“Anche questa volta non ci hanno visto arrivare” (Elly Schlein).
Le rivoluzioni sono così, non le vedi arrivare, ti piombano addosso inaspettate, altrimenti non esisterebbero. Infatti i rivoltosi verrebbero fermati prima, imprigionati, allontanati, corrotti e in ogni modo impediti di portare a termine il loro progetto.
L’elezione di Elly Schlein alla segreteria del Partito Democratico rappresenta una svolta, è la prima segretaria di un partito di sinistra in Italia. È stato necessario attendere il 2023, un cammino incredibilmente lungo.
Pensando alla vittoria di Elly Schlein, tornano alla memoria le parole pronunciate da Nilde Iotti nel discorso di insediamento alla Presidenza della Camera: “Io stessa - non vi nascondo - vivo quasi in modo emblematico questo momento, avvertendo in esso un significato profondo, che supera la mia persona e investe milioni di donne che attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci si sono aperte la strada verso la loro emancipazione. Essere stata una di loro e aver speso tanta parte del mio impegno di lavoro per il loro riscatto, per l'affermazione di una loro pari responsabilità sociale e umana, costituisce e costituirà sempre un motivo di orgoglio della mia vita”.
Era il 20 giugno 1979 ed Elly Schlein non era ancora nata.
Se nel 1979 Nilde Iotti affermava di essere stata eletta non in quanto essere umano di genere femminile, ma in quanto rappresentante di milioni di donne che hanno lottato strenuamente per i loro diritti e la loro emancipazione, per Elly Schlein decisiva per la sua affermazione alle primarie è stata la piattaforma politica con cui si è presentata ai cittadini, l’aver incarnato il desiderio di rinnovamento del popolo della sinistra e non l’essere donna o addirittura, secondo una narrazione di comodo e sminuente la sua figura, esterna e perfino interna al Partito Democratico, una emanazione diretta del potere maschile e uno strumento mediatico finalizzato solo a contrastare la prima donna Presidente del Consiglio.
Votandola le cittadine e i cittadini hanno chiesto al PD di risollevarsi dalla sconfitta disastrosa, culturale prima ancora che numerica, delle elezioni politiche dello scorso settembre e di riprendere il cammino, di cambiare pelle dopo gli anni dei paludamenti del potere, dei cacicchi, dei capobastone e dei signori delle tessere, di ritrovare anima e vocazione, di diventare non un altro partito ma quello che fin qui avrebbe dovuto essere ed è stato solo per brevi tratti della sua storia, di dare voce e rappresentanza ai ceti popolari, in questi ultimi anni elettoralmente regalati alla destra, che ha usato e continua ad usare i voti delle fasce più povere, disagiate e delle periferie per portare avanti politiche a favore dei più abbienti. Il “popolo dei gazebo” ha decretato che vuole un PD orientato sui temi fondamentali della lotta alla precarietà del lavoro e alla povertà, dell’ambiente, dei diritti civili e sociali e della pace.
L’elezione di Elly Schlein è un passaggio per molti versi dirompente, ma la spinta al rinnovamento dovrebbe essere la normalità per una forza di sinistra, progressista e democratica. Il PD deve costruire il proprio futuro ripartendo dalle proprie radici, dall’incontro fecondo delle grandi tradizioni politiche e culturali comunista, cattolico-democratica, socialista e liberaldemocratica, per dare all’Italia una prospettiva riformista, innovativa ed originale nei valori e nelle proposte, che coniughi libertà e uguaglianza, solidarietà e sviluppo economico, lavoro e imprenditorialità, che guardi al bene comune e garantisca la piena affermazione di ogni persona. Serve un partito che sappia parlare a tutti, ma dai riferimenti valoriali forti, definiti e riconoscibili, capace di smuovere le coscienze, mobilitare, entusiasmare, fare della partecipazione il suo tratto distintivo e prefigurare la società che intende costruire.
Elly Schlein ha ricevuto un mandato chiaro ed è chiamata a tradurlo in una linea politica e in una proposta programmatica forte e inclusiva. La sfida che ha davanti è tenere insieme riformismo e radicalità, esercitare una grande capacità di sintesi per non perdere nessuno e anzi aumentare la forza aggregativa del PD, aprire il partito e radicarlo nella società, promuovere il valore del pluralismo e unire le diversità attraverso le necessarie mediazioni. Azzerare tutto non è la strada giusta. L’era dei rottamatori e della rottamazione ha fatto danni enormi, ha lasciato dietro di sé lacerazioni e macerie e ha distrutto un patrimonio di partecipazione, in quanto non mirava al rinnovamento ma alla sostituzione di un gruppo dirigente con un altro di fedelissimi al capo.
Il rigetto di un certo modo di fare politica e l’adesione del popolo democratico alla rivoluzione dialettica, ambientalista e sociale della neosegretaria richiedono di spazzare via finalmente le rendite di posizione, le cordate di potere, gli accordi spartitori dei posti di sottogoverno, delle nomine, delle candidature e degli incarichi europei, mimetizzati da schieramenti e movimenti di pensiero. Le correnti non sono nefaste in sé, ma perché hanno cessato di essere luoghi di elaborazione politica e culturale. Scioglierle è utile se si apre la strada ad un rimescolamento e se serve a scongiurare che si creino le premesse per sacrificare l’ennesimo segretario.
Per offrire all’Italia una prospettiva di governo alternativa alle destre, occorre cambiare il PD nelle sue pratiche e nelle sue liturgie, renderlo utile alle persone prima che ai dirigenti, aprirsi al dialogo e al confronto, battendo palmo a palmo i territori, richiamando e motivando alla partecipazione i tanti delusi della sinistra e in generale della politica, costruendo una piattaforma programmatica innovativa in grado di cambiare veramente la condizione di vita di milioni di persone.
In questi giorni si rincorrono voci di malumori di pezzi di ceto politico democratico per il risultato delle primarie non confacente ai propri desiderata, qualcuno ha lasciato già il partito, altri paventano di farlo e minacciano scissioni. Sono atteggiamenti sbagliati, rivelatori di una sostanziale non accettazione delle basilari regole della democrazia e di infantilismo politico, per cui si sta in un partito solo se si vince e si mantiene per sé il bastone del comando, che hanno corroso la forza e la credibilità del PD e stanno alla base delle sue ripetute sconfitte di questi ultimi anni.
L’auspicio è che non ci siano scissioni e tutti lavorino per l’unità, sostenendo lealmente l’azione politica di Elly Schlein per rilanciare il partito e riportalo al governo dell’Italia con il voto dei cittadini.