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Domenica, 18 Dicembre 2022 07:00

Palestina e Israele. Una guerra lunga 75 anni

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Settantacinque anni fa, il 29 novembre 1947, l’Assemblea Generale dell’ONU approvò la Risoluzione n. 181, con la quale fu stabilita la divisione della Palestina in due Stati, uno ebraico e uno arabo-palestinese. Gerusalemme e i suoi dintorni sarebbero stati amministrati dalle Nazioni Unite per un periodo transitorio di 10 anni, rinviando a futuri negoziati la decisione sul loro status finale. I confini proposti accordavano il 61% del territorio allo Stato ebraico e il resto agli arabi. L’Agenzia Ebraica, al tempo organo di governo degli ebrei in Palestina, votò a favore accogliendo l’indicazione proveniente dal sionismo politico, ideologia alla base del moderno nazionalismo ebraico, i cui esponenti si erano spesi per convincere i leader mondiali ad accettare tale soluzione come un atto di giustizia e un risarcimento per le sofferenze patite dagli ebrei per via dell’antisemitismo che aveva intossicato l’Europa e della tragedia della Shoah. Il Supremo Comitato Arabo, rappresentante degli arabo-palestinesi, rifiutò la proposta, invocando il diritto all’autodeterminazione delle popolazioni locali, anche in ragione del fatto che gran parte degli ebrei era emigrata in Palestina soprattutto dall’Europa nei 30 anni precedenti. Infatti nel 1917, quando gli inglesi iniziarono ad esercitare il protettorato sulla Palestina sostituendo i turchi, gli ebrei erano il 10% della popolazione. Per gli arabo-palestinesi sia gli inglesi sia gli immigrati ebrei erano semplicemente colonizzatori europei.
 
Il 14 maggio 1948 Israele proclamò l’indipendenza, ma meno di 24 ore dopo Egitto, Giordania, Siria, Libano e Iraq lo invasero. Lo stato ebraico, sostenuto da URSS, USA ed Europa, sconfisse gli eserciti arabi, acquisì la sovranità su quasi il 78% della Palestina, la Cisgiordania e Gerusalemme Est furono annesse dalla Giordania, la Striscia di Gaza dall’Egitto. In conseguenza della guerra oltre metà della popolazione palestinese perse la casa e divenne profuga. L’antisemitismo, che aveva avuto il suo apice nella Shoah, produsse esiti sconvolgenti anche per i palestinesi, i quali subirono la tragedia dell’esodo, della Nakba.
 
Nel 1967 scoppiò un nuovo conflitto tra Israele, sostenuto dagli USA, e i Paesi arabi vicini, appoggiati dall’ URSS. Un’incredibile vittoria consentì ad Israele di assumere il controllo militare di Cisgiordania e Gaza. L’ONU con diverse risoluzioni condannò l’occupazione e chiese di dare soluzione alla questione dei profughi palestinesi. L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, fondata nel 1964, assunse la leadership politica dei palestinesi dei territori, ma fu anche coinvolta negli ‘70 e ‘80 in atti di guerriglia e di terrorismo internazionale e interarabo. Intanto al suo interno era lacerata dallo scontro tra fazioni che proponevano metodi più o meno radicali di lotta. Il 15 novembre 1988, nel contesto di una rivolta contro gli occupanti israeliani, detta l’intifada, proclamò la nascita dello Stato di Palestina, riconosciuto da diversi Paesi. Nei primi anni ‘90 la comunità internazionale promosse dei negoziati diretti tra Israele e OLP e si giunse agli Accordi di Oslo del 1993 e all’istituzione dell’Autorità Nazionale Palestinese, con capitale Ramallah in Cisgiordania. Gli accordi non hanno mai avuto però completa attuazione con il conseguente incancrenirsi del conflitto. Il 29 novembre 2012 la Palestina è stata riconosciuta dall’ONU come “Stato osservatore non membro”, posizione condivisa soltanto con la Santa Sede.
 
Dalla proclamazione dello stato di Israele a oggi ci sono state quattro guerre arabo-israeliane, di cui due con il Libano, non si contano gli atti terroristici che hanno insanguinato le città israeliane e le operazioni militari in Cisgiordania e a Gaza contro esponenti palestinesi e la stessa popolazione civile. Stime approssimative parlano di 24 mila israeliani e 91 mila arabi deceduti.
 
Specialmente in questi ultimi anni Israele ha migliorato le relazioni internazionali, ha disarmato i confini, concluso trattati di pace e normalizzato i rapporti con molti vicini arabi, stipulando memorandum di intesa e partnership commerciali. Gli Accordi di Abramo hanno ulteriormente alleggerito la tensione in quest’area strategica e favorito nuove alleanze. Sul piano interno invece il conflitto tra israeliani e palestinesi rimane un nodo insoluto.
 
La Risoluzione ONU, che prevede la creazione di due Stati, è l’orizzonte politico cui le diplomazie, soprattutto occidentali, continuano a guardare, anche se i fallimenti reiterati e le condizioni createsi sul campo hanno finito per consolidare uno status quo che a nessuno piace e che tutti, in fondo, accettano.
 
Israele ha di fatto annesso gran parte dei territori occupati attraverso la realizzazione di sempre nuovi insediamenti e perciò sembra poco realistica la ripartizione in due stati. I territori palestinesi sono ridotti ad enclavi, che includono le principali città governate dall’Autorità Nazionale Palestinese, circondate da posti di blocco dei militari israeliani. L’ANP, guidata da un presidente anziano e debole, Abu Mazen, è continuamente sfidata dall’aggressività ideologica e non solo di Hamas, che dentro e fuori Gaza cerca di guadagnare consensi con la violenza. Il risultato di questo stallo è sotto i nostri occhi. I governi israeliano e palestinese dialogano, smettono di dialogare e devono fare i conti con le spinte estremiste che deflagrano ciclicamente nei rispettivi campi. Intanto ai cittadini di entrambe le parti tocca continuare a convivere con scontri e violenze per la miopia di leadership manifestamente inadeguate.
 
La giustizia e la pace, tanto volute da tutti, richiedono il coraggio di percorrere strade diverse. Occorre partire dall’uguaglianza, mettendo fine alla politica di Israele, da molti qualificata come un’autentica apartheid, che mira a tenere sotto controllo i palestinesi sia dei territori occupati sia gli arabo-israeliani, i quali ultimi sono un quarto della popolazione dello stato ebraico ma godono di diritti limitati. Sul versante palestinese un cambiamento non è più rinviabile. Gli estremisti e i violenti vanno resi inoffensivi e i corrotti allontanati e puniti. Serve insomma un rinnovamento radicale delle strategie politiche e delle personalità che le incarnano. La parità dei diritti di israeliani e palestinesi, condizione necessaria per la libertà, la dignità e il bene comune, può rappresentare una prospettiva innovativa e alternativa per tentare di dare finalmente soluzione al conflitto e realizzare una pace giusta e duratura, a prescindere dall’evoluzione del quadro politico che potrà portare alla divisione in due stati o alla convivenza nella stessa entità statale dei due popoli, garantita dal riconoscimento di forme avanzate di autonomia.

 

Quella che segue è una riflessione inviataci dal Rev.do Anselmo Mazzer, parroco per ben 27 anni della Cattedrale Santa Maria di Sezze, oggi parroco presso Santa Maria Goretti di Latina, assistente ecclesiastico presso l'Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti nonché Assessore presso Tribunale Ecclesiastico diocesano.

 

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L'altro giorno sono stato in grande centro commerciale qui a Latina. Confesso di non aver mai visto in vita mia tanto sfavillio di luci, di colori, di suoni, di addobbi natalizi, come quest'anno.

Mi veniva voglia di chiedere: perché?

Lì, come in tantissimi altri posti, non ho visto nessun segno cristiano , neanche il più piccolo.

Sembra come se dei pazzi, all'improvviso, si siano messi a creare, chissà perché, con ogni tipo di luci, di palle colorate, di alberi fantasmagorici, di babbi natale di tutte le dimensioni, un mondo magico, senza…. un motivo.

Ho pensato: è tragico, se non ridicolo, che si faccia del tutto per nascondere chi e perché qualcuno è nato, dal momento che natale è un parola che significa solo nascita.

Sentivo oggi che il 58 % degli italiani mal sopporta il Natale. Certo se si prescinde dalla relazione con chi è nato, le magnate, i regali, le vacanze … sono un ingranaggio che condiziona e stritola chiunque, se non si sta attenti, e alla fine producono solo noia, noia, noia, come dice una canzone .

Non interessa il Festeggiato perché abbiamo paura che perfino un bambino possa venire a disturbare il nostro modo di vivere.

Uscendo da quel luogo, ragionavo tra me e me: ecco chi o che cosa è nato! E' nato babbo natale o forse sono nati gli alberi, ma no è nata la elettricità, certamente sono nate le palle colorate!

Sono arrivato a casa e in un momento di rabbia, lo confesso, ho pregato per riprendere quota:

 

Padre, immensamente misericordioso,

nel volto del tuo Figlio, fatto carne della nostra carne,

ci colmi delle tue meraviglie,

perché ci dai il “potere di diventare i tuoi figli”,

e noi, sorpresi,

ti rendiamo grazie per la nostra grandezza rigenerata.

Nel mezzo della notte,

avvolti dal silenzio dell'amore,

ci rivesti di luce ineffabile

per ritrovarci creature nuove

che danno calore alla realtà di tutti i giorni.

Nel buio di questa nostra storia

Il tuo Verbo ci invita a condividere ancora il suo mistero

perché noi, “che vedemmo la sua gloria”,

lo possiamo cercare nelle vicissitudini di ogni giorno.

Effondi, come hai fatto con Maria,

il tuo Spirito creatore

nelle nostre persone,

perché possiamo desiderare e gustare

la bellezza della ritrovata comunione con Te

e con ogni nostro fratello sparso sulla terra.

Poi sono andato a dormire.

 

Don Anselmo

cittadino onorario della città di Sezze

 

Quella che segue è una riflessione di Teresa De Renzi, titolare del salone da Parrucchiere Concept Style nel centro storico di Sezze, donna attiva nel sociale e nel mondo dell'associazionismo da molti anni.

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Ogni mattina esco di casa e a piedi percorro per l’ennesima volta lo stesso tratto di strada per raggiungere il mio negozio. Cammino, con in testa le tante incombenze che mi attendono nella giornata, e in eterno ritardo cerco di accelerare il passo, per quanto la ripida salita di sempre può consentirmi.
E mi accorgo che quasi non mi guardo nemmeno più intorno, forse solo quando talvolta (raramente per la verità) mi capita di incrociare qualcuno che conosco e con cui scambiare un cenno di cordialità, un saluto, un buongiorno, anche un semplice sorriso.
Ma è la sera, quando chiudo la mia attività e faccio il percorso inverso per tornare a casa, che vengo inevitabilmente assalita da un senso profondo di sconforto, di amarezza e delusione.
Tutto intorno un buio tetro, triste, dove la desolazione la fa da padrona. Poi penso: ma è dicembre, il mese della gioia, della condivisione…
No qui no, qui non c’è alcuna gioia, qui non c’è nessuna condivisione.
Qui non è Natale…
E i pensieri mi riportano in mente un altro paese, un paese vivo, pulsante, dove c’era gentilezza ed attenzione gli uni per gli altri, pieno di gente, di negozi, di attività storiche…
In quel paese dicembre era il mese della luce, altro che buio!
E mi ricordo come fosse oggi il 1998, sembra mille anni fa… Solo con il semplice passaparola venne organizzato un incontro dentro lo storico negozio di Grassucci in centro: quella sera più di una sessantina di commercianti si incontrarono, parlarono, molti anche per la prima volta, si scambiarono lamentele ma soprattutto proposte e idee per unirsi e tentare tutti assieme di creare qualcosa per il bene di tutti. Si decise quindi di costituirsi in una associazione, cui venne dato il nome “Nova Setia”.
Inutile che stia qui a elencare il numero impressionante di iniziative ed eventi organizzati grazie all’associazione negli anni in cui essa è stata attiva; ma una cosa voglio sottolinearla: tutto quanto è stato fatto fu realizzato senza una lira di finanziamento pubblico! Non c’erano soldi eppure furono fatte cose belle ed importanti, una su tutte la ristrutturazione della chiesa di sant’Andrea: e non per intercessione divina, ma attraverso la disponibilità di tutti a partecipare, anche economicamente, autofinanziandosi.
Chi poteva di più chi poteva di meno, nessuno ha mai fatto mancare il proprio supporto, in termini di energia e di sostegno concreto. Perché tutto era per il “bene comune”, tutto in nome dell’amore profondo per la città di Sezze.
Riunirsi, incontrarsi spesso, passare per i negozi, parlare, raccontare e raccontarsi, coinvolgere le persone aveva fatto nascere entusiasmo, curiosità, una forza propulsiva che attirava anche chi il centro storico non lo viveva.
E così anche altre associazioni cominciarono a collaborare, fino a far nascere l’esigenza di una consulta delle associazioni.
E poi…
E poi la storia va avanti senza chiedere permesso, le amministrazioni cambiano, chiudono le attività, le luci e i sorrisi si spengono, la crisi, il Covid, la guerra e per carità mille e mille altre motivazioni.
Ma io ogni giorno che esco di casa mi chiedo QUANDO è stato il momento che abbiamo cominciato a non amare più il nostro paese, quando c’è stato il punto di rottura, quali sono state le vere cause. Chi è il responsabile? Si può dare la colpa a qualcuno in particolare?
No.
Perché Sezze è di tutti noi e se tutti abbiamo in qualche modo lasciato che si potesse arrivare a questo punto, tutti dovremmo sentire forte e chiaro il dovere di riprendercela! Abbiamo lasciato che invasioni barbariche (e non mi riferisco certo solo agli stranieri, ‘ché la barbarie non ha nazionalità) incompetenza e improvvisazione a tutti i livelli ce la portassero via, e la trasformassero in un dormitorio senza anima e senza vita, abbiamo lasciato che strappassero la sua storia e la sua dignità per farne carne da macello.
Io nel mio cuore sento che bisognerebbe tornare a fare qualcosa, che DOVREMMO fare qualcosa, tutti, nessuno escluso.
Riappropriandoci delle nostre radici e facendo tornare quel sentimento di identità per cui i sezzesi si sono fatti valere in tutto il mondo, forse potremo tornare a scambiarci un sorriso, un saluto, a sentirci ancora orgogliosi di chi siamo stati e di chi saremo.
Ed allora forse le luci di Sezze, finalmente, si riaccenderanno.
E con esse anche noi.

Teresa De Renzi

 

 

 

 

Monta la protesta sui social dopo un post polemico di una pensionata di Sezze, ex insegnante residente nel centro storico. Polemica legata ai ritardi dei lavori in via Diaz, ma anche per la attività commerciali ormai agonizzanti, per lo stato di isolamento dei residenti soprattutto in casi di pronto soccorso, per l'immondizia abbandonata per i vicoli, per l’assenza di luminarie e molto altro ancora. Il post della signora Filomena ha scatenato ieri una serie di reazioni a catena che hanno di fatto scoperchiato un malessere generale dei cittadini su molte vicende che li interessano da vicino. Nei commenti si parla di disagi infiniti, di attività commerciali che hanno dovuto chiudere proprio a causa di quanto accaduto, di inefficienza degli uffici comunali e di una politica del tutto assente nel dare pronte e serie risposte. Una polemica che parte dal basso, da quei cittadini che non seguono le dinamiche della politica locale ma che di fatto vivono la città tutti i giorni con i tanti disagi che ci sono. Colpiscono anche gli umori legati alla decisione dell’amministrazione comunale di non installare alcuna luminaria a Sezze, nemmeno nei luoghi simbolo della città. Le poche iniziative intraprese sono state proproste e realizzate da semplici cittadini o da associazioni locali. Insomma ne esce un quadro desolante, di una comunità che si aspettava la rinascita con la nuova classe dirigente e che invece - dopo un anno - si ritrova a fare i conti con una realtà totalmente diversa dalle aspettative. Tra dire e il fare c’è di mezzo il mare…

 

 

Tutto quello che sarà. È questo il titolo del docufilm sul “Girasoli Tour”, il viaggio di 3500 chilometri  che il presidente della Cooperativa Utopia 2000 onlus, in compagnia del giovane Dennis (ospite della Comunità educativa residenziale di Roccagorga) , sostenuti dal Consiglio d'amministrazione della stessa Cooperativa;   hanno percorso interamente in bicicletta, dal 10 giugno al 15 luglio del 2021,  nell'Italia  che resiste, come recita “Viva l’Italia”, canzone di Francesco De Gregori, nell’Italia empatica e innovativa. Il docufilm sarà proiettato in anteprima, sabato 17 dicembre alle 18, a Bevagna, presso l'Auditorium “Santa Maria Laurentia”, e giovedì 22 dicembre sempre alle 18, a Cori, presso il Teatro comunale “Luigi Pistilli”. È stato realizzato da una troupe televisiva, capitanata dal regista pontino Renato Chiocca, che ha percorso assieme ai protagonisti  tutte e 33 le tappe  dello stesso tour. Mentre le realtà visitate sono state 42, tutte impegnate a costruire uno sviluppo sostenibile e un’economia solidale nei propri territori. Il tour è partito da Bevagna, qui, Utopia 2000, presso l’Agriturismo “Le Grazie”, ha avviato un importante progetto di economia etica. Mentre a Gualdo Cattaneo gestisce alcune strutture per mamme con bambini. Le prime tre tappe del tour si sono svolte  proprio in Umbria: la prima, ad Assisi, presso l’Istituto  l’Istituto Serafico per sordomuti e ciechi; la seconda, a Perugia, presso il Comitato Per La Vita “Daniele Chianelli”; la terza, presso Isola Polvese sul Trasimeno, dove è stato avviato un progetto di valorizzazione del territorio lacustre. Utopia 2000 è un’impresa sociale attiva da 23 anni e opera soprattutto nei territori dell’Umbria e del Lazio. In quest'ultima regione gestisce la Comunità educativa residenziale di Roccagorga e l'asilo comunale di Cori,  È specializzata in servizi educativi, in progetti di agricoltura sociale e nell’organizzazione di grandi eventi. I suoi dirigenti sono impegnati da sempre nella ricerca di percorsi virtuosi di economia civile attraverso i quali il benessere collettivo possa essere percepito come la migliore strategia per la crescita individuale. Ecco, sulla base di queste premesse è nata anche l'idea del “Girasoli Tour”. Eccolo, il motivo per il quale il viaggio è stato chiamato così: Perché i girasoli sanno sempre da che parte voltarsi.  “Abbiamo visitato alcune realtà, grandi o piccole, note o  sconosciute - ha spiegato Massimiliano Porcelli, presidente di Utopia 2000 - che realizzano filiere virtuose di economia sociale e/o circolare o che svolgono la propria attività di produzione o di erogazione di servizi all’interno di un quadro di sviluppo, articolato su almeno uno di questi elementi: economia sociale e/o solidale, promozione della legalità, sviluppo sostenibile, green economy, responsabilità sociale aziendale, inclusione fasce più deboli e sostegno all’infanzia e adolescenza”. Queste le tappe fatte in provincia di Lationa: Asilo nido comunale “Il bruco verde “ di Cori, Comunità educativa “Zagor  “ di Roccagorga, Chocolart di Itri e Casa aollggio per anziani con Casa famiglia per donne in difficoltà di Ventotene. “Dietro a ogni realtà che abbiamo visitato - ha precisato Renato Chiocca - ci sono storie, pratiche ed esperienze che abbiamo cercato di vivere attraverso l’incontro, mettendoci in ascolto e immergendoci nel lavoro quotidiano, senza badare alle intenzioni, ma raccogliendo frammenti di vita vissuta, a partire da quella del giovane Dennis, che con Massimiliano ha affrontato l’impresa trasformando il viaggio in un racconto di formazione”. Alla realizzazione del docufilm hanno inoltre lavorato Michele Innocente  (fotografia) Mattia Soranzo (montaggio), Emanuele Colandrea (musiche originali), Daniele Marzano (montaggio del suono e mix) e Davide Micocci (color correction).

 

 

l gruppo consiliare di “Sezze Futura”, nelle persone del capogruppo il Alessandro Ferrazzoli e del consigliere il Dorin Briciu, esprime soddisfazione per l’ottenimento del finanziamento previsto dal PNRR di € 1,8 milioni finalizzato al progetto di riqualifica della ex Colonia Agricola. Il progetto intende realizzare una fattoria didattica nel sito della campagna setina (zona ex Orfanelli), avviando così "un significativo connubio con l’attività agricola per l’inserimento sociale e lavorativo a vantaggio di persone con disabilità nella comunità locale e il coinvolgimento di imprese agricole locali". "Siamo soddisfatti  - affermano i consiglieri comunali di Sezze Futura - perché con tale progetto si darà lustro e risalto ad un sito rimasto ormai inutilizzato, specie nell’ultimo periodo, e pertanto a rischio di deterioramento della struttura esistente; inoltre si metteranno in lavorazione i circa 13 ettari di terreno di proprietà comunale coinvolgendo tutte le parti sociali ed agricole presenti sul territorio. Un ringraziamento sentito quindi a tutta l’Amministrazione Comunale perché, grazie alla loro propositività e capacità di dialogo anche con le forze politiche di opposizione, si è giunti a questo storico traguardo a beneficio della città di Sezze, di tutto il territorio e dei cittadini".

 

 

Il tempo non cancella il dolore ma ne affievolisce solo il ricordo, allontanandolo inesorabilmente. Il dolore resta perché non è una ferita che si rimargina. Di pochissime persone però ti rimane l'amore nel cuore che è per sempre, ti resta il sorriso, lo sguardo degli occhi, il profumo, il suono della voce. Pochissime persone ti restano dentro come anime, continuano a scorrere nel tuo stesso sangue e vivono in te. Esattamente venti anni fa, il 16 dicembre del 2002, dopo aver lottato contro un male incurabile, ci lasciava un amico, un tesoro di quelli che sprofondano negli abissi più luminosi, ci lasciava il compagno di gioco Rosolino Trabona. Noi della Ludoteca Orso Rosso ne serbiamo il ricordo più sincero e più vivo. Noi con le mani incollate e le ginocchia sbucciate, i pantaloni e la maglietta stracciata e sporca di polvere lo abbiamo davanti ai nostri occhi, sempre,  tra i giocattoli dei nostri figli e le grasse risate che ci facciamo giocando con loro. Noi "mammocci" della Ludoteca lo rivediamo dentro le stanze mentre scherza con tutti, con quei ricciolini neri e con gli occhiali di celluloide marrone. Lo rivediamo in giro per Sezze, tra i vicoli, dentro la sua macchina bianca scassata e nelle giornate estive passate a coltivare la nostra fantasia e immaginazione. Rosolino ci ha lasciato giovanissimo, aveva 45 anni, la mia stessa età. Ma se penso a quanto siano stati pieni di vita, gioia e amore i suoi anni, mi rianimo all'istante di tutto ciò che mi ha donato e che ci ha fatto vivere donandoci la sua amicizia e la sua passione. Rosolino è stata gioia e luce per tutti noi. Un anno e mezzo fa anche il nostro amico Farza ci ha lasciati, per tutti un'altra dolorosa ferita. Siamo orfani di un gioco che non ho visto più giocare, siamo diventati più poveri senza di te, senza di voi. 

IL TUO AMICO Alessandro 

Lunedì, 12 Dicembre 2022 06:45

Il Vangelo secondo Malan

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Nella Bibbia c’è scritto che sono un abominio”. Il capogruppo di FdI, Lucio Malan, ha motivato la sua contrarietà al matrimonio paritario richiamando la natura abominevole che la Scrittura attribuirebbe all’omosessualità. Si tratta di affermazioni biblicamente infondate, oltre che culturalmente fuori dalla storia e dalla civiltà, che come lame affilate feriscono le vite di tante persone vittime di discriminazioni.
 
Motivare la contrarietà alla tutela dei diritti Lgbtq+ ricorrendo ad argomenti propri di una teocrazia più che di un paese moderno, laico e democratico è gravissimo, ancor più che quelle parole sono funzionali ad illuminare l’omofobia di contenuti morali e teologici, a presentare come legge naturale, quindi avente carattere universale, ciò che è il risultato di una convinzione e di un dogma che hanno senso solo per quanti professano quella particolare fede. Evidentemente il repertorio laico dell’omofobia è meno attrattivo di quello religioso.
 
In uno Stato laico il legislatore deve essere laico. Quanti hanno responsabilità nelle istituzioni, particolarmente se siedono tra i banchi di un’assemblea legislativa, dovrebbero ricorrere ad argomenti fondati sulla Costituzione, sui codici e sulle leggi e non motivare le proprie posizioni su un testo sacro. Il riferimento fondamentale deve essere l’art. 3 della Costituzione, nel quale l’intento antidiscriminatorio si traduce nel riconoscere uguale dignità a tutti i cittadini e nell’affidare alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, “limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Omosessuali compresi.
 
La concezione dello Stato che invade il campo delle scelte intime e personali non è in generale una tipicità fisiologica della destra, ma una patologia delle sue componenti estreme, radicali e illiberali. Infatti quanti cercano modelli giuridici omofobi devono superare il confine liberaldemocratico e guardare ai regimi totalitari, alle democrature e alle teocrazie. Tanto è vero che le discriminazioni sono più forti nella macroarea ricomprendente medioriente e gran parte dell’Africa e meno stringenti in buona parte dell’Asia, mentre nell’area delle democrazie liberali, sia pure con sfumature diverse, sono riconosciuti i diritti e le libertà delle persone omosessuali.
 
Questa presa di posizione del capogruppo di FdI è comunque l’occasione per mettere in evidenza il fraintendimento, per non dire la ridicolizzazione del senso profondo della Bibbia, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, la sua strumentalizzazione ideologica e politica da parte di quanti la usano per finalità estranee alla fede.
 
Costituisce un tradimento della Scrittura ricercare nella miriade dei suoi versetti la spiegazione di argomenti che in essa non sono trattati e trasformare la Parola di Dio così in un manganello ideologico. Il concetto di omosessualità è assente nella Bibbia e nei versetti del Libro del Levitico, citati da Malan, non è trattato questo tema. Il significato di quel passo è completamente altro. È definito abominevole l’uomo che si corica con un uomo come si fa con una donna, ma non la donna che fa altrettanto. Se si parlasse di omosessualità, così come la intendiamo oggi, il principio dovrebbe valere anche per le donne. In realtà quel divieto non investe la sfera sessuale ma attiene alla cultura della generazione. Nel mondo ebraico era un abominio non avere figli e chi non si sposava era considerato alla stregua di un omicida, perché con la sua scelta negava l’immagine di Dio. Nel medesimo capitolo del Levitico si stabilisce anche che: “Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno esser messi a morte”. Nella storia tale precetto non solo non ha impedito gli adulteri, ma nessuna nazione civile mette a morte gli adulteri. Perché mai allora questa regola non dovrebbe essere più valida e quella presunta riguardante l’omosessualità sì? Passando al Nuovo Testamento, nella Lettera ai Romani, Paolo inveisce sia contro le donne che “hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura”, sia contro gli uomini che, “lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi”. Il contesto storico in cui l’Apostolo viveva mancava ancora del concetto di omosessualità e il suo ragionamento si basa su quello che riteneva essere il rapporto naturale, identificando natura e cultura, necessariamente mutevole a seconda delle popolazioni, e per questo arriva a giudicare la naturale attrazione di una persona verso un’altra dello stesso sesso come una deviazione. A dimostrazione della correttezza di questa interpretazione ci sono altri temi su cui Paolo si sofferma, nei quali è evidente il condizionamento dei suoi scritti da parte della realtà sociale e culturale in cui era immerso, come quando sostiene che è “la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l’uomo lasciarsi crescere i capelli”, o fa riferimento all’impurità femminile, o sostiene la necessità di vietare alle donne il diritto di parola nelle assemblee ecclesiali e anche politiche o giustifica la schiavitù.
 
Il fondamentalismo prende i testi sacri e li riduce alla mera cronaca di fatti storici, ad un codice di leggi, ad un manuale di istruzioni, quando invece sono una riflessione teologica su avvenimenti a volte lontani secoli tra l’accaduto e il raccontato, la traccia di un percorso di fede che evidenzia l’importanza della relazione tra esseri umani e tra questi e Dio. Il popolo di Israele comprese che nella sua storia era presente Dio, suo fedele alleato, al quale attribuì il successo o l’insuccesso delle proprie imprese. Solo così si intendono alcuni libri della Bibbia che, letti fuori da questa prospettiva, condurrebbero altrimenti a considerare Dio un mostro sanguinario. Il Nuovo Testamento è diverso perché chi scrive è più vicino ai fatti e le testimonianze sono quelle di una comunità che non ha bisogno di narrare i miracoli, ma vive nell’amore e nell’insegnamento di Cristo, lasciandosi travolgere e cambiare radicalmente dalla sua Grazia che è dono di salvezza per tutti.
 
I testi biblici devono essere interpretati utilizzando parametri storico-critici, vanno contestualizzati, cercando di capirne e spiegarne l’origine storica, la stratificazione e persino la contraddittorietà, nella rigorosa ricerca della Parola di Dio che va oltre quella degli uomini, anche di quelli che li hanno scritti. Soprattutto la Bibbia dovrebbe essere lasciata fuori dalla propaganda politica.
 

 

 

 

 

Rivalità, incomprensioni, scorrettezze, invidia, voglia di protagonismo? Ai posteri l'ardua sentenza! Fatto sta che tra le due associazioni di volontariato della Protezione Civile che “operano” nel territorio comunale di Sezze è finita a carte bollate. Ieri in una conferenza stampa ad hoc Paolo Casalini, presidente dell'Associazione Nazionale Vigili del Fuoco in Congedo (ANVVFC), delegazione “Città di Sezze”, ha comunicato di aver presentato una denuncia querela contro Tiberi Maurizio, presidente dell'associazione Volontari Vigilanza Ambientale (VVA) per una serie di “dichiarazioni gravemente infamanti della reputazione” dell'associazione di cui è il rappresentante legale. Tali dichiarazioni sono apparse sul quotidiano Latina Oggi un mese fa, esattamente il 9 novembre scorso. Paolo Casalini,  assistito dai legali Emiliano Berti e Antonio Raponi, ha presentato denuncia presso la stazione dei Carabinieri di Sezze dopo aver atteso invano una replica per mezzo di diffida a Maurizio Tiberi. Diverse sono le frasi diffamatorie che hanno spinto l'ANVVFC a sporgere querela contro il VVA tra cui: “ Non è consegnando il pane un giorno ad Amatrice che si diventa specialisti […] i rimborsi che prendiamo non li usiamo per andare a cena a uffa, ma si hanno delle priorità […]  a  Casali, quest'estate, noi abbiamo lavorato per sette giorni e sette notti di seguito per spegnere i fuochi, mentre gli altri bagnavano gli alberi a valle”.Per Casalini tali dichiarazioni sono infamanti:“ E' di tutta evidenza - ha detto ieri in conferenza stampa - che le dichiarazioni rilasciate dal sig. Maurizio Tiberi ha il solo scopo di screditare l'operato dell'ANVVFC e far apparire invece la propria associazione quale migliore e maggiormente qualificata. Tralasciando aspetti che riguardano i bandi di concorso esperiti dalla Regione Lazio, dipartimento di Protezione Civile, mediante i quali vengono erogati fondi alle associazioni di volontariato che ne fanno richiesta e che siano in possesso di determinati requisiti, è di tutta evidenza che le parole del Sig . Tiberi, pretestuose e infondate, ledono fortemente la reputazione e l'onorabilità dall'associazione ANVVFC che rappresenta. Dichiarazioni allusive di una situazione gravemente infamante, quale (i rimborsi che prendiamo non li usiamo per andare a cena a uffa), ovvero sminuendo l'effettiva utilità delle attività svolte (non è consegnando il pannello un giorno ad Amatrice che si diventa specialisti. ....a Casali, quest'estate, noi abbiamo lavorato per sette giorni e sette notti di seguito per spegnere i fuochi, mentre gli altri bagnavano gli alberi a valle). Insomma secondo Casalini " lo scopo delle suddette è quello da far assumere agli occhi della gente e delle istituzioni un maggior prestigio gettando discredito sull'associazione avversaria, quando invece sussiste (o almeno dovrebbe sussistere) un obbligo primario di lealtà, correttezza e collaborazione che contraddistingue la natura delle Organizzazioni di Volontariato”.

Contestualmente alla denuncia presentata presso i Carabinieri di Sezze, per mezzo dello studio legale incaricato, l'ANVVFC ha presentato richiesta di accesso agli atti presso il Comune di Sezze per capire quali siano gli atti che permetterebbero al VVA di avere una “corsia preferenziale” rispetto alle altre associazioni di volontariato e se è “possibile che un consigliere comunale possa utilizzare la e-mail istituzionale per delle comunicazioni che riguardano una associazioni di volontariato” o “ se è eticamente corretto che “venga indossata la divisa della Protezione Civile in contesti non appropriati quali può essere ad esempio una seduta di commissione consiliare”. Della vicenda è stato investito anche il sindaco di Sezze Lidano Lucidi, capo dell'ordine pubblico della città.

E' veramente triste arrivare a tanto, vedere il mondo del volontariato farsi a pezzi e autodistruggersi per comportamenti che nulla hanno a che fare con la missione che hanno queste associazioni. E' deprimente registrare uno scadimento civico e associazionistico a questi livelli. Le zuffe non dovrebbero esserci e comunque andrebbero affrontate con coscienza e rispetto tenendo fuori il mondo del volontariato.

 

 

Per ciò che concerne la disaffezione dei giovani alla politica, a preoccuparci non dovrebbe essere il dato sul loro astensionismo, quanto il loro allontanarsi dalla politica attiva. Tutto il processo empirico dettato dall’esperienza in cui si sono formate associazioni giovanili, partiti, comitati elettorali e istituzioni locali sembra interessargli sempre meno, nonostante le piazze siano sempre gremite di ragazzi che manifestano per ambiente, parità di genere, scuola, salario minimo. In una società sana il ruolo dei giovani è cercare di cambiare il mondo, ma l’impressione è che codesti si attivino solo su modalità specifiche definite principalmente dall’urgenza di rispondere a problemi contingenti. I movimenti giovanili praticamente si formano velocemente, ma altrettanto velocemente, qualora non vi sia più l’urgenza, si sfaldano. Perché allora questo impegno non si tramuta in militanza? Perché non si trasforma in una vera cultura politica? Per formare una cultura politica sono necessari due elementi: quell’insieme di valori e di visioni attraverso cui immaginiamo e progettiamo il nostro futuro insieme e il “metodo”, in grado di tradurre immaginazione e progettualità in agende concrete, capace di andare incontro alle necessità dei cittadini. Entrambi possono esistere singolarmente, ma solo insieme sono realmente funzionali alla costruzione di una società.  L’immaginazione collettiva, unita all’urgenza, è un propellente formidabile per superare una crisi, molto più di una molotov o di un sanpietrino. Con la globalizzazione ed il neoliberismo si è consolidata l’idea che tecnica e progresso avrebbero risolto ogni problema. Oggi nella società liquida Baumaniana questo processo ha rafforzato una cultura dell’iper-individualismo, quasi a sfociare in una sorta di solipsismo, dove è sempre più facile fermarsi al senso comune, ed è sempre più difficile sviluppare un immaginario collettivo. Se la politica non attrae i giovani è perché l’ideologia che contiene è percepita come ostacolo alla risoluzione dei loro problemi individuali piuttosto che come aiuto. Non è un caso infatti che nell’ultimo voto la loro preferenza sia andata a forze che privilegiano il “metodo”, rispetto ad una cultura politica facilmente identificabile. La sfida per i leader di domani sarà ridare all’impegno dei giovani una visione collettiva. Servono in primo luogo spazi di partecipazione, luoghi fisici e spazi di confronto, dove idee e identità diverse possano convivere senza paura delle complessità dei tanti problemi sul tavolo.  

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