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"In merito all’esponenziale aumento dei casi di contagio da Covid-19 che sta interessando praticamente tutto il mondo, con l’Italia che ogni giorno segna nuovi record negativi viaggiando con medie di oltre 200.000 nuovi contagi giornalieri, non si può rimanere inerti e come amministrazione siamo in prima linea per valutare con attenzione ogni decisione da prendere nell’interesse della tutela della nostra cittadinanza, come accaduto di recente sulla vicenda che ha riguardato le case di alloggio per anziani". Lo afferma in una nota il sindaco di Sezze Lidano Lucidi. Per quanto riguarda Sezze, il primo cittadino dice che "la situazione di Sezze, comunque in linea con l’andamento dell’epidemia in questa provincia e in ambito regionale, ci preoccupa come preoccupa tutti i nostri concittadini, ma questo non può e non deve spingerci ad agire senza criterio o a fare salti in avanti che rischiano addirittura di peggiorare questa già delicata situazione. Posso assicurare i cittadini di Sezze  - aggiunge - che l’amministrazione è in strettissimo contatto con chi ha il compito di analizzare nel dettaglio le statistiche e, di conseguenza, prendere decisioni. Per questo motivo abbiamo riattivato il servizio di tamponi alla farmacia comunale e stiamo cercando con tutte le nostre forze di utilizzare parte della Casa delle Salute come hub vaccinale". In merito alle recenti polemiche circa l’opportunità di riaprire domani le scuole, il sindaco fa notare come "il picco dei contagi, dopo un periodo relativamente tranquillo e con numeri decisamente più contenuti, si sia verificato durante le festività natalizie, con i plessi scolastici chiusi per le vacanze". "Mi sembra del tutto evidente, quindi - afferma Lucidi - che la causa dell’aumento non sia da ascrivere alla presenza dei nostri figli nelle aule. Probabilmente proprio per questo motivo dal Governo e dalla Regione sono arrivate indicazioni precise, che prevedono la riapertura della scuola in presenza, laddove sarà possibile. E’ ovvio che ci preoccupiamo per la salute e l’incolumità dei nostri figli, ma prendere una decisione del genere, senza numeri a supporto e senza un motivo valido, sarebbe solo fare un salto in avanti e non risolvere affatto il problema che, come detto, non è di Sezze, ma praticamente riguarda tutto il mondo. Ai concittadini posso garantire che l’amministrazione sta facendo di tutto per arginare il problema, lavorando di concerto con le forze preposte, tra tutti il Prefetto, l’Azienda Sanitaria Locale e le dirigenze delle scuole del nostro territorio. Allo stesso modo confermo che l’amministrazione è disponibile al confronto con la cittadinanza, viso a viso come è sempre stato, e che è inutile e fuori luogo scaricare le proprie preoccupazioni sui Social, che in questo momento non fanno che amplificare negativamente una situazione già complicata. Restiamo a disposizione di tutti per ascoltare le istanze e le preoccupazioni. Questa battaglia che alla città è costata anche in termini di vite umane, si combatte uniti e ognuno nel suo piccolo deve fare qualcosa. Quello che mi sento di dire alla cittadinanza, in questo momento soprattutto, è di continuare a rispettare le regole e di evitare comportamenti che possano mettere a rischio la salute di se stessi e degli altri. Torno a chiedere con forza che ci si vaccini, l’unico modo per arginare le conseguenze di queste varianti del virus la cui trasmissibilità è più veloce rispetto all’inizio. Questa guerra si vince se ognuno mette in campo qualcosa del suo e, come amministrazione, posso garantire e tranquillizzare tutti circa l’attenzione che stiamo rivolgendo a questo grave problema, pronti a prendere decisioni a tutela della salute dei cittadini".

 

Eccellenza Reverendissima, Mons. Mariano Crociata,
 
sono figlio della Chiesa Pontina, la comunità di fede, in cammino nel tempo e nella storia, che presiede nella carità come successore degli Apostoli, e questo mi consente di renderla partecipe del mio sentire con la libertà, la schiettezza e la familiarità di chi sa di trovare in lei un padre attento e premuroso, disponibile all’ascolto e alla comprensione.
 
Sezze, la città dove sono nato, vivo e lavoro, è una terra intessuta di valori cristiani. Tanti testimoni del Vangelo, laici e consacrati, qui sono nati e hanno speso le loro esistenze nella fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Una comunità che si compiace del proprio passato, che considera il cristianesimo una bella tradizione, un titolo di merito acquisito una volta per sempre, una medaglia da appuntarsi sul petto, l’attestazione di una appartenenza che non sostanzia la vita è destinata a smarrire se stessa, a non avere futuro. La fede è lasciarsi cambiare da Cristo, uniformare la propria esistenza ai suoi pensieri e al suo cuore, attraverso un cammino all’interno di una comunità, sostenendosi nelle difficoltà e condividendo la gioia per i traguardi raggiunti. 
 
Purtroppo da tempo Sezze vive l’esperienza di un cristianesimo relegato ai margini, incapace di toccare il cuore delle persone e orientarne le scelte. I cambiamenti sociali e culturali hanno avuto certamente un peso notevole, ma faremo un grave torto alla verità se non riconoscessimo che la perdita di incisività e il declino di molte delle comunità cristiane, un tempo luoghi di condivisione dell’esperienza di fede e riferimenti sociali e culturali per l’intera città, sono effetto di scelte pastorali inadeguate, spesso di una concezione preconciliare e clericale della Chiesa, non solo dei consacrati ma anche di parte dello stesso laicato, di una considerazione dei diversi ministeri ecclesiali più come una posizione da occupare, un potere da esercitare e non come la messa a disposizione dei talenti ricevuti, un servizio disinteressato da offrire ai fratelli. La Chiesa non può essere uno spazio chiuso, rigido e impermeabile alle dinamiche esistenziali, un’istituzione autoreferenziale, centrata su se stessa e preoccupata del proprio benessere, una fortezza posta in alto che guarda il mondo con distanza e sufficienza, ma una comunità aperta che attira a Cristo testimoniando la gioia del Vangelo, il lievito che fa fermentare il Regno dell’amore e della pace dentro la pasta del mondo, che non si separa dalla vita concreta ma la abita dentro, condivide, cammina insieme, accoglie le domande e le attese delle donne e degli uomini del nostro tempo.
 
Spesso poi le nostre sono comunità rattrappite in un ritualismo moltiplicato in modo esponenziale. Le celebrazioni non trasmettono la gioia dell’incontro con il Signore Risorto, ma si riducono a atti formali, adempimenti di comandamenti, sono isole di religiosità svincolate da esistenze consumate lontane dal Vangelo. In alcuni sacerdoti traspare evidente la concezione di una identificazione esclusiva della Chiesa con i consacrati, nella quale i laici possono ricoprire ruoli di contorno, essere recettori passivi e non sono parti fondamentali di una comunità evangelizzante.
 
Non si tratta di mettere in discussione carismi, ruoli e vocazioni all’interno della Chiesa o pensare ad un’interscambiabilità nelle funzioni. Tuttavia la comunità cristiana vive e assolve alla missione affidatale da Cristo se non si limita a presidiare fisicamente il territorio e a garantire i sacramenti a richiesta e se è luogo di incontro, di dialogo e di proposta di prospettive altre e alte. Troppe volte è capitato di sentire ripetere da alcuni sacerdoti che la parrocchia è aperta a tutti, nessuno escluso, quanti vogliono partecipare, dare il proprio contributo sono benvenuti e attendono tutti a braccia aperte. Affermazioni che lasciano sbigottiti per superficialità, presunzione e contrarietà allo spirito evangelico. Basta guardare a Cristo per coglierne l’assurdità, il quale non è rimasto a Nazareth ad aspettare che i suoi conterranei si accorgessero della sua venuta, ma ha percorso in lungo e in largo l’intera Palestina, chiamando le persone alla sequela e le ultime parole rivolte ai discepoli sono state “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura”. Altro che attendismo…..                      
 
Le chiese desolatamente vuote, la mancanza di giovani e ragazzi, la crisi delle vocazioni dovrebbero indurre ad una seria riflessione. I sacerdoti scarseggiano, il loro numero si assottiglia, ma se non si semina come si può pensare di raccogliere? Il Signore continua a chiamare alla sua sequela ma le nostre comunità hanno smesso di educare all’ascolto, di accompagnare le persone nel cammino di discernimento spirituale e così è impossibile distinguere la sua voce tra le tante del mondo, per giunta assai più allettanti. Se la quasi totalità dei ragazzi che frequentano le nostre comunità negli anni del catechismo abbandonano rapidamente la fede, se le nostre parrocchie sono ridotte a supermarket dei sacramenti è evidente che qualcosa non funziona: non siamo capaci di trasmettere il Vangelo, di far innamorare di Cristo le persone e c’è necessità di un cambio radicale.  
 
A Sezze il fenomeno ha raggiunto livelli allarmanti. È indiscutibile la necessità di un progetto pastorale adeguato, fondato sull’andare verso le periferie geografiche ed esistenziali, quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, dell’ignoranza, dell’assenza di fede e di pensiero, di ogni forma di miseria, sull’ascolto e sull’approfondimento della Parola, su una solida formazione umana e cristiana, che non si limiti a proporre un devozionismo fuori tempo e senza anima e un rigido precettismo che è mera elencazione di regole e divieti.
 
Più volte, soprattutto negli ultimi mesi, lei ha giustamente fatto sentire la sua voce per denunciare vicende riprovevoli che hanno ferito profondamente Sezze. E’ suo dovere di padre e di Pastore richiamarci. I suoi rimproveri sono salutari, ma è anche giusto domandarsi quale parte di responsabilità sia ascrivibile al venir meno o almeno al deterioramento della funzione educativa delle comunità cristiane, unitamente alle altre agenzie formative presenti sul territorio, le famiglie e la scuola in primo luogo.    
 
A prescindere dalle convinzioni personali, dall’essere o meno credenti, Sezze ha bisogno di una presenza rinnovata della Chiesa, di pastori che si facciano prossimo con passione e coraggio alle tante persone turbate, in ricerca di se stesse, del senso del proprio andare e del futuro.
 
Il mio è un grido di dolore e sono convinto che troverà in lei orecchi attenti e soprattutto la capacità di discernimento che la guiderà a compiere le scelte più giuste per Sezze.

 

Roberto Scacchi, presidente della Legambiente Lazio, ha scritto una lettera al sindaco di Bassiano Domenico Guidi per comunicargli che il Comune di Bassiano verrà premiato come Comune Riciclone dopo la pubblicazione del dossier sulla raccolta dei rifiuti. L’evento si terrà a Roma giovedì 13 gennaio presso il Bibliomuseo Garum. A Bassiano, comune virtuoso, il merito di aver valorizzato le buone pratiche sul territorio  in materia di rifiuti e riciclo di materiali.

Lunedì, 03 Gennaio 2022 17:34

Desmond Tutu, la voce dei senza voce

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Nel 1996, rispondendo ad un giornalista che gli chiedeva come avrebbe voluto essere ricordato, Desmond Tutu rispose: “Ha amato, ha riso, ha pianto, è stato perdonato, ha perdonato”. Parole che sintetizzano pienamente la vicenda personale di un uomo di fede e di preghiera, un teologo innamorato del Vangelo e appassionato al dialogo ecumenico, figlio della Chiesa Anglicana, che si è speso senza sosta e con radicalità per la promozione dell’uguaglianza razziale e la riconciliazione nel suo Sudafrica. Desmond Tutu non è stato semplicemente un leader politico o un attivista dei diritti, ma un credente che ha segnato la storia del secolo scorso.
 
Nato nel 1931a Klerksdorp, una città a sud-ovest di Johannesburg, di etnia Tswana, Desmond Tutu si dedicò all’insegnamento prima di entrare al St. Peter’s Theological College di Rosetenville nel 1958 per la formazione sacerdotale. Fu ordinato nel 1961 e sei anni dopo divenne cappellano dell’Università di Fort Hare. In seguito si trasferì nel minuscolo regno dell’Africa meridionale del Lesotho e poi in Gran Bretagna. Nel 1975 fu nominato vescovo del Lesotho e presidente del South African Council of Churches. Nemico giurato dell'apartheid operò instancabilmente e in modo non violento per la sua sconfitta, divenendo un punto di riferimento per il popolo sudafricano con le sue prediche, i suoi insegnamenti e le sue iniziative di protesta. Pur affermando di comprendere le ragioni del ricorso alla lotta armata dei giovani neri, condannò sempre con fermezza la violenza da qualunque parte provenisse, convinto che non avrebbe avuto possibilità di vincere e non avrebbe potuto essere la base solida per costruire una società giusta e libera. Denunciò la connivenza di diverse nazioni occidentali nei confronti del Sudafrica razzista e si fece promotore di una petizione per la liberazione di Nelson Mandela. Insignito con il Nobel per la Pace del 1984 per la sua instancabile lotta non violenta contro il regime razzista, per aver sostenuto il processo di riconciliazione nazionale nel suo Paese e per la strenua difesa dei diritti umani, fu eletto prima vescovo di Johannesburg e nel 1986 arcivescovo di Città del Capo. Nel 1995, con Mandela presidente del Sudafrica, ideò e presiedette la Commissione per la Verità e la Riconciliazione, nel tentativo di favorire la pacificazione tra le due anime della società sudafricana e voltare finalmente pagina sull’odio razziale che l’aveva a lungo dilaniata. Il percorso di riconciliazione intrapreso ha fatto conoscere al mondo le atrocità commesse dai protagonisti, grandi e piccoli, della pluridecennale repressione operata dai bianchi. Il perdono giuridico e morale accordato a quanti avessero confessato i propri crimini ha consentito non semplicemente ai responsabili di liberare le proprie coscienze dal peso di colpe terribili ma di creare le condizioni per il definitivo abbandono della strada disumana e feroce della vendetta, di scegliere il reciproco riconoscimento e favorire la riparazione morale in favore delle famiglie delle vittime.
 
Con Nelson Mandela Desmond Tutu ha operato in una sorta di ideale tandem nel forgiare la nuova nazione arcobaleno, termine questo ideato proprio da lui. Dopo la fine dell’apartheid comunque ha continuato ad essere una spina nel fianco dei potenti, denunciando le storture della società multietnica e non ha mancato di fustigare il partito maggioritario dell’Africa multietnica, l’African National Congress (Anc), di criticare lo stesso Nelson Mandela per i compensi eccessivamente generosi di alcuni ministri e collaboratori e da ultimo di denunciare la deriva nepotistica e il dilagare della corruzione sotto la presidenza di Jacob Zuma. Si è battuto contro l’omofobia presente nella società, nel potere e nella stessa Chiesa anglicana. Per questi motivi giustamente è stato definito la bussola morale del Sudafrica, che con la sua morte ha perso così un’altra grande icona dopo Nelson Mandela e la sua controparte Frederick Willem de Clerk, che condivisero il Nobel per la Pace nel 1993.
 
Desmond Tutu se ne va con il suo carico di bellezza interiore, di speranza e di utopia e ci accorgiamo di essere oggi più poveri. Mancherà la sua voce forte e autorevole, il suo coraggio indomito di opporsi ai soprusi del potere e alle violazioni dei diritti umani con la nonviolenza, il suo battersi per la dignità dell’Africa, denunciandone problemi e contraddizioni e al contempo ponendo l’Occidente di fronte alle proprie innumerevoli responsabilità, il suo impegno concreto per realizzare un futuro diverso e migliore per tutti. Si è chiusa con la sua morte la parabola personale di un autentico gigante, di un simbolo del Novecento, ma la sua figura resterà un punto di riferimento ideale e morale per quanti non accettano la crudeltà di un momento storico privo di testimoni credibili, capaci di coniugare il rispetto della dignità della persona e il perseguimento concreto della giustizia.
 
Guardare ad un uomo di straordinario intelletto e integrità, ad un cristiano vero che ha unito la fede alle opere come Desmond Tutu, evidenziarne la grandezza e lo spirito indomito, ci offre l’opportunità importante per riflettere sulla complessità del nostro tempo, per prendere coscienza di come talune sfide ci riguardino personalmente e nessuno può pensarsi esentato dall’impegno concreto, da declinare chiaramente con modalità differenti a seconda dei contesti in cui siamo chiamati a spiegare le nostre esistenze, senza mai perdere di vista l’universalità della lotta contro l’oppressione, l’ingiustizia e la violenza che o non possiede frontiere di alcun genere o finisce per essere funzionale al mantenimento dello status quo e per annichilire quanti sono relegati ai margini, poveri e senza diritti.
 
Un’altra idea di mondo, di società e di futuro è possibile e la strada per realizzarla è quella della reciproca accoglienza, della riconciliazione e del perdono, che non significa cancellare semplicisticamente e superficialmente il male e i torti subiti, ma perseguire la giustizia autentica e non la vendetta.

 

 

Il risultato delle elezioni amministrative ha sancito, senza ombra di dubbio, l’esigenza di una svolta nel governo della città di Sezze. I numeri parlano chiaro ma per governare non sono sufficienti se manca un disegno per il futuro e un programma a medio e a lungo termine che vada oltre l’ordinaria amministrazione, peraltro indispensabile e improcrastinabile, come  l’asfaltatura delle strade, la cura del verde , il decoro del paese, la raccolta dei rifiuti h24, una viabilità sostenibile con aree di parcheggio etc. Siamo alla vigilia dell’approvazione del Bilancio di previsione annuale e triennale del Comune  e la gravità della situazione locale e nazionale, a causa della pandemia, richiede attenzione, prontezza e massima sollecitudine degli interventi. La pandemia ha sconvolto il nostro modo di essere, rendendoci consapevoli della nostra comune fragilità e angoscia. I cambiamenti climatici, le alluvioni devastanti, le siccità prolungate sono un segnale di allarme che è improcrastinabile un cambiamento radicale delle nostre abitudini attraverso un nuovo modo di consumare e di produrre, di relazionarci. Si tratta di una svolta culturale che deve partire da ognuno di noi, dalle nostre città e quartieri. Come sempre accade, alle devastazioni e alle pandemie, seguono inevitabilmente maggiori ingiustizie e diseguaglianze. I ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. Da un lato lo spreco e il lusso, dall’altro la fame e la miseria. Saranno i giovani a salvare il pianeta. Ma intanto lo spazio della politica e del vivere in comune si riduce ad alcuni messaggi virtuali e online. Tutto ciò, forse, non ci deve interessare perché non è roba nostra? Invece è proprio in questo contesto e in questo scenario che bisogna attingere alla coscienza e alla responsabilità di ognuno di noi ma soprattutto di chi ha la responsabilità di guidare la città.  Non si può far finta di niente. I destini umani sono profondamente legati e intrecciati e tutto ciò non ci può lasciare indifferenti. Occorrono strumenti culturale nuovi, moderni, adeguati alla criticità delle questioni. Cosa intende fare la nuova Amministrazione Comunale per l’assistenza ai disabili, agli anziani, quale indicazioni si intende offrire ai ragazzi per la loro formazione e il loro ingresso nel mondo del lavoro? Quali sono le linee-guida per il recupero del Centro storico? Per l’educazione dei giovani al rispetto di sé e degli altri? O sono questioni che non attengono alla politica e sono solo propaganda e demagogia? La rigenerazione della città ha bisogno di uno sforzo comune e di una piattaforma condivisa attraverso il confronto e la riflessione. In ciò consiste la richiesta di cambiamento emersa dal voto amministrativo, e non solo per gestire l’ordinaria manutenzione dell’esistente. Le opere pubbliche, piccole o grandi, sono necessarie ma non bastano se non sono accompagnate dal senso civico, dal rispetto e dalla fiducia. Si tratta di un lavoro in profondità che obbliga tutte le forze sane del paese a una alleanza convinta e tenace, estranea a interessi personali e di parte. Adesso serve una scossa, serve la mossa del cavallo.  Dopo, sarà tardi!

Riceviamo e pubblichiamo un intervento della Sinistra Italiana Circolo di Sezze.

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È oramai noto al giorno d'oggi come la questione ambientale abbia investito i partiti. Gli ecologisti si propongono di cambiare le cose dall'interno e non più dall'esterno del sistema. In Italia questa tematica è anni luce indietro rispetto al resto d'Europa, in Francia la prima candidatura ecologista risale al 1974. L'agronomo René Dumont aveva illustrato sulle colonne de Le Monde diplomatique l'alternativa che l'ecologia avrebbe dovuto delineare. Non tralasciando però alcune perplessità. Dichiara Dumont:"ci sembra davvero improbabile che si possa verificare una magnifica fioritura "di uomini nuovi" in un regime capitalistico. Il cristianesimo ci prova da 2000 anni ed ha fallito, perché consiglia tutt'ora la gentilezza ai ricchi egoisti, invece di predicare la rivolta dei poveri, una crociata contro le casseforti". È passato più di mezzo secolo da queste affermazioni ed ora l'ecologia è ovunque, ma quale tipo di ecologia? Preservare l'ambiente oggi è molto più di un obbligo: è un imperativo, un motore di competitività. L'emergenza climatica è al centro delle nostre politiche. Lo è a ragion veduta se le scelte attuate dalla politica fino ad oggi hanno messo alla luce un'insostenibilità del sistema capitalista, abbiamo la necessità di uscirne fuori. L'ecologia però ha un costo e quale? Per salvare l'ambiente tutti dovremmo cambiare la nostra vecchia auto Diesel, coibentare la casa, differenziare i rifiuti, ridurre le emissioni dei gas serra. Siccome tutto ciò ha dei costi l'individuo è spinto a vestire l'abito farlocco dell'ecocittadino quando è indiscutibile che il ricco inquini con le sue scelte capitaliste più di un povero: cellulari ultima generazione, viaggi di svago in aereo (altamente inquinanti), grandi case, e qui troviamo un'ineguale distribuzione dell'inquinamento. Nell'atto pratico delle campagne mediatiche però non vi è una reale volontà di cambiamento perché si insiste sui valori della virtù individuali e non sul cambiamento collettivo, del sistema, delle strutture economiche e produttive. Ed il paradosso è che il successo elettorale delle politiche verdi attuali è legato alla rinuncia stessa di voler cambiare radicalmente il sistema. E così spesso il discorso pubblico e tanti belli appelli richiamano i cittadini al rispetto dell'ambiente non considerando che la situazione ambientale è legata alle scelte politiche che vengono fatte. Il successo elettorale di alcuni partiti verdi è dunque ingannevole, per cambiare l'ambiente è necessario cambiare la società, la stratificazione, l'economia capitalista, ridurre i consumi in eccesso, eliminare la sovrapproduzione. E invece il modello che si propone è quello di un ecocittadino che si lava la coscienza non sacrificando nulla delle proprie abitudini, dei propri vizi. La scelta che la società e la politica dovrebbero operare è rappresentare uno stile di vita alla "moda" o attuare una ecologia popolare? Per uscire dalla situazione dovremmo ripianificare il sistema, reinventare il lavoro, pianificare l'economia, vincere il potere predatorio delle multinazionali, combattere il nucleare, ma questo viene reso impossibile dall'attuale adesione al modello economico capitalista. La nostra politica è chiara, ambiente e società saranno al centro del discorso.

Domenica, 26 Dicembre 2021 07:35

La scelta di Giuseppe

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Nazareth. Mille pensieri si affollano in me, mentre percorro il dedalo di strade, vicoli e slarghi del suo cuore antico per raggiungere la casa di Maria e di Giuseppe.
 
Maria mi accoglie sulla porta con un sorriso, mi stringe in un abbraccio e mi conduce con sé. Questa casa ormai è uno spazio che mi abita nel cuore, è intessuta nei miei pensieri, è esperienza di affetti e intimità.
 
Dopo cena con Giuseppe siedo accanto al fuoco. Maria ha preferito lasciarci soli. Ho dovuto insistere parecchio per persuaderlo a raccontarmi di lui. È un uomo schivo, di poche parole, ma possiede una grande saggezza e conosce le Scritture come pochi.
 
- Nella Torah non si parla mai di Nazareth – rifletto a voce alta – Nessun re, profeta o giudice ha mai avuto particolari legami con questa città -.
 
Giuseppe allunga le mani callose verso la fiamma che crepita allegra nel camino, poi si volta verso di me e mi scruta con i suoi occhi scuri e profondi. – Nazareth è sempre stata un piccolo villaggio, sconosciuto ai più, assai diversa dalla città di oggi -.
 
- Dalla Galilea non può venire nulla di buono….- lo pungolo.
 
- Un pregiudizio che ha dominato a lungo in Israele –.
 
- La tua storia non inizia con un “Cera una volta un re……”-.
 
- Questo è sicuro!– esclama divertito - Ti sembro un re?-.
 
- Tu sei un discendente della casa di Davide, non propriamente uno qualsiasi –.
 
- Sono solo un povero carpentiere –.
 
- Dio ha scelto Maria come madre del Messia, ma ha chiesto anche a te di partecipare al suo disegno di salvezza -.
 
Yahweh, che sia benedetto il suo nome, ha voluto così. Nella storia di Israele ha sempre scelto di entrare nel mondo dal punto più basso, di servirsi degli ultimi, di quanti sono considerati inutili e senza valore -.
 
- Molti pensano che tu sia molto più vecchio di Maria -.
 
- Ti sembro così decrepito?- ride Giuseppe – Sono di qualche anno appena più grande di Maria, in pratica coetanei -.
 
- Il matrimonio fu combinato tra le vostre famiglie?-.
 
Giuseppe scuote la testa. – La nostra è stata una scelta d’amore –.
 
- Come è stato il vostro primo incontro?-.
 
- Abitavamo vicino e ci conoscevamo da ragazzini. È avvenuto tutto con semplicità e pian piano abbiamo capito che eravamo fatti l’uno per l’altra -.
 
- Dici così, ma volevi lasciare Maria quando ti disse di essere incinta -.
 
- La nostra vita, i nostri progetti erano andati all'improvviso in frantumi. Non riuscivo a credere che lei potesse avermi fatto questo -.  
 
- Dubitasti di lei?-.
 
- Come chiunque si fosse trovato al mio posto -.
 
- Temesti che gli abitanti di Nazareth per colpa di Maria ti avrebbero fatto oggetto di scherni, insinuazioni e pettegolezzi -.  
 
- Il mio cuore era lacerato tra l’amore per la mia donna e la fedeltà alla legge -.
 
- Perché ripudiarla in segreto?-.
 
- Se l’avessi esposta al pubblico rifiuto, rischiava di essere lapidata come adultera -.
 
- Cosa ti raccontò Maria? E tu le credesti?-.
 
- Mi raccontò tutto e mai ho dubitato che fosse la verità – fa una pausa e poi riprende – Il problema ero io, non sapevo cosa fare. Mi tormentai notti e giorni e infine conclusi che fosse giusto farmi da parte. Non volevo essere di intralcio -.
 
- Tu sei l’uomo dei sogni e degli angeli….-.
 
Yahweh segue strade impensabili, si serve anche dei sogni per rivelarci la sua volontà -.
 
- Tu hai obbedito senza fare domande. Prendesti con te Maria e assumesti la paternità legale di Gesù -.
 
- Ho fatto la scelta giusta -.
 
- Maria è la donna del , ma il suo primo  lo aveva detto a te -.
 
Yahweh non voleva dividermi da Maria, ma servirsi del nostro amore -.
 
- Nazareth è il luogo dell’incarnazione e del nascondimento…… -.   
 
- E’ soprattutto il luogo della rivelazione – mi interrompe prendendo le mie mani tra le sue – Pensaci bene…-.
 
- La quotidianità è logorante, facciamo fatica a collegare la fede e la vita – osservo. 
 
- Stare al passo con la volontà di Yahweh richiede impegno e sacrificio -. 
 
- Chi è per te Gesù?-.
 
- E’ mio figlio – Il viso di Giuseppe si illumina – L’ho visto nascere, mi sono preso cura di lui, l’ho difeso dai pericoli, l’ho tenuto per mano quando muoveva i primi passi, l’ho educato a rispettare la legge dei Padri, gli ho insegnato il mio lavoro. Ha condiviso insomma la nostra vita fino a quando non ha intrapreso la sua missione -.
 
- Quel viaggio fino a Betlemme fu proprio necessario? Maria stava per partorire.…-.
 
- Non avevamo scelta per via del censimento. La fatica, i disagi, l’assenza di un posto dove passare la notte furono compensati dalla grande gioia per la nascita di Gesù -.
 
- I profeti avevano preannunciato che il Messia sarebbe nato a Betlemme -. 
 
- E così è avvenuto -.
 
- Avete vissuto eventi eccezionali: i sogni, i pastori, i Magi, Simeone e Anna…..-.
 
-….e anche momenti difficilissimi – mi interrompe di nuovo Giuseppe - come quando siamo dovuti fuggire in Egitto perché Erode voleva uccidere Gesù. Non è stato facile lasciare tutto e cominciare una nuova vita in un paese straniero -. 
 
- Come era Gesù da bambino?-.
 
- Come tutti gli altri suoi coetanei -.
 
- Nel Vangelo si fa riferimento a fratelli e sorelle di Gesù….-.
 
- Nella mia cultura chiamiamo fratelli e sorelle i parenti più stretti, i cugini…..-.
 
- Hai avuto altri figli prima di sposarti con Maria?- torno ad insistere.
 
- Maria è stata l’unica donna della mia vita -.
 
- Mi parli del tuo rapporto con lei?-.
 
- Ci amiamo, siamo una famiglia e tanto basta – taglia corto Giuseppe.
 
- Cos’è la fede per te?-.
 
- La fede non è vedere tutto con chiarezza, ma fidarsi della poca luce che ci viene donata, non è un comodo rifugio, ma una avventura che richiede coraggio -.
 

 

Nei giorni scorsi si è costituito formalmente a Sezze il comitato locale di Europa Verde, il movimento politico nazionale che è parte integrante del Movimento Europeo dei Verdi (Partito Verde Europeo-European Green Party).

Durante l’incontro, tenutosi presso il Centro Sociale Calabresi, alla presenza di esponenti di altre forze politiche, sono stati presentati i due portavoce locali nelle persone di Rhea Lennèe e di Andrea Santucci.

I due portavoce, oltre a motivare politicamente l’adesione ai valori di Europa Verde, hanno delineato i campi di intervento dove verrà sviluppata l’azione politica aperta al confronto con le altre realtà del campo progressista sia partitico che associativo.

Dodici, in particolare sono i punti che vedranno EV impegnata sulle questioni setine:

  • gestione dei rifiuti, ruolo della SPL, istituzione di una nuova isola ecologica a Sezze Scalo;
  • Intervento per porre fine al fenomeno delle discariche abusive e richiesta di chiusura immediata dell’accesso alla vecchia SR 156 nella direzione che dalle Sardellane prosegue verso lo Scalo, conseguente bonifica e monitoraggio attraverso le fototrappole;
  • Cura del decoro urbanoanche attraverso l’istituzione dei patti di collaborazione tra Amministrazione Comunale e associazioni e comitati di quartiere per la gestione di aree verdi e siti di interesse;
  • Messa in sicurezza delle principali vie di accesso al paese (Via Ninfina e Via Sorana);
  • Promozione ed utilizzo delle fonti rinnovabili su edifici pubblici e sviluppo delle Comunità Energetiche;
  • Sicurezza sociale intesa come prevenzione del degrado con attività aggregative sportive e socio-culturali;
  • Ruolo di Acqualatina e gestione pubblica dell’acqua;
  • Monitoraggio dello stato di salute delle acque dei fiumi, dei canali, delle sorgenti ed attuazione del Contratto del fiume Ufente. Verifica della situazione del depuratore;
  • Istituzione del Parco lineare (GEO PARCO) nel tratto compreso tra la Cava Petrianni (orme di dinosauro) e l’Arnalo dei Bufali (Uomo a PHI);
  • Indagine e prevenzione sulle emergenze idrogeologiche;
  • Stato attuale della Protezione Civile e del Piano in riferimento ai grandi eventi (terremoti, frane, incendi, …);
  • Installazione di punti di emergenza con i defibrillatori.

A curare l’informazione e la presenza sui social è Maria Vittoria Di Toppa.

 

 

Le elezioni del Presidente e del Consiglio Provinciale di Latina di sabato 18 dic. u.s. hanno riservato un'amara sorpresa: nessun consigliere comunale di Sezze è stato eletto; non c’è traccia di rappresentanti sezzesi in Consiglio. È la prima volta che capita, dalla fine del dopoguerra ad oggi. L'Ente Provincia, benché riformato e ridimensionato in maniera poco chiara e trasparente, resta comunque il centro politico e amministrativo di un vasto territorio e di una popolazione che, nel caso nostro, supera i 500.000 abitanti e che, tuttora gestisce le Scuole Superiori, le strade e le politiche comprensoriali e di area vasta. La riqualificazione ambientale, la transizione ecologica ed energetica (PNRR), i sistemi di produzione agricola e tecnologica, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, le variazioni climatiche e l'abbattimento del CO2, la mitigazione delle alluvioni sempre più frequenti e disastrose , la difesa della fragilità del nostro territorio pontino, la pianificazione e l'utilizzo delle acque interne: hanno assoluto bisogno di un indirizzo e di un intervento che solo la Provincia dovrà essere in grado di assicurare. Non è più rinviabile, infatti, una programmazione multilivello con i contratti di fiume, laghi, coste e foci e un'amministrazione oculata delle relative risorse (D.legls 152/2006); un intervento integrato e sovraordinato che valorizzi le singole vocazioni territoriali  e le coordini al fine di conseguire risultati tangibili ed equilibrati. Non è poca cosa! Perciò le elezioni per il rinnovo del Consiglio Provinciale e del suo Presidente non andavano prese sottogamba. Non si dimentichi che Sezze ha usufruito in maniera molto positiva, nel corso degli anni, della presenza in Consiglio dei propri rappresentanti: la costruzione dell'ITC in via Cappuccini, Il Teatro Costa, l'acquisto (a costo zero) dell'Anfiteatro e del parcheggio antistante, il rifacimento dei Campi da tennis, l'acquisto e la messa in sicurezza ( a costo zero) del Monastero delle Clarisse, il rifacimento delle  grosse arterie provinciali come via Ninfina, la via degli Archi, via Melogrosso fino a Bassiano, via Colli, ecc. ecc. Il gruppone delle cosiddette lise civiche presenti in Provincia, con la presenza di Latine e Aprilia, hanno costituito un ostacolo insormontabile per Sezze. Non era difficile prevedere che le due città maggiori avrebbero dato le carte a discapito degli altri. Ancora non ci si rende conto che il futuro di Sezze non finisce al Brivolco. Sarebbe stata l'occasione buona per tentare di costruire una rete di confronto, di apparentamento, di vicinanza, di condivisione. Fatto sta che nonostante il voto ponderale che attribuisce ai Comuni maggiori più peso e più rappresentanti, nessun consigliere di Sezze è stato eletto. Si torna a casa con le mani vuote. L'auspicio adesso  è che il neo-presidente della Provincia Gerardo Stefanelli tenga assolutamente e prioritariamente in debito conto le necessità e le richieste della nostra città, che è tra le più importanti e popolose della Provincia pontina. Lo schiaffo subìto dovrebbe insegnare a non chiudersi a riccio, a costruire accordi, a superare steccati e pregiudizi, a uscire politicamente dallo stato di solitudine e di scarsa considerazione.

Domenica, 19 Dicembre 2021 06:54

La chimera del centro

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Se i partiti non rappresentano più gli elettori, cambiamoli questi benedetti elettori”.
Corrado Guzzanti
 
Centristi d’Italia, il centro s’è desto!
 
Al centro, al centro è il grido degli autonominatisi interpreti dello spazio politico più ambito nel Belpaese i quali, erranti in ogni schieramento senza mai trovar pace, inseguono questo sogno e, non troppo moderatamente, sgomitano per assicurarsi un posticino al sole.
 
Nel frastuono inconcludente della politica odierna, i redivivi alfieri del moderatismo nostrano fantasticano alchimie e improbabili mescolanze, speranzosi che, dopo i molti tentativi andati a vuoto a causa di un elettorato indifferente ai loro richiami, questa finalmente sia la volta buona. Sventolano bandiere a lungo dismesse, si propongono come il punto gravitazionale dell’intera politica futura, proclamano la bellezza dell’equidistanza, rifiutano gli estremismi e rivendicano orgogliosi di rappresentare l’unica via di fuga da battibecchi e bellicosità. Si elevano al di sopra delle meschine definizioni partigiane, dei programmi che impegnano così tanto gli oltranzisti d’ogni stampo e colore, si ammantano dell’invidiabile dote dell’attenta considerazione e della lenta attuazione e giurano che solo loro possono garantire una politica sensata. Una idea suggestiva quella del centro, della via mediana come soluzione a tutti i mali, assai prossima al senso comune. Peccato che nei tempi che viviamo, tra pandemia e crisi economica, simili doti hanno scarso fascino, è più facile considerare le loro proposte di modifiche pragmatiche come il tentativo di non cambiare nulla, di difendere lo status quo, la loro insistenza sull’equivalenza politica e morale di tutti gli schieramenti l’effetto dell’incapacità di uscire dal ristretto recinto delle loro posizioni privilegiate, accessibili solo a quanti sono lontani dalle estremità taglienti delle diseguaglianze, del disagio sociale e delle povertà innescate dalla crisi climatica. Dinanzi al venir meno di garanzie e protezioni, i cittadini esigono cambiamenti netti e risultati immediati, preferiscono affidarsi a quanti fanno promesse trasformative dell’esistente, commisurate all’urgente gravità degli eventi. Riguardo le grandi problematiche che ci angustiano, come l’indebitamento generazionale, la crisi degli alloggi, le disparità crescenti, l’insicurezza del lavoro, che mettono in discussione le opportunità, minacciano i mezzi di sostentamento e persino le vite, le risposte centriste suonano inadeguate, la moderazione e la lenta attuazione un affronto. Se pensiamo ai cambiamenti climatici l’unica soluzione è l’immediata e radicale azione all’interno di una strategia a lungo termine. Affidarsi ad una politica tradizionale, impregnata di cultura del compromesso e della mediazione ad ogni costo è avvertito come una scelta avventata e incongrua.
 
Il nostro futuro è dunque inevitabilmente ipotecato da radicalismi ed estremismi? No, tutt’altro. Infatti l’ubriacatura populista sembra in fase calante. Il depotenziamento elettorale dei partiti e movimenti che l’hanno incarnata, racconta uno scenario in evoluzione, effetto della presa di coscienza dei cittadini dell’assenza di progettualità realistiche che ha sostanziato negli anni simili esperienze politiche, dell’impossibilità di governare la complessità con le loro proposte semplicistiche, utili ad accaparrarsi i consensi ma totalmente inadeguate e inapplicabili. Sebbene gli esiti non siano affatto scontati e potrebbero esserci ondate di riflusso, molti segnali lasciano intendere che possa aprirsi una fase nuova. L’alternativa a populismi e radicalismi va costruita pazientemente e non può consistere nell’annullamento delle differenze politiche e programmatiche, tantomeno può ridursi ad un moderatismo di maniera, ad un pragmatismo senza spinta ideale che mescola tutto in un indistinto, ad una ricerca della mediazione fine a se stessa invece di puntare un contemperamento alto delle differenze. Soltanto la buona politica, improntata a idealità e lungimiranza, affrancata dalla rincorsa permanente al consenso immediato e incarnata da una classe dirigente qualificata, rappresentativa, eticamente irreprensibile e orientata al bene comune può permettere al paese di uscire dalle secche. Volgersi all’indietro, avere nostalgia dei bei tempi andati (ammesso che belli lo siano stati realmente) non serve a nulla, è anzi deleterio. Il consenso va conquistato non per la collocazione geografica sullo scacchiere politico, ma per la qualità delle proposte e la credibilità delle persone che le incarnano. L’obiettivo deve essere la realizzazione di una democrazia matura, nella quale si confrontino progettualità alternative e i partiti siano uno spazio effettivo di partecipazione attraverso una presenza capillare sul territorio, luoghi di incontro e confronto finalizzati a intermediare nelle istituzioni le domande che salgono dalla concretezza del vivere quotidiano. Occorre tessere una rete per assicurare la presenza attiva e il protagonismo democratico dei cittadini, utilizzando certo gli strumenti che la moderna tecnologia ci offre, ma evitando l’errore fatale di relegare il rapporto con le persone alla virtualità dei social, strumenti formidabili di conoscenza e comunicazione ma anche fatalmente spersonalizzanti.
 
Rimediare ai danni prodotti dal caravanserraglio populista, che ha messo seriamente in discussione la tenuta delle istituzioni e la qualità della nostra democrazia, la quale si fonda su principi e valori condivisi, sul rispetto formale e sostanziale delle regole e richiede di essere salvaguardata dalle ricorrenti tentazioni autocratiche e autoritarie che si annidano tra le sue pieghe e dalle posizioni estremiste finalizzate a intaccare la sfera dei diritti e delle libertà, non sarà impresa facile e richiederà un lavoro lungo. Il primo passo è mettere fine alla radicalizzazione dello scontro politico, considerare l’avversario un interlocutore con cui confrontarsi, portatore di posizioni diverse e arricchenti, non un nemico da abbattere personalmente e politicamente. In questi ultimi anni dal vaffa day al linguaggio ingiurioso, passando per la criminalizzazione aprioristica delle forze politica che hanno avuto in passato ruoli di governo, sono state scritte pagine né nobili, né costruttive e né qualificanti per la democrazia.
 
Bisogna ritornare alla Costituzione, ai suoi valori e alle sue idealità.
 
Pensare che le cose cambino restando alla finestra, disinteressarsi della cosa pubblica, richiudersi nel proprio piccolo mondo non contribuiranno a restituire al nostro paese una classe dirigente credibile e all’altezza delle sfide da affrontare.
 
È il tempo dell’impegno.
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