ISISS “Pacifici e De Magistris” Basket e ISISS “Pacifici e De Magistris” Pallavolo. Da oggi in poi le due storiche società sportive di Sezze, ossia la STS Basket e la ASD Nuova Pallavolo, si chiameranno così. In pratica, assumeranno il nome dell’Istituto scolastico con cui hanno raggiunto un accordo di collaborazione e al cui interno, come nei college americani, svolgeranno le proprie attività agonistiche. Il progetto prevede in particolare: la condivisione dei principi educativi, l’avvio di corsi per ufficiali di campo, arbitri e dirigenti, la realizzazione di un Centro di educazione al benessere, l’apertura di uno Sportello d’ascolto per adolescenti e famiglie e l’organizzazione di grandi eventi per lo sport. Progetto su cui stanno lavorando i dirigenti delle due società sportive con il coordinamento della dirigente dell’Istituto scolastico setino Anna Giorgi. Da ricordare che STS Basket Sezze e la ASD Nuova Pallavolo Sezze da tempo ormai hanno intrapreso un percorso volto a mette insieme metodi e strategie per il raggiungimento di una progettualità comune tant’è che le cariche dirigenziali delle due società risultano essere pressoché le stesse. “È in corso una profonda riflessione – affermano i responsabili delle due compagini – sul ruolo che, in futuro, dovranno assumere le organizzazioni sportive all’interno della cosiddetta ‘Comunità Educante’, soprattutto alla luce dell’attuale crisi socio-sanitaria che, anche nei contesti sportivi, ha sconvolto tutti i paradigmi di riferimento. Siamo convinti che la risposta a tutto questo debba consistere in un deciso cambio di prospettiva e in particolare debba prevedere un approccio di tipo ‘comunitario’. Lo sport, in particolare quello di squadra, facilita nei più giovani la comprensione del senso di appartenenza a una ‘comunità’, generando in loro, l’interesse per quei valori etici e solidali che stanno alla base di ogni cittadinanza attiva. Per questo motivo – precisano - crediamo che la Scuola possa rappresentare il più autorevole elemento di raccordo di un progetto plurisettoriale, che coinvolge nel giusto modo le Associazioni sportive - e non solo - del territorio e che consente alla stessa Scuola di entrare a pieno titolo nelle loro dinamiche educative”. Ecco perché le due società hanno deciso di fare un passo di lato, rinunciando a una parte importante della loro identità per cederla a una ‘Comunità’ più grande e più autorevole come la Scuola e mettendosi al servizio della stessa per la realizzazione di un progetto molto più ambizioso. “Auspichiamo – concludono i responsabili delle due società sportive - che anche le locali associazioni culturali e di promozione sociale possano seguire la stessa strada per rendere ancora più forte e consolidata la rete dei soggetti della cosiddetta ‘Comunità Educante’ ” . Entusiasta della proposta si è dichiarata subito la dirigente dell’ISISS “Pacifici e De Magistris. “Una proposta – ha dichiarato – che trovo perfettamente in sintonia con la mia idea di realizzare in quell’area parco, dove è ubicato lo stesso Istituto, un Campus didattico di primissimo livello, sfruttando gli edifici dell’ex Asl e della Casa dei Giovani e i locali della Chiesa di San Giuseppe, oltre ovviamente a quelli già da noi occupati e al campo di basket attiguo se venisse reso agibile. Ne verrebbe fuori un grande progetto innovativo aperto anche alle altre iniziative sportive, culturali e sociali del paese e del territorio circostante.”
Nella neonata provincia di Latina (già Littoria, istituita nel 1934 ) soltanto i comuni di GAETA e di FORMIA avevano messo in atto e diffuso le linee telefoniche fin dal 1914, essendo stati in quell’anno allacciati alla rete provinciale di Caserta. Nel 1939 dunque, nel territorio pontino, i centri che avevano in corso di lavoro l’ampliamento della locale rete telefonica e l’allaccio al capoluogo provinciale erano: SEZZE, PRIVERNO, SERMONETA, NORMA, BASSIANO. Nell’incontro del 25 gennaio 1939 (al quale parteciparono il Prefetto, il Preside della Provincia e tutti i Podestà dei comuni interessati) si decise che ogni comune si dovesse accollare sul bilancio un cospicuo onere finanziario (così come aveva già provveduto il Comune di Monte San Biagio, che fu uno dei primi a stanziare fondi sul proprio bilancio). Altri comuni, spinti da tale onda progressista, aderirono a questo progetto globale di diffusione telefonica e ne iniziarono le pratiche. Ricordiamo, tra questo secondo gruppo, i comuni di Castelforte, Itri, Sonnino e Sperlonga. Lo Stato Italiano peraltro, già con legge n° 431 del 5 aprile 1925, accordava a tutte le Province dei mutui rateizzati, “ordinari “ fino a 35 anni e “straordinari” fino a 50 anni, tutti a “interessi zero”. Per procedere a questi espletamenti burocratici occorreva il preventivo di spesa relativo all’impianto della futura rete telefonica ed a ciò si provvedeva mediante una perizia tecnica della Società che aveva avuto in concessione l’appalto. Tale perizia doveva contenere, tra l’altro, il tracciato effettivo della linea in questione, i lavori speciali da porre in atto per la natura del terreno e per la presenza “in sito” di linee elettriche e ferrotranviarie. A quei tempi venne purtroppo attuato il blocco della spesa pubblica (anni 1939-43) ma i menzionati comuni affrontarono ugualmente ed autonomamente la realizzazione di tale progetto di telefonia pubblica. La Provincia, che aveva concesso aiuti monetari, si sentì obbligata, stipulando la convenzione con la TE.TI. , a concedere gratuitamente ,e senza restrizioni di sorta, l’uso e lo sfruttamento di tutte le strade e delle proprietà provinciali, non lesinando una fattiva collaborazione con i comuni per ottenere gratuitamente, da ogni privato proprietario terriero, l’impianto dei pali delle linee telefoniche. Per collegare, con linea telefonica, Littoria con Sermoneta, Norma, Bassiano e Sezze, e per il prolungamento di linea fino a Priverno e Roccasecca dei Volsci il contributo spesa, da versare alla Te.Ti., ammontava a lire 45.000 e tale onere venne così ripartito: Amm.ne Provinciale (15.000 lire), Littoria (10.000), Sermoneta (5.000), Sezze-Priverno-Bassiano (lire 4.000 a testa), Norma (lire 3.000). Con la diffusione della rete telefonica cominciarono ad essere naturalmente divulgati i primi elenchi degli abbonati telefonici. A titolo di curiosità e di esempio riportiamo alcuni dati estratti dall’elenco anno 1942, mese di maggio, e veniamo a scoprire che appena 14 centri della neonata provincia di Littoria figuravano con propri abbonati negli elenchi telefonici delle reti minori del Lazio (tali centri erano: Aprilia, Cisterna, Cori - Giulianello, Fondi, Formia, Gaeta, Littoria e Littoria Scalo, Minturno, Pontinia, Priverno, Sabaudia, San Felice Circeo, Sezze e Terracina ). Gli abbonati privati erano già 445 utenti di apparecchiatura telefonica. A tali centri si dovevano aggiungere in elenco i paesi di Bassiano e di Sermoneta (oltre le frazioni di Roccasecca dei Volsci e di Scauri) per aver in funzione il solo posto telefonico pubblico. Nella provincia erano ancora esclusi dall’utenza telefonica altri 14 Comuni (Campodimele , Castelforte, Itri, Lenola, Monte San Biagio, Norma, Ponza, Prossedi, Roccagorga, Roccamassima, Sonnino, Sperlonga, Spigno Saturnia e Ventotene); essi non avevano ancora alcun collegamento telefonico. A questi ultimi si devono aggiungere anche le frazioni di Maenza e SS . Cosma e Damiano, ancora sprovviste di linee telefoniche perché lacerate da problemi politici di autonomia territoriale, in una lotta che le vedrà vincitrici soltanto nel 1947.
Sono 70 giorni che otto famiglie di località Casali IV tratto di Sezze sono isolate a causa di una frana che ha reso impraticabile la strada di accesso alle loro abitazioni. Era l’8 dicembre scorso e oggi dopo oltre 2 mesi, nonostante le continue rassicurazioni degli amministratori comunali, i residenti sono tagliati fuori, nel pieno dei disagi anche a causa del freddo e dell’impossibilità quindi di potersi - ad esempio - rifornire di gas e altre necessità in questo periodo. La notte della frana sembrava che si volesse far presto, sul posto piombarono i rappresentanti in consiglio comuale, sembrava che si volesse fare prestissimo e che si volesse intervenire al rifacimento della strada come somma urgenza e invece, a distanza di mesi, i residenti hanno saputo che l’appalto sembrerebbe stato affidato ad una ditta locale ma, ad oggi, i lavori ancora non iniziano. I consiglieri e assessori di zona da mesi continuano a ripetere che presto inizieranno i lavori e invece la strada resta chiusa ai residenti. Sembra che qualcuno abbia anche sporto denuncia per i disagi che sta vivendo. Insomma la situazione è critica e le famiglie isolate si sentono abbandonate dall’amministrazione comunale perché non è riuscita ad intervenire con tempestività. Speriamo almeno che quando inizieranno i lavori (e quando saranno terminati) non ci sia la sfilata dei politici di zona perché sarebbe veramente vergognoso.
Il primo appuntamento del 2021 per continuare a promuovere l’istruzione è previsto per giovedì prossimo 18 febbraio. Accoglieremo gli ospiti in totale sicurezza e nel rispetto delle normative sanitarie. Due orari di ingresso: il primo alle ore 18:00 ed il secondo alle ore 19:00. Promotrice dell’iniziativa l’instancabile Dirigente Scolastico Professoressa ANNA GIORGI che coadiuvata dal suo team accompagnerà i visitatori alla scoperta delle risorse e delle opportunità dei corsi proposti. Il Pacifici e De Magistris è un’eccellenza per Sezze e tutto il territorio circostante, ospita ragazzi ed adulti provenienti da località vicine e non solo. Un appuntamento importante per il futuro dalle innumerevoli opportunità di lavoro specializzato.
“Penso che l’Arabia Saudita possa essere il luogo di un nuovo Rinascimento per il futuro” ha affermato Matteo Renzi in una lunga chiacchierata con Mohammed bin Salman, erede della famiglia reale saudita a Riad qualche settimana fa.
Confesso di aver fatto un salto sulla sedia leggendo queste dichiarazioni. Veramente sbalorditivo è l’ex Presidente del Consiglio, oggi Senatore della Repubblica, a cui non fanno certo difetto intelligenza e scaltrezza, il quale grazie ad una operazione scissionista tutta interna al palazzo e di scarso seguito elettorale stando ai sondaggi, si è costruito un partito personale, composto da parlamentari strappati al Partito Democratico, nelle cui liste era stato eletto alle ultime elezioni politiche e di cui è stato anche segretario nazionale, e da trasformisti vari e sparsi, e oggi si intesta il merito di aver messo fine all’esperienza del governo giallorosso e aver fatto da levatrice al governo di Mario Draghi. Per un momento ho pensato che una straordinaria trasformazione fosse avvenuta nell’umano consorzio senza essermene accorto, che si fosse concretizzata l’utopia di un mondo totalmente altro e capovolto rispetto a quello fin qui conosciuto, che libertà, diritti e bellezza avessero finalmente e definitivamente sconfitto odi, coercizioni e brutture. Il ritorno alla dura realtà è stato traumatico. Si è trattato solo di un’illusione, repentinamente svanita, durata quanto la rugiada del mattino e un sogno evanescente.
Sebbene comprensibile, la condiscendenza del senatore di Rignano verso il principe Mohammed bin Salman e la monarchia saudita, che lo hanno voluto nel board della Future investment iniziative, fondazione diretta emanazione del regime, da cui viene retribuito annualmente e riceve sostanziosi rimborsi per partecipare a singoli eventi, è indiscutibilmente sconveniente e politicamente disdicevole, a meno di pensare e credere che i principi e i valori democratici fissati nella nostra Carta Costituzionale perdano di significato e importanza una volta superati i confini nazionali. L’Arabia Saudita non è un paese qualunque ma un regime autoritario e sanguinario, negatore dei diritti fondamentali dell’uomo, nel quale vengono eseguite condanne a morte mediante decapitazione nelle pubbliche piazze, vengono inflitte pene pubbliche corporali, i processi sono iniqui, gli oppositori politici regolarmente imprigionati e massacrati, i giornalisti scomodi eliminati, come capitato il 2 ottobre 2018 a Jamal Kashoggi assassinato all’interno dell’ambasciata saudita in Turchia e il cui corpo, fatto a pezzi, è stato poi fatto sparire, la libertà religiosa è negata, le donne non hanno praticamente alcun diritto e l’esercito bombarda quotidianamente i civili in Yemen. Insomma non un esempio di democrazia e sentir definire l’Arabia Saudita “il centro di un neo rinascimento”, preconizzando per la stessa un ruolo di “playmaker nella regione” francamente fa un po’ impressione e mi provoca disgusto. Matteo Renzi, tra una stretta di mano e una passerella, così facendo ha strizzato l’occhio e avvallato i metodi brutali usati dal regime, arrivando perfino a dire a proposito di sviluppo e crescita: “Non posso parlare del costo del lavoro a Riad perché come italiano sono molto invidioso”. Davvero invidiabile è il costo del lavoro saudita e la legislazione che disciplina questa materia: sfruttamento e abusi nei confronti dei lavoratori sono talmente diffusi che numerosi rapporti redatti dalle organizzazioni internazionali e dalle associazioni dei diritti umani parlano espressamente di schiavismo. Human Rights Wach ha evidenziato che il problema investe soprattutto i lavoratori stranieri, che occupano il 76% del settore privato, i quali sono totalmente dipendenti dai datori di lavoro che ne sponsorizzano ingresso e uscita dal paese e comandano sulla loro quotidianità. Blocchi degli stipendi, straordinari non pagati e vere e proprie violenze sono all’ordine del giorno. L’attività sindacale è vietata così come gli scioperi, tanto che quando nel 2017 49 lavoratori stranieri improvvisarono uno sciopero per il mancato versamento degli stipendi vennero condannati a quattro mesi di carcere e a 300 frustate. In questi tempi di pandemia mentre in Italia sono stati disposti blocco dei licenziamenti, cassa integrazione ed erogati vari bonus, in Arabia Saudita è stata introdotta una nuova regolamentazione dei rapporti di lavoro che consente agli imprenditori di tagliare unilateralmente gli stipendi dei lavoratori fino al 40% e di cambiare i contratti senza negoziazione. In Arabia Saudita lavora una donna su quattro e solo da qualche anno è permesso loro di guidare l’auto e andare allo stadio.
Evidentemente è questo il contesto tanto invidiato da Matteo Renzi, il terreno fertile per il vagheggiato nuovo rinascimento e chissà magari sogna di esportare un simile grandioso modello in Italia. Un cattivo pensiero sfuggitomi, mi perdonerete. Senza contare poi che a noi poveri cittadini italiani tocca sentirlo pontificare di democrazia, libertà, diritti e tendenze accentratrici e autoritarie degli altri politici nostrani.
Matteo Renzi è Senatore della Repubblica, pagato da noi cittadini per rappresentare la nazione, farsi portavoce e promotore dei valori della Costituzione e degli interessi del nostro paese. È accettabile e normale che un parlamentare, peraltro capo di un partito numericamente consistente sia alla Camera che al Senato, venga stipendiato regolarmente da un paese straniero? Veramente riesce a sdoppiarsi, a scindere la sua funzione di rappresentante dell’Italia da quello di dipendente della monarchia saudita quando nel Senato della Repubblica, nelle commissioni esteri e difesa di cui fa parte e in ogni altra sede istituzionale si discutono questioni e interessi che possono risultare configgenti con quelli del suo datore di lavoro? Il conflitto di interessi è evidente.
Badate bene nessuno nega il diritto di Matteo Renzi di fare il conferenziere in giro per il mondo e di vivere di questo, ma dovrebbe seguire l’esempio degli altri leader politici mondiali come Francois Fillon, Gerard Schroeder, Bill Clinton, i quali hanno prima abbandonato ogni incarico politico e istituzionale nei rispettivi paesi e poi si sono dedicati a tale attività. È una questione di dignità, di trasparenza e di rispetto delle istituzioni democratiche e dei cittadini italiani.
Consentitemi un’ultima notazione. Il fatto che la legge italiana non vieti simili attività ad un parlamentare è un non-argomento: non tutto quello che è consentito dalla legge è comunque moralmente ed eticamente lecito.
Penso, dove eravamo rimasti prima che scoppiasse tutto questo finimondo?
A febbraio del 2020, il 20 per la precisione! Era un giovedì grasso e avevo preso un giorno di ferie per gustarmi la tradizionale sfilata nel centro storico del corteo per il matrimonio di Peppalacchio, avrei voluto scattare belle foto con la mia nuova Nikon.
Fu una bellissima mattinata di sole a Piazza De Magistris, con i bambini delle scuole mascherati da carnevale - numerosi, elettrici e vocianti - ed Umberto “Farza” sul palco a intrattenerli con il rito/mito del matrimonio più pazzo che c’è, quello che a Sezze dura appena 6 giorni, fino al rogo del Martedì grasso.
Dalla Cina arrivavano intanto notizie di un virus misterioso (chissà perché le brutte malattie contagiose sono partite sempre da quelle parti) e immagini televisive incredibili di ospedali da campo allestiti in fretta e furia a Wuhan, città praticamente deserta e in quarantena nonostante i suoi 11 milioni di abitanti. Ma la Cina è lontana, dall’altra parte della luna, non arriverà certo in Italia…
E poi? Poi c’era un evento che stavo aspettando con una certa curiosità: la prima all’Auditorium Costa del nuovo lavoro teatrale allestito dalla Compagnia teatrale Le Colonne e programmata per la sera del 29 febbraio (bisesto), di sabato. Eh sì, diversi mesi prima Giancarlo Loffarelli mi aveva permesso di leggere in anteprima le bozze del suo ultimo originale lavoro di scrittura per teatro, Caravaggio perduto, dedicato al grande pittore del seicento italiano.
“In questo testo, Caravaggio è contumace, come lo fu nella vita. Contumaci sono anche i suoi dipinti. Né l’uno né gli altri sono mai in scena. Dell’uno e degli altri si parla. Essi cadono fuori dalla scena. Ciò che in scena ac-cade è la macchina del teatro, che fu sintesi di ogni arte barocca. E la macchina teatrale non viene nascosta, bensì mostrata” (Dalle note per la messinscena).
Da vedere assolutamente come avrebbero reso in pratica quel testo.
Con l’amico Giancarlo, regista e attore con suoi fedelissimi storici compagni di palco della Compagnia teatrale Le Colonne, era capitato più volte di parlare di Caravaggio e delle sue inconfondibili opere pittoriche, tra le quali quelle più riuscite e rinomate di scene sacre rivisitate, sempre sospese tra vita reale della Roma del seicento e la scenografia innovativa, quasi un allestimento teatrale ante litteram nei quadri realizzati per essere ospitati nelle cappelle private di nobili e porporati della Curia. Con al centro la questione delle luci e del buio, del suo marchio di fabbrica direi, del focus originale di Caravaggio che prima di dipingere anneriva completamente la tela per poi tirar fuori i personaggi, illuminati sapientemente secondo la scena rappresentata.
E prima dell’esordio, la mia raccomandazione a non sbagliare i dettagli, soprattutto le luci di scena - per me quasi più importanti delle parole recitate in questo caso - con le giuste prospettive laterali, senza mai illuminare a giorno e frontalmente gli attori in scena. E le sue rassicurazioni certe, aveva già studiato per bene ogni dettaglio con i suoi collaboratori tecnici e lo scenografo, attenzione ai costumi e alle musiche (originali); ci sarebbe stata una rappresentazione in matinée per gli alunni delle scuole superiori, un po’ anche per testare e ottimizzare il tutto prima della première del sabato serale. Un perfetto gioco di squadra, una macchina organizzativa in piena attività, tutti pronti alla sfida del palco e del pubblico reale, ben disposti all’eterno gioco del vero ma falso.
Io mi ero proposto per scattare le fotografie, rigorosamente senza flash e posizionando la camera lateralmente alla scena, per cogliere al meglio l’effetto delle luci a cristallizzare i volti degli attori, contrapposti con gli oggetti e gli abiti di scena, tra ombre e luci.
Siamo rimasti lì, la Compagnia Le Colonne a rinviare gli spettacoli per le intervenute disposizioni di salute pubblica, a interrompere un lavoro di mesi e una programmazione accurata, io ancora alle prese con il dove posizionarmi, a quale impostazione dare alla Nikon, quali ISO scegliere e se privilegiare le priorità di diaframma o di tempo, per non sbagliare nulla e regalare qualche bella foto ricordo per l’occasione.
Poi sappiamo com’è andata, per gli spettacoli. Quasi esclusivamente solo eventi online, vecchie registrazioni riproposte e qualche diretta streaming per provare a movimentare le nostre sere di clausura casalinga, senza mai regalarci però il sapore del teatro o dei concerti veri, on stage.
Ora siamo tornati a febbraio, ma del 2021. È passato un anno che ci ha resi tutti più deboli e impauriti dalla pandemia; sappiamo che il virus non ha regalato una semplice influenza ma tanta sofferenza, giornate d’ospedale, tamponi, paure e tanta morte, anche di persone a noi care, oltre ad una crisi sociale ed economica in cui siamo ancora immersi. E non è ancora finita, nonostante i vaccini che iniziano a difenderci.
Non vedo l’ora di ripartire da lì, dal Costa, finalmente con Caravaggio e gli attori delle Colonne in scena, il pubblico numeroso in sala, magari tutti ancora con la mascherina per precauzione, ma finalmente liberati dall’angoscia da Covid19. Tre, due, uno…via!
Non vedo l’ora di scattare finalmente quelle foto, anche a costo di sbagliarle, e di regalarne almeno una poi orgogliosamente a Giancarlo, come segno di ripartenza da quel momento interrotto, non per dimenticare quello che è stato ma per riattivarci e ripartire pian piano con le nostre passioni più care.
Quando tutto questo potrà mai succedere? Chi può mai saperlo…
Che quel momento, simbolicamente, dopo la lunga notte attraversata, possa essere un momento di ripartenza e di luce per tutta Sezze, con l’auspicio che la rinascita possa essere per tutti, individuale e collettiva, umana e culturale.
Lo spero vivamente, che possa succedere al più presto.
Caro Sindaco, ti scrivo …
perché sono un po' preoccupato per il futuro della nostra città di Sezze. Sento, in giro, un po' di sfiducia e di malessere. È certo il dramma del covid-19 ad abbattere gli animi, ma anche l’insoddisfazione verso l’operato della Giunta comunale che hai l’onore di guidare. So bene che, amministrando, non si può soddisfare tutti. Che i sezzesi non si accontentano mai e vogliono sempre di più. Però il clima che si respira è pesante e siccome l’anno prossimo si tornerà a votare per il rinnovo dell’Amministrazione, sarebbe un errore lasciare la città in mano ai rappresentanti del Centro Destra, brave persone, per carità, ma sicuramente ostaggio e allineate con Salvini e con la Meloni. Da te i cittadini non si aspettano miracoli né opere faraoniche che richiederebbero somme ingenti di denaro. In questo periodo le priorità sono ben altre: l’assistenza ai poveri e ai disoccupati, ai cassintegrati, alle ragazze e ai ragazzi in cerca di lavoro, alle famiglie colpite dai contagi del virus, a chi non riesce a sbarcare il lunario. Le grandi opere possono attendere ancora un po', fermo restando che bisogna avere sempre lo sguardo in alto e verso il futuro, se vogliamo far progredire questa nostra città. Mi riferisco, in particolare, alla riapertura dell’Ospedale di prossimità, alla realizzazione di parcheggi, alla sistemazione dell’Anfiteatro, al riordino del Centro storico, alla riapertura del bosco dei Cappuccini, alla ristrutturazione e all’utilizzo dei Palazzi storici del Centro, alla manutenzione straordinaria delle strade, alla cura del verde e delle cunette, alla raccolta dei rifiuti fatta in maniera più accurata, al Tempo pieno nelle scuole, all’asilo nido per tutti, al riordino delle zone di Suso e dello Scalo, a una attenzione maggiore verso le ragazze e i ragazzi etc. In questo drammatico periodo di pandemia, ti dicevo, i cittadini si accontenterebbero di poco, consapevoli delle difficoltà che attraversano tutte le Amministrazioni pubbliche e dei pochi soldi disponibili nel Bilancio. Due cose, in particolare, che non costano niente, o costano pochissimo, apprezzerebbero moltissimo: l’Informazione e il confronto. I cittadini vogliono sapere, giorno per giorno, quello che fa la Giunta comunale, vogliono ascoltare ed essere ascoltati su cosa hai realizzato in questi quattro anni di legislatura, su cosa non hai potuto realizzare, perché, come e quando. Il confronto è il sale della democrazia, non bastano i numeri se sono soltanto cifre fredde e anonime, frutto di operazioni matematiche. I cittadini non sono numeri; vogliono incontrare gli assessori, porre questioni, e possibilmente avere risposte non solo a parole ma con i fatti. Molto spesso si tratta di piccole richieste di chiarimento o di piccoli interventi di manutenzione ordinaria che denoterebbero, da parte degli uffici preposti, attenzione, interesse, partecipazione e amore per la città. La seconda cosa che i cittadini ti chiedono, a costo zero, è un programma puntuale e realistico per il prossimo quinquennio. Le sfide della città di Sezze non sono affrontabili con una maggioranza risicata e raffazzonata all’ultimo momento. Ciò diventerebbe avvilente e riprodurrebbe i difetti del passato. C’è un grande vuoto da riempire: la politica. Intesa non solo come accordi e formule, ma promotrice di valori democratici e antifascisti, di idee e progetti riformisti che possano giustificare la prosecuzione della tua esperienza di governo. Occorre un quadro condiviso sulle linee principali, non buoni propositi e generiche dichiarazioni. Bisogna coinvolgere altri movimenti politici e associazioni presenti in città, saperli coinvolgere e organizzare affinché non si giri a vuoto e non manchi una visione del futuro. La città di Sezze non può progredire senza la prospettiva di dare risposte sui grandi temi da troppo tempo inevasi e rimossi per ignavia o per interessi personali. La capacità del leader non dipende solo dal numero di preferenze e di voti che riesce a raccogliere. I voti sono necessari ma non sufficienti per assicurare il buon governo della città. La mia lunga militanza nella Sinistra mi ha insegnato ad essere leale ma non conformista e ad esercitare la critica costruttiva. In bocca al lupo!
Dalla scuola superiore guidata dai padri gesuiti a Sezze nasce l’Accademia degli Addormentati. La sua fondazione tende a definirsi nei primi anni del 600 e da recenti studi, sembra essere stata tra le prime che fiorirono in Europa e che raccolse uomini illustri nel suo seno. Con la peste del 1656 ci fu un periodo di stasi nel la feconda attività dell’accademia che venne chiusa a causa dell’epidemia che dimezzò gran parte della popolazione. Nell’anno 1690 l’accademia con il nome degli Addormentati, riprese vita come dimostra un opuscolo stampato dal minore conventuale Filippo Ciammarucone, e dedicato al papa Alessandro VIII° della famiglia Ottoboni. L’Accademia cominciò un nuovo cammino che la portò a mutare il suo nome in "Abbozzati" per volere del cardinale Pietro Marcellino Corradini, membro dell’Arcadia romana, e ad essa fu affiancato il motto: INFORMIA FORMO. Nel 1747 risalgono le prime pubblicazioni: una sintassi latina, e un accurato commento, in italiano, ai primi libri dell’Eneide di Virgilio. L’Arcadia di Roma non rimase indifferente a queste opere e nell’anno1747 la setina accademia era unita all’Arcadia con parità di diritti e mantenendo una sua autonomia culturale. Vi s’inscrissero studiosi come Zurla, Lambruschini e Vizzardelli, e nei vari elenchi del periodo successivo al 1800 è possibile trovare come soci accademici Manzon i, Murat e De Sanctis. A capo dell’Accademia stava un console, un Segretario, l’Archivista e il Bibliotecario, con quattro censori perpetui. Dopo questo periodo ci fu una lunga interruzione causata dall’invasione francese. L’adunanza rivisse poi nel 1818 sotto il consolato di Giuseppe Capitan Cerroni. Importante è la relazione che l ‘arcadia ebbe con le terre pontine e in particolare con Sezze, che in quel periodo guidava il movimento culturale e artistico per opera del Collegio setino Dei Padri Gesuiti. In fatti, quando il Gravina e il Crescimbeni crearono all’Accademia romana tra i fondatori troviamo l’allora giovanissimo Corradini che divenne poi cardinale. Ma il Corradini aveva anche incrementato la locale accademia setina degli Addormentati e mantenne sempre nel cuore il desiderio di vederla, un giorno, affiliata all’Arcadia come sua colonia. Ciò avvenne però solo dopo la sua morte avvenuta nel 1743 quando l’Accademia setina cominciò a fregiarsi di interessanti pubblicazioni filologiche di cui già si è parlato. Fu così che nell’anno1747 l’Accademia setina fu chiamata all’onore di Colonia Setina dell’Arcadia.
Il Gruppo Biancoleone fa presente che sono terminati ieri, in Via Piagge Marine, i lavori di piantumazione di alberi in sostituzione di quelli malati. Il valore del paesaggio è tutelato dall'articolo 9 della Costituzione della Repubblica italiana. Il verde urbano si collega a questa norma di tutela in relazione alle importanti funzioni ambientali, urbanistiche e sociali, oltreché per il notevole ruolo di educazione naturalistica e di miglioramento della qualità urbana, con benefiche ricadute anche sullo sviluppo turistico ed economico della città. "Siamo favorevoli all’incremento della forestazione urbana, ingrediente fondamentale per il miglioramento delle condizioni ambientali della nostra città però - si legge nella nota firmata dai consiglieri comunali Serafino Di Palma e Paride Martella - la nostra osservazione riguarda soprattutto il diametro delle piantine. La grandezza delle piante che sono state piantumate sono di circa 2-4 centimetri di diametro. Gli alberi abbattuti dovevano essere sostituiti seguendo il criterio della compensazione ambientale, ripiantando cioè un numero di nuovi esemplari tale da parificare il valore ornamentale dei soggetti rimossi. Secondo il gruppo Biancoleone le dimensione dei nuovi soggetti arborei doveva avere di una circonferenza ben maggiore e tale orientamento è condiviso da tantissimi cittadini. A tal fine è necessario che il Comune di Sezze adotti al più presto un REGOLAMENTO DEL VERDE PUBBLICO E PRIVATO". Secondo il gruppo Biancoleone il Comune di Sezze deve diffondere maggiormente la cultura del rispetto e della conoscenza del patrimonio naturale presente nel Paese, attraverso l'informazione al cittadino e la promozione di eventi pubblici volti alla sensibilizzazione ed al miglioramento delle conoscenze sulla vita vegetale e animale e sulle funzioni da esse espletate.
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Il Carnevale del 1989, la videoripresa che ci ha emozionato
Scritto da Alessandro Mattei
Un video che ci ha emozionato tutti, che ci ha fatto rivivere momenti indimenticabili, insieme a persone straordinarie. C’è chi si è rivisto bimbo, chi adolescente, chi giovanotto. Una videoripresa – come si diceva una volta – che rappresenta forse uno dei momenti più belli e allegri della nostra comunità. Correva l’anno 1989 ed il Comune di Sezze con la Ludoteca Orso Rosso presentava alla città “Il Carnevale Setino” dedicato alla rivoluzione francese, fresca di memoria per il gemellaggio tra Sezze e Montmorency. A postarlo su “Sei di Sezze se”, il più numeroso gruppo facebook della città, l’amico Pietro Paletta, fotografo e videomaker professionista di Sezze. La videoripresa di circa 12 minuti è stata donata a Pietro dall’ex proprietario dell’emittente televisiva TMG (Tele Monte Giove) a cui va il nostro ringraziamento. Si tratta di un vero e proprio documentario, preziosissimo perché ritrae una Sezze ed una comunità molto cambiata. Nei volti di tanti ragazzi e ragazze quella spensieratezza che oggi manca, quei sorrisi ingenui e dolci di una generazione che ha vissuto momenti indimenticabili. Memorabile la ghigliottina allestita a Porta Pascibella dopo la lunga sfilata di maschere francesi partita dai Cappuccini. Tanti colori, fantasia esagerata, risate, coriandoli e musica a non finire. Una vera e propria rivoluzione al grido di liberté, Égalité, Fraternité. Allora si giocava per strada, ci si confrontava in piazza e nel parco, il contatto era diretto e schietto. Oggi sembra tutto cambiato ma quel Carnevale forse ha riacceso il desiderio di ricominciare al più presto a socializzare nel modo più naturale possibile, stando tra la gente. Nel video tanti amici, i grandi animatori, il compianto Rosolino Trabona, l’amico Umberto De Angelis e il grande Jeff Anelli. Tanti ragazzi e ragazzi della ludoteca e non solo. Una gran bella festa, con moltissime presenze e tanto tanto divertimento. Ripartire dai ricordi e da quello che siamo stati è forse una ricetta per tornare ad essere originali e innovativi, nel rispetto delle tradizioni e della nostra cultura popolare.
Il governo Draghi o del fallimento della politica
Scritto da Luigi De Angelis
“Avverto pertanto il dovere di rivolgere un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica. Conto quindi di conferire al più presto un incarico per formare un governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili che ho ricordato” (Sergio Mattarella – Presidente della Repubblica).
È riassunto tutto in questo passaggio del discorso del Presidente Sergio Mattarella il senso della fase politica che il nostro paese sta attraversando. Il conferimento dell’incarico di formare un governo tecnico – istituzionale, di larghe maggioranze e alto profilo, non identificato con nessuna formula politica, al Professor Mario Draghi, ex Presidente della Banca Centrale Europea, rappresenta la certificazione chiara ed inequivocabile del fallimento politico dei partiti e movimenti, nessuno escluso, presenti in Parlamento, della loro incapacità di uscire dall’autoreferenzialità e dal piccolo cabotaggio, dalle logiche spartitorie e di potere, di anteporre a tutto gli interessi del Paese superando le divergenze e dando vita ad un governo all’altezza delle sfide che abbiamo davanti in questo momento tragico, segnato dalla pandemia che miete centinaia di vittime ogni giorno e ci ha precipitati in una crisi economica e sociale senza precedenti.
L’aspetto più sconfortante è che dalle dichiarazioni rilasciate ai giornali o postate sui social da molti esponenti dei diversi partiti e schieramenti emerge tutto il divario esistente tra l’operare ordinario della classe politica e la concretezza dei problemi dei cittadini, insieme alla palese incapacità perfino di comprendere l’esatta portata dei propri comportamenti irresponsabili e le devastanti e inevitabili ripercussioni, prime tra tutte la perdita di fiducia verso le istituzioni democratiche e la funzione stessa della politica, che hanno costretto il Presidente della Repubblica a imboccare la strada di un “governo tecnico”, scelta che Sergio Mattarella aveva fin qui sempre cercato di evitare preferendo soluzioni politiche. Pertanto non ci sono vincitori ma solo sconfitti, non c’è nulla di cui essere soddisfatti o di cui esultare per l’incarico conferito a Mario Draghi, il quale potrà anche riuscire nell’impresa di governare ottimamente e risollevare le sorti del nostro paese (personalmente me lo auguro per il bene di noi tutti), mettendo insieme il meglio delle competenze e compiendo le scelte necessarie nell’interesse esclusivo della collettività, ma non possiamo ignorare che tale governo è conseguenza di un sistema politico rivelatosi estremamente fragile, di una classe dirigente inadeguata, priva dell’indispensabile lucidità e capacità progettuale e impegnata in un teatrino deprimente, niente altro che un avvitamento incessante in discussioni sterili e senza costrutto, nel quale a prevalere è la volontà narcisistica di apparire, di guadagnare effimeri consensi, certificati magari da sondaggi compiacenti, di saggiare il proprio peso politico e numerico ricorrendo a veti e ricatti e sistematicamente tralasciando l’obiettivo primario di perseguire il bene comune. Il Presidente della Repubblica è stato costretto a chiedere ai partiti e ai movimenti politici presenti in Parlamento, a coloro cioè che hanno ricevuto il mandato di rappresentare noi cittadini di compiere un passo indietro perché si sono rivelati incapaci di compierne uno in avanti, a commissariare una politica che da tempo ha deciso di abdicare alla propria funzione, dimenticando che suo preciso ed unico dovere è farsi portatrice di idee e progetti e non di dedicarsi a ripicche, rivalse ed inciuci di vario genere, a ricercare l’occupazione delle poltrone, a ritagliare spazi di potere fine a se stesso per i propri esponenti.
La mancanza di un collante politico – culturale, di una visione condivisa del futuro del Paese sono la causa vera e profonda della crisi in atto. Il funambolismo e la faciloneria con cui si è passati da una maggioranza di destra populista ad una di centrosinistra, mantenendo peraltro a capo della compagine governativa sempre lo stesso Presidente del Consiglio, sono rivelatori non solo dell’indifferentismo culturale e dell’assenza di una precisa fisionomia ideale e valoriale del Movimento 5 Stelle, ma anche la ragione vera della debolezza del governo, il cui cemento è stato un amalgama mal riuscito, uno stringere accordi con compagni di viaggio improvvisati solo perché in quel momento disponibili. Non era affatto difficile prevedere che una simile esperienza alla lunga si sarebbe consumata fino a venir meno: il potere fine a se stesso non è mai un buon viatico, destra e sinistra esistono e le politiche messe in campo per dare soluzione ai problemi sono qualificanti sotto questo profilo. Matteo Renzi è stato inventore ed artefice del governo giallorosso dopo la follia estiva del Papeete ad opera di Matteo Salvini, ma non ha mai metabolizzato l’alleanza con i 5 Stelle, tanto che in queste ultime settimane ha nuovamente indossato le vesti tanto amate e invero mai abbandonate del rottamatore, del demolitore seriale ed è arrivato allo strappo irreversibile per effetto di un conflitto che ha avuto per oggetto pressoché esclusivo il potere, la distribuzione di incarichi e poltrone. Prova ne è che i contenuti tanto sbandierati e presentati come la ragione dell’apertura della crisi ora sono completamente spariti dai discorsi del senatore di Rignano, il quale ha annunciato che appoggerà il governo presieduto da Mario Draghi senza conoscere il programma e la squadra dei ministri con cui si presenterà in Parlamento per ottenere la fiducia. Tuttavia la crisi ha fatto emergere anche i limiti politici dell’azione del Partito Democratico, da tempo inspiegabilmente schiacciato sulla linea dei 5 Stelle, anche su temi storicamente appartenenti alla tradizione della sinistra, dal lavoro alla giustizia, appiattimento che nulla ha a che vedere e non può giustificarsi certo con la rivendicata lealtà a Giuseppe Conte e agli alleati.
La speranza è che quanto sta avvenendo non segni l’inizio di un inesorabile commissariamento delle istituzioni democratiche e che partiti e movimenti politici colgano l’occasione per avviare una riflessione profonda e un processo radicale di rinnovamento, che alla rifondazione identitaria e valoriale accompagni un ricambio dei gruppi dirigenti, aprendosi, lasciando spazio e dando voce alle eccellenze che l’Italia possiede e soprattutto porti a riconsiderare la politica come un servizio capace di influenzare in positivo la vita dei cittadini e di dare soluzione a quei problemi che frenano il vivere civile.
Una bella notizia che smorza sicuramente i toni di chi in questi giorni ha sollevato critiche e dubbi sul taglio di diversi alberi nel centro della città, a partire da via Piagge Marine e recentemente anche in via San Leonardo. In una nota diramata dal Comune di Sezze, infatti, si comunica che il cosiddetto “Progetto Ossigeno” è stato approvato. Presto quindi verranno piantumati 150 alberi. Contrastare il cambiamento climatico, compensare le emissioni di CO2 e proteggere la biodiversità, sono gli obiettivi di OSSIGENO, il progetto della Regione Lazio che prevede appunto la piantumazione su tutto il territorio regionale di alberi e arbusti autoctoni certificati. Il progetto del comune di Sezze è stato considerato meritevole di accoglimento e per questo riceverà 150 alberi di cui 80 Olea europaea, 35 Cupressus sempervirens e 35 Celtis australis L. Si spera che verranno piantumati lì dove è stato necessario tagliarli perché malati e pericolosi per la pubblica incolumità.
Corso di cucito e ricamo al Conservatorio Corradini, la proposta del Cda
Scritto da Vincenzo Mattei
È tempo di programmare la rete scolastica provinciale e regionale, per adeguare l’offerta educativa e formativa alle nuove tendenze del mercato del lavoro e alle nuove aspettative dei giovani. Nonostante la pandemia e la campagna di vaccinazione in corso, che ci costringe all’immobilismo e alla attesa di una ritrovata e sospirata normalità, non bisogna fermarsi ma guardare avanti e pensare al futuro dei nostri giovani. A tal fine, il Consiglio di Amministrazione del Conservatorio Corradini di Sezze intende svolgere la sua parte, presentando alla Regione Lazio, tramite la Provincia di Latina, la richiesta di un Corso permanente di sartoria, cucito, ricamo e design per ragazze e ragazzi. Fin dalla sua fondazione, il Cardinale Corradini, nel lontano 1717, poneva come finalità dell’Istituto l’educazione e la formazione delle ragazze, che, negli anni, si è tramandata, dando lustro e prestigio all’artigianato femminile di Sezze e del Comprensorio lepino. Si vuole, così, rinnovare e valorizzare una tradizione secolare attraverso un necessario aggiornamento teorico e pratico delle discipline e utilizzando i nuovi strumenti offerti dalla tecnologia. L’idea del progetto è stata condivisa dalla Dirigente dell’Istituto Superiore di Sezze, Anna Giorgi, dall’Amministrazione Comunale ed è stata caldamente sponsorizzata dal consigliere regionale on. Salvatore la Penna. Un’occasione importante da non perdere e da non sottovalutare. La Regione Lazio, infatti, ha da qualche tempo intrapreso la strada di offrire opportunità lavorative ai giovani, finanziando la formazione artigianale, turistica e artistica. Recentemente ha deciso di aprire 9 ostelli e 8 spazi di animazione, gestiti da giovani under 35, restituendo così nuova vita a luoghi incantevoli ma alquanto trascurati, adattandoli all’accoglienza di turisti e all’ organizzazione re al loro interno di attività culturali e non solo. Si tratta di Scuole, caserme, conventi, luoghi di culto non più utilizzati (o sottoutilizzati) per il cui rifacimento la Pisana ha stanziato 6 milioni circa di euro. Ospitalità, cultura, artigianato, turismo. Sono queste le linee guida della Regione. A Sezze, una Scuola di formazione professionale per sartoria, artigianato e design, all’interno del Palazzo monumentale del Conservatorio Corradini, sarebbe una soluzione interessante e intelligente che restituirebbe dignità al vecchio convento in via Matteotti e potrebbe rilanciare un settore che in passato ha coinvolto tante giovani e che offre prospettive di lavoro. Una soluzione concordata con le Suore Collegine, perfettamente compatibile con l’offerta scolastica da loro egregiamente svolta, mettendo in debito conto e salvaguardando la loro autonomia sia negli orari che negli spazi. Entrambe le istituzioni (scuola materna e primaria -Corso di formazione) avrebbero garantita la massima autonomia e indipendenza di gestione e di sicurezza, attraverso ingressi separati. La Regione Lazio, in caso di approvazione del progetto, si farebbe carico della manutenzione ordinaria e straordinaria dei locali e del loro adeguamento alle leggi vigenti. Si tratta di un impegno e di una sfida per tutti. Un modo serio e non effimero per restituire vivibilità al Centro Storico della città e a uno dei mestieri più belli e più antichi del mondo.