“To err is human. To blame someone else is politics.
(Errare è umano. Incolpare qualcun altro è politica)”.
Hubert H. Humphrey – Senatore e Vicepresidente degli USA.
Il 2021, che ci siamo lasciati alle spalle, è stato un anno caratterizzato da molte difficoltà, dalla pandemia che non accenna a mollare la presa e anche da significativi cambiamenti. Viviamo un tempo di transizione, i cui esiti sono imprevedibili.
Il vento del cambiamento ha investito anche Sezze. La fine traumatica della consiliatura e le elezioni amministrative hanno segnato una svolta politica. Dopo una egemonia durata anni, il centrosinistra e in particolare il Partito Democratico hanno ceduto il passo ad una coalizione civica, i cittadini hanno scelto di affidare la guida della città a gruppi politici alternativi, eterogenei sotto il profilo identitario e portatori di un progetto amministrativo tutt’altro che chiaro e definito. Amministrare una realtà complessa come Sezze richiede un quadro valoriale di riferimento, visione politica generale, chiarezza e determinazione nel portare avanti progettualità orientate al bene comune, capacità di misurarsi con la macchina amministrativa, che si muove secondo logiche diverse rispetto all’ambito privatistico e la cui complessità non sempre e non solo è effetto di un burocratismo fine a se stesso. Sicuramente servirebbe snellire le procedure per rispondere prontamente alle esigenze dei cittadini, tanto più che in determinati contesti la tempestività è fondamentale. Si tratta di un tema importante e di portata generale che trascende la riflessione sulla realtà locale e investe la politica nazionale. A ben vedere però le procedure sono un baluardo indispensabile a garanzia dell’imparzialità e del rispetto dei diritti dei cittadini. La violazione o la superficialità nella loro applicazione da parte delle amministrazioni hanno effetti deleteri, causano inefficienze, storture e diseguaglianze e soprattutto ne rallentano l’azione, ne inficiano prontezza ed efficienza e concretamente nullificano le scelte.
È sbagliato emettere giudizi e magari stroncare pregiudizialmente l’esperienza politica e amministrativa che sta muovendo ancora i primi passi nella nostra città. il giudizio va dato sulle scelte e, pur dall’opposizione, è giusto augurarsi sempre il meglio per la nostra comunità, contribuendo in modo costruttivo al bene comune. I cittadini hanno fatto la loro scelta, hanno dato la loro fiducia all’attuale maggioranza e in democrazia le decisioni vanno rispettate. Piuttosto l’occasione è propizia per quanti stanno all’opposizione per interrogarsi, riflettere e ragionare sul futuro. Se la propria proposta è stata bocciata dall’elettorato significa che non è stata avvertita come adeguata e rispondente alle esigenze della comunità, e questo a prescindere dal valore indubbio di chi l’ha incarnata e se ne è fatto rappresentante.
La sconfitta elettorale del Partito Democratico è stata dolorosa, anche e soprattutto per le sue dimensioni, ma dobbiamo riconoscere che sono alcuni anni che, anche in termini strettamente numerici, il PD ha perso la funzione egemone, è assai lontano dai fasti del passato e se ha continuato a guidare la nostra città è per la sua capacità di aggregare diverse espressioni di civismo.
La nostra comunità cittadina ha subito profonde trasformazioni, dal punto di vista sociale, culturale ed economico, ma il Partito Democratico anziché aprirsi al nuovo contesto che si stava manifestando, rivendicando la propria identità progressista e la propria storia, basi fondamentali per affrontare e vincere le sfide del futuro, si è gradualmente chiuso in una dissennata autoreferenzialità, è scomparso dai quartieri, ha spezzato il legame vitale con la propria base sociale, ha smesso di ricercare il confronto e il dialogo con i cittadini ed è finito per essere percepito come lontano dal vissuto di larghi strati della popolazione. Le radici della sconfitta vanno ricercate in questa rottura sentimentale e politica. Le vicende giudiziarie, che non hanno neanche lontanamente toccato esponenti del partito, sono state una causa secondaria e non determinante la caduta nei consensi. Inoltre l’errore strategico è stato quello di pensare che alla domanda di cambiamento e di tornare a relazionarsi con i cittadini fosse possibile rispondere ricorrendo al pallottoliere. Nessuno è così ingenuo da non sapere che in democrazia per vincere i numeri sono indispensabili, ma non possono essere la bussola esclusiva, considerando indifferente o irrilevante il progetto politico su cui chiedere il consenso. I fatti hanno dimostrato che la presunta sommatoria delle potenziali preferenze individuali non ha funzionato, i cittadini hanno rifiutato questa logica e accordato inaspettatamente una larga fetta di consensi a tanti volti nuovi. Segno evidente anche che un certo modo tradizionale e incancrenito di accordare le preferenze è stato ritenuto non più rispondente al sentire comune.
Insomma una certa idea della politica è tramontata e oggi il Partito Democratico si trova di fronte ad un bivio ed a una sfida: o attardarsi in una sterile battaglia di retroguardia, coltivare inutili sentimenti di rivalsa e di vendetta, rimanere aggrappato come i naufraghi a certezze ormai dissolte, tentare di mantenere il controllo dell’apparato e degli organismi dirigenti riempiendoli con fedeli sostenitori, aspettare che passi la nottata sperando che prima o poi tutto torni come prima o scegliere il rinnovamento, aguzzare l’ingegno, battere strade ignote, misurarsi con progettualità altre che richiedono fatica ed impegno.
Il Partito Democratico se vuole avere ancora un ruolo centrale e trainante, essere all’altezza della nostra tradizione progressista deve scegliere la seconda strada, tornare a coltivare un rapporto osmotico con la società setina, essere luogo di partecipazione e strumento autentico di rappresentanza della parte vitale della nostra città, dei ceti più poveri come delle forze produttive, unendo le diverse sensibilità ed istanze sociali, culturali ed economiche con il collante della solidarietà e costruendo un programma politico dal basso, condiviso e partecipato, unica strada per recuperare consensi e garantire autentica stabilità politica e saggezza nelle scelte amministrative.
Occorre abbandonare il leaderismo che ha contagiato e messo radici all’interno del partito con effetti fortemente negativi e per molti versi lo ha snaturato, ha prodotto forme inaccettabili di individualismo e autoreferenzialità totalmente estranee alla cultura della sinistra democratica.
Per avere un futuro e tornare ad amministrare Sezze, il Partito Democratico deve ritrovare il senso di se stesso, mettersi al passo dei tempi nuovi, altrimenti sarà condannato all’irrilevanza.