L’insoddisfazione nei confronti dell’amministrazione cittadina aumenta, si manifesta sui social e sulla stampa. È passato oltre un anno da quando il progetto civico, guidato dal sindaco Lucidi, ha conquistato la maggioranza nella massima assise cittadina con una messe, probabilmente insperata e imprevista, di consensi. Va dato merito alla coalizione vincente nelle urne di esser riuscita a interpretare la domanda di rinnovamento che saliva dalla cittadinanza. Fin dai primi passi però sono emersi i suoi limiti, l’assenza di una visione politica, l’approccio improvvisato e confuso alla complessità dell’amministrazione di una città come la nostra. In discussione non è la passione, la buona fede e la sincerità dell’impegno di tanti che hanno deciso di sposare questo progetto, ma altrettanto onestamente va detto che non basta la buona volontà. Numerosi sono stati gli errori amministrativi compiuti. Il velleitarismo di talune proposte, l’assenza di una idea di sviluppo complessivo, fondato su una conoscenza reale del tessuto produttivo, del contesto sociale e culturale della nostra comunità, sono stati accompagnati purtroppo dalla presunzione di essere i migliori, di avere in tasca la ricetta giusta per ogni problema.
La sfrontatezza e la scaltrezza dimostrate in campagna elettorale si sono presto dissolte di fronte alla durezza dell’ordinarietà dell’amministrare, che richiede profondità di pensiero e assunzione di responsabilità. L’irrisolutezza, l’immobilismo vengono motivati con l’impossibilità ad operare, effetto della situazione disastrosa ereditata dalle amministrazioni precedenti. Si tratta di una scusa ricorrente, usata dalla politica politicante ad ogni livello per nascondere le proprie incapacità e inadeguatezze, un modus operandi a cui il civismo cittadino si è adeguato ben volentieri. Nessuno nega i problemi e la possibilità che in passato siano stati commessi errori, ma quanti si candidano a ruoli amministrativi e di governo dovrebbero dimostrare serietà e buon senso, fare i conti con la realtà prima di sbandierare promesse di palingenesi irrealistiche e irrealizzabili e attrezzarsi con l’indispensabile bagaglio di conoscenze e competenze per governare la complessità. Tanto più che le risorse per gli enti locali sono sempre più scarse e stiamo uscendo da una crisi pandemica senza precedenti, cui si sono aggiunte le difficoltà economiche derivanti alla guerra in Ucraina.
Se la maggioranza cerca scuse per giustificare il proprio immobilismo, l’opposizione è invece assorta in un imperscrutabile silenzio, concentrata nella narcisistica contemplazione del proprio ombelico, smarrita in un’autoreferenzialità che allontana i cittadini, li fa sentire disarmati, in balia dell’incontrollabile, fa sperimentare loro la solitudine e l’assenza di rappresentanza per le loro domande.
La nostra città vive una crisi profonda e il degrado avanza, dal centro alla periferia.
Se guardiamo alle ultime settimane i malumori di tanti cittadini si sono trasformati in aperta critica, trovando sfogo sui social ma scarso eco nella politica ufficiale.
L’austerity natalizia è stata mal digerita. Un paese spento di addobbi natalizi non ha riscosso grande gradimento. Il tema non erano tanto le luminarie, tutto sommato non così essenziali, ma la sensazione complessiva di abbandono della città in un momento in cui sarebbe stato necessario dare un segnale forte di ripartenza.
Un post su Facebook, scritto da una stimata insegnante in pensione, amante della cultura locale e residente nel centro storico, ha scoperchiato il vaso di pandora e dato voce al malessere di tanti cittadini e delle pochissime attività commerciali ormai agonizzanti, vittime dei lavori infiniti di riqualificazione del manto stradale e del perdurante isolamento del centro cittadino, irraggiungibile da mesi anche per i mezzi di soccorso in caso di emergenza.
Il grido di dolore dei commercianti del centro storico è rimasto inascoltato. Eseguire lavori di riqualificazione così importanti e non programmare un piano operativo per le attività economiche è incomprensibile. Superficialità o incapacità l’hanno fatta da padroni e le giuste lamentele sono state respinte al mittente, con buona pace di quanti si sono trovati a fare i conti con guadagni ridotti al lumicino o azzerati. Nessuno contesta i lavori, sacrosanti e non più rinviabili, ma non possono avere durata infinita e procurare danni economici così rilevanti.
In campagna elettorale è stato raccontato che la SPL era un postificio clientelare, con un numero di dipendenti esagerato, ben al di sopra di quelli necessari. Passata la sbornia elettorale, non solo l’organico non è stato ridimensionato (giustamente perché significava lasciare senza reddito tante famiglie), ma da settimane si vanno moltiplicando i bandi per ricercare dirigenti e consulenti da ingaggiare, oltre i tanti incarichi affidati, tutti ben retribuiti. Ha fatto eco la notizia, comparsa qualche giorno fa sui giornali, della diffida del sindacato dei giornalisti “Stampa Romana” ai vertici aziendali, invitati a ritirare il bando pubblicato per assumere un responsabile della comunicazione per non aver rispettato gli obblighi previsti dalla legge 150/2000. Si è passati dalla necessità di portare i libri in tribunale e dichiarare fallimento all’aumento di personale e di spese. La repentina inversione di rotta richiederebbe il dovere etico e politico di dare spiegazioni convincenti ai cittadini elettori.
I residenti di via Maina hanno organizzato una colletta per comprare il bitume e tappare le voragini sul manto stradale. Le strade abbandonate, i cittadini immersi nel degrado, i cumuli di rifiuti in pianura, a Suso e in pieno centro, sono la fotografia del nostro territorio di cui chi amministra sembra non accorgersene, sebbene avesse promesso un cambiamento radicale.
Tra i tanti disservizi il più odioso è quello denunciato dai genitori dei bambini che frequentano la Scuola di via Piagge Marine: pasti insufficienti, razioni contingentate e non più di cinque rigatoni a bambino. Ogni commento è superfluo.
Sarebbe opportuno che la maggioranza smettesse di crogiolarsi nella sua supponenza, restando indifferente a critiche e sollecitazioni, l’opposizione smettesse di restare silente e tutti insieme pensassero al bene comune di Sezze.
Sicuramente queste parole susciteranno l’ira di chi è allergico alle critiche, dei leoni da tastiera a comando e offriranno loro l’occasione di cimentarsi di nuovo in biechi attacchi personali a mezzo social. È un copione già visto e sperimentato. Si ricorre al manganello mediatico per far tacere le voci critiche. Un ulteriore triste segnale del degrado della politica.