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Gente a spasso come se nulla fosse. Macchine in giro. Persone che si godono tranquillamente il sole nelle piazze e nei parchi della città. Non è una sensazione ma è abbastanza evidente che molti cittadini, in barba ad altrettanti che sono chiusi in casa da 40 giorni nel pieno rispetto delle misure imposte dal governo, hanno abbassato la guardia e hanno iniziato (forse mai smesso) di fregarsene del coronavirus e dei rischi di contagio. Sono molte le segnalazioni di strade piene di gente che senza alcuna ragione passeggiano e chiacchierano del più e del meno per comprare 1 litro di latte. Anche il via vai delle macchine è aumentato, sia nel centro che nella pianura. Attraversando Sezze Scalo oggi si ha l’impressione che le restrizioni del governo non ci siano mai state. Girando per la periferia alta della città rispetto a qualche settimana fa gli atteggiamenti sono molto cambiati. Le continue richieste dell’amministrazione comunale di restare a casa per molti sono diventate voce al vento, messaggi inutili. E’ assurdo. Eppure la gravità della situazione a tutti i livelli non è per nulla cambiata: per coronavirus ancora muoiono 500/600 persone al giorno e anche se la curva dei contagi è scesa di poco, con oscillazioni ovviamente, la partita è ancora lunga e ogni sforzo potrebbe essere vanificato in pochi giorni a causa di questi atteggiamenti scellerati. Paesi a noi vicini come Fondi e Itri non bastano come monito? Non è accettabile che molti residenti continuino a non rispettare le restrizioni. Ci sono ovviamente comunitari ed extracomunitari, senza distinzione. Il territorio comunale è vasto ed è impossibile un controllo ed un monitoraggio costante. Dovrebbe essere il buon senso civico a dare il maggior contributo, cosa che non sta avvenendo per molti casi. La Polizia Locale sta lavorando molto per far rispettare le misure di contenimento e tutte le restrizioni. Nei giorni scorsi ci sono stati cittadini denunciati e multati ma evidentemente non basta. Serve allora un rafforzamento dei controlli anche con l’ausilio di personale volontariato autorizzato. Serve polso e personalità per gestire emergenze. I messaggi all'acqua di rosa sono inutili.  

 

 

In data odierna, il personale della Squadra Mobile ha tratto in arresto C. S. di Sezze (LT) classe 1989 e di Ceccano (FR) classe ‘89 perché responsabili, in concorso tra loro, del reato di detenzione di sostanza stupefacente del tipo Cocaina e Hascisc. I poliziotti hanno sequestrato a loro carico kg. 2,400 di sostanza stupefacente del tipo cocaina e kg.4,010 di sostanza stupefacente del tipo hashish. I due soggetti venivano fermati alle ore 13.00 odierne mentre percorrevano la strada reg. 148 all’altezza del centro abitato di Latina a bordo di un’ autovettura di grossa cilindrata sulla quale, previa apposita modifica, era stato ricavato un “sistema” consistente in un vano occulto, apribile attraverso un pistone idraulico, ed al cui interno era custodita la sostanza stupefacente che gli uomini della Polizia di Stato rinvenivano anche grazie all’int ervento dei cani poliziotto antidroga Enduro e Faye del gruppo cinofili di Nettuno. Nel corso delle successive perquisizioni domiciliari che venivano effettuate in conseguenza dell’arresto, tra le province di Latina e Frosinone, venivano rinvenuti ulteriori grammi 950 di sostanza stupefacente del tipo cocaina e grammi 166 di sostanza stupefacente tipo hashish, oltre alla somma in contanti di sessantamila euro circa, che venivano sottoposti tutti a sequestro penale. Infine l’attività di Polizia proseguiva con ulteriori perquisizioni effettuate nei confronti di tutti i congiunti degli arrestati. A casa di uno essi, con l’ausilio del cane anti esplosivo Fester si perveniva anche al rinvenimento di una pistola semiautomatica modello Colt Springfield calibro 45 con relativo munizionamento e matricola abrasa, oltre a cinque fucili uso caccia e, relativamente a questi ultimi, circa mille cartucce di vario calibro. Di conseguenza veniva tratto in arresto anche D. V. A. nato a Priverno classe 1974 , per violazione della legge sulle armi. Per tali fatti i tre individui sono stati arrestati e dopo le formalità espletate associati alla Casa Circondariale di Latina per ivi rimanere a disposizione dell’A.G. Le indagini continuano per disvelare ulteriori particolari sulla organizzazione dedita al traffico di stupefacenti.

Venerdì, 17 Aprile 2020 11:36

Dopo il covid19 saremo migliori? Consigli utili

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"Niente sarà più come prima": è la frase più ricorrente sui giornali, in TV, per strada. La ripetono gli scienziati, i politici, i laici e i sacerdoti. Questa lunga quarantena, che non ci ha risparmiato neanche la Pasqua, ci obbliga a ripensare il nostro modo di vivere e a riflettere sulla fragilità di tutti gli uomini. Mentre si spera che finisca la fase 1 e si passi rapidamente alla fase 2 e 3, al fine di non dimenticarci (come spesso ci capita!) le sofferenze passate,  mi pare doveroso annotare un elenco di semplici e buone riflessioni che ci possono fare compagnia. 

  • inquinare e sprecare l'aria, l'acqua, la terra (elementi essenziali alla nostra sopravvivenza): non ce lo possiamo più permettere
  • è necessario lasciare stare gli animali, gli uccelli, i pipistrelli nei loro siti naturali per evitare le contaminazioni di specie;
  • avvilirsi per la mancanza di beni superflui e voluttuari, non vale la pena, perché possiamo benissimo farne a meno;
  • le cose più semplici, come la libertà di muoversi, di uscire di casa, di incontrare gli amici, ritenute scontate e ovvie, rappresentano la base del nostro vivere e,  se mancano, si rischia la depressione e l'impazzimento;
  • se poi non vediamo e non sentiamo più i nipotini e i figli, allora ci accorgiamo che la vita non ha senso;
  • la solidarietà verso i più deboli ci riempie di una gioia intima ma indefinibile;
  • la peste ci ha scoperti indistintamente tutti fragili e impotenti, senza differenza di censo, di sesso, di colore;
  • non è dignitoso sperare nelle preghiere di Papa Francesco se non capiamo che Dio non si cerca ma si accoglie facendo del bene al prossimo;
  • in casi di emergenza non si deve andare in ordine sparso, tanto per far vedere di essere i primi della classe: serve una cabina di regia livello nazionale, europeo e internazionale: la peste non conosce muri, steccati e barriere;
  • e infine: si dice giustamente che un vero amico si riconosce nel momento del bisogno. Ebbene: il virus che sta infestando l'intero pianeta dimostra che l'intervento pubblico degli Stati nazionali e internazionali resta fondamentale per la tutela della salute, per il rilancio dell'economia, per la protezione della popolazione, per la ricerca dei farmaci e dei vaccini. Chi ha osannato selvaggiamente al libero mercato che avrebbe creato ricchezza e benessere per tutti, che la sola impresa privata avrebbe dovuto sostituire quella pubblica, che il privato avrebbe assicurato " le magnifiche sorti e progressive" (Leopardi), dovrebbe riflettere un po’. La crisi mondiale dell'economia sta dimostrando platealmente che non è così e che lo Stato non può essere considerata un ferro vecchio e arrugginito. In questa drammatica emergenza, infatti, tutti invocano l'intervento massiccio dello Stato. Persino Trump, il campione del liberismo, ha fatto retromarcia di fronte al dilagare della peste nel suo Paese contribuendo con un massiccio intervento finanziario; altrettanto la Merkel, per non parlare della Cina, immenso Paese dove ancora vige un regime comunista. Il coronavirus ci fa capire che le idee di democrazia, di uguaglianza e di giustizia non sono affatto estinte e che, soprattutto, è lo Stato che deve governare l'economia e la società e non viceversa.

 

 

Nei giorni scorsi il primo cittadino Sergio Di Raimo sul suo profilo social istituzionale ha riportato la notizia dell’approvazione, da parte della Giunta, del progetto definitivo dei lavori di messa in sicurezza del plesso scolastico Valerio Flacco di via Bari a Sezze Scalo. Nella nota “social” del sindaco si aggiunge che il quadro economico del progetto prevede una spesa complessiva di 519.000 euro, in parte già presenti nel bilancio comunale, in parte di provenienza dalla Regione Lazio e altri dalla devoluzione dei residui mutui già contratti dal Comune. Benissimo. Detta così sembra cosa fatta… ma la realtà, purtroppo, è altra cosa, ed è una dura lotta contro il tempo, in attesa e, soprattutto, nella speranza che arrivino i soldi dall’Ente regionale. I tempi sono strettissimi perché entro il mese di agosto, quindi entro quattro mesi, stando alla relazione di verifica di idoneità statica del fabbricato della Flacco firmata dall’Ing. Giannetto, o i lavori di consolidamento vengono ultimati o il sindaco dovrà chiudere la scuola. Il ruolo da leone quindi lo avrà la Regione Lazio, perché nelle casse comunali non ci sono soldi a sufficienza per fare nulla, e nemmeno si potrebbero iniziare i lavori con le somme disponibili. Nel bilancio di previsione il Comune di Sezze, infatti, ha previsto soli 130 mila euro e i 389 mila euro che mancano per il progetto definitivo (519 mila euro) sono appesi proprio alle speranze del finanziamento regionale richiesto solo ieri, quando Di Raimo ha firmato la richiesta corredata dal progetto definitivo. Se poi la somma proveniente non dovesse essere sufficiente a coprire l’intero quadro economico approvato, il Comune di Sezze sarebbe costretto a fare ricorso alla devoluzione dei residui di mutuo già attivati. Altro capitolo questo molto spinoso. Per anni il Comune è rimasto ingessato per i tanti mutui accesi per la costruzione, ad esempio, delle scuole a Ceriara e Melogrosso, del centro sociale, dei marciapiedi e della Piazza ferro di Cavallo, tutti mutui che ancora oggi gravano sulle casse. Il ricorso al mutuo però è stata sempre l'unica soluzione, e sarebbe stato così anche per la Flacco se fosse stato acceso due anni fa. 

Il sindaco Sergio Di Raimo

 

 

La politica ai tempi del coronavirus è molto cambiata, adattandosi immediatamente alla ricettività social. Nel corso di questa lunga quarantena abbiamo assistito a notiziari sacrosanti sull’aggiornamento del Covid19, a bollettini utili e a messaggi istituzionali necessari e molto importanti per la collettività. Ma abbiamo visto anche clamorose manifestazioni di onnipresenza, vertiginose capovolte, falsi miti, girandole varie e assurde intraprendenze del tutto fuori luogo che fanno pensare ad un clima da campagna elettorale avviata. Siamo sicuri, anzi stra-sicuri, della buona fede dei più e di quelli che ci sono sempre stati, mentre restiamo sconcertati e basiti da nuove presenze striscianti o da gruppi tali che, vuoi o non vuoi, ti mettono la pulce nell’orecchio, senza fare peccato però. Saranno i prossimi mesi a scoprire gli altarini e a mettere in luce quelle che sono state le vere e buone intenzioni e quelle che sono stati solo secondi fini. Non è vero come qualcuno sosteneva che la vita sui social è una vita virtuale e quindi romanzata. E’ vero esattamente il contrario: facebook e altri social sono lo specchio di quello che realmente siamo ma che, evidentemente, non riusciamo a manifestare fisicamente e a trasmettere chiaramente alle persone che conosciamo o che vogliamo conoscere. Ed ecco allora che sui social si incontrano molte persone equilibrate ma anche molti imbecilli, molti ipocriti come persone perbene, così come nella vita di tutti i giorni. Ci sono persone che vogliono autocelebrarsi, altri che preferiscono nascondersi, altri ancora che intervengono quando è veramente necessario. Insomma anche il mondo social è bello perché è vario ma quando tutto sarà finito inizieremo a tirare le somme, e a capire chi voleva cosa e chi voleva arrivare dove. Le tracce sui social le abbiamo tutti, ed è anche quella la storia di ognuno di noi.

 

 

La Giunta comunale di Sezze ha approvato finalmente il progetto definitivo dei lavori di messa in sicurezza del plesso scolastico di via Bari, una struttura questa che ha fatto parlare di sé per il totale degrado e per la pericolosità dello stesso edificio. L’amministrazione comunale fa sapere che il quadro economico del progetto prevede una spesa complessiva di 519.000 euro, in parte già presenti nel bilancio comunale e in parte di provenienza Regione Lazio. L’ente regionale – stando alle parole del sindaco Di Raimo – si sarebbe “impegnato a contribuire” alla messa in sicurezza della struttura. Vedremo. L’edificio in questione è stato al centro di numerose polemiche a causa del suo totale abbandono nel corso degli anni, polemiche che hanno accesso un dibattito sia all’interno della maggioranza che nell’intero consiglio comunale, con i consiglieri di opposizione, in primis Serafino Di Palma, pronto a tutto pur di far garantire il sacrosanto diritto degli alunni e docenti di frequentare una scuola sicura, più possibilmente a norma e quantomeno decorosa. Importante è stato sicuramente anche il ruolo dell’associazione Impronta Setina e del comitato dei genitori.

 

 

 

Un cittadino di Sezze è stato denunciato perché questa mattina ha violato le restrizioni domiciliari per quarantena da Covid19. L’uomo di mezza età è stato fermato e denunciato dagli agenti della Polizia Locale di Sezze guidati dal Comandante Lidano Caldarozzi. Il setino, infatti, questa mattina era in macchina con due nipoti minori, ed è anche per questa ragione che è stata comminata un contravvenzione ai genitori dei bambini. I controlli a tappeto sul territorio da parte delle forze dell'ordine non si fermano. Molti sono i cittadini che ancora non capiscono la gravità della situazione e continuano a trasgredire le misure imposte dal governo come se nulla fosse.

 

Domenica, 12 Aprile 2020 06:15

Con gli occhi di Maddalena

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Cosa avvenne la mattina di Pasqua?

Il racconto di una testimone, Maria di Magdala.

I primi bagliori dell’alba iniziavano a rischiarare l’orizzonte, colorando di riverberi dorati i tetti di Gerusalemme. La città era ancora immersa nel sonno quando uscii dal Cenacolo, silenziosa come un’ombra. La porta si richiuse alle mie spalle con uno scatto secco che echeggiò nella strada deserta. Avvolta nel mantello e portando i vasi contenenti profumi e unguenti, con passo spedito mi avviai al sepolcro di Gesù. Quando Giuseppe d’Arimatea lo calò dalla croce era il tramonto ed iniziava la Parasceve, la solennità più importante del mio popolo. Perciò in tutta fretta lo deposero in una tomba nuova, vicina al luogo dove l’avevano crocefisso, scavata nella roccia e circondata da un giardino, situata appena fuori le mura della città, e con Maria, sua madre, e le altre donne non potemmo lavare il suo corpo, trattarlo con profumi e unguenti e dargli degna sepoltura. Erano trascorsi tre giorni da questi eventi, ma il tempo pareva essersi fermato..

Mentre solitaria e guardinga percorrevo quelle vie deserte e silenziose, un pensiero si affacciò in me improvviso. Il sepolcro era stato chiuso con una grossa pietra, da sola non avrei potuto rimuoverla o spostarla per entrarvi ed occuparmi del corpo di Gesù. Sentii mancarmi le forze, dovetti sedermi. Ero confusa, agitata. Le lacrime iniziarono a rigarmi il viso. Risoluta però esclusi di tornare al Cenacolo. Desideravo stare con il Maestro e anche se non potevo rimuovere la pietra che lo chiudeva, poco importava, mi sarei seduta davanti al sepolcro e sarei rimasta lì, vicino a lui. Il mio cuore era oppresso da un dolore stordente e soffocante, lancinante e inesprimibile. Rassegnarmi alla sua perdita era impossibile. Era come se fossi morta anch’io sulla croce con lui. Senza Gesù, la sua voce, i suoi sguardi, le sue parole tutto mi appariva senza senso, inutile. Mi asciugai le lacrime, mi alzai e ripresi il cammino.

Parole e gesti appassionati, di una donna innamorata, che piange per il tragico destino che le ha strappato l’amato. È questo che state pensando. La cosa non mi stupisce. In tanti si sono cimentati con la mia vita, narrando di me storie che mi sono totalmente estranee. Hanno scritto che ero una prostituta, ricondotta dal Maestro sulla retta via, e perfino sua moglie. Vaneggiamenti di quanti inseguono scampoli di notorietà a buon mercato, di cui sorrido volentieri. Quando incontrai Gesù ero molto malata, ebbe compassione e mi guarì. I miei occhi si aprirono, riconobbi in lui il Messia, lasciai tutto e divenni sua discepola. Al suo seguito non c’erano solo uomini, ma anche donne. I tempi cambiano, ma i pregiudizi restano, soprattutto verso le donne. Si sa, se di mezzo c’è una donna…… Gesù non ne ha mai avuti.

Torniamo a quella mattina. I soldati di guardia alla porta della città si limitarono a lanciarmi un’occhiata assonnata e distratta. Giunta al giardino, mi avvicinai al sepolcro. Sorpresa e sgomento si impadronirono di me. La pietra che lo chiudeva era stata rimossa, fatta rotolare da una parte. Mi feci coraggio e mi avvicinai. Il sepolcro era vuoto, il corpo di Gesù era scomparso. Lasciati profumi e unguenti, corsi al Cenacolo ad avvertire Pietro e Giovanni, i quali senza chiedermi dettagli, spiegazioni o perdersi in congetture, uscirono dal Cenacolo, corsero al sepolcro ed io con loro. Giovanni giunse per primo, ma diede un’occhiata solo dall’esterno. Nella penombra vide i teli usati per avvolgere Gesù gettati per terra. Poco dopo con il fiato grosso arrivò anche Pietro, il quale entrò nel sepolcro e vide i teli e il sudario piegato da una parte. Giovanni si fece coraggio e lo seguì all’interno. Quindi uscirono e tornarono al Cenacolo, senza proferire parola. Mi lasciarono seduta davanti al sepolcro da sola e in pianto. Al dolore per la morte di Gesù, si aggiungeva ora l’angoscia per il suo corpo portato via. Rimasi così chiusa in me stessa, pietrificata, indifferente allo scorrere del tempo. Dopo un po’ alzai gli occhi e guardai all’interno del sepolcro. Dove era stato posto il corpo di Gesù, ora erano seduti due uomini in candide vesti. Tanto ero presa dal mio dolore, che nel vederli non provai sorpresa o spavento. Mi chiesero: - Donna, perché piangi?-. La domanda mi lasciò perplessa. Il motivo era evidente: come potevano non sapere e non capire? – Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto – mi limitai a replicare. Le mie parole non avevano senso, mancavo di lucidità. Se effettivamente qualcuno aveva trafugato il corpo di Gesù, perché avrebbe dovuto lasciare i teli che lo avvolgevano e il sudario piegato da una parte? Questi fatti avrebbero dovuto ingenerarmi il dubbio che fosse avvenuto altro. Mentre parlavo con loro, percepii una presenza alle mie spalle. Mi voltai prontamente e mi trovai davanti un uomo. Pensai che fosse il giardiniere. – Donna, perché piangi? Chi cerchi?- mi chiese. – Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo – replicai decisa e diretta, tornando a guardare il sepolcro perché capisse a cosa mi riferivo. - Maria!-. Il mio nome risuonò nel giardino. Quella voce, che mi aveva ridonato la vita, era troppo familiare per averla dimenticata. Tornai a voltarmi verso di lui e dissi in ebraico – Rabbonì!-, che significa Maestro. I miei occhi s’aprirono di nuovo e lo riconobbi: era Gesù. Mi gettai allora ai suoi piedi e lo abbracciai. I miei gesti erano ancora incrostati di umana debolezza e di egoismo. Il Maestro mi disse: - Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma và dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro -. Senza farmelo ripetere, raccolsi tutte le forze che possedevo e corsi a perdifiato. Tornai al Cenacolo, riferii ai discepoli di aver visto Gesù vivo, di averlo toccato e riferii quanto mi aveva detto. Il Maestro era risorto.

Ebbene potete non credermi, giudicarmi una bugiarda visionaria, ma vi ho raccontato quanto quella mattina ho visto con i miei occhi, ascoltato con i miei orecchi e toccato con le mie mani. Nulla più”.

Buona Pasqua!

Domenica, 12 Aprile 2020 06:02

La mia Pasqua 2020

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Riceviamo e pubbichiamo un articolo di Don Anselmo Mazzer.

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“Desidero vivamente invitarvi a non stemperare questa difficoltà, a non svuotarla, e perciò a non far diventare tutte le attività, con cui stiamo ammirevolmente cercando di sopperire alla mancanza di una azione pastorale ordinaria, una sorta di surrogato di ciò che non c’è, che faccia dimenticare ciò che manca”.

E’ ciò che afferma il nostro Vescovo in una lettera rivolta a tutti i preti in queste ore.

Vi dicevo qualche tempo fa che non si tratta di fare, in questa situazione, semplicemente qualcosa, in attesa che tutto passi.

Si tratta di cogliere in profondità ciò che il Signore oggi può volerci dire.

Una signora della parrocchia, con le lacrime agli occhi, mi ha detto a proposito della adorazione eucaristica presieduta dal Papa: “Lì non c’era una piazza e una basilica vuote, perché lì c’era tutto il mondo”.

Leggendo venerdì santo su Fatto a Latina un editoriale di Lidano Grassucci (un giornalista sezzese che conosco bene e che si è sempre professato miscredente), mi sono venuti i brividi.

Sta accadendo quello che forse non è accaduto nelle precedenti settimane sante in cui tutto era regolare: un vuoto che cerca e gusta una pienezza.

Io stesso, forse perché preso, insieme ai ministranti, dalla esecuzione dei vari riti, non ho mai vissuto così intensamente la settimana santa come quest’anno.

La mancanza dei riti (che in fondo sono facili da porre, sono gratificanti e possono scivolare nello spettacolo) mi ha fatto pensare a Gesù che ha fatto sparire tutti i riti che c’erano (Gv 4,21-24). Paolo lo aveva ben capito subito.

Valeva la pena togliere tutti i riti, per metterne altri?

Gesù nell’ultima Cena ha posto un rito che non è un rito: la sua totale donazione, corpo offerto e sangue versato, concretizzatasi subito sul legno della croce.

E tutto questo in un ambiente di estrema semplicità: c’era “solo” un tavolo, un gruppo di persone attorno, un pane e una coppa di vino leggermente annacquato e nient’altro. Eppure lì c’era tutto, non mancava assolutamente niente.

Io stesso che vi ho detto queste cose tante volte, ancora non riesco a “rassegnarmi” che il nostro Dio si è incarnato in un paesino sperduto del Medio Oriente, in grotta adibita a stalla con dentro la puzza di pecore e capre, che è morto su una croce davanti cinque persone (non si sa se erano presenze storiche o tipologiche), che è risorto davanti a nessuno. E’ questo lo stile del nostro Dio? Si. E magari i nostri riti cercano di edulcorare questo stile che ci sembra non sufficientemente appariscente.

Non si tratta di svalutare il valore antropologico del rito, né di celebrare con sciatteria. Anzi, tutt’altro. Si tratta di considerare, però, il rito come un mezzo e non un fine (entrare nell’intimità di Cristo e dunque nella sequela di Lui).

Se andiamo al racconto della lavanda dei piedi il discepolo “che Gesù amava” (cioè ogni vero discepolo) aveva reclinato il capo sul petto di Gesù. L’immagine che immediatamente ci appare è l’orecchio del discepolo accostato, fisicamente, al cuore di Gesù per sentirne profondamente i battiti.

Questa esperienza ci deve profondamente catturare. Qualche volta non riusciamo a “vedere” il Risorto perché non abbiamo intimità con Lui. Ascoltare i battiti del cuore è l’intimità con una persona con la quale vogliamo condividere l’esistenza. Per questo intuiamo perché il discepolo che Gesù amava “correva” e correva più veloce di Pietro, perché dove c’è intimità si corre, perché c’è attrazione. C’è un’esperienza che avvolge talmente la nostra esistenza che il correre è il linguaggio dell’innamoramento.

La resurrezione la coglie solo quel discepolo che lasciandosi amare ha il coraggio di reclinare il capo sul petto di Gesù, di entrare nella sua intimità.

Tutto questo non è una teoria, nasce da un profondo vissuto che caratterizza l’esperienza del discepolo e gli dà la gioia della risurrezione.

Viviamo quest’anno questa Pasqua, apparentemente vuota, ma in realtà forse mai così piena, perché possiamo poi di riflesso dire agli uomini: Gesù è risorto!

Auguri!

Don Anselmo

 

 

 

Riceviamo e pubblichiamo una lettera di auguri pasquali di Don Luigi Venditti.

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"Carissimi auguro che presto la situazione difficile che stiamo vivendo diventi un brutto ricordo, ma siamo consapevoli che la pandemia da Covid-19 ha cambiato le nostre vite brutalmente. In questa situazione di crisi e tristezza, Vi invito a non dimenticare che Pasqua è il simbolo per eccellenza del rinnovamento, della rinascita: in questa giornata si festeggia la vita che sconfigge la morte, la luce che vince il buio. Ed è proprio questo il mio augurio: che la luce possa presto tornare a riempire le nostre vite e la nostra quotidianità, che la speranza del ritorno alla normalità si trasformi velocemente in certezza. Permettetemi un augurio pieno di gratitudine a chi sta combattendo in prima linea questa guerra e a chi continuando a lavorare garantisce i servizi essenziali. Voglio dedicare un pensiero speciale alle persone che purtroppo, a causa del virus, non ci sono più e ai loro familiari che non hanno potuto dire loro addio. Il mio augurio è che la trepidazione che stiamo vivendo si trasformi presto in gioia e serenità. Buona Pasqua».

Don LUIGI

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