La sezione di Sezze dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, interviene in merito alla “Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 scorso sull'importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa”. Per l’ANPI innanzitutto “la Risoluzione commette un ripetuto errore nel confondere termini quali “comunismo”, “stalinismo” e “totalitarismo”, intesi come sinonimi e tutti equiparati al nazismo e nel riportare correttamente il Patto Molotov-Ribbentrop e le conseguenze che esso produsse “omette di riportare anche il ruolo che l’Unione sovietica ebbe, nel corso della Seconda guerra mondiale, con azioni militari autonome e coordinate con gli eserciti di Stati Uniti e Gran Bretagna, nella sconfitta del nazismo”. Il membri dell’associazione setina sostengono che come ebbe modo di dimostrare Hannah Arendt nella sua fondamentale opera Le origini del totalitarismo, “il totalitarismo è fenomeno da non confondere con altre manifestazioni di potere oppressivo come la dittatura o il cesarismo ed esso si è manifestato, nel corso del Novecento, sotto forma di nazismo e di stalinismo. Dunque è corretto associare come forme di totalitarismo il nazismo e lo stalinismo, pur mantenendo chiaro il ruolo avuto dall’Unione sovietica presieduta da Stalin nella sconfitta del nazismo. Non è invece corretto - si legge ancora nella nota dell’ANPI - accomunare il comunismo al nazismo, poiché il nazismo non è l’attuazione storicamente distorta di una ideologia più o meno condivisibile: il nazismo è in se stesso un’ideologia aberrante per i contenuti contrari alla dignità umana. Il comunismo invece, dal punto di vista ideologico, lo si condivida o meno, non contiene elementi antiumani tout court e dunque non va confuso con eventuali sue interpretazioni storiche”. Dunque se “generalizzazioni qualunquistiche le si può leggere, benché con profondo fastidio, sui social o ascoltare negli slogan di forze populiste, duole gravemente doverle leggere in un solenne pronunciamento della massima assise europea, dalla quale ci si aspetterebbe maggiore correttezza nel riferimento ai fatti storici e alle analisi di filosofia politica”. Si chiede, in conclusione, che il Parlamento europeo ammetta “il grave errore compiuto e corregga il proprio pronunciamento”.