Il diritto di cronaca e il diritto di critica sono entrambi emanazioni dall’art. 21 della Costituzione. Anche se molto diversi tra loro (la cronaca descrive fatti e comportamenti realmente accaduti, mentre la critica resta pur sempre una valutazione soggettiva e di dissenso) vanno sempre tutelati perché garantiscono la libertà dell’informazione di ogni ordinamento democratico.
La libertà di opinione è sacrosanta perché ci permette di esprimere la nostra idea ma si contrappone a se stessa quando diventa attacco personale, offesa, denigrazione, falsità e sistematico linciaggio mediatico. I social hanno amplificato fenomeni che prima restavano di piazza e bar. In rete i cittadini possono confrontarsi democraticamente ed esprimere le loro idee, criticare disservizi o apprezzare cosa è stato fatto. Ma siamo andati già oltre.
La misura, quel benedetto medium in cui sta la virtù già elogiata nell’antica Roma. Serve in tutto, anche sui social dove invece proprio la giusta misura appare il grande desaparecidos.
Accade infatti, ormai troppo spesso, che il limite, anche quello del buon senso, venga troppo spesso superato finendo con il dare ragione a Umberto Eco: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.
Esempio pratico, quello dei cittadini che usano i social come sfogatoio di ogni malessere scambiandolo per gli uffici reclami del Comune, così come quello di amministratori che idolatrano ogni qualsivoglia iniziativa facendola passare per eccezionale, anche quando si è nell’ordinario, o, ancora peggio, nel semplice intervento per parare una mancanza.
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di
Luca Morazzano e Alessandro Mattei