Nei giorni scorsi sono state rinnovate le cariche direttive della Federazione italiana degli organismi e delle rete educative (FIORE). I membri dell’assemblea, riuniti in video-conferenza da Roma, Perugia, Viterbo e Civitavecchia, al termine dell’incontro, con voto unanime, hanno indicato alla Presidenza dell’organismo Massimiliano Porcelli di Sezze. Questi invece i componenti del direttivo: Gianni Palumbo, presidente uscente, Mauro Mancini, Lisa Gerratana, Amelia Argirò e Salvatore Regoli. Prima dello svolgimento della riunione e delle operazioni di voto, è stato ricordato Eugenio De Crescenzo, stimato e conosciuto esponente del Terzo Settore e della Cooperazione sociale, scomparso, quasi un mese fa, per il Coronavirus. Era stato lo stesso De Crescenzo, nei mesi scorsi, a caldeggiare la candidatura di Porcelli alla presidenza. FIORE riunisce alcune tra le più importanti realtà Italiane che operano nel mondo educativo e, più in generale, nel mondo dell’Economia sociale. Durante i suoi vent’anni di attività, grazie anche la lavoro di Gianni Palumbo, ha partecipato a numerosi e rappresentativi tavoli di interlocuzione istituzionale riguardanti i servizi per l’infanzia e l’adolescenza e, a tutt’oggi, occupa un ruolo di primo piano all’interno del Forum del Terzo Settore. “È perfino superfluo - ha dichiarato il neo Presidente - sottolineare che i prossimi mesi di attività saranno senz’altro condizionati dallo scenario emergenziale che stiamo vivendo rispetto al quale non si immagina ancora l’evoluzione e non si conosce la data della fine. Una cosa è certa: il mondo del sociale si troverà di fronte a una fase costituente che provocherà la messa in discussione di tante certezze e imporrà definitivi ripensamenti. FIORE ha una serie di competenze, oltre ad un patrimonio di relazioni, tali da poter proporre un importante contributo a tutte le riflessioni che a diversi livelli, si svolgeranno attorno ai temi che ci sono più cari. A tale proposito, già a partire dalle prossime settimane, ci faremo promotori dei primi tavoli interistituzionali e intersettoriali per cominciare a parlarne. Un sentito ringraziamento - ha concluso il neo Presidente - va a Gianni Palumbo, un vero maestro, il cui contributo sarà ancora prezioso, e un pensiero commosso all’indimenticabile Eugenio De Crescenzo, che avrebbe sicuramente svolto questo incarico meglio di me”. Molte le questioni poste in agenda dal neo Presidente e dal direttivo, alcune delle quali verranno affrontate alla riunione fissata per il 6 maggio. Massimiliano Porcelli è il presidente della Cooperativa Utopia 2000 di Sezze, che gestisce la casa famiglia per minori di Roccagorga, le strutture per mamme con bambini di Ventotene e Gualdo Cattaneo (Perugia), l’asilo comunale di Cori, la residenza per anziani di Ventotene e l’Agriturismo etico “Le Grazie” di Bevagna (Perugia).
Quello di oggi è un primo maggio senza piazze, una ricorrenza insolita al tempo del coronavirus. Ma è un 1 maggio che deve darci la forza di guardare al futuro e al mondo del lavoro in modo diverso, con la speranza che possa veramente cambiare qualcosa. Soprattutto se pensiamo ai prossimi giorni, alla crisi economica aggravata dal Covid19 e a tutte quelle politiche economiche che devono essere pensate e attuate. Il presidente del consiglio comunale di Sezze, Enzo Eramo, a nome di tutti i consiglieri comunali, manda un messaggio di auguri ai cittadini, alla sua città, alla Sezze che come altre città deve rialzarsi. Ecco il messaggio del presidente Eramo: “È un 1 Maggio a dir poco particolare. Tempo di dolore, dobbiamo ringraziare i tanti lavoratori che a partire da quelli della sanità non si sono mai tirati indietro e tanti sono morti. Oggi più che mai è decisivo coniugare salute e lavoro ma anche di mettere al centro il lavoro e l'uomo anziché finanza e rendita. A chi lo difende, a chi lo sta cercando e soprattutto a chi lo ha perso, buona Festa del Lavoro”. Buona festa dei lavoratori a tutti.
Gli italiani, in questi giorni drammatici di coronavirus, sembra siano diventati improvvisamente tuttologi: massimi esperti di epidemie, di clima, di futuro e persino di etimologia. Mi fanno venire in mente le disquisizioni dei vecchi sofisti che discutevano incessantemente del sesso degli angeli. Ciò si spiega in parte per la cattiva abitudine che abbiamo noi italiani di commentare e di criticare comunque, e in parte per la necessità di dover ammazzare il tempo per renderlo meno noioso e meno pesante. Mi soffermo brevemente su due casi per dimostrare questo assunto. Il primo riguarda le più disparate interpretazioni attribuite al termine "congiunti", termine usato nell'ultima conferenza stampa del 26 aprile dal Presidente del Consiglio Antonio Conte. Ha fatto discutere molto quanto da lui detto a tal proposito. Si tratta di parenti di primo o secondo grado? Di fidanzati, di affetti stabili, di nonni, di zii? Di coppie di fatto? Quale è il confine tra la famiglia ufficiale e quella di fatto? Perché si può incontrare la zia e non la fidanzata? Quali sono le distanze giuste tra due fidanzati? Un metro o un metro e mezzo? In tal caso, si devono utilizzare le mascherine o no? E chi controlla le distanze? Si mandano i droni o si spia dietro le finestre? Come si può autocertificare uno status tra due fidanzati che per sua natura è del tutto personale e segreto? Si rischia di essere multati da una coppia di vigili urbani o di essere inseguititi da motociclisti della polizia? Quante persone si possono incontrare in casa dei parenti? Uno alla volta o tre per volta? Insomma: una serie interminabile di quesiti, una casistica ridicola di opzioni e di domande, un rincorrere di ipotesi, una grottesca cernita degli affetti visitabili e non! Basta! Non si può scherzare troppo con la vita e con la peste. Ci vuole solo tanto buon senso e tanta responsabilità! Nessun governo, nessun Comitato scientifico ci può salvare da una seconda ondata del virus senza il nostro impegno e la nostra collaborazione. Analogo discorso, ma un pò più serio e impegnativo, vale per la decisione di rinviare l'apertura delle chiese: apertura richiesta a gran voce dalla CEI (conferenza Episcopale Italiana). Devo dire che ho trovato fuori luogo ed esagerate le proteste ufficiali dei Vescovi italiani. Attendere altri pochi giorni per la riapertura ai fedeli delle chiese non è un sacrilegio e non c'entra niente con la discriminazione dei cattolici, con l'anticlericalismo e con l'ateismo. Ben altri sono i sacrilegi compiuti da noi uomini! Dio è in ogni luogo, là dove c'è misericordia, lì c'è dio! Non conosco ovviamente le ragioni che fanno indotto il Governo ad assumere questa dolorosa decisione. Si tratta forse di tutelare le tante vecchiette che frequentano maggiormente le chiese? Ma! Per fortuna che c'è Papa Francesco che ha esortato i cardinali e i vescovi alla prudenza e alla obbedienza delle norme in vigore, a cercare un dialogo costruttivo, a concordare con le autorità statali un percorso comune per procedere a piccoli passi, attraverso modalità che consentano di celebrare le Messe e gli altri riti religiosi in totale sicurezza. Un richiamo solenne, da parte di Papa Francesco, alla moderazione e alla distinzione dei ruoli tra Stato e Chiesa. Ricordandoci che "chi va piano va sano e va lontano, mentre chi va forte va incontro......alla morte."
Il sindaco di Sezze, Sergio Di Raimo, poco fa ha annunciato sui social, una bella notizia riguardante il mondo dell’edilizia scolastica. Si tratta dei lavori di efficientamento energetico del plesso scolastico di via San Bartolomeno a Sezze. La Giunta comunale, infatti, ha deliberato il via libera ai lavori di riqualificazione ed efficientamento energetico per questa struttura che, come altre, presenta annose criticità. La spesa complessiva dell'intervento, fa sapere il primo cittadino, è di euro 695.380 e riguarderà la sostituzione di tutti gli infissi del plesso scolastico. “L’obiettivo - afferma il sindaco sul suo profilo facebook - è investire sugli edifici pubblici per migliorare la sostenibilità economica ed ambientale attraverso interventi per l'efficienza energetica e l'incremento dell'uso delle energie rinnovabili. La Regione Lazio curerà tutti gli aspetti tecnici, dall'affidamento ed esecuzione dei lavori fino alla gestione finanziaria conseguente”. Si tratta indubbiamente di un intervento importante per un edificio scolastico che, in realtà, necessiterebbe anche di altri interventi come altri edifici scolastici di Sezze. Primo fra tutti, ovviamente, il plesso Valerio Flacco di Sezze Scalo, al centro di polemiche per l’annuncio nei giorni scorsi dell’approvazione del progetto definitivo di messa in sicurezza senza un soldo in cassa ma con la sola speranza di finanziamenti che dovrebbero arrivare sempre da mamma Regione Lazio. Una struttura questa che necessita di interventi strutturali imponenti e per i quali il Comune di Sezze ha previsto una spesa complessiva di 519.000 euro. Peccato però che in cassa ci siano solo 130 mila euro e i 389 mila euro che mancano per il progetto definitivo sono appesi alle speranze del finanziamento regionale e nel caso in cui non bastassero l’Ente sarà costretto a fare ricorso alla devoluzione dei residui di mutuo già attivati. Oggi l’annuncio dei quasi 700 mila euro per l’efficientamento energetico per la scuola di via San Bartolomeo ha fatto esplodere polemiche a Sezze Scalo, anche tra i suoi più agguerriti sostenitori; un annuncio, ovviamente, mal digerito e non espresso solo per il delicato momento anche dai politici dello Scalo. In molti, infatti, hanno denunciato le differenze tra le due realtà scolastiche: mentre non si hanno soldi per una scuola che ha gravissimi problemi strutturali, peggiorati negli ultimi tre anni, come descritto dettagliatamente e chiaramente dall’architetto Celani nell’ultima relazione “Per il Miglioramento del livello di sicurezza statico”, l’altra avrà somme considerevoli per migliorare il consumo energetico. Mentre una potrà godere finalmente di infissi nuovi, l’altra rischia di chiudere prima di Settembre per grossi problemi di sicurezza. L’architetto Celani, proprio in merito allo stato di conservazione del manufatto della Valerio Flacco scrive: “A seguito dei successivi sopralluoghi effettuati si può confermare quanto già relazionato nella più volte richiamata relazione allegata al Certificato di Idoneità Statica, con le inderogabili prescrizioni raccomandate dallo stesso Ing. Vincenzo Giannetto, si pone in rilievo l'ulteriore constatazione, di un aumento del degrado nella parte di solaio di copertura del piano interrato ed oggetto di lavori di sostegno in corso di esecuzione, delle coperture in generale e di alcuni pilastri d'angolo al piano terra o rialzato nei quali è stato riscontrato il fenomeno di espulsione del copriferro”.
Foto di Emanuele Coletti di LATINATU
"ll consiglio comunale richiesto dalla minoranza si è rilevato una farsa con la complicità dei gruppi di Lega e Forza Italia".Questo il succo delle dichiarazioni del sindaco di Roccagorga Piccaro e del suo vice Romanzi. “Si è svolto un consiglio farsa - dichiara Mario Romanzi - e questo perché in maniera pretestuosa il Presidente del Consiglio, violando il Regolamento, non ha voluto far votare la pregiudiziale di annullamento che abbiamo presentato. Era evidente fin dalla convocazione che l’ottica del consiglio comunale convocato non era quella di deliberare proposte per la collettività ma sperare in qualche inciampo della maggioranza. Ad esempio, la proposta della istituzione della commissione “nell’ambito dell’Ufficio di Presidenza” per l’emergenza COVID-19 aveva in realtà l’obiettivo di sovvertire i rapporti di maggioranza- minoranza all’interno del Consiglio Comunale contrariamente alla struttura delle commissioni consiliari nella quale la proporzione è mantenuta. Un meccanismo artificioso quello proposto che stabiliva la votazione dei gruppi consiliari non per la loro rappresentatività, ma singolarmente. In questo modo la minoranza, che conta più gruppi, avrebbe avuto maggiore rappresentatività della maggioranza, situazione resa ancora più aberrante in quanto, essendo tale commissione costituita all’interno dell’ufficio di presidenza, non avrebbe permesso al Sindaco, o suo delegato, la possibilità di esprimersi attraverso il voto. (Praticamente un governo parallelo !). A ciò si aggiunge la palese illegittimità del secondo punto dove nemmeno ai proponenti era chiaro cosa si dovesse votare. Momenti di imbarazzo ed una brutta pagina della storia politica del nostro paese che si doveva evitare votando la pregiudiziale di annullamento di cui ero il primo firmatario”. Chiosa finale del sindaco: " Quanto accaduto, da rappresentante della comunità, mi sconcerta profondamente. In piena emergenza COVID-19 siamo stati costretti a svolgere un consiglio comunale strumentale ed irregolare. Nessuna proposta di deliberazione, nessun parere dei responsabili dei servizi, nessuna pubblicità della adunanza, convocazione in modalità di riunione fisica in un momento in cui dovrebbe essere evitata ogni forma di aggregazione.Un pomeriggio dove le istituzioni sono state utilizzate per strumentali battaglie di carattere personale, una situazione quanto meno inopportuna in un periodo emergenziale quale quello che stiamo vivendo ed in cui la popolazione di tutto ha bisogno tranne che di assistere a questi triti e ritriti giochetti di un modo di fare politica che non ci appartiene. La strumentalizzazione dell’emergenza covid 19 per mettere in atto un consiglio comunale, sperando di poter tirare un colpo mancino alla maggioranza, è vergognosa ed irrispettosa della democraticità del voto popolare. Il gruppo consiliare Tradizione e Futuro prende le distanze da questo modo strumentale di fare politica. L’impegno di tutti oggi dovrebbe essere rivolto soltanto a lavorare per i bisogni della popolazione e quello che ci conforta e’ che il Comune di Roccagorga rappresenta un modello positivo di gestione della emergenza, con servizi capillari forniti alla popolazione iniziati ancor prima che scattasse il lockdown, che continueranno nella fase 2 e per tutta la durata dell’emergenza con la stessa sollecitudine e nel rispetto delle norme di sicurezza nei confronti di tutta la popolazione”.
Un importante gesto di solidarietà, una donazione utile in un momento molto delicato per tutti, in modo particolare per chi resta in prima fila per combattere il covid19. L’amministrazione del gruppo Stema Groups di Latina, nelle persone di Stefano La Penna e Marco Nicoletti, ha ufficializzato nei giorni scorsi la donazione nei confronti dell'Ospedale Santa Maria Goretti - Reparto Covid-19 la fornitura di tute tecniche idrorepellenti per tutto il personale del reparto, e a breve ci sarà l’acquisizione di nuove piante per flebo e un carrello per le emergenze sanitarie. La consegna di una parte del materiale donato da STEMA Groups è avvenuta ieri alla presenza del patron Stefano La Penna e del Dottor Erasmo Galeno di STEMAfisiolab Latina, direttamente nelle mani della Caposala del Reparto Covid-19 del Santa Maria Goretti di Latina, Dott.ssa Laura Carrocci. Il resto della consegna avverrà nella prossima settimana. Una raccolta fondi aveva anticipato la donazione ed era stata avviata nel corso del periodo di quarantena forzato da STEMA Training e dal Dott. Erasmo Galeno, nel merito delle conference call e video-live che STEMA Training ha eseguito in questo periodo.
La consegna del materiale al reparto covid19 di Latina
Importanti interventi di restyling e riqualificazione verranno realizzati entro la fine dell’anno a Sezze Scalo, nel piazzale della stazione. Infatti, nell’ambito del protocollo di intesa fra Regione Lazio e Ferrovie dello Stato, che prevede investimenti per 18 miliardi di euro per i trasporti su ferro nella Regione Lazio, sono previsti interventi di riqualificazione della stazione di Sezze con un budget fino a 8 milioni di euro. Ad annunciarlo il consigliere regionale del Pd Salvatore La Penna. “Vi sarà il restyling completo dello scalo ferroviario con la disponibilità di Regione Lazio e RFI alla realizzazione, con l’amministrazione comunale di Sezze, di una piazza nell’attuale piazzale della stazione”. Il progetto è stato già deliberato e finalmente presto la piazza diventerà un luogo di incontro per i residenti di Sezze Scalo. “Mi preme ringraziare per le sollecitazioni, il contributo fattivo e la sensibilità sul tema della riqualificazione della stazione – afferma La Penna - il Sindaco Di Raimo, l’intero consiglio comunale di Sezze ed in particolar modo, per la presenza e l’apporto decisivo che ho potuto verificare in diversi momenti di interlocuzione istituzionale, il Presidente del Consiglio Comunale di Sezze Enzo Eramo e il consigliere Serafino Di Palma. Voglio ringraziare per la sensibilità e l’impegno Ferrovie dello Stato, RFI, il Presidente Zingaretti e l’Assessore Regionale ai Lavori Pubblici, Infrastrutture, Trasporti Mauro Alessandri. Continua, anche in questa fase difficile e di emergenza, l’impegno per il nostro territorio, con uno sguardo rivolto alla ripartenza e al futuro”.
Il consigliere regionale La Penna
Il 25 Aprile è la festa di tutti gli italiani
Scritto da Vincenzo Mattei
Neanche oggi, 25 Aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo, gli italiani sono uniti. L'emergenza del coronavirus, infatti, non ha fermato le provocazioni di una parte della Destra, sempre puntuale, quando si avvicina questa ricorrenza, a mostrare il suo volto peggiore. E' il caso del senatore Ignazio La Russa, cresciuto nel MSI ed oggi esponente di Fratelli d'Italia, che propone provocatoriamente che il 25 Aprile "venga ricordato per i caduti di tutte le guerre senza esclusione alcuna, comprese le vittime della pandemia". Negando così il valore in sé della Resistenza e volendo confondere le acque. Insieme a lui, non a caso, si sono schierati i nostalgici di Forza Nuova, movimento politico di estrema destra, che arriva a dire ai partigiani:" Buttatevi giù dal balcone, infami traditori"! Ci sarà tempo per ricordare adeguatamente i tanti morti e i tanti eroi deceduti a causa del coronavirus. Ma il 25 Aprile con la peste di oggi non c'entra niente! Si tratta, codesta, di una minoranza di persone che tendono a provocare, ad avvelenare il pozzo della storia: un fronte nostrano di revisionisti, di oscurantisti, di amici di Trump, di populisti, di no vax, di camicie nere. Per costoro la democrazia è un lutto. Peccato, perché oggi dovrebbe essere la giornata della concordia nazionale, che festeggia la rinascita della democrazia, della libertà, della Costituzione che è la Carta Magna dei valori e dei princìpi di tutta la Nazione, alla quale tutti ci dobbiamo richiamare e alla quale tutti dobbiamo obbedire. Non è questo il momento, quindi, di riaccendere il focolaio dell'odio, di mettere in discussione i valori fondanti del vivere civile di un popolo che ha subìto una guerra drammatica e venti anni di dittatura. I partigiani hanno combattuto contro il nazifascismo per restituire dignità e libertà a tutti (dico tutti!) gli italiani. E' questo il nesso inscindibile tra la lotta partigiana, la Resistenza, la Liberazione e la Costituzione repubblicana. Ciò è storicamente fuori dubbio! Per questo il 25 Aprile appartiene a tutti gli italiani, come dovrebbe capire chi nega la libertà riconquistata mentre la usa, mettendosi al di fuori della storia. Dice il giornalista Michele Serra di Repubblica: "C'è una differenza tra i fascisti e gli antifascisti: i primi si vendicano, gli altri no!". Quest'anno non ci saranno comizi e cortei: il coronavirus ce lo impedisce. Ma ci sarà certamente un corale sentimento di gioia , di fratellanza e di pace di tutti gli italiani al canto di Bella Ciao!
25 Aprile. Serve memoria per costruire il futuro
Scritto da Luigi De Angelis
“Quando io considero questo misterioso e miracoloso moto di popolo, questo volontario accorrere di gente umile, fino a quel giorno inerme e pacifica, che in una improvvisa illuminazione sentì che era giunto il momento di darsi alla macchia, di prendere il fucile, di ritrovarsi in montagna per combattere contro il terrore, mi vien fatto di pensare a certi inesplicabili ritmi della vita cosmica, ai segreti comandi celesti che regolano i fenomeni collettivi, come le gemme degli alberi che spuntano lo stesso giorno, come certe piante subacquee che in tutti i laghi di una regione alpina affiorano nello stesso giorno alla superficie per guardare il cielo primaverile, come le rondini di un continente che lo stesso giorno s’accorgono che è giunta l’ora di mettersi in viaggio. Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini”. (Piero Calamandrei)
Celebrare il 25 aprile, 75 anni dalla liberazione dell’Italia dal nazifascismo, non significa volgere lo sguardo indietro a quanto è stato, coltivare un ricordo, rifugiarci nell’idealizzazione di eventi superati e consumati dal tempo o nell’esercizio sterile di una rievocazione, ma compiere il dovere di altissimo valore civico e morale della memoria. La lotta di liberazione è patrimonio insuperabile e insostituibile delle nostre radici, da incarnare ed attuare nel presente fondando la nostra identità di popolo sugli ideali e i valori che guidarono quanti combatterono nella Resistenza con coraggio e abnegazione e sacrificarono la vita per la libertà, la democrazia e la giustizia, principi sostanziali e inviolabili che intessono la nostra Carta Costituzionale.
La Resistenza fu rivolta di popolo contro la dittatura e conseguentemente contro l’invasore nazista. Il fascismo non rappresentò un ventennio d’ordine e grandezza nazionale, ma di illegalismo, corruzione, asservimento dei cittadini ad un potere dispotico e violento che cancellò diritti e libertà, si macchiò di orrendi crimini, culminati nelle leggi razziali del 1938, aberrazione indicibile, macchia indelebile, macigno insopportabile e abisso di disumanità. Il movimento antifascista si sviluppò immediatamente e ne fecero parte donne e uomini perseguitati, assassinati, arrestati, mandati al confino, costretti all’esilio, Matteotti, Amendola, i fratelli Rosselli, Gramsci, don Sturzo, don Minzoni, Trentin, Pertini, Spinelli, Anselmi, Venturini, Zanotti, Cremoni, Tonelli, Benetti e tanti altri, gran parte dei quali rimasti anonimi o sconosciuti ai più i quali, non potendo manifestare nelle piazze dove gli squadristi impedivano ogni esercizio di libertà, si fecero artefici di una resistenza quotidiana, rifiutarono di piegarsi al regime, lottarono per un’Italia diversa coltivando e alimentando l’ideale “di creare una società retta sulla volontaria collaborazione degli uomini liberi ed uguali, sul senso di autoresponsabilità e di autodisciplina che necessariamente si stabilisce quando tutti gli uomini si sentono ugualmente artefici e partecipi del destino comune, e non divisi tra padroni e servi“ (Piero Calameandrei). Il destino della dittatura fascista era scritto già dalla sua nascita, non poteva essere che una parentesi, tragica e dolorosa, nella storia dell’Italia, destinata a crollare di fronte all’inevitabile rivolta, in nome dell’affermazione dei diritti irrinunciabili e inalienabili dell’uomo, senza i quali una società non solo non può definirsi umana ma neppure esistere. Il regime fascista non cadde solo a causa della guerra e dell’intervento degli Alleati, ma anche per la spinta che venne da una sollevazione di popolo, da un moto profondo di ribellione che partì dalle coscienze e si fece insurrezione e lotta armata di liberazione sulle montagne, per le strade delle città, nei reparti dell’esercito che voltarono le spalle alla dittatura e agli invasori suoi alleati e combatterono dalla parte dei cittadini, onorando il giuramento di fedeltà all’Italia. La liberazione fu possibile grazie a uomini e donne appartenenti a un ampio schieramento politico, cattolici, socialisti, azionisti, monarchici, liberali, comunisti, che si chiamavano tutti con un solo nome: Partigiani. La Resistenza non fu un derby tra comunisti e fascisti, ma una lotta tra democratici di ogni orientamento e fascisti.
Coltivare la memoria è indispensabile per smascherare le falsità di certo revisionismo storico e fermare il tentativo mistificante di parificare i valori di chi combatté dalla parte giusta per la libertà e l’indipendenza nazionale, a quelli di quanti invece si schierarono dalla parte sbagliata al servizio dei nazisti e della dittatura. Bellissime e inequivocabili sono le parole di Italo Calvino: “Lo spirito dei nostri e quello della brigata nera non sono la stessa cosa, ma tutto il contrario. Perché qui si è nel giusto, là nello sbagliato. Qua si risolve qualcosa, là ci si ribadisce la catena. Quel peso di male che grava sugli uomini nel Dritto, quel peso che grava su tutti noi, su me, su te, quel furore antico che è in tutti noi, e che si sfoga in spari, in nemici uccisi, è lo stesso che fa sparare i fascisti, che li porta a uccidere con la stessa speranza di purificazione, di riscatto. Ma allora c’è la storia. C’è che noi, nella storia, siamo nella parte del riscatto, loro dall’altra.”(I. Calvino – Sul sentiero dei nidi di ragno).
La memoria è risposta alla domanda su chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo.
Buon 25 aprile, festa della Resistenza e dell’Italia liberata!
Il lockdown a causa del Covid19 che per tanti ha significato una pausa forzata, per i ragazzi della Protezione Civile di Roccagorga ha significato invece un extra impegno che sono riusciti a portare a termine grazie alla passione, alla coordinazione esemplare da parte dei loro vertici e alla sinergia con l’Amministrazione Comunale. Il Centro Operativo Comunale p stato infatti aperto il 13 marzo e ha visto impegnati circa 30 volontari. Volontari che in poco più di un mese, ovvero fino al 14 aprile, hanno consegnato 1711 spese alimentari, 1089 consegne di farmaci a domicilio effettuate, consegnato 174 pacchi di spesa solidale, 750 mascherine rifornite a Forze dell’Ordine, Polizia Locale, dipendenti pubblici, commercianti, operatori ecologici attivi sul territorio, farmacisti, operatori di Protezione Civile, case famiglie e residenze per anziani. Sono state 1300 le mascherine artigianali consegnate ai cittadini, 420 le uova di Pasqua portate a casa dei bambini residenti sul territorio, 60 le colombe pasquali, 690 autocertificazioni cui si aggiungono le 39 rilevazioni con termometro infrarossi effettuate, 2 interventi a supporto del 118 per altrettante emergenze e 2 consegne a casa di tablet per le video lezioni. Il tutto con la perla, rappresentata la consegna del pranzo fatta all'ospedale Santa Maria Goretti di Latina per dimostrare la propria solidarietà e vicinanza al personale medico e infermieristico impegnato in prima linea contro il Covid 19.
La Protezione Civile Comunale di Roccagorga è così composta
- Palombi Pio-Delegato Pc Comunale
- De Nardis Alessandro-Responsabile Coc
- Babbo Roberto- Responsabile Dpi
- Ciarmatore Tommaso-Responsabile Area Sociale
- Pietrosanti Marco-Responsabile Area Medicinali
- Ciani Luca-Responsabile Area
Comunicazioni
- Telolli Giorgio- Responsabile Area Accoglienza
- Orsini Fabio-ResponRaccolta Dati
I nomi dei volontari
Sanges Davide, Romanzi Giulia, Nardacci Stefano, Fusco Antonio, Minarchi M. Onorata, Agnessi Emilio, Ciotti Onorata, Battisti Giovanni ,Fusco Loredana, Coia Vincenzo, Agostini Matilde, Palombi Pio, Briganti Gianluca, Battisti Luca, Guerrieri Mi chele, Agnessi Erasmo Ciotti Carlo e Sanges Simone
I volontari della Protezione Civile
Altro...
In attesa dei nuovi decreti ministeriali e soprattutto dei protocolli da mettere in atto per garantire sicurezza e incolumità dei clienti, molte attività commerciali continuano a soffrire la chiusura imposta dal covid19. Gli appelli alla riapertura si moltiplicano e si diffondo da Provincia a Provincia, da Comune a Comune. Una delle categorie più colpite e che sta facendo sentire il proprio grido è quella dei parrucchieri e delle estetiste. In ogni dove ci sono accorati appelli per chiedere maggiore attenzione per un settore, come altri, fermo dai primi decreti e che rischia di essere definitivamente compromesso e danneggiato. Anche a Sezze molti operatori del settore sono in ansia e si uniscono al coro degli appelli che si leggono in tutte le Regioni. In attesa di disposizioni governative, anche a Sezze, hanno iniziato a riorganizzare gli spazi per garantire il distacco necessario come richiesto dalle norme. Sono molti i dubbi e le domande che parrucchieri ed estetisti si stanno ponendo ma ciò che chiedono a gran voce e di poter riprendere a lavorare. Questa è una categoria, inoltre, che rischia di essere danneggiata dagli abusivi, in barba a di chi è rimasto chiuso rispettando le misure e le restrizioni imposte dal governo. Le amministrazioni locali, ovviamente, non hanno autonomia e non potrebbero assolutamente intervenire e prendere decisioni diverse rispetto a quelle delle Regioni e del Governo. Quella dei barbieri e degli estetisti però sono categorie che rischiano di essere lasciate per ultime, visto il contatto ravvicinato con i clienti, ma è necessario, anche per questo, rimodulare un nuovo modello di sviluppo economico e professionale, adeguato alle misure e alle doverose regole dovute dal coronavirus. Acconciatori ed estetisti, come altri, stanno attraversando una delle crisi economiche più profonde degli ultimi 50 anni e si auspica che nei nuovi decreti, dopo il 4 maggio, ci siano delle condizioni per permettere anche a loro di riaprire, limitando al massimo la possibilità di contagio. In altre città sono state avanzate proposte e condizioni per la riapertura dei locali, ad esempio per un solo cliente all’interno del negozio e con accorgimenti per evitare contatti: pannelli in plexiglas e altri accorgimenti. Ci potrebbero essere, ad esempio, delle aperture limitate previo appuntamento con il cliente, sempre con le restrizioni necessarie e con gli accorgimenti di sicurezza. Vedremo.
C’è un ragazzo di 34 anni che questo particolare periodo di quarantena lo sta vivendo in una maniera singolare. Si chiama Erasmo Corsi, è di Roccagorga, è il Presidente della Protezione Civile del suo paese, ma da gennaio è ricoverato all’Icot di Latina, ormai vicino alle dimissioni dopo aver rischiato di rimanere su una sedia a rotelle a causa di una caduta. La sua forza di volontà lo sta portando fuori da un calvario e fuori troverà un mondo cambiato, così come è cambiato lui dopo questa esperienza.
Da quando sei in ospedale e perchè?
Sono in ospedale ormai da quasi tre mesi...per colpa di una caduta lo scorso 12 gennaio...
Sei entrato in all’ICOT che fuori vivevamo la normalità, uscirai, speriamo quanto prima, con la realtà stravolta dall’emergenza Coronavirus e le norme di contenimento del virus che hanno stravolto la nostra vita
Com’è vivere questo momento particolare in ospedale?
Sono entrato in ospedale che fuori c’era la normalità e adesso che uscirò troverò un altro mondo…
Questo momento è un momento particolare per tutti e viverlo in un ospedale è difficile. C’è massima attenzione, tutti protetti da mascherine e visiera e non si può avere un abbraccio da parte di chi ti sta vicino anche per darti un conforto morale. Devo però dire che i tantissimi messaggi che mi arrivano e le bellissime parole di conforto da parte del personale sanitario dell' Icot che mi sono stati sempre vicino dai medici infermieri terapisti, mi hanno fatto sentire lo stesso coccolato da persone fantastiche.
Quanto ti manca la Protezione Civile?
La Protezione Civile mi manca tantissimo, è stata sempre una mia passione sin da piccolo fino ad arrivare ad essere quello che sono oggi grazie anche a chi ha creduto in me e mi ha dato fiducia. Ringrazio di questo i miei compagni di squadra e le tante altre persone che mi hanno aiutato e sono loro che mi mancano di più
Hai saputo anche di tutto il lavoro svolto dai volontari della Protezione Civile in questi giorni così particolari con la consegna delle uova di pasqua per i bambini e i pacchi di spesa solidale per le famiglie in difficoltà
Ho visto sui social la consegna delle uova di Pasqua; è stato un bellissimo gesto da parte non solo della mia Protezione Civile ma anche di tutte le altre nella nostra provincia. Aiutare non fa mai male ed é un gesto che deve partire dal cuore perché se lo si fa con il cuore lo si fa con amore verso chi in questo momento si trova in serie difficoltà.
Non sono mancati purtroppo, anche durante la quarantena, gli incendi:
Anche in questo periodo c è sempre chi si diverte ad appiccare incendi ma queste io non le ho mai definite persone ma soltanto criminali perché chi è capace di bruciare una montagna è capace secondo me anche di ammazzare una persona.
Un messaggio a Roccagorga e a tutti gli altri che sono fuori
Il messaggio che voglio mandare al mio paese ma anche a tutte le persone che stanno vivendo questo momento è quello di continuare a restare in casa e continuare a lottare per raggiungere un obbiettivo comune quello di uscire al più presto da questa pandemia e di tornare ad abbracciarci come una volta, ma questo sarà possibile soltanto se tutti insieme collaboriamo e rispettiamo le regole
Uno ai tuoi amici di Protezione Civile, su tutti Tommasino Ciarmatore e Gianluca Calvano?
I ragazzi delle p.c stanno dando l’anima da circa due mesi voglio citare due miei fratelli Gianluca Calvano e Tommaso Ciarmatore, impegnati in questo momento ad aiutare le tante persone, a loro voglio mandare un mio saluto. Appena uscirò dall'ospedale dovrò stare per un po’ di tempo sicuramente fermo, pensare a quello che ho passato e soprattutto ricominciare di nuovo un’altra vita in cui non potrò di nuovo fare tutto quello che facevo prima.
Purtroppo qualcosa cambierà:
Questo caduta mi ha segnato e sicuramente insegnato tante cose. A settembre inizierò una preparazione che mi porterà a fare nel 2021 una cosa che ho sempre sognato insieme ad altre persone, in particolare una ma per ora non vado oltre.
Una cosa che mi ha insegnato questa esperienza e quella di dire alle tante persone che in questo momento si trovano in quelle che erano le mie condizioni, a non mollare nemmeno un secondo perché come ce l'ho fatta io ce la faranno anche loro. La parola mollare non fa parte del mio dna come tanti mi conoscono e sanno, io nella mia vita non mi sono mai arreso a nessun tipo di problema non mi sono mai messo paura di affrontare qualsiasi cosa e ridevo quando ero seduto su quella carrozzina perché in me sapevo che un giorno sarei riuscito ad alzarmi e tornare a vivere come tutti. Ora posso dire di avercela fatta e l unico momento che sto aspettando e quello delle mie dimissioni per tornare a casa.
La politica è fatta anche di buon senso, di rispetto reciproco e soprattutto di senso di responsabilità. Avere la consapevolezza di essere amministratore di una città significa pur sempre essere comunque cittadino, genitore, nonno, zio, insomma una persona che ricopre sì un ruolo istituzionale ma pro-tempore. In questo lungo periodo di quarantena credo che di una cosa dobbiamo essere fieri, e cioè del rispetto del momento tragico che stiamo vivendo da parte degli amministratori della nostra città. Non prendendo nemmeno in considerazione qualche sciacallaggio mediatico, speculativo, creato ad arte dai soliti aizzatori, i nostri amministratori in questa fase hanno dimostrato rispetto, educazione e umiltà. Non è vero come qualcuno continua a sostenere che la politica si è fermata, che la maggioranza e l’opposizione hanno smesso di ricoprire i rispettivi ruoli e se ne stanno da giorni con le mani in mano. E’ vero invece che i consiglieri comunali della nostra città hanno giustamente e coscientemente messo da parte invettive e azioni politiche per il dramma che tutti stiamo vivendo. Hanno utilizzato l’arma e la politica del sentimento. Ancora una volta, come era avvenuto per il passato, la politica setina, quella sana e perbene, si è dimostrata fucina di responsabilità e di sensibilità rispetto ad altri Comuni dove, in più occasioni, abbiamo assistito a manifestazioni e propagande elettorali disgustose. Ai nostri rappresentanti istituzionali e soprattutto ai rappresentanti delle opposizioni consiliari va quindi riconosciuto un temperamento, un attaccamento e una sensibilità genitoriale ammirevole. Avrebbero potuto fare la parte da leone su molte questioni ancora in sospeso ma hanno volontariamente fermato le bocce. In questi mesi nessuno dei consiglieri comunale è venuto meno al proprio ruolo, ma lo ha fatto restando in silenzio, chiedendo espressamente che su di loro non venissero accesi i riflettori della visibilità, dell'egocentrismo, nel rispetto del momento che stiamo vivendo. La politica non si è fermata, si è fermata momentaneamente quella dialettica che è pur sempre il condimento dell’agone politico, di cui in alcuni periodi però ne siamo schifati e sconcertati.
Il virus e il filo d'oro della solidarietà
Scritto da Luigi De Angelis
Si racconta che nel Giappone del XV° secolo viveva il nobile Ashikaga Yoshimasa, VIII° shogun dello shogunato Ashikaga, generale dell’esercito imperiale e feudatario, il quale amava bere il tè dalla sua tazza preferita. Un giorno mentre sorseggiava il tè, la tazza gli scivolò dalle mani e rovinò a terra, infrangendosi in numerosi pezzi. Sconsolato per l’accaduto raccolse fino al più piccolo frammento e li inviò in Cina affinché fosse riparata, non volendo rinunciare alla tazza. Quando le venne restituita constatò però che i pezzi erano stati riattaccati con legature di metallo brutte e poco funzionali. La sua tazza sembrava fatalmente perduta. Ashikaga Yoshimasa era così legato alla sua tazza che non si arrese e l’affidò alle cure di artigiani giapponesi, che sorpresi dalla sua tenacia nel cercare di riaverla, decisero di ripagare i suoi sforzi. Trascorsi alcuni giorni restituirono la tazza allo shogun, il quale constatò che era stata riparata in maniera eccellente, arricchita e impreziosita, essendo state le fessure riempite con una resina laccata e ricoperta d’oro. La tazza era più bella e possedeva un valore più grande. Gli artigiani crearono così la tecnica dello kintsugi, del riparare con l’oro, che si diffuse in tutto il Giappone. L’oggetto rotto veniva trasformato in qualcosa di prezioso, sia per l’oro che ricopriva le fratture, sia perché acquisiva veste nuova con le linee dorate d’irripetibile casualità che lo rendevano unico.
Lo kinsugi oltre ad essere un’arte, è simbolo e metafora del modo di affrontare avversità, rovesci e sofferenze. L’imperfezione, la crepa, la ferita raccontano la vita, sono preziosità che esaltano e rivelano il cammino di ricostruzione, sono come le cicatrici del guerriero che torna dal campo di battaglia. Occorre valorizzarle, sono un tesoro da cui attingere e imparare. La guarigione non è mai istantanea, richiede tempo e pazienza, ma ci irrobustisce e ci rende unici. Come la pelle si riforma più spessa e forte dove ci tagliamo formando la cicatrice, così quando patiamo dolori e ferite nell’animo ne usciamo fortificati e maturati.
Nel nostro mondo governato dalla logica del materiale e dell’efficiente, dello scarto e dell’inutilità non solo delle cose ma anche delle persone non rispondenti a criteri di produttività, arricchimento e bellezza estetica, la sofferenza di questi giorni ci obbliga a prendere atto della nostra fragilità, a misurarci con lo sgretolamento di sicurezze personali, affettive, sociali, economiche. La pandemia segna una rottura che investe i diversi piani del nostro vivere, ha carattere non transitorio e costituisce un passaggio, una cesura storicamente rilevante. Il virus ci accompagnerà per un tempo lungo o breve, questo al momento non lo sappiamo, dovremo conviverci fin quando non verrà sconfitto dalla scienza. Sicuramente il nostro domani sarà diverso rispetto a ciò che è stato il nostro ieri ed è il nostro presente, ma la direzione verso cui evolverà questa alterità dipenderà dalla nostra capacità di prendere in mano noi stessi, di raccogliere i frammenti sparsi delle nostre vite, di ricucirli e ritesserli pazientemente, non solo a livello personale ma anche relazionale e sociale. Dobbiamo assumere al contempo la veste dello shogun, con la sua caparbietà di non rinunciare alla tazza da tè tanto amata e degli artigiani in grado di inventarsi una nuova arte della ricucitura, con cui restituire vita, bellezza e futuro a quanto ritenuto perduto, inutilizzabile e di cui disfarsi. Le cicatrici saranno i segni della battaglia combattuta, dello scontro da cui ci siamo rialzati, della vittoria conquistata, della nuova occasione guadagnata e non dovremo nasconderle né vergognarcene. La strada da percorrere non sarà facile, ci riserverà passaggi impervi, c’imporrà di rivedere stili di vita, abitudini, convinzioni e avremo meno disponibilità per il superfluo e l’effimero. Nondimeno costituisce una opportunità per ricostruire e ricostruirci usando un collante eccezionale e prezioso: la solidarietà. Si tratta di far leva non su un sentire di reciproca vicinanza legato al contingente che viviamo, ma di riconoscere validità e dare corpo a ciò che in questi giorni abbiamo sentito ripetere: ci salveremo non da soli, ma tutti insieme.
Tutto vero, giusto e condivisibile, ma alcuni segnali che si vanno manifestando non sono rassicuranti. Personalmente non nutro antipatie lessicali, ma il termine ripartire, impiegato in dibattiti e discussioni per indicare la necessità di rimettere in moto la macchina produttiva del nostro paese e riprendere la socialità, pur con le dovute cautele per scongiurare una ripresa del contagio, indispensabile vista la oggettiva impossibilità di permanere in condizione di stasi a tempo indeterminato e perchè deleteria economicamente, mi cagiona allarme. La sensazione è che alcuni ormai da un po’ orfani di visibilità mediatica e magari in crisi di consensi, lo intendano come un riprendere esattamente da dove ci siamo fermati prima d’essere investiti da questo tsunami. E così sono ricominciate le polemiche sterili e fondate sul nulla, le giravolte, le intraprendenze fuori luogo, le smanie di onnipresenza, è ripartita la macchina del fango con bugie e insulti, si è ripreso a soffiare sul fuoco del rancore sociale, si sono tornati ad additare i soliti nemici contro cui scagliarsi, sperando di innescare e di lucrare sui conflitti tra noi e gli altri, i penultimi e gli ultimi, i poveri e i poverissimi, gli italiani e gli immigrati, scommettendo che sconforto, difficoltà economiche o superficialità inducano molti a cadere nel tranello premiando i ritrovati provocatori.
Il fallimento dei violenti manipolatori, dei professionisti dell’odio e del risentimento, dei fomentatori degli egoismi personali e di gruppo, di quanti classificano le persone per appartenenza etnica, linguistica, culturale, religiosa e per provenienza geografica è l’unica speranza. Se li lasceremo prevalere i tempi difficoltosi che ci aspettano diverranno insostenibili e ci trascineranno nel sicuro fallimento. Soltanto se sapremo ricucire le fratture personali e sociali con il filo d’oro della solidarietà tutti insieme avremo un futuro.