Finalmente se ne ricomincia a parlare! Spero che il capitolo dei servizi sociali e sanitari diventi uno dei temi più caldi e più presenti nella prossima campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale di Sezze. Il livello della civiltà di un popolo si misura dal grado di qualità e di efficienza dei servizi socio-sanitari offerti alla comunità e alle persone. Ciò è vero soprattutto in questi giorni terribili della pandemia. Il sentimento di solidarietà della prima fase del virus si è spezzato, e oggi domina la rabbia e la protesta. Ognuno di noi sta perdendo l’identità del cittadino per trasformarsi in individuo solo, arrabbiato, incapace di solidarizzare con gli altri. Restiamo delusi dalle decisioni assunte di volta in volta dal Governo e dalle Regioni e dalle condizioni in cui versa, da anni, la sanità: vaccini che mancano, attese e file chilometriche per il tampone, ambulanze in coda davanti agli ospedali, ventilatori polmonari insufficienti, personale medico e paramedico carente… Eppure a Sezze, negli anni '70 e '80 del secolo scorso, le cose andavano diversamente. La nostra cittadina ha rappresentato per un certo periodo un modello di welfare state. Si sono sperimentate e realizzate azioni inclusive, di solidarietà e di accoglienza concreta, che sono state prese ad esempio da molti altri Comuni: inserimento degli alunni disabili a scuola, assistenza domiciliare, ambulatori nei quartieri, Centro diurno, centri sociali, assistenza alle famiglie bisognose, servizio di fisioterapia e di logoterapia, medicina scolastica, vacanze per anziani e per bambini, la ludoteca ecc. Un lungo elenco di azioni positive che denotano una attenzione mirata verso le fasce più deboli e più fragili. A Sezze, dunque, non si parte da zero! C’è un patrimonio di esperienze che non va dimenticato! Oggi, però, siamo chiamati ad agire in un contesto sociale ed economico completamente diverso, che ci obbliga ad aggiustare il tiro e adeguare il nostro intervento alle nuove disabilità, alla disperazione di tanti ragazzi, al rifugio di molti di loro verso la droga, alle tante famiglie separate e divorziate, alle ragazze madri, all’abbandono degli anziani, alla violenza contro le donne, ai fenomeni di bullismo e di razzismo, alla mancata applicazione della legge sul “dopo di noi”, etc. Viviamo in una società dove conta più l’apparire che l’essere, dove la fa da padrone la ricchezza e il successo, costi quel che costi. Che fare, allora? Sono necessarie alcune condizioni preliminari. Occorre innanzitutto una mappa aggiornata e puntuale della situazione esistente sul territorio e, soprattutto, una stretta connessione e interdipendenza tra il sociale e il sanitario: l’uno senza l’altro rischia di non avere senso e di non produrre alcun risultato utile. Il disagio fisico ha sempre ripercussioni e risvolti di tipo sociale e viceversa. Un’altra condizione è il tipo di approccio verso la persona bisognosa. Si deve trattare di un incontro solidale e, direi, familiare, perché esso viene immediatamente avvertito e interiorizzato dalla persona fragile. Come si evince, in conclusione, gli interventi e le problematiche socio-sanitarie sono molteplici e delicate e per ognuna di esse occorre studio e competenza. Non ci si deve affidare mai al caso e all’ improvvisazione. Con una avvertenza generale: non serve e non basta il solo aiuto assistenziale e temporaneo. Ciò che occorre è una strategia di lungo respiro, un intervento strutturale. Si deve rispondere alla richiesta di un diritto della persona e non a una elargizione compassionevole o a una elemosina.