Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta alla città scritta da Francesco Petrianni, presidente dell'associazione Le Decarcie.
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Cari cittadini,
nel 1594 Sancta Maria ad Ulmum, all’Olmo, è oggetto di interventi che, pur non incidendo sulla struttura, ne capovolgono l’assetto funzionale. Laddove si trovava l’abside viene realizzata l’entrata. Il nuovo accesso richiede la sistemazione dell’area prospiciente, dei sedia (le aree non edificate) confinanti. Lo spazio che dalla via, che oggi si chiama Corradini, fino ad murum Terrae Setiae (i Muro lla Tera di Sezze) viene trasformato in un ampio terrazzamento con una balconata che si apre su un suggestivo panorama. Questa soluzione restituisce imponenza al monumento costruito con la bianca pietra locale, che con l’espansione urbana era rimasto “incagliato” in un reticolo di abitazioni e viuzze. A nessuno venne in mente allora di adornare con “elementi emergenti” il nuovo spazio, la piazza, che dava centralità all’edificio e lo risollevava verso il cielo. Con le presenti osservazioni mi preme intervenire in merito alla “richiesta di autorizzazione per la realizzazione del monumento di san Lidano d’Antena” lì, in “Piazza del Duomo”, nel Centro storico. I lavori, qualche mese dopo l’inizio, sono stati fermati da un’ordinanza dell’Ufficio Tecnico con una immotivata esigenza di chiarire dubbi sopraggiunti.
Ho maturata la convinzione che i soggetti, sinora partecipi del procedimento, abbiano agito in fretta, con leggerezza, sottovalutando la portata di una donazione e mettendo in luce visioni approssimative, particolaristiche e parziali, sbrigative e sostanzialmente contraddittorie sull’argomento. Addirittura il tecnico di parte privata nella sua relazione sembra ridurre la questione ad un mero esame dei materiali, dicendo :”Ad eccezione della balaustra, il belvedere risulta di scarsa qualità nei materiali e negli arredi”. Il che sarà pur vero, ma i contrari non sono scesi a difesa del catrame o dei selci sconnessi. Pareri isolati e immotivati insieme ad atti amministrativi inappropriati, segnati anche da incompetenza, confondono il procedimento privato con quello pubblico e viceversa, arrivando a concepire un’opera pubblica alla maniera del privato e generando vuoti amministrativi e culturali. Nel momento in cui i valori che dovrebbero esaltare l’intervento, socializzandolo, vengono accantonati e sottaciuti ed il tutto viene affrontato come una sorta di trattativa tra privati per un ordinario lavoro di manutenzione, i risentimenti sono giusti ed inevitabili.
E’ necessario tirar fuori degli esempi per descrivere questa sorta di anomia degli attori protagonisti. Solo per cominciare, quell’artista, che dovrebbe lasciare ai posteri per secoli la sua opera, risulta un “innominato”. Nell’intento di nobilitare una iniziativa, la si descrive prima con espressioni urbanisticamente auliche ed altisonanti quali “Progetto di riqualificazione di Piazza Duomo”. Poi, forse nell’intento di ottenere i necessari nulla osta, si dice che l’iniziativa “da un punto di vista urbanistico rientra nella manutenzione e nell’adeguamento funzionale delle opere di urbanizzazione primaria esistenti”, alla stregua di un tratto di fogna o di una conduttura idrica, dimenticando che già un antico legislatore ha escluso le piazze dalle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e le Norme Tecniche di Attuazione del PRG setino del 1972 hanno fatto altrettanto, chissà perché!
La Soprintendenza si affretta a motivare il suo parere favorevole sostenendo che: “non essendosi rilevati elementi avversi la conformità e la compatibilità dei lavori di cui si tratta nel merito si esprime pertanto parere positivo”. Una domanda sorge spontanea :” Conformità e compatibilità con che cosa? La Soprintendenza non lo dice. Se il Piano Regolatore non conta, allora ha ragione. Ma non è così. In tutta sincerità mi sarei aspettata una motivazione più calzante, se non altro più articolata. Un altro ufficio della Soprintendenza invece, intervenuto in un secondo momento perché chiamato a riesaminare il parere, respinge la richiesta e conferma il precedente parere, dicendo: ”L’opera, in quanto afferente ad un santo strettamente legato al territorio della pianura Pontina ed in particolare, insieme a San Carlo, a Sezze, può essere considerata come recita il comma 7 dell’art. 29 delle NTA del PTPR, un intervento di ‘valorizzazione dell’identità culturale’ del luogo”. Ma questa affermazione è un vero e proprio ribaltamento di contenuti del comma richiamato; ne rovescia il significato. Infatti quel comma dice letteralmente :” La tutela è volta alla valorizzazione dell’identità culturale e alla tutela dell’integrità fisica attraverso la conservazione del patrimonio e dei tessuti storici nonché delle visuali da e verso i centri antichi anche mediante l’inibizione di trasformazioni pregiudizievoli alla salvaguardia”.
Dunque la norma citata è volta a tutelare, a conservare il patrimonio esistente e non a trasformarlo o sostituirlo o deturparlo con altri e nuovi interventi”. E che l’intervento proposto trasformi il paesaggio della piazza, lo riconosce la stessa Soprintendenza quando subito dopo dice :”E’ opinione della scrivente che il monumento, pur essendo alto 3 m. (per la verità più alto) ……omissis……, in quanto elemento puntuale non impedisca la visuale verso il paesaggio esterno ma al contrario, come tutti gli elementi emergenti negli spazi pubblici, costituisca un punto focale che porta il visitatore ad avvicinarsi, approssimandosi, conseguentemente all’affaccio restrostante”. Già il belvedere diventa “affaccio retrostante”. Ma nella storica piazza, non si sta facendo manutenzione, si sta al contrario introducendo un elemento emergente che ostacola una prospettiva, distoglie il visitatore da una visuale, quella attuale di ingresso nella Piazza e che interessa con ogni evidenza la storica e monumentale Cattedrale, uno dei pochi esempi di “gotico duro in Italia. Quell’elemento emergente arreca nocumento alla visuale verso il paesaggio interno, contrastando palesemente quel comma 7 dell’art. 29 delle norme del Piano Paesaggistico Regionale. Infatti viene anche compromessa la visuale che parte dall’ “affacccio restrostante”, dal belvedere del Muro della Terra e si protende verso la Cattedrale e via Corradini. La visuale della Cattedrale è dunque doppiamente compromessa. Ma, fatto più determinante, il PRG delimita come “Zona A” il Centro Storico, per la quale le norme tecniche di attuazione, all’art.31, Conservazione e risanamento, stabiliscono che “tutta la zona è sottoposta al vincolo di conservazione dello stato attuale in tutte le parti che la compongono (case, strade, piazze, edifici pubblici ecc.) per mantenere il carattere dell’ambiente architettonico ed urbanistico. Gli unici interventi ammessi sono quelli diretti ai miglioramenti delle condizioni di abitabilità del vecchio centro attraverso il risanamento delle costruzioni malsane”. Nella “Zona A” l’attuazione del PRG deve avvenire esclusivamente mediante piani particolareggiati da redigere con criteri rivolti essenzialmente alla conservazione ed al risanamento del tessuto urbano esistente”. Si attua per piani particolareggiati e non per donazione.
A chi lo avesse dimenticato, ricordiamo che le norme più restrittive sono quelle che prevalgono. Ma davvero qualcuno pensa che si possa aggirare il Piano Regolatore vigente nella “Terra di Sezze”? Piazza del Duomo tutta, lo spazio così com’è, è un paesaggio unico, un contesto raro, che evoca atmosfere e valori immateriali incredibili, ricordi di suoni, di grida, di dolori, di gioie e di apprensioni, quelle che provavano i nostri contadini quando, dopo le piogge, vi si recavano a riquete (a visionare, ad accertare) dall’alto gli effetti sulle loro terre nella piana. Solo chi non prova a volare, a sognare, a vedere l’invisibile, a “naufragare in questo mare” può pensare che si tratti solo di manutenzione di opere di urbanizzazione. Il "Paesaggio, dice la Convenzione europea del paesaggio (recepita dall’Italia), designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. “Il paesaggio, continua la Convenzione, deve diventare un tema politico di interesse generale, poiché contribuisce in modo molto rilevante al benessere dei cittadini europei che non possono più accettare di "subire i loro paesaggi", quale risultato di evoluzioni tecniche ed economiche decise senza di loro. Il paesaggio è una questione che interessa tutti i cittadini e deve venir trattato in modo democratico, soprattutto a livello locale e regionale” Purtroppo tutti, sebbene tenuti, si sono dimenticati del Paesaggio dei cittadini, de’ “i Muro lla Tera”, il “Murum Terrae Setiae”. I cittadini sono rimasti tagliati fuori dal ruolo di soggetti attivi, di portatori di interessi e detentori della memoria collettiva. I cittadini si sono sentiti esclusi, ma non rassegnati. Nessun documento approvato è stato pubblicato; nessun elaborato, nessuna relazione e nessun parere tecnico.
Anche qualche determina da ben oltre un anno aspetta la pubblicazione. Il Regolamento comunale sull'Ordinamento degli Uffici e dei Servizi, all’art. 24, Trasparenza, asserisce che “La trasparenza è intesa come accessibilità totale, dei dati e documenti detenuti dalle P.A., allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche …….. omissis………. La pubblicazione sul sito istituzionale dell'ente, deve essere costante e aggiornata e deve essere effettuata con modalità che ne garantiscano la piena accessibilità e visibilità ai cittadini”. E’ mancato tutto questo, ma sono sicuro che sono in tanti a non volere che nella Terra di Sezze si vada avanti così.
Francesco Petrianni