Il pericolo di un conflitto nucleare non è mai stato così grave ed incombente come in questi ultimi mesi a causa della guerra criminale scatenata dalla Russia contro l’Ucraina. Putin è un despota feroce e senza scrupoli. Avendo dimostrato in Cecenia e in Siria cosa è capace di fare, bisogna prendere sul serio la minaccia che rappresenta, ancor più che la Russia dispone di un enorme arsenale atomico e spingere la comunità internazionale ad un maggiore esercizio di responsabilità, evitando dichiarazioni che possono fomentare le tensioni e attivandosi per porre fine alla guerra e ristabilire la pace attraverso lo strumento insostituibile della trattativa.
Gli stupri e le stragi di civili di cui si è reso responsabile l’esercito russo impongono un intervento immediato, forte e risoluto. A nulla rileva che analoghe atrocità sono state commesse anche in altre guerre, alcune delle quali scatenate dall’Occidente: questa non può essere una giustificazione per tollerare dei crimini contro l’umanità.
Ricercare la pace non significa tralasciare che la Russia è l’aggressore. Moralmente e politicamente non possiamo che schierarci dalla parte degli aggrediti e sostenerne le ragioni nella trattativa per ottenere la cessazione dell’invasione e del conflitto armato. Tuttavia la grande ipocrisia dei governi occidentali e in generale del dibattito in corso sulla guerra è che tutti sanno e tutti fanno finta di non sapere che dietro l’aggressione dell’Ucraina c’è in realtà lo scontro in atto tra Russia e Nato. È per questo che al tavolo dei negoziati per la pace Europa e Stati Uniti dovrebbero affiancare l’Ucraina e non lasciarla sola con il suo aggressore: sarebbe il vero atto di solidarietà verso il popolo ucraino e un’assunzione di responsabilità, in grado non solo di porre fine alla guerra, vista la forza negoziale di cui dispone l’Occidente, ma anche di scongiurare il pericolo di un suo allargamento incontrollato.
La sede dei negoziati deve essere l’Assemblea Generale e il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, sia perché la finalità delle Nazioni Unite è mantenere la pace e conseguire con mezzi pacifici la soluzione delle controversie internazionali, sia perché nel Consiglio di Sicurezza siedono, come membri permanenti e tutti dotati di armi atomiche Russia, Cina, Stati Uniti, Regno Unito e Francia, il cui peso politico e militare è fondamentale e decisivo. Fare dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza i luoghi della trattativa sarebbe una decisione senza precedenti, di grande valore politico e simbolico, che varrebbe sia a segnalare la gravità del pericolo incombente sull’umanità, sia a rilanciare la funzione dell’Onu e sia ad impegnare tutti gli stati in una riflessione sul futuro del mondo, prendendo finalmente sul serio il principio della pace stabilito dallo Statuto dell’istituzione di cui sono membri.
L’alternativa al negoziato è l’escalation della guerra, con la terrificante prospettiva di un conflitto nucleare, o almeno la sua prosecuzione con gli inevitabili nuovi massacri e devastazioni a scapito dei cittadini inermi e di una crescita e istituzionalizzazione della logica bellicistica amico/nemico, una costruzione propagandistica funzionale ai populismi e ai regimi autoritari che sta contagiando anche le nostre democrazie.
Qualora anche l’umanità in questo frangente riuscisse a scampare il pericolo del conflitto atomico, gli esisti della guerra potranno essere o la corsa a sempre maggiori armamenti, in attesa della prossima guerra e con il rischio nucleare sempre presente, oppure un risveglio della ragione con la presa di coscienza finalmente della necessità di un progressivo disarmo, che dovrebbe concludersi con la definitiva messa al bando delle armi di distruzione di massa. La prima soluzione, benché miope, è la più probabile visto l’aumento delle spese militari varato dalle democrazie occidentali e il ricorso ad un linguaggio sempre più violento, che rischiano di minare o almeno di rendere difficili i negoziati con Putin, ben capace di optare per l’allargamento della guerra e far precipitare il mondo in un conflitto generale.
La scelta più saggia è quella pacifista, che implica l’impegno dell’intera comunità internazionale a fermare la guerra, ricercando un compromesso che non umili nessuno, rispetti il diritto all’autodeterminazione dei popoli e faccia emergere la necessità di una rifondazione, mediante l’introduzione di idonee garanzie in tema di limitazioni della sovranità degli Stati, del patto di convivenza pacifica stipulato con la creazione dell’ONU. Nessuno nega il legittimo diritto dell’Ucraina a difendersi, così come la solidarietà verso la sua popolazione martoriata, ma limitarsi ad inviare armi e tecnologie belliche non può essere l’unica opzione e questo a prescindere dalla condivisibilità o meno di tale scelta. Al riguardo siamo in presenza di un vero dilemma morale, esistono valide ragioni a sostegno e contro e non hanno senso le accuse e le invettive reciproche dei sostenitori delle due opzioni.
Per costruire una pace duratura serve dare applicazione alle dichiarazioni universali dei diritti dell’uomo e alle convenzioni internazionali. Non possiamo continuare a parlare di difesa della democrazia, dei principi d’uguaglianza, di dignità delle persone e di universalismo dei diritti umani minacciati dalle autocrazie, fino a quando restano privilegio di pochi paesi, mentre per il resto del mondo sono solo discorsi retorici e privi di riscontro concreto.
La guerra, e prima la pandemia, hanno dimostrato la drammatica inadeguatezza delle istituzioni internazionali, il pericolo rappresentato dal vuoto di garanzie nei confronti dei poteri selvaggi degli Stati sovrani e dei mercati globali e perciò la necessità di un radicale cambio di passo. Occorre introdurre funzioni e istituzioni globali di garanzia e puntare al disarmo di tutti gli Stati, alla messa al bando di tutte le armi da considerarsi beni illeciti e al superamento degli eserciti nazionali, come auspicato più di due secoli fa da Kant.
Non si tratta di una utopia, ma dell’unica risposta razionale e realistica al medesimo dilemma affrontato quattro secoli fa da Thomas Hobbes: la generale insicurezza causata dalla libertà selvaggia dei più forti, oppure il patto razionale di sopravvivenza e di convivenza pacifica basato sul divieto della guerra e sulla garanzia della vita.