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Pasqua, dinamismo trasformante

Apr 09, 2023 Scritto da 

 

 

Il racconto della Pasqua dei Vangeli possiede un ritmo incalzante, inizia il mattino presto ed è tutto un correre affannoso.
 
Nel Vangelo di Giovanni Maria di Magdala si reca al primo albeggiare al sepolcro. In questo suo andare c’è un’urgenza, un’impossibilità di attendere, il desiderio profondo di prendersi cura del corpo di Gesù. Porta con sé aromi ed unguenti, ma lì giunta ne constata l’inutilità dal momento che la tomba è vuota. In preda allo smarrimento abbandona tutto e corre da Pietro e da Giovanni. Vuole condividere con loro quella realtà inaspettata che non riesce a comprendere. È sufficiente il racconto confuso di Maria di Magdala per spingere Pietro e Giovanni a mettere da parte ogni esitazione e timore e a correre verso il sepolcro. Mille pensieri e mille domande rimbalzano nella loro testa, ma corrono e non hanno tempo di fermarsi a riflettere. A spingerli è l’ansia di vedere, di riscontrare personalmente quanto loro raccontato, di capire e anche di verificare se la promessa della resurrezione fatta da Gesù si è avverata o se si sono illusi e hanno creduto ad una parola vana.
 
Nel Vangelo di Luca le donne, mentre la notte si dirada e spuntano le prime luci dell’alba, si recano al sepolcro per ungere il corpo di Gesù. Qui vivono un’esperienza sconvolgente: la tomba è vuota. Due figure in vesti sfolgoranti dicono loro che Gesù è risorto. Subito corrono ad annunciare la notizia agli altri discepoli.
 
I giorni precedenti erano stati duri e sconvolgenti. Tutto era precipitato rapidamente e inaspettatamente. Invero Gesù aveva annunciato varie volte la sua imminente fine, ma nessuno di loro aveva creduto che sarebbe accaduto realmente. La morte sulla croce del Maestro e quel grosso masso rotolato davanti al sepolcro sembravano il suggello definitivo di un fallimento.
 
L’annuncio della tomba vuota da parte di Maria di Magdala e delle donne aumenta dubbi e paure e fa subito riaffiorare alla memoria le voci tendenziose messe in giro dai sommi sacerdoti, dai farisei e dai capi del popolo, fin dal momento in cui Gesù era stato tolto dalla croce e riposto nel sepolcro, circa la possibilità che i discepoli avrebbero potuto rubare il suo corpo per ingannare il popolo e far credere che fosse risorto. Anzi non hanno perso tempo e già lo vanno ripetendo in giro: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato” (Mt 28), sebbene la tomba fosse presidiata dai soldati del Tempio.
 
Quanto accaduto rischia di sconvolgere ancor di più i discepoli, non sanno cosa pensare e il loro cuore è pesante come un macigno. In questo momento davanti a loro vedono solo ostacoli da superare, significati da scoprire, relazioni da rammendare e soprattutto un futuro buio, impenetrabile e indecifrabile con cui fare i conti. Troppo, veramente troppo per poter affermare: “È risorto”. Umanamente come dar loro torto?
 
Tuttavia il dinamismo che caratterizza i vari personaggi è singolare, racconta qualcosa di altro e di importante. Correre per andare da un morto non ha senso e perciò a spingerli è la percezione di qualcosa di incomprensibile e di immenso: c’è una notizia che non può aspettare, che merita l’urgenza di essere verificata, di fronte alla quale comunque si sentono inadeguati e in ritardo. In loro probabilmente non è ancora germogliata la fede, ma certo è sbocciata la speranza, animata da un’ansia illogica e irrazionale di capire e vedere. La speranza è tendere a qualcosa di essenziale e significante, è fare spazio ad un seme, custodirlo e curarlo affinché germogli, è avere l’atteggiamento dell’esploratore che riesce a cogliere l’inedito anche nell’ordinarietà, è avere occhi per vedere oltre il visibile, è avere la libertà di affrancarsi dai condizionamenti, dalle catene del conformismo e delle mode, dalla mentalità corrente e dagli ergastoli interiori, è passare dalla sterilità alla fecondità, dalla solitudine alla condivisione, è capire che la novità non è nelle cose che accadono ma nel vederle con occhi nuovi, è entrare nelle vene della storia alla ricerca del senso del vivere o meglio di Colui che è il senso ultimo di ogni cosa e della nostra esistenza, il quale è precipitato per amore dentro le nostre contraddizioni, i nostri tradimenti e abbandoni. Dio è entrato dentro la nostra umanità, si è caricato il peso insopportabile della Croce e cammina con noi, ci aiuta a portare le nostre croci, ci incoraggia ad andare avanti, facendo sue le nostre fatiche e i nostri dolori.
 
All’alba di quel primo giorno della settimana le donne, Maria di Magdala, Pietro e Giovanni, tutti coloro che vanno al sepolcro constatano che è vuoto. Luca scrive che le donne sono perplesse, in una condizione di sospensione, in attesa dell’accadere di qualcosa, di una rivelazione, di qualcuno che consenta loro di capire l’umanamente incomprensibile. Hanno visto Gesù morto, il suo cadavere deposto nel sepolcro ed ora non c’è più. C’è un’aporia esistenziale nella comunità dei discepoli, diversa probabilmente per ciascuno di loro, che non viene superata mediante una riflessione individuale o comunitaria, fondata sulla sequela, sugli insegnamenti ricevuti in quegli anni e su quella stessa morte che li porta a concludere che l’opera di Gesù non poteva finire così e doveva continuare, insomma un processo intellettuale o una elaborazione interiore. È una Parola venuta da altrove, che non è nell’uomo, non può venire da carne e sangue ma solo da Dio, ad aprire i loro occhi e il loro cuore, a farli entrare nella dimensione della fede. Due uomini di luce si presentano alle donne impietrite davanti al sepolcro, Gesù appare a Maria di Magdala, la quale pensa sia il giardiniere, ai due discepoli in viaggio verso Emmaus nelle vesti di un viandante, e poi ai discepoli come uno sconosciuto sulla riva del lago che dà loro da mangiare e riuniti nel Cenacolo, i quali in un primo momento lo credono un fantasma.
 
È Dio che alza il velo, ma per accogliere il suo rivelarsi e credere nella resurrezione occorre farsi coinvolgere nella vita di Gesù, ascoltare i suoi insegnamenti, conoscere e sperimentare il suo amore fino ad amare e soprattutto accogliere la Parola.
Pubblicato in Riflessioni

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