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Mamma, non piangere le mie ceneri.
Se domani tocca a me, mamma,
Se domani non torno, distruggi tutto,
se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”.
(Cristina Torres Caceres)
 
Violenza sulle donne e femminicidi rappresentano una delle maggiori piaghe sociali del nostro tempo e sono in continua espansione. Ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo a causa di matrimoni falliti, abbandoni, tradimenti e divorzi.
Il vaso di lacrime e dolore è colmo e non c’è più spazio per silenzi e rassegnazione.
Occorre fare un grande esercizio di verità, verità scomode ma necessarie per rendere giustizia a tutte le vittime e porre le basi per un cambiamento vero, per combattere alla radice un crimine assurdo e intollerabile.
Il riconoscimento unanime della violenza di determinati comportamenti e la loro condanna è sicuramente un punto di partenza importante. Tuttavia è sbagliato pensare che brutalità e femminicidi siano appannaggio dei mostri, degli anormali e non considerare invece che originano da perduranti conflitti materiali, strutturali, sociali, culturali, simbolici ed economici. Nascondere o comunque non affrontare le cause che le generano significa rendersi complici di una falsificazione della realtà e non porre le condizioni per la loro concreta rimozione, per la tutela dei diritti e della dignità delle donne e per la loro autodeterminazione.
La violenza di genere è sempre conseguente a conflitti causati dalla volontà maschile di dominare, possedere e controllare. È questa una verità inoppugnabile.
Combattere questa modalità distorta di concepire la relazione uomo / donna richiede innanzitutto un percorso di educazione all’affettività, in grado di aiutare le persone, i giovani soprattutto, a costruire rapporti sani, improntati alla reciproca accoglienza e rispetto di cui deve farsi carico certamente la scuola, ma che per essere efficace deve investire ogni ambito della società a partire dalle famiglie.
L’educazione affettiva non è mai neutra e circoscrivibile, ma è il portato di modi di intendere le relazioni, la propria identità, di assegnare significati differenti alla propria sessualità e così via. Se quanti hanno ruoli e responsabilità di governo, a vari livelli, si fanno promotori di visioni culturalmente arretrate e anzi rivendicano l’idea che la scuola serva unicamente a formare lavoratori e il posto delle donne è la famiglia, se gli insegnanti compiono uno sforzo inane per spiegare al mattino che l’amore non è sempre e solo ferita narcisistica e il pomeriggio le nostre televisioni ci propinano incessantemente un unico modello di incontro tra uomini e donne rappresentato dalla predazione assoluta e dal narcisismo come orizzonte ultimo di senso dentro cui collocare ogni contatto, parlare di educazione affettiva è solo un’illusione, in quanto concretamente il modello relazionale proposto e imposto è eterosessuale e patriarcale. Le donne poverine non dobbiamo ucciderle, ma possiamo molestarle, sottometterle, dominarle, decidere per loro, scoparle quando sono ubriache o vestite male, sessualizzare tutti i discorsi a loro riferiti.
Il riduzionismo antropologico secondo il quale la tentazione della violenza maschile ha genesi naturale e il maschio non deve cedere alla tentazione che alberga dentro se stesso da sempre e al di là delle circostanze culturali, sociali, economiche, politiche è un  modo pericolosissimo per inquadrare e affrontare il problema, in quanto si finisce per attribuire la responsabilità al singolo, assolvendo il tribalismo patriarcale e risolvendo il tutto con la necessità che ogni maschio lavori in autonomia per frenare la propria natura.
La cultura del patriarcato non è affatto morta, come qualcuno improvvidamente ha sostenuto anche di recente. Dietro la spirale violenta che investe le donne c’è l’idea di una dominazione strutturale che non dipende dalle circostanze sociali o dal momento presente, ma esprime una concezione patriarcale transtorica. Nei fatti è cambiata solo la sensibilità verso il fenomeno, non l’intensità del suo manifestarsi che avviene con modalità differenti e nella sostanza è rimasta sempre uguale a se stessa.
A tutto ciò si aggiunge un ulteriore elemento non meno rimarchevole, rappresentato dagli effetti sociali e culturali del neoliberismo, un sistema economico e politico che ha preteso di funzionalizzare le relazioni, di oggettivare ogni soggetto, di mercificare ogni sentimento trasformandolo in pretesa di possesso e di consumo, nel quale la dominazione si presenta con il carattere semantico della competizione, per cui la relazione si identifica con la prestazione, il misconoscimento è considerato una minaccia all’identità, l’altro è un potenziale nemico e la fragilità un fallimento. L’aver ridotto tutto alla proprietà ha finito così per trasformare le relazioni intersoggetive in narcisismo possessivo.
L’unanime rifiuto e l’aggravamento delle sanzioni penali da soli sono improduttivi ed inutili se non si ha la forza e il coraggio di affrontare culturalmente, politicamente e socialmente questi nodi strutturali che stanno alla base della violenza di genere nelle sue diverse declinazioni.

 

 

Nel corso della mattinata di ieri, all’esito di mirati accertamenti, i Carabinieri della Stazione di Sezze hanno deferito, in stato di libertà, un cittadino indiano di 25 anni, per il reato di simulazione di reato. I fatti risalgono all’ottobre scorso, allorquando, su specifica richiesta pervenuta al 112 N.U.E., i Carabinieri della Stazione di Sezze intervennero in quel centro, a seguito di una riferita tentata rapina. Nella circostanza, il predetto indagato riferì ai militari dell’Arma dei Carabinieri intervenuti di essere stato avvicinato da 3 soggetti i quali, al suo rifiuto di consegnargli 10 euro, lo avevano colpito alla testa. Nel corso delle indagini avviate dalla suddetta Stazione Carabinieri è emerso che, l’uomo non era stato aggredito, come da lui dichiarato, ma senza essere stato avvicinato da alcuno, in evidente stato di alterazione, si era semplicemente adagiato a terra, al centro della carreggiata, dove era stato poi soccorso e trasportato all’ospedale di Terracina dal personale medico intervenuto.Il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e per gli indagati vale il principio di  non colpevolezza sino alla sentenza definitiva, ai sensi dell’art. 27 della Costituzione.

 

 

Tanta gioia, colori, musica, animazione, condivisione e valori. La Festa dell’Albero, tenutasi oggi presso l’Asilo nido e scuola d’Infanzia “Lo Scarabocchio” di Sezze, è stata questo e molto altro. I bambini hanno vissuto momenti indimenticabili e di crescita, grazie ad un evento organizzato proprio per loro e anticipato da una programmazione fatta di laboratori creativi e ludici. La Festa dell’Albero quest’anno si è svolta in collaborazione con Fabrizio Paladinelli di Legambiente, il quale ha messo a dimora, nel giardino della scuola di via Roccagorga, un albero di ulivo insieme ai piccoli alunni, nell’ottica di una didattica volta a far sviluppare ai bambini nuove forme di conoscenze. I bambini sono arrivati preparati all’appuntamento grazie ad altre attività che si sono svolte durante la settimana, attività quali canti, racconti, disegno e mani abili, “per far capire al bambino– spiega la psicologa Cristina Iudicone, coordinatrice dell'infanzia –  l’importanza dell’albero come essere vivente che dona salute al nostro pianeta”. Un laboratorio a tema è stato svolto da Sara Mele Lopez hobbista del luogo e pittrice di ciottoli e all'organizzazione generale hanno preso parte anche Sara Celani, Noemi Marchetti e Naomi Ladelfa.

Insomma una grande festa che dà valore all’ambiente, al rispetto e alla collaborazione tra bambini e adulti. “Lo Scarabocchio” è una scuola di ispirazione Montessori in cui viene favorita la liberà del bambino ed è stata fondata da Cristina Iudicone e Daria Marchionne. In pieno Covid le educatrici hanno preso in gestione la struttura realizzando il loro sogno. “Nella nostra scuola – aggiunge la Iudicone – le educatrici e le maestre seguono il bambino nella loro crescita in maniera naturale e lo supportano nell’apprendimento in modo spontaneo, il bambino ha tutto il materiale a disposizione e lavora in maniera autonoma e indipendente”.

Crescere in un ambiente didattico ed educativo valido è fondamentale per il futuro di una persona che si fa comunità, soprattutto quando gli ambienti diventano anche un’appendice della famiglia. 

 

 

 

Secondo il Capol (Centro assaggiatori produzioni olivicole di Latina), quest’anno, la raccolta delle olive, farà registrare un calo del 60% rispetto alla media annuale (250 mila quintali). In pratica, come accadde due anni fa, si raccoglieranno poco più di 100 mila quintali, di cui 30 mila verranno destinati alla produzione di olive da tavola (Gaeta Dop e Itrana bianca) e il resto verrà molito. Ma gli oli (13 mila e 300 quintali) che verranno ricavati raggiungeranno una qualità superiore a quella dell’anno passato: saranno ricchi di polifenoli, antiossidanti naturali,  e così l’equilibrio  tra l’amaro e il piccante sarà perfetto.  “A provocare questo ennesimo calo - spiega l’agronomo Alberto Bono, vicepresidente del Capol – sono stati i cambiamenti climatici degli ultimi anni.  L’olivicoltura locale, grazie alle condizioni di clima asciutto e soleggiato dei mesi da febbraio ad aprile, nonché da una generalizzata e abbondante fioritura - ha precisato l -   faceva presagire una buona annata. Purtroppo però le allegagioni non sono state buone a causa di fattori ambientali e fitopatologici, da indagare con attenzione. È stata riscontrata una maggiore incidenza dell’occhio di pavone che in alcuni casi ha provocato il disseccamento delle mignole e della cercosporiosi che ha provocato l'ingiallimento delle foglie con la conseguente caduta delle stesse. Tali cause hanno compromesso la produzione in particolar modo per la nostra varietà Itrana più suscettibile a tali patologie”. “A fine giugno poi - ha ricordato Centauri, presidente del Capol  -  il caldo eccessivo ha provocato una cascola delle piccole olive dove c’è stata la fioritura tardiva. Il forte caldo estivo, al di sopra delle medie stagionali, anche se ha ridotto notevolmente l’attacco della mosca olearia, ha causato un raggrinzimento delle olive con la conseguente cascola specie nelle aree più siccitose della provincia. La nostra varietà Itrana, inoltre, sta risentendo notevolmente dell’aumento delle temperature medie annuali che non consentono di raggiungere un adeguato fabbisogno in freddo necessario per la differenziazione delle gemme a fiore e per la fertilità del polline e degli ovari”. Circa il calo della raccolta, Centauri  chiede di fare attenzione  alle sue conseguenze: “Le mancate produzioni di questi ultimi anni stanno provocando in alcune zone delle nostre colline la presenza di oliveti abbandonati e trascurati. Il recupero di queste zone deve diventare una delle priorità, sia per la valorizzazione idrogeologica e paesaggistica del territorio sia per la richiesta in continuo aumento da parte dei consumatori di olio extra vergine d’oliva di qualità. Occorre adottare soluzioni adeguate poiché l’abbandono potrebbe interessare numerosi oliveti (in dieci anni nel Lazio il numero delle aziende olivicole è sceso del 39%, censimento 2020) con conseguenze negative non solo sotto l’aspetto economico e occupazionale, ma anche sotto l’aspetto idrogeologico e ambientale. Circa l’aspetto economico, da ricordare che nell’Agro Pontino il settore è caratterizzato da due prodotti di alta qualità: l’olio Dop Coline Pontine e l’oliva da mensa Gaeta Dop”.

 

 

Comunicato stampa sindaco di Sezze Lidano Lucidi

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Con una lettera inviata ad Acqualatina, il Sindaco di Sezze, Lidano Lucidi, ha annunciato la sua decisione di non partecipare all’assemblea che dovrà essere convocata per l’approvazione del Bilancio 2024, a meno che la società non avvii un confronto approfondito con i sindaci dei Comuni soci. Una posizione netta, che nasce dall’esigenza di tutelare gli interessi della comunità di Sezze e di oltre 600.000 utenti del servizio idrico integrato. “Non posso accettare che il ruolo degli azionisti pubblici, che rappresentano la maggioranza delle azioni e le istanze dei cittadini, venga svilito in questo modo – ha dichiarato il sindaco Lucidi – e se saremo chiamati a ratificare un bilancio senza aver avuto la possibilità di discutere il delicato stato economico-finanziario della società, si tratta di un esercizio di democrazia inutile. E io non vi prenderò parte”. Le preoccupazioni di Lucidi trovano fondamento in una serie di comunicazioni inviate da Acqualatina negli ultimi mesi. Nelle lettere ricevute, la società ha evidenziato criticità finanziarie che potrebbero compromettere la gestione del servizio e gli investimenti futuri: “La società – ha spiegato il primo cittadino di Sezze – ci parla di necessità di aumentare le tariffe per garantire l’equilibrio economico-finanziario, con incrementi del 9,5%. Ci viene anche prospettato un ammanco di cassa tra i 15 e i 30 milioni di euro entro il 2025, che potrebbe rendere indispensabile una ricapitalizzazione da parte degli azionisti. Di fronte a queste affermazioni, come possiamo accettare di essere esclusi dal confronto?”. Lucidi ha sottolineato che il futuro della gestione idrica non può essere ridotto a una mera questione contabile: “È troppo semplicistico dire che per risolvere i problemi si aumentano le tariffe. Gli equilibri finanziari della società coinvolgono non solo i cittadini, ma anche i lavoratori di Acqualatina, i fornitori e la qualità stessa del servizio. Serve una visione complessiva e condivisa, soprattutto in vista della scadenza della convenzione tra Acqualatina e gli enti locali nel 2032”. Oltre agli aspetti finanziari, il sindaco ha richiamato l’attenzione sui disservizi che hanno colpito il territorio di Sezze, aggravati dai cambiamenti climatici e dalla siccità: “Ad agosto, un intero quartiere della mia città è rimasto senz’acqua per più di cinque giorni. È solo uno dei tanti episodi che dimostrano quanto sia urgente investire nella riduzione delle perdite di rete e nel miglioramento delle infrastrutture idriche”, ha evidenziato. Critiche anche sull’assenza di un dialogo strutturato con i sindaci, spesso lasciati soli a gestire il malcontento dei cittadini: “Noi Sindaci siamo il primo punto di riferimento per i cittadini, che giustamente si lamentano per i disservizi. È inaccettabile che ci troviamo a subire passivamente le decisioni della società, senza poter incidere realmente sulle strategie”. Il Sindaco di Sezze ha ribadito la necessità di una convocazione urgente degli azionisti per discutere lo stato economico-finanziario della società e i piani futuri. “La continuità della gestione non si garantisce solo con un aumento delle tariffe. È necessario un confronto ampio, che coinvolga tutti i soci e tenga conto delle reali necessità dei territori e dei cittadini”, ha dichiarato. Lucidi ha confermato che, pur garantendo la sua partecipazione alle conferenze dei sindaci, non prenderà parte all’assemblea di approvazione del bilancio 2024 senza un incontro preliminare: “Il dialogo e la trasparenza sono fondamentali per affrontare le sfide che abbiamo di fronte. Se Acqualatina vuole continuare a essere un punto di riferimento per il servizio idrico integrato, deve dimostrare di essere all’altezza, non solo dal punto di vista delle opere idrauliche, ma anche sotto il profilo economico e gestionale".

 

 

 

Nuove soddisfazioni e riconoscimenti per il team del Maestro Tosto, della Palestra Gokuhi Okuden Karate Do Carlo Tosto di Sezze Scalo. La prestigiosa competizione World Open Karate Championships WKA svoltasi presso il Palacasoria di Napoli nei giorni scorsi si è conclusa con risultati brillanti per gli atleti guidati nella crescita dal maestro Carlo Tosto. Per loro  4 medaglie oro e 3 Argento nelle rispettive categorie. Protagonisti di questo grande risultato sono stati Manuel Tosto, Paolo Del Pace ed Enrico Malandruccolo, e lo stesso Maestro Carlo Tosto. Il team ci tiene a ringraziare il presidente della WKA David Soyer ed il coordinatore dell’organizzazione, il Maestro Aldo Garofalo, per il loro lavoro straordinario nell’organizzare un evento che non solo celebra il karate.

E’ importante per i giovanissimi vivere esperienze simili, a prescindere dai risultati e dalle medaglie che si conquistano. E’ bello sapere che esistano realtà così vicine ai ragazzi al punto di diventare negli anni un complemento delle famiglie. Complimenti a tutti ragazzi.

 

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Paolo Del Pace
1° class. Kata Cadetti
2° class. Kumite Cadetti

Manuel Tosto
2° class. Kata Speranze

Enrico Malandruccolo
1° class. Kata Speranze

M° Carlo Tosto
1° class Kata Master

Enrico Malandruccolo, Paolo Del Pace, Manuel Tosto
1° class Kata a Squadre
(Categoria 15-17 anni)

 

 

Si è spenta all’età di 96 anni Licia Rognini, vedova di Giuseppe Pinelli.
 
Caparbia e determinata, per 55 anni ha difeso la memoria di suo marito, il ferroviere anarchico morto nella Questura di Milano, nel dicembre del 1969, cadendo da una finestra del quarto piano durante un lunghissimo interrogatorio nell’ambito delle indagini sulla strage di Piazza Fontana.
 
Licia Rognini era arrivata a Milano con la famiglia da Senigallia nel 1930, quando aveva quasi due anni. Aveva conosciuto Pino Pinelli ad un corso di esperanto, la lingua universale, organizzato dal Circolo Filologico Milanese, si erano sposati in chiesa ed avevano avuto due figlie, Claudia e Silvia. Per contribuire al bilancio familiare, mai abbondante con il solo stipendio del marito, batteva a macchina le tesi di laurea degli studenti universitari. Ad unirli oltre l’affetto era l’ideale di un mondo pacifico e affratellato da un unico linguaggio. Pur non essendo anarchica, come Pino credeva che la sua patria fosse il mondo e la sua legge la libertà.
 
Licia e Pino erano persone semplici, una coppia come tante, animate da grandi ideali, ma la loro storia in quel dicembre del 1969 prese improvvisamente una traiettoria inaspettata e drammatica.
 
Pino Pinelli fu convocato nella Questura di Milano e venne trattenuto per giorni per essere interrogato. In Questura era arrivato dal circolo anarchico Scaldasole a bordo del suo motorino, seguendo l’auto del commissario Luigi Calabresi, il quale stava indagando sul primo atto di terrorismo avvenuto in Italia, considerato l’avvio della cosiddetta strategia della tensione, la strage alla Banca dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano. Grazie ai depistaggi dei servizi segreti deviati, le indagini erano state orientate sulla pista anarchica.
 
L’interrogatorio di Pino Pinelli si protrasse molto oltre le 48 ore previste dalla legge e nella notte tra il 15 e il 16 dicembre del 1969 il ferroviere anarchico “cadde” da una finestra in circostanze mai chiarite.
 
L’annuncio della tragedia fu dato a Licia Pinelli dai giornalisti che bussarono alla porta dell’appartamento dove abitava con Pino Pinelli e le loro due figlie e le venne confermata nel corso di una drammatica telefonata: fu lei a chiamare la Questura di Milano e a chiedere notizie di suo marito.
 
Quella notte segnò per sempre la vita di Licia Pinelli e della sua famiglia. Si ritrovò da sola con due figlie a lottare per sopravvivere ad una tragedia immane, per fare fronte alle inevitabili difficoltà economiche conseguenti alla morte di suo marito e nel chiedere verità e giustizia. Dignitosa e mai doma come solo le donne sanno essere, ha fatto di ogni sua lacrima una parola e le parole possono trasformarsi in pietre. Ha trascorso 55 anni sulle barricate, combattendo con le unghie e con i denti per tenere viva la memoria di suo marito, per lottare contro i continui depistaggi delle indagini su quanto accaduto quella notte nella stanza al quarto piano della Questura di Milano e smentire la montagna di menzogne raccontate sul suo conto, con le quali si è cercato di annichilirlo e di trasformarlo da vittima in carnefice.
 
Improvvisamente il Pinelli ha compiuto un balzo felino verso la finestra che per il caldo era stata lasciata socchiusa e si è lanciato nel vuoto”. Il ferroviere anarchico del circolo del Ponte della Ghisolfa sarebbe crollato alla notizia, ovviamente falsa, che “il tuo amico Valpreda ha parlato”, gridando “è la fine dell’anarchia” e si sarebbe buttato dalla finestra. Si era trattato di un suicidio secondo il Questore, che in una conferenza stampa buttò il suo veleno sulla storia di un uomo probo, il quale credeva nell’anarchia, che non vuol dire bombe ma giustizia nella libertà, sostenendo che il suo alibi, relativo alle ore in cui in piazza Fontana, alla Banca dell’Agricoltura, qualcuno aveva messo la bomba e provocato 17 morti, era caduto.
 
Si trattava di una madornale bugia, così come lo era il coinvolgimento degli anarchici nei fatti del 12 dicembre. Grazie alla tenacia di Licia Pinelli e delle sue figlie e al lavoro di un gruppo di giornalisti, tra cui Camilla Cederna, Giorgio Bocca, Giampaolo Pansa e Corrado Stajano, i quali non si limitavano a ricevere veline ma svolgevano un ruolo di  controinformazione rispetto alle versioni ufficiali dei vertici istituzionali, la pagina di questa tragedia è rimasta aperta per così tanti anni e non si è smesso ancora di cercare la verità. L’unico punto fermo è rappresentato dalla sentenza del 1975, nella quale il giudice D’Ambrosio sostenne la tesi del cosiddetto “malore attivo”, cioè “il collasso che si manifesta con l’alterazione del centro di equilibrio cui non segue perdita del tono muscolare e cui spesso si accompagnano movimenti attivi e scoordinati”. In pratica o per lo stress dell’interrogatorio, o per la cappa di fumo di sigarette, o per il freddo, o per lo stomaco vuoto, Pinelli a un certo punto avrebbe cominciato a barcollare nella stanza fino a cadere giù dalla finestra. Una spiegazione surreale, ma ad oggi l’unica verità giudiziaria sulla vicenda. Quantomeno è stata definitivamente esclusa la tesi del suicidio.
 
Quella sera nell’ufficio del commissario Calabresi, il quale in quel momento era uscito nel corridoio, ma in cui stranamente era presente, insieme ai poliziotti, anche un ufficiale dei carabinieri, è accaduto qualcosa di molto grave, a cui seguirà, tre anni dopo, l’assassinio dello stesso Calabresi, un atto che una persona come Pinelli non avrebbe mai voluto per vendicare la sua morte.
 
Nel 2009, in occasione dell’incontro voluto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, due donne che avevano ugualmente sofferto, Licia Rognini Pinellli e Gemma Capra Calabresi, vedove di due mariti assassinati, si sono ritrovate accumunate dall’identico dolore e dal desiderio inappagato di conoscere la verità su quanto accaduto ai loro cari, lo stesso desiderio che dovrebbe animare ogni autentico democratico affinché vengano spazzate via le ombre oscure che aleggiano sulla nostra democrazia e simili assurde tragedie non accadano mai più.

 

 

Istruttoria del Tar sul dissesto dichiarato dal Comune di Bassiano. Il tribunale amministrativo vuole capire come stanno veramente i conti dell’Ente alla luce del ricorso presentato lo scorso 7 febbraio da ex amministratori, cittadini, associazioni, per chiedere l’annullamento della deliberazione n. 31 del 21 novembre 2023.  “Più volte – segnalavano i consiglieri comunali d’opposizione del gruppo “Bassiano Futura” – abbiamo segnalato all’Amministrazione Onori errori, scorrettezze, illegittimità negli atti. Ma niente, nulla è valso a scongiurare questo esito nefasto per la nostra comunità, fino a poco tempo fa fiore all’occhiello della Provincia e della Regione”. Sotto la lente di ingrandimento del ricorso l’erroneità nello stralcio di una cospicua quantità di residui attivi. Secondo la tesi del ricorso l’insostenibilità della situazione economico-finanziaria del Comune di Bassiano sono state fondate su un incremento del dissesto risultato maggiorato in modo erroneo.

 

 

Come una barchetta in mezzo al mare, che spesso si fa tempesta, il Pd di Sezze nel corso dell’ultimo decennio di rotte e di occasioni ne ha perse tante, anche se la bussola, per qualcuno, è sempre stata perfetta, a piombo, per seguire le correnti giuste e per approdare su mete ambiziose o per garantirsi posti al sole. Negli ultimi anni i tentativi di cambiare comandante e mozzo non è ha sortito grandi risultati, anche se va premiato il merito di chi ci ha messo sempre la faccia. Sta di fatto però che il Pd di Sezze è diventato un partito che fa difficoltà ad essere se stesso, a fare politica e in questo momento opposizione all’attuale amministrazione comunale. E’ un partito che pensa ancora alla grande ma poi è costretto a misurarsi con piccoli numeri, con risultati deludenti e avvilenti. E’ un partito che rappresenta l’ombra di quello che per poco è stato e ha rappresentato. Oggi il partito è stato rimodulato e ritoccato nei suoi organismi direttivi e con alcune presenze che rimangono da sempre, mentre altri storici rappresentanti sono andati via a causa di scelte non condivise, soprattutto dopo l’ultima debacle elettorale.

L’avvocato Luigi De Angelis è uno di quelli che, pur rimanendo un tesserato del Pd, è uscito dal direttivo insieme ad altri storici componenti che hanno aderito da tempo concretamente e pubblicamente alla corrente di Elly Schlein, vincitrice anche a Sezze delle primarie, rispetto ad altri che ne hanno preso le distanze perché non si riconoscevano nell’attuale segretaria nazionale. De Angelis è stato presidente del Pd lo scorso anno per circa un anno e mezzo, è stato segretario della Margherita di Sezze e uno dei fondatori del Pd setino e resta convinto che “la politica è servizio, non uno strumento per l’affermazione personale e per l’appagamento del proprio ego.”  

Acque fortemente agitate nel Pd a tutti i livelli da quanto emerge dalle dichiarazioni dei vertici, a partire da quello che sta accadendo a Frosinone. Si ritorna a parlare di resa dei conti e di correnti che chiedono conto sulle composizioni di commissioni e altro. Sezze sembra aver anticipato i tempi rispetto alle direzioni regionali e provinciali. E’ così?

“Molto sinceramente sono sempre stato sempre estraneo a queste logiche che, secondo me, non hanno nulla a che fare con una politica attenta ai problemi delle persone, che si misurano quotidianamente con un sistema sanitario che non garantisce il diritto alla salute, con una crescente precarizzazione del mondo del lavoro, con l’allargamento della platea dei poveri. Le persone sono prese da questi problemi e si aspetterebbero altro dalla politica. Le rese dei conti tra cacicchi cui assistiamo, servono soltanto ad allontanare le persone dalla politica, che viene percepita come funzionale solo agli interessi personali di alcuni. Il fenomeno dell’astensionismo che cresce ad ogni tornata elettorale lo dimostra. Non so se Sezze abbia anticipato questi fenomeni, ma sicuramente non ne è esente: basti pensare al livello di astensionismo nella nostra città nelle ultime tornate elettorali, ben superiore alle medie nazionali”.

Il gioco delle carte e delle tessere torna sempre di moda quando c’è da dividere il potere. Le correnti nel Pd come in altri partiti ci sono sempre state, hanno generato carriere, eppure a Sezze qualcuno aveva definito la corrente di Elly Schlein addirittura fantomatica. Oggi gli stessi sosterrebbero il contrario?

“Le correnti in un grande partito democratico sono fisiologiche e rappresentano una ricchezza politica e culturale, se contribuiscono a costruire la linea politica. I problemi cominciano quando si trasformano in meri strumenti di controllo del partito, funzionali alle ambizioni personali dei capibastone, e impediscono lo sviluppo di un dibattito aperto e plurale. I pacchetti di tessere, il pesarsi sulla base delle truppe cammellate è un giochino un po’ infantile politicamente parlando. Un partito serio dovrebbe preoccuparsi di allagare la propria base di partecipazione, cercando di essere inclusivo. Personalmente ho sostenuto alle primarie nazionali Elly Schlein come candidata alla segreteria nazionale e sono convinto che è stata la scelta più giusta per il PD, non ultimo perché è stata percepita come una ventata di novità e di cambiamento. Anche a Sezze Elly Schlein ha vinto ampiamente, nonostante fossimo in pochi a sostenerla. È stato un segnale forte che non è stato raccolto a mio modesto avviso e si è scelto di andare avanti senza tenerne conto. È innegabile che dentro il PD ci sono personalità, anche di spessore, che hanno costruito le proprie carriere politiche, anche di alto profilo, grazie alla capacità di barcamenarsi tra una corrente e l’altra, spesso anche piccole, ma in grado di garantire loro ruoli e posizioni negli organismi di partito e in parlamento. Prendo atto, ma è una logica che mi è estranea. Probabilmente è un mio limite personale. Fantomatica la corrente di Elly Schlein? I fatti di queste ultime settimane dimostrano che non è affatto fantomatica. Forse qualcuno avrebbe desiderato che lo fosse, ma tra desiderio e realtà a volte c’è uno scarto notevole. Registro che, e non solo all’interno del PD, l’esistenza di questa area ha creato qualche apprensione, probabilmente perché qualcuno è poco avvezzo al dibattito politico aperto e libero da vincoli di qualsiasi genere. Prima o poi se ne farà una ragione”. 

Cosa è mancato e cosa manca nel Pd di Sezze?

“È dal congresso cittadino del PD di alcuni mesi fa che ho deciso di fare un passo indietro, di stare fuori dagli organismi dirigenti del partito. La mia non è stata una decisione personale e unilaterale, insomma un colpo di testa, ma l’ho condivisa con altri amici e compagni. Non abbiamo lasciato il PD e non intendiamo farlo. Il PD è casa nostra, politicamente parlando, e molti di quelli che hanno fatto questa scelta rappresentano un pezzo importante della storia della sinistra setina. Abbiamo constatato purtroppo che non c’erano le condizioni per la nostra partecipazione. Dopo la pesantissima sconfitta alle ultime elezioni comunali c’era bisogno di un cambio di passo, di costruire un progetto politico serio, capace di proporsi come alternativa alle destre e all’attuale amministrazione. Si è preferito continuare lungo una strada politicamente sbagliata, chiudendo alla possibilità di aprire un confronto serio con il popolo della sinistra sulla linea politica e sul tipo di opposizione da mettere in campo. Non abbiamo mai fatto questioni personali contro nessuno degli attuali dirigenti, ma soltanto di contenuto politico e di progettualità. Un partito non può essere strutturato in maniera autoreferenziale e personalistica. Il PD di Sezze ha perso la presa sul territorio, non è un punto di riferimento per i gruppi e le categorie sociali ed economiche, per i giovani, per le donne, per i lavoratori, per i disoccupati e per le fasce più povere. La credibilità della classe dirigente di un partito come il PD passa attraverso la capacità di dare rappresentanza al tessuto vivo della nostra città. Bisogna ripartire dalla concretezza dei problemi e delle aspettative dei cittadini di Sezze. Serve insomma la politica”.

 

 

Una scossa di magnitudo 2.1 si è avvertita questa notte sui Monti Lepini, poco dopo le 3, con epicentro nel territorio di Bassiano (nello specifico nella zona del prosciuttifico). La scossa è stata avvertita anche nei Comuni vicini, a partire da Sezze e Sermoneta.

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