Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalita' illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie, per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

Desmond Tutu, la voce dei senza voce

Gen 03, 2022 Scritto da 
Desmond Tutu

 

 

Nel 1996, rispondendo ad un giornalista che gli chiedeva come avrebbe voluto essere ricordato, Desmond Tutu rispose: “Ha amato, ha riso, ha pianto, è stato perdonato, ha perdonato”. Parole che sintetizzano pienamente la vicenda personale di un uomo di fede e di preghiera, un teologo innamorato del Vangelo e appassionato al dialogo ecumenico, figlio della Chiesa Anglicana, che si è speso senza sosta e con radicalità per la promozione dell’uguaglianza razziale e la riconciliazione nel suo Sudafrica. Desmond Tutu non è stato semplicemente un leader politico o un attivista dei diritti, ma un credente che ha segnato la storia del secolo scorso.
 
Nato nel 1931a Klerksdorp, una città a sud-ovest di Johannesburg, di etnia Tswana, Desmond Tutu si dedicò all’insegnamento prima di entrare al St. Peter’s Theological College di Rosetenville nel 1958 per la formazione sacerdotale. Fu ordinato nel 1961 e sei anni dopo divenne cappellano dell’Università di Fort Hare. In seguito si trasferì nel minuscolo regno dell’Africa meridionale del Lesotho e poi in Gran Bretagna. Nel 1975 fu nominato vescovo del Lesotho e presidente del South African Council of Churches. Nemico giurato dell'apartheid operò instancabilmente e in modo non violento per la sua sconfitta, divenendo un punto di riferimento per il popolo sudafricano con le sue prediche, i suoi insegnamenti e le sue iniziative di protesta. Pur affermando di comprendere le ragioni del ricorso alla lotta armata dei giovani neri, condannò sempre con fermezza la violenza da qualunque parte provenisse, convinto che non avrebbe avuto possibilità di vincere e non avrebbe potuto essere la base solida per costruire una società giusta e libera. Denunciò la connivenza di diverse nazioni occidentali nei confronti del Sudafrica razzista e si fece promotore di una petizione per la liberazione di Nelson Mandela. Insignito con il Nobel per la Pace del 1984 per la sua instancabile lotta non violenta contro il regime razzista, per aver sostenuto il processo di riconciliazione nazionale nel suo Paese e per la strenua difesa dei diritti umani, fu eletto prima vescovo di Johannesburg e nel 1986 arcivescovo di Città del Capo. Nel 1995, con Mandela presidente del Sudafrica, ideò e presiedette la Commissione per la Verità e la Riconciliazione, nel tentativo di favorire la pacificazione tra le due anime della società sudafricana e voltare finalmente pagina sull’odio razziale che l’aveva a lungo dilaniata. Il percorso di riconciliazione intrapreso ha fatto conoscere al mondo le atrocità commesse dai protagonisti, grandi e piccoli, della pluridecennale repressione operata dai bianchi. Il perdono giuridico e morale accordato a quanti avessero confessato i propri crimini ha consentito non semplicemente ai responsabili di liberare le proprie coscienze dal peso di colpe terribili ma di creare le condizioni per il definitivo abbandono della strada disumana e feroce della vendetta, di scegliere il reciproco riconoscimento e favorire la riparazione morale in favore delle famiglie delle vittime.
 
Con Nelson Mandela Desmond Tutu ha operato in una sorta di ideale tandem nel forgiare la nuova nazione arcobaleno, termine questo ideato proprio da lui. Dopo la fine dell’apartheid comunque ha continuato ad essere una spina nel fianco dei potenti, denunciando le storture della società multietnica e non ha mancato di fustigare il partito maggioritario dell’Africa multietnica, l’African National Congress (Anc), di criticare lo stesso Nelson Mandela per i compensi eccessivamente generosi di alcuni ministri e collaboratori e da ultimo di denunciare la deriva nepotistica e il dilagare della corruzione sotto la presidenza di Jacob Zuma. Si è battuto contro l’omofobia presente nella società, nel potere e nella stessa Chiesa anglicana. Per questi motivi giustamente è stato definito la bussola morale del Sudafrica, che con la sua morte ha perso così un’altra grande icona dopo Nelson Mandela e la sua controparte Frederick Willem de Clerk, che condivisero il Nobel per la Pace nel 1993.
 
Desmond Tutu se ne va con il suo carico di bellezza interiore, di speranza e di utopia e ci accorgiamo di essere oggi più poveri. Mancherà la sua voce forte e autorevole, il suo coraggio indomito di opporsi ai soprusi del potere e alle violazioni dei diritti umani con la nonviolenza, il suo battersi per la dignità dell’Africa, denunciandone problemi e contraddizioni e al contempo ponendo l’Occidente di fronte alle proprie innumerevoli responsabilità, il suo impegno concreto per realizzare un futuro diverso e migliore per tutti. Si è chiusa con la sua morte la parabola personale di un autentico gigante, di un simbolo del Novecento, ma la sua figura resterà un punto di riferimento ideale e morale per quanti non accettano la crudeltà di un momento storico privo di testimoni credibili, capaci di coniugare il rispetto della dignità della persona e il perseguimento concreto della giustizia.
 
Guardare ad un uomo di straordinario intelletto e integrità, ad un cristiano vero che ha unito la fede alle opere come Desmond Tutu, evidenziarne la grandezza e lo spirito indomito, ci offre l’opportunità importante per riflettere sulla complessità del nostro tempo, per prendere coscienza di come talune sfide ci riguardino personalmente e nessuno può pensarsi esentato dall’impegno concreto, da declinare chiaramente con modalità differenti a seconda dei contesti in cui siamo chiamati a spiegare le nostre esistenze, senza mai perdere di vista l’universalità della lotta contro l’oppressione, l’ingiustizia e la violenza che o non possiede frontiere di alcun genere o finisce per essere funzionale al mantenimento dello status quo e per annichilire quanti sono relegati ai margini, poveri e senza diritti.
 
Un’altra idea di mondo, di società e di futuro è possibile e la strada per realizzarla è quella della reciproca accoglienza, della riconciliazione e del perdono, che non significa cancellare semplicisticamente e superficialmente il male e i torti subiti, ma perseguire la giustizia autentica e non la vendetta.
Pubblicato in Riflessioni

Lascia un commento

Assicurati di aver digitato tutte le informazioni richieste, evidenziate da un asterisco (*). Non è consentito codice HTML.

Calendario

« Novembre 2024 »
Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30