LA VITA SPIRITUALE (SAN CARLO MISTICO )
Dal 1630 alla sua morte San Carlo percorse vari stati di orazione ( fervore di spirito, estasi, stigmatizzazione, comunione quotidiana, elevazioni di spirito, confermazione in grazia).
Nel Trattato delle tre vie, dopo aver descritto 14 «stati universali della santa contemplazione», 10 stati «singolari», 13 «estatici struggimenti», 3 «gemiti mistici», e altri fenomeni, tutti puntualmente da lui vissuti, scrive:
«Molti altri sono le mansioni e gli stati nella casa del Signore, di alcune dei quali non se ne può dir parola senza il divino aiuto, e sono difficilissimi darli ad intendere». Scende quindi nell'enunciazione: «Il dirvi che alcune volte all'anima pare di esser trasportata per immergersi e unirsi con Dio nelle onde rapidissime dell'amore, e restare il corpo immobile... Che un'anima sarà stata lungo tempo arida secca e in un istante le sono svelati segreti del cielo... Che alcune volte, stando i servi di Dio in orazione in paesi diversi e lontani l'uno dall'altro, per divina permissione si vedano e parlino in spirito, e altre volte incontrandosi insieme, senza parlarsi con le loro bocche, interiormente si vedano i loro cuori e senza strepito di voce si parlino... Che il corpo, stando fermo in terra in atto d’orazione, agilmente gli paia di esser elevato in aria, circondato di chiarissima luce... Che alcune volte si odono gli odori e la fragranza soavissima, e si sentono diverse armonie di suoni. E così delle altre cose appartenenti a questa materia, sono difficilissime a darle ad intendere» (III, 376ss). A questi fenomeni va aggiunta l'immersione nelle «lucidissime tenebre» della natura di Dio (Il, 316).
Fra Carlo, come tutti i mistici, fu graziato da Dio di molteplici doni, ma fu anche sottoposto a tentazioni furiose di ogni genere (lussuria, superbia, vendetta, ribellione, ecc.), a calunnie infamanti, a rimproveri e punizioni purtroppo spesso immeritati, ma soprattutto a prove divine provenienti da abbandoni e aridità di spirito spaventose che lo torturavano; si può dire che più erano alti i doni che Dio gli concedeva, più lacerante il «contrappeso» che ne seguiva. In questa situazione, paragonandosi all'ammalato inabile che sostava sdraiato nei pressi della piscina probatica, elevava accorate «esclamazioni» (Il, 296ss), che concludeva con un'invocazione di fede mirabile.
LA DOTTRINA (L’ INSEGNAMENTO SPIRITUALE)
Per fra Carlo la moderazione nelle penitenze e soprattutto la soprannaturalità nelle azioni sono l'elemento base della perfezione: «Il pensare continuamente in Dio santifica la mente, riscalda l'affetto, illumina l'intelletto, serve di freno a guardia all'anima per non commettere peccati veniali (maggiormente i gravi), ed è scopa dei vizi e preparazione per l'orazione; adorna la stanza dell'anima di cordiale devozione, la fa cieca nel vedere i difetti dei prossimi e le concede di parlare amorosamente di Dio per utilità del prossimo. Vi sono molti che procurano la purità del cuore per vie lunghe e faticose, in altre parole digiunando, vigilando, disciplinandosi, dormendo sulla nuda terra al freddo, al caldo, affliggendo in varie maniere il corpo, e tutto ciò per ottenere la nettezza e limpidezza interiore, nella quale si possiede la consumata perfezione; ma io direi, con ogni sommissione, che la più facile via, per giungere prestantemente alla perfezione, sia il continuo pensare in Dio, concludendo che chi spesso pensa in Dio, Dio è con lui e lo tiene per grazia e non ha cosa che gli manchi. Procuri dunque ognuno, nei suoi pensieri e intenzioni, di avere sempre Dio per oggetto, e di non attaccarsi alle creature. Per esempio se uno fa una carità ad un altro, è molto buona cosa averlo per oggetto come suo prossimo, ma meglio sarà averlo per oggetto come membro di Cristo, e sarà atto di carità tanto più meritorio, quanto che un oggetto è dell'altro infinitamente più degno ed elevato» (III, 191s).
La sintesi della vita cristiana e della perfezione consiste nel possesso vitale, o esistenziale, delle virtù, in modo particolare di quelle teologali ( Fede, Speranza, Carità ) (IV, 149s).
La preminenza delle virtù è attribuita alla carità: l'epilogo e il coronamento della perfezione si realizza nel possesso inebriante dell'amore, che oltrepassa l'umano intendimento. In altre parole tutte le virtù, quando sono schiette, si ricapitolano nell'amore, dal quale sono sorrette, trasformate e sublimate. Infatti «l'amore vero non consiste tanto nel sapere, quanto consiste nell'amare» (V, 160). E propriamente in amare tanto che mai si possa dire basta.
D'importanza veramente eccezionale è la dottrina mistica di S.Carlo, da lui esposta in maniera dettagliata specialmente nell'Autobiografia, nel Trattato delle tre vie e nel Camino interno opere che recano un valido contributo a questa nobilissima scienza sacra, poiché, fra l'altro, l'autore scrive di cose che egli stesso ha già sperimentato (Autobiografia, £ 305v). Ben a ragione C. fu paragonato a 5. Giovanni della Croce e a 5. Teresa d'Avila, che fu considerata dal mistico francescano nello scrivere sull'orazione quale la maestra datagli da Dio (ibid., f. 305r).
È da notare che questo «scrittore senza lettere» distingue accuratamente: le operazioni attive dalle mistiche o passive (Camino mt., p. 400), la contemplazione infusa da quella acquisita (ibid., pp. 453, 468), le vere visioni dalle false (ibid., p. 464), e premnnisce contro l'illusione che le grazie mistiche straordinarie abbiano a durare sempre (ibid., p. 54; Tre vie, p. 155) o che le tentazioni abbiano a cessare (Settenari, p. 62). Nel trattare dei gradi della contemplazione, non segue il criterio dei moderni teologi, ma usa generalmente le parole gradi e stati nel senso di elementi; fasi o affetti: egli è quindi molto originale nella classificazione, nella nomenclatura e nella descrizione dei fenomeni mistici, sebbene il suo schema si possa facilmente ricondurre a quello di s. Teresa (c£ 5. Gori, art. ct., pp. 229 sgg., 235; I. Rotoli, op. cit. in bibli., pp. 31, 84, 120). C., per parte sua, ci fa conoscere alcune forme, o stati di orazione passiva non descritti, almeno esplicitamente, da 5. Teresa e da 5. Giovanni della Croce, cioè quelli della «lotta spirituale delle potenze», della «presenza di Dio», della «allegrezza del cuore» e altri; inoltre, presenta nuovi elementi sulla natura stessa del matrimonio spirituale (cf. I. Rotoli, p. 138; 5. Gori, art. cit., p. 257).