Per chi, come me, non ha molta dimestichezza con la tecnologia, il modo migliore (o forse l’unico) di fare campagna elettorale a Sezze, è quello tradizionale del “porta a porta”. Si cammina per le strade e i vicoli del paese, si incontrano i cittadini, si scambiano i saluti, si distribuisce il materiale della propaganda elettorale, i cosiddetti “santini”. Si è abbastanza soli, con la propria storia e la propria identità politica. Non c’è più la macchina elettorale del partito, né tantomeno gli sponsor di turno e neanche, nel caso mio, una numerosa parentela fatta di compari e comari, che spesso decidono le sorti dei candidati. Le cose sono veramente cambiate. Un vecchio modo, il mio, di contattare l’elettorato di qualsiasi età e condizione sociale, senza schemi prefissati e pacchetti elettorali confezionati. Una partita a campo aperto, stimolante e dagli esiti incerti. Un vecchio modo di contattare la gente. Pochi i rifiuti, molti i riscontri positivi: sarà per il rispetto alla mia persona! Certo. Non manca una fetta di elettorato che sembra aver travolto i recinti delle vecchie appartenenze politiche, in nome di una scelta di rottura; voti in libera uscita, in cerca di rappresentazione futura. Né manca un'altra fetta di elettorato diffidente verso ogni forma di politica organizzata a prescindere, che si considera cittadino nella terra di nessuno e preferisce mettere in scena se stesso, senza delegare nessuno, affidandosi al buio grigio del non voto. Ci sono altri, infine, che contestano il presente, sospinti dall’ondata populista e qualunquista ma non in grado di proporre una alternativa. Si dichiarano fuori da ogni schema e, perciò, stanno a destra, perché la Destra è di per sé diversa e alternativa. Per fortuna, a Sezze, non stiamo all’anno zero della politica e della democrazia e la gran parte della gente conosce nome e cognome dei candidati. Non si può cancellare con un colpo di spugna una storia di tante battaglie e di tanti risultati a livello sociale, scolastico, sanitario, infrastrutturale e sportivo. Gli errori vanno cancellati ma ci sono le condizioni per far rinascere la città, senza affidarsi a improvvisati e sprovveduti. C’è ancora uno zoccolo duro di una grande parte della città che nonostante i ritardi e gli errori non vuole interrompere e spezzare un filo di crescita e di sviluppo. Un racconto, questo, che è tuttora vivo soprattutto laddove c’era povertà e miseria, laddove c’era senso di appartenenza e di fierezza e di riscatto. Il Centro storico, oggi, risente maggiormente i disagi e le difficoltà di questo periodo di transizione verso una nuova forma di convivenza e di cittadinanza, con la presenza di molti cittadini stranieri, di nuove povertà e bisogni. In presenza di un traffico pesante e insopportabile, di assenza di punti e momenti di incontro. Qualunque sarà il risultato elettorale delle urne, si dovrà ricominciare a ricostruire il senso civico, il rispetto di sé e degli altri, la cura delle persone e dell’ambiente, il senso profondo della amicizia e della fratellanza, basato sulla inclusione, sulla interculturalità, sulla cittadinanza attiva. Una città in cui nessuno si dovrà sentire escluso o un intruso ma parte attiva e protagonista. Occorre perciò una campagna elettorale civile, lontana dalle torbide allusioni, dalle malevolenze gratuite, dalle nefandezze dell’odio personale e pettegolo. Bisogna rimettere al centro un’idea di emancipazione sociale, adeguata ai tempi in cui viviamo; ricostruire capacità di rappresentazione più democratica; impegnarsi per una nuova centralità geopolitica della nostra città di Sezze nei Monti Lepini; ridare dignità, forza, capacità di trasformazione del modo di fare politica, lontana dai rancori e dai risentimenti personali e demagogici.