta esploso su facebook alla fine è intervenuto anche il sindaco Sergio Di Raimo. Il primo cittadino ha risposto che per la messa in sicurezza della chiesa sono stati intercettati 500 mila euro. Solo 15 giorni fa – ha ribadito il sindaco – c’è stato un sopralluogo da parte dei tecnici della sovrintendenza per dare inizio a tutti gli adempimenti propedeutici per l’inizio dei lavori. Sulla pericolosità della chiesa – sempre il sindaco – ha dichiarato che i tecnici comunali hanno già effettuato un sopralluogo e “non hanno ritenuto chiudere la strada” non escludendo però che possa esserci "un nuovo sopralluogo". Si ricorda comunque che la proprietà è della curia e fa parte della parrocchia di Santa Lucia. Al Parroco - ricorda sempre il sindaco - è stata notificata l’ordinanza di messa in sicurezza. Polemiche e annunci a parte, speriamo che a breve venga riqualificato uno degli edifici di culto più importanti della città e che assieme al Guglietto rappresentano oggi uno dei posti più belli e affascinanti di Sezze: solo chi non vuole vedere non vede. Le polemiche, quelle sterili, lasciano il tempo che trovano.
La Facciata di Santa Paresceve
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Scritto da Luigi De Angelis
Il linguaggio dei giuristi è performativo, può contenere enunciati né descrittivi né prescrittivi ma costitutivi della realtà cui fanno riferimento, nel momento stesso in cui vengono pronunciati. Una parola in più o in meno può essere determinante, aprire o chiudere uno spazio, respingere o includere, riconoscere un diritto o negarlo, opporsi alla realtà o assumerla in pienezza nella sua essenza più profonda e autentica, alzare un muro impermeabile e inscalfibile o innescare percorsi profondi di cambiamento sociale e culturale, i cui approdi sono sempre imprevedibili.
È bastato poco in apparenza, appena un tratto di penna con il quale eliminare un complemento di specificazione e Papa Francesco, con il Motu Proprio Spiritus Domini, ha cambiato radicalmente il senso e la portata del Canone 230 paragrafo 1 del Codice di Diritto Canonico, consentendo alle donne di accedere ai ministeri non ordinati del lettorato e dell’accolitato, ha cancellato una discriminazione o forse più esattamente ha scelto ancora una volta di ritornare alle radici del Vangelo, eliminando incrostazioni e sovrastrutture e proseguendo nell’opera di riforma della Chiesa con l’obiettivo di farle riacquistare forza e slancio indispensabili in questi nostri tempi complicati. Il passato ci appartiene, sarebbe assurdo ripudiarlo, pensare di cancellarlo con un colpo di spugna, ma sarebbe illogico cristallizzarlo in una immodificabilità acritica e in una fissità antistorica e desueta, non tener conto del mutare delle sensibilità, dell’evolvere della storia, della necessità di non frapporre ostacoli alla forza rinnovante dello Spirito, principio questo fondamentale per coloro che hanno fede, non prendere coscienza che abbiamo spesso rivestito degli abiti delle nostre elaborazioni culturali, dei nostri convincimenti personali, delle nostre comodità e convenienze contingenti il Vangelo, ogni volta che si è dimostrato difficile e faticoso accettarlo fino in fondo per la sua radicalità rivoluzionaria.
La cancellazione della riserva in favore degli uomini dei ministeri non ordinati dell’accolitato e del lettorato rappresenta sotto il profilo normativo e sostanziale qualcosa di ben più rilevante di una semplice apertura nei confronti delle donne, di una riaffermazione del riconoscimento del genio femminile e dell’attribuzione alle stesse di ruoli di sempre maggiore rilevanza nella Chiesa. A ben vedere non sono le donne ad entrare nei ministeri istituiti di lettorato e accolitato, non viene accordato loro un permesso, una facoltà o riconosciuta una opportunità, ma viene eliminata l’esclusiva prerogativa maschile. In altri termini ad essere promossa è la piena parità tra uomini e donne nello stato di vita laicale, cancellando la distorsione inaccettabile di alcuni laici, gli uomini appunto, che nelle comunità cristiane si vedevano riconosciuti ruoli liturgici esclusivi o comunque superiori alle donne. Solo partendo da tale assunto possiamo cogliere in pieno il senso della scelta, il cambio radicale intervenuto, anche se rimasto in ombra e non adeguatamente sottolineato, essendosi l’informazione per lo più fermata al significato meramente aperturista nei confronti delle donne, probabilmente più “attraente” e funzionale alla logica semplificata della comunicazione mediatica, e questo invero a partire proprio da quanti hanno presentato il nuovo testo normativo nelle austere stanze del Vaticano.
L’altro errore è pensare che la decisione del Pontefice sia stata dettata dall’esigenza di adattare la normativa ecclesiastica alla realtà di fatto, facendone una lettura meramente sociologica. Il suo intento, il suo obiettivo non è stato cristallizzare e legittimare attraverso una norma codificata la prassi consolidata, quanto già avviene nella gran parte delle comunità cristiane, dove trovare donne che leggono la Parola di Dio o servono all’altare è la normalità. Nella lettera al Cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Papa Francesco scrive che è “compito dei pastori della Chiesa riconoscere i doni di ciascun battezzato, orientarli anche verso specifici ministeri, promuoverli e coordinarli, per far sì che concorrano al bene delle comunità e alla missione affidata a tutti i discepoli”. L’annuncio della Parola di Dio e il curare il servizio all’altare rientrano pienamente nella vocazione tanto degli uomini quanto delle donne, senza distinzioni. Pertanto non siamo di fronte ad un gesto opportunistico, al tentativo di adeguarsi alla modernità e di stare al passo con i tempi per timore di una progressiva marginalizzazione, di una perdita di presa sociale e di rilevanza culturale, ma più radicalmente ad una scelta di fedeltà della Chiesa al mandato ricevuto dal suo fondatore. Nel Vangelo le donne non sono affatto marginali e relegate a ruoli irrilevanti. Cristo non ha mai operato discriminazioni o esclusioni. Distaccandosi profondamente dal modo di pensare e dalla cultura del suo tempo, si è rapportato con le donne non in ragione del loro status di mogli, sorelle o figlie, socialmente subordinato, ma considerandole figlie di Dio, destinatarie al pari degli uomini dell’amore del Padre ed ha affidato proprio a loro il compito di essere prime depositarie e annunciatrici dell’evento straordinario della resurrezione. Pur costituendo i dodici e affidando loro il compito di essere gli apostoli, il Nazareno non considera la comunità di coloro che lo seguono come una cerchia separata, riservata unicamente agli uomini. Le donne fanno parte a pieno titolo del gruppo e le ha volute non oggetto di cura ma protagoniste. I discepoli spesso restano sorpresi e finanche interdetti di fronte ai suoi atteggiamenti, al suo agire che potremo definire controcorrente e anticonformista e nel Vangelo tutto questo viene riportato ed evidenziato con estrema chiarezza. Scrive San Paolo: “Non c’è giudeo né greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Galati 3, 28). Questo ovviamente non significa sopprimere la diversità, non considerare le peculiarità e i carismi di ogni persona, ma piuttosto affrontare ed eliminare ogni ingiusta e gratuita ineguaglianza.
Il passo compiuto, più volte auspicato dai Sinodi dei Vescovi, da ultimo nel Documento Finale e nell’esortazione postsinodale Querida Amazonia del Sinodo Panamazzonico, è stato insomma importante e significativo e sono convinto che Papa Francesco proseguirà sulla strada intrapresa di un rinnovamento profondo della Chiesa, che poi è semplicemente un ritornare al cuore del Vangelo.
È nato finalmente il governo del Presidente Mattarella, il governo Draghi. Tutti dentro, tranne la nostalgica Meloni e il suo partito. Un governo di tutti e di nessuno, frutto dell’emergenza e della paura di nuove elezioni. La politica ha fatto un passo indietro, speriamo solo per poco. È la riprova di un Paese privo di riferimenti valoriali, di identità, incapace di stare in Europa a testa alta. Una crisi al buio, grazie alle alchimie machiavelliche di Renzi che si vanta di aver determinato la nascita del governo dei migliori, giocando con il fuoco e dimenticando che non sono state sciolte le Camere grazie alla responsabilità degli altri. Il Commissario Draghi segna obiettivamente una grave sconfitta della politica e aggrava maggiormente la sfiducia dei cittadini verso i partiti. Si è notato, in queste settimane trascorse, un camaleontismo esasperato, una caccia ai pentiti, ai trasformisti, ai voltagabbana. Prendete Salvini. Una conversione ad U, la sua, senza alcun ritegno. Un mese fa, neanche, indossava la mascherina di Trump, adesso si è convertito all’europeismo sulla via di Draghi. Prendete il Movimento 5S. Poveretti, sono diventati adulti così presto da perdere i capelli tutti insieme. Il più furbo di tutti è stato, come sempre, Berlusconi che mentre sostiene l’amico Draghi non molla Salvini e la Meloni. Ed eccoci al PD. Il sostegno al governo 2 di Giuseppe conte è stato leale e motivato, del resto molte cose buone sono state compiute. Ma il suo profilo, sempre di più, si è appannato e oscurato in nome della serietà e della responsabilità verso il Paese. Dica apertamente che si tratta di un governo di scopo, questo di draghi, e che, finita l’emergenza sanitaria, economica e sociale, ognuno tornerà al proprio posto, senza niente a che fare con la Destra. Il rischio mortale che corre la nostra democrazia è l’indifferenza, il qualunquismo, la sfiducia nelle istituzioni. Dica in maniera forte e chiara che il governo Draghi ha squarciato il velo della mitologia sovranista e populista della Destra. Che le battaglie contro l’euro, contro l’Europa, contro l’accoglienza erano sbagliate e anacronistiche, frutto solo di demagogia e di inganno. Il Paese reclama un buon governo e non le ruspe e i vaffa. Il Paese ha bisogno del sapere e non dell’ignoranza e dell’antipolitica! È vero che le vecchie classi sociali sono esplose, ma è altrettanto vero che esiste un nuovo ceto sociale generale che vuole la coesione del Paese, dentro l’Europa, dentro la civiltà democratica. C’è una forte base sociale che vuole il cambiamento, la crescita e l’innovazione e il superamento delle ingiustizie e delle disuguaglianze. Ciò comporta saper coniugare gli interessi legittimi di una parte con l’interesse generale del Paese. Ricostruire una sinistra riformista, con una visione e un orizzonte culturale, auspicando che anche la Destra faccia altrettanto. Il PD non ha perso, perché non ha perso il Paese Italia. Ma occorre una ricostruzione del partito, dei partiti, per un nuovo forma di democrazia più moderna e più avanzata.
La Giunta Comunale di Sezze con propria deliberazione n. 19/2021 ha deciso di mettere in atto la procedura di vendita di una serie di immobili comunali. Tra i vari immobili che la maggioranza Di Raimo ha deciso di mettere in vendita troviamo la ex colonia agricola di Sezze Scalo "non rispettando la natura storica del bene". "Questo gravissimo atto - affermano Serafino Di Palma e Paride Martella del Biancoleone - è stato adottato in spregio ad ogni forma di partecipazione democratica, perché la pur ampia minoranza non è stata per niente consultata. A questo proposito alla maggioranza Di Raimo consigliamo di andare a leggere il libro del Prof. Onorati che ha fatto la storia dell’ex colonia agricola pontina. Il Comune di Sezze si trova questo bene grazie ai lasciti negli anni 20 della Nobildonna Signora Miller di Philadelphia ed alla croce Rossa Americana. Il contributo della Signora Miller servì per acquistare circa 16 ettari di terreno nel campo inferiore per la scuola di agricoltura per gli orfani di guerra. In quegli anni nella ex colonia agricola pontina furono istituiti alcuni campi sperimentali per la formazione agricola degli orfanelli. La maggioranza Di Raimo ignara di tutto questo - continuano i consiglieri comunali di opposizione - ha deciso di vendere per fare cassa e vantarsi del risanamento. Da questi amministratori di maggioranza non viene tenuta in nessuna considerazione la grande opera di amore della Signora Americana Miller e della Croce Rossa Americana. La cosa più facile da fare per lor signori è vendere per cercare di sanare i buffi comunali dovuti alla grande evasione tributaria a Sezze, consentita e tollerata dai politici di maggioranza". Il gruppo Biancoleone annuncia che farà come sempre le dovute battaglie per non far vendere questo immobile e chiede il sostegno di tutti gli abitanti di Sezze. "A questi politici senza scrupoli, cultura e memoria storica che non hanno alcuna idea costruttiva per il proprio Paese - aggiunge la nota Biancoleone - suggeriamo di promuovere in collaborazione di alcune università agrarie, di realizzare su quel sito un campo sperimentale al fine di promuovere, valorizzare e proteggere il carciofo di Sezze nella sua originalità, che rischia di perdersi nel tempo fra le altre varietà, naturali o di laboratorio, coltivate nell’ambito del territorio locale, nazionale ed internazionale. Chiediamo a lor Signori a cosa servono le Sagre del Carciofo se poi il prodotto è in via di estinzione? La proposta del Gruppo Biancoleone è quella di realizzare un progetto in collaborazione con le Università di Agraria per il recupero del carciofo di Sezze, attraverso un campo sperimentale sui 16 ettari di terreno dell’ex Colonia Agricola Pontina, con la collaborazione di specialisti in classificazione botanica, esperti e tecnici agronomi. Tra l’altro questo progetto è a costo zero perché possono essere reperiti i tantissimi fondi regionali messi a disposizione dalla Regione Lazio. Tale progetto deve tendere, nel futuro, a depositare e catalogare presso la Regione Lazio il carciofo originale di Sezze preservandolo, pur con l’eventuale utilizzo di tecniche colturali moderne, ecologico e biologico e raggiungendo la certificazione di prodotto tipico, con possibilità di creare una nuova fonte di reddito e di occupazione per la comunità di Sezze". Il gruppo Biancoleone, infine, fa appello ai cittadini di Sezze ad ogni forma di coinvolgimento per evitare "lo scempio della vendita della Ex Colonia Agricola Pontina di Sezze Scalo e per tutelare gli interessi della comunità locale in materia di agricoltura e storico culturale".
Paride Martella e Serafino Di Palma
Grande risposta ieri nel primo e doppio appuntamento presso l’Isiss Pacifici e De Magistris di Sezze in occasione dell’Open Day promosso dalla dirigente scolastica prof.ssa Anna Giorgi. Numerosi i visitatori accolti con classe e professionalità e guidati dai docenti e dagli alunni alla scoperta di un istituto scolastico diventato il fiore all’occhiello dei Monti Lepini. L’istituto alberghiero di Sezze è una vera e propria eccellenza – come ha ribadito la preside – ed è occasione e opportunità di lavoro specializzato per tutto il territorio provinciale. Tra i tanti servizi offerti dall’Isiss i visitatori hanno potuto scoprire anche le nuove cucine della struttura di via Cappuccini e le altre sale rinnovate per rilanciare anche per il prossimo anno scolastico tutte le offerte formative del Pacifici e De Magistris.
La Preside Anna Giorgi