“Ogni uomo è colpevole di tutto il bene che non fatto” (Voltaire)
Le notizie si rincorrono frenetiche, ma prontamente si dissolvono in una mescolanza indistinta, che tutto avvolge nell’indifferenza e nell’oblio. La ricerca incessante della novità e la scarsa propensione a indagare senso e ragioni di quanto accade, rischiano di ostacolare la piena comprensione dei tempi che viviamo, del substrato valoriale sotteso al nostro stesso agire. Convinzioni e sentire collettivo sono modellati e orientati da quanti rivestono ruoli politico-istituzionali o possiedono e dirigono media e social, ma il loro agire non è mai unidirezionale, estemporaneo e sganciato rispetto al contesto sociale. In definitiva c’è una costante interazione, un autentico processo osmotico con il vissuto dei destinatari. Negli ultimi decenni la promozione di modelli culturali e comportamentali, spesso riprovevoli e negativi ma funzionali a perseguire obiettivi politici, economici e mediatici, procede di pari passo con lo sdoganamento, la legittimazione e la normalizzazione di condotte egoistiche, narcisiste e intolleranti, di linguaggi beceri, volgari e denigranti, fatti propri e riprodotti in maniera acritica e superficiale da molti, senza avvertire imbarazzo alcuno e senza necessità di sottostare alla disapprovazione della comunità.
Una vicenda che ha avuto scarsa eco nei notiziari televisivi, cui i giornali hanno dedicato trafiletti o al più scarni servizi nelle pagine di cronaca e oggetto di sparuti post sui social ritengo invece sia emblematica di questo nostro tempo e perciò meriti una particolare attenzione e riflessione.
Sabato 1 agosto, verso le 13, nella campagna rovente di Ombriano alle porte di Crema, una donna ospite di una comunità terapeutica psichiatrica, esce, raggiunge un campo davanti ad un ristorante, si cosparge di un liquido infiammabile e si dà fuoco. Un epilogo doloroso e amaro, verosimile conseguenza della sua condizione. Sicuramente la sua malattia sarà stata accompagnata dalla difficoltà dei familiari di prendersene cura, avendo a disposizione risorse scarse e supporti inadeguati dalle strutture sanitarie. Se ci fermassimo a tali considerazioni, pur rattristati per la vicenda tragica, dovremmo ritenere adeguata la copertura mediatica garantita, ancor più poi che, senza voler apparire cinici o indifferenti, altre storie simili accadono nel nostro paese quotidianamente e restano del tutto sconosciute.
Tuttavia il gesto estremo di questa donna è stato accompagnato da comportamenti di gravità inaudita delle persone presenti. Sul punto lasciamo spazio alle parole indirizzate da un uomo, tramite i social, al sindaco di Crema. “Una donna poco fa, al campo del Mezzo si è data fuoco. Mentre passavo con mia moglie sono sceso subito dall'auto e ho cercato di spegnere quello che potevo con un asciugamano da palestra. La signora bruciava nel campo di fronte e io ero l'unico che cercava di fare qualcosa. In compenso una ventina di persone con il telefonino, che riprendevano la scena. Dopo minuti e minuti si è avvicinato uno con un estintore che non sapeva cosa fare. Ho spento tutto con l'estintore. La signora penso sia morta, nonostante io continuavo a parlare cercando un respiro… alla fine i soccorsi sono arrivati dopo 15 minuti... ho provato anche io il 113-112 e rimanevo in attesa. Non so se si sarebbe salvata. Ma la gente con il telefonino dal parcheggio del Mezzo mi ha lasciato di sasso. Sono arrivati solo alla fine. Quando ormai avevo spento tutto... per curiosità! Si parla di un essere umano, ma quelle persone con il telefonino cosa facevano, riprendendo????Se fossi passato un paio di minuti prima, forse l'avrei salvata. Scrivo a lei perché è il primo cittadino di Crema e questo evento è successo nella sua, Nostra, città. So che lei non può far nulla… ma ho pensato a lei come primo cittadino per avvisarla per prima. Ho scritto a lei perché magari alcuni messaggi arrivano più forti dalla sua carica… Mi è spiaciuto che nessuno abbia avuto l'idea di intervenire prima…”.
La risposta di Stefania Bonaldi, sindaco di Crema, è significativa. “Non sappiamo ancora chi sia questa povera donna e non conosciamo bene le dinamiche di quanto accaduto. Saranno le Forze dell'Ordine a farci capire qualcosa in più. Ma la testimonianza di questo primo soccorritore, che passava in quel momento e si è fermato a porgere aiuto, è agghiacciante. La pubblico, d’accordo con colui che me l'ha mandata, per sollecitare la nostra riflessione. Comprendo che non tutti possano avere il sangue freddo e la prontezza per intervenire quando una persona si dà fuoco. Si può rimanere gelati dallo shock di quanto sta accadendo, anche coi 40 gradi di oggi. Ma se gli spettatori di questa tragedia hanno avuto la freddezza di prendere il telefonino ed immortalare la scena, anziché correre in aiuto o chiamare i soccorsi, allora dobbiamo farci delle domande. Serie e molto, molto urgenti. Cosa siamo diventati? E se quella donna fosse stata nostra figlia, sorella, moglie, madre? Cosa può renderci così insensibili e distaccati verso la sofferenza degli altri? Perché questa indifferenza? Un abbraccio a questo “buon samaritano”, che passava per caso e si è fermato a prestare aiuto, anche se evidentemente non è bastato, ed un pensiero pieno di dolore per questa donna. Non è un buon giorno, oggi, Crema”.
Cosa siamo diventati? Veramente follower e mi piace misurano il valore delle nostre vite e delle nostre scelte? Un rogo nella generale indifferenza. Che fine hanno fatto la compassione e l’umana pietà? Filmare una donna avvolta nelle fiamme è folle, atroce, una mostruosità, è considerare la morte uno spettacolo da postare sui social, è pensare che la vita sia riducibile ad uno show, ad un reality come quelli che vediamo in televisione. Nell’animo dell’uomo alberga l’opaca attitudine, come sosteneva Baudelaire, a provare piacere nel vedere cose dolorose e orrende. Tuttavia sta a noi decidere se alimentarla e assecondarla o combatterla e educarla. E’ troppo facile condannare i passanti di Crema e non vedere che dietro il gesto del filmare c’è un pericolosissimo nichilismo, una diffusa egemonia di idee e condotte che sviliscono la persona umana, la privano della sostanza, di quello che Pasolini e Ungaretti definivano il senso del sacro. Se nulla è sacro, se la persona umana non è sacra, tutto allora è fruibile, consumabile e nulla ha valore.
Voglio credere che questa vicenda non sarà stata inutile, ci spingerà a riflettere sull’importanza di risvegliare in noi l’empatia, la solidarietà, il senso di appartenenza alla comunità umana, grandi assenti nella nostra contemporaneità.