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Domenica, 08 Gennaio 2023 07:41

A proposito di Karibù...

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Leggere, ascoltare e condividere notizie, dallo sfogliare un giornale al conversare con un amico, discutere liberamente, manifestando apertamente il proprio pensiero, e prospettare possibili cambiamenti sono componenti essenziali della democrazia.
 
Una stampa libera, che assicuri informazioni non manipolate o al servizio di persone, organizzazioni o interessi, indaghi su chi detiene il potere, ponga domande scomode e cerchi di scoprire cosa accade realmente, a prescindere dalle conseguenze politiche, è condizione imprescindibile affinché i cittadini, i quali delegano il compito di decidere ai propri rappresentanti eletti, possano prendere le giuste decisioni al momento del voto, ascoltando i vari punti di vista, e controllare e valutare quanto accade dopo.
 
La libertà di informazione è oggi minacciata da nemici esterni ed interni.
 
Governi autoritari, perfino nella nostra Europa, per mantenere il potere limitano le libertà, tentano di controllare le notizie, intimidiscono e mettono a tacere le voci indipendenti per impedire che ai cittadini venga data la verità o comunque per fornire loro un’immagine distorta di quanto accade.
 
I social, ormai dominanti, aggregano le notizie e le condividono con enorme facilità e rapidità. È un bene e un vantaggio rispetto al passato, ma è forte il rischio della disinformazione a causa della diffusione di notizie false, distorte e fuorvianti o di contenuti incitanti all’odio, alla violenza e alla discriminazione.
 
L’informazione si è imbarbarita, punta al sensazionalismo per vendere più copie, accrescere ascolti, visualizzazioni sui social e introiti pubblicitari. Troppi giornalisti preferiscono compiacere editori e potenti di turno a scapito della correttezza professionale e della veridicità di quanto raccontato.
 
L’informazione deve riscoprire la propria vocazione, ritrovare riflessività e pacatezza, svolgere il ruolo essenziale di interpretare e mediare il flusso incessante di notizie che arrivano da internet, coniugare la libertà di approfondire e criticare con il rispetto della verità dei fatti, consapevole che all’obbligo etico di informare correttamente, corrisponde il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati.
 
Da settimane, parte dell’informazione ha dato prova di comportamenti distanti dal dovere deontologico d’informare correttamente i cittadini riguardo la Cooperativa Karibù, oggetto di indagini della Procura della Repubblica di Latina per presunte irregolarità nella gestione delle strutture d’accoglienza dei migranti. Si parla di stipendi non pagati ai dipendenti, di condizioni di accoglienza per i minori non accompagnati al di sotto degli standard, di mancanza di servizi essenziali come luce e acqua in alcune strutture. Il rispetto dei diritti delle persone e della legalità è irrinunciabile, ma l’informazione ha proposto ricostruzioni viziate da omissioni, ha fatto ricorso a illazioni, ammiccamenti e allusioni per screditare una parte politica e i suoi rappresentanti. Fiumi di inchiostro hanno riempito pagine di giornali, sono andate in onda ore di trasmissioni su emittenti locali e nazionali, sui social si sono moltiplicati i post carichi di sdegno dei soliti leoni da tastiera e anche di cittadini, vittime ignare di oliate macchine propagandistiche, ma si è fatto scempio dei fatti. Finora la magistratura ha rilevato irregolarità nella gestione interna della cooperativa, ma nessuna illegalità è emersa a carico delle pubbliche amministrazioni, a cominciare dal Comune di Sezze. 
 
Lo sapevano tutti….” è stato ripetuto in queste settimane, ma stranamente nessuno si è rivolto alla magistratura. Il senso civico è esploso solo a posteriori, probabilmente o per ipocrisia o per convenienza o per vera e propria assenza. 
 
Alcuni politici che si stracciano le vesti e fanno la morale agli altri, pensano di potersi nascondere dietro proclami altisonanti e non spendono una parola di solidarietà per gli operatori non pagati e gli immigrati maltrattati. La solidarietà agli stranieri magari no, visto che non stanno loro tanto simpatici.
 
Nelle discussioni sulla stampa e nelle trasmissioni televisive il contraddittorio è stato il grande assente, forse per timore che certi teoremi sarebbero stati demoliti, perché confondono l’informazione con la propaganda o ritengono superflua l’imparzialità, essendo sufficiente esporre alla gogna mediatica gli avversari dei loro editori. Qualcuno se ne è ricordato solo dopo che è stata fatta notare la mancanza: troppo poco, troppo tardi e troppo inaffidabili per riconoscerli validi interlocutori.
 
Ripetutamente si sono fatti riferimenti a coperture politiche a sinistra, prive di riscontro, e si è sorvolato sulla vicinanza dei vertici della cooperativa con autorevoli esponenti e ministri del centrodestra. Sarebbe interessante capire perché….
 
L’assemblea cittadina del Partito Democratico è stata definita una pagliacciata. Un partito serio si confronta con cittadini e simpatizzanti nei modi che ritiene più giusti ed è legittimo preferire il dialogo con le persone allo show mediatico. L’incontro è stato comunque considerato una non notizia ed ignorato dai mezzi di informazione, mentre qualche leone da tastiera si è cimentato in post in cui ha affermato falsità. Esiste una registrazione dell’assemblea che ne dimostra la totale malafede.
 
Lasciamo lavorare la magistratura e aspettiamo fiduciosi i risultati. Se qualcuno ha sbagliato deve pagare senza sconti. La politica conduca le sue battaglie a viso aperto, se ne è capace. L’informazione svolga il suo compito in autonomia.
 
Il dato vero è che si sta consumando una battaglia politico-mediatica finalizzata a cancellare una certa idea di società, improntata ai valori della solidarietà e dell’accoglienza e si è pronti a far ricorso a qualsiasi mezzo. La posta in gioco è la conquista dell’egemonia culturale da parte della destra ultraliberista e individualista che colpevolizza e emargina poveri e diversi e la cancellazione dell’anomalia politica rappresentata da tante realtà del nostro Paese, come ad esempio i Monti Lepini. È bene esserne consapevoli. A quanti non condividono un simile progetto spetta opporsi politicamente e culturalmente, non arretrare di un millimetro, non consentire di cancellare l’identità ed abiurare i valori che da sempre ci caratterizzano.

 

Una delibera della giunta regionale accoglie favorevolmente una serie di proposte avanzate in questi mesi dal Comune di Sezze. “La giunta regionale  - spiega il sindaco Lucidi - ha preso atto dello stato di degrado fisico e ambientale in cui oggi versa l’Anfiteatro, che stride con la potenzialità ed il valore ambientale e paesaggistico del sito e impongono agli enti proprietari di trovare una soluzione condivisa per il recupero alla fruizione collettiva dell’intero comprensorio. La Regione ha quindi deciso di aderire alle proposte del Comune, individuando nel Fondo per lo Sviluppo e la Coesione 2021- 2027 le risorse necessarie per il completamento dell’opera”.
Con una progettazione condivisa tra Regione Lazio e Comune di Sezze è stato dato mandato agli uffici preposti di elaborare le linee guida per l'espletamento di un concorso di progettazione volto all'acquisizione del progetto di fattibilità tecnico economica delle opere di riqualificazione ambientale, completamento e adeguamento funzionale del comprensorio del Teatro italiano di Sezze: “Oggi – ha concluso il primo cittadino di Sezze – con l’adesione della Regione all’iniziativa promossa dal Comune di Sezze abbiamo creato le condizioni per far rinascere la struttura, abbiamo una possibilità di recuperare quel luogo tanto caro alla cittadinanza che da quasi 20 anni è costretta a vedere quello scempio. Fino a ieri c’erano solo macerie, oggi il futuro dell’Anfiteatro sembra di nuovo da scrivere”.

 

Nei giorni del 12 e 13 febbraio 2023 si vota per eleggere il Presidente della Regione Lazio e il Consiglio Regionale. Tra i candidati alla carica di consigliere regionale - anche se non è stato ancora ufficializzato - spunta per Sezze la candidatura per Azione con Calenda - Italia Viva  di Daniele Piccinella, consigliere comunale di Sezze nel partito Identità Setina. Piccinella in questa lista civica fattasi partito ricopre il ruolo di segretario politico. Napoletano doc, da anni vive a Sezze. L'altro candidato setino ufficiale alla carica di consigliere regionale è l'uscente consigliere regionale Salvatore La Penna del Partito Democratico.

 

 

 

 

Due nuovi finanziamenti, piccoli ma importanti, che permetteranno di proseguire nel processo di recupero e valorizzazione del fiume Ufente e del lago Mole Muti. L’assessore allo sviluppo locale e ai finanziamenti pubblici del Comune di Sezze, Lola Fernandez, comunica infatti che sono state rese note le graduatorie di merito su alcuni progetti presentati dal Comune di Sezze (ente capofila), che hanno permesso di ottenere due finanziamenti per un totale di 15mila euro. Tra questi, Il progetto “Ufente, un fiume a 5 sensi”, che è implementato dal Comune di Sezze con la collaborazione del Comune di Pontinia e il supporto di due scuole: l’istituto comprensivo “Gaetano Manfredini” di Pontinia e l’istituto comprensivo "Valerio Flacco" di Sezze. Il progetto è risultato vincitore dell’Avviso Pubblico Regionale per la concessione di contributi per i contratti di fiume delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi 2022/2023: “Per la scuola di Sezze – ha spiegato l’assessore Lola Fernandez – il percorso didattico ipotizzato è quello di trasferire ai ragazzi conoscenze teorico-pratiche sulla "vita" dei fiumi, sul ciclo dell'acqua e per apprendere quanto sia preziosa la risorsa. A Pontinia invece, - spiega Fabiana Cappelli, consigliere comunale di Pontinia - , il progetto è il risultato di una stretta collaborazione con la Scuola dell’Infanzia di Cotarda e si rivolge a tutti i suoi piccoli allievi attuando un percorso didattico incentrato sul tema dell’ambiente e finalizzato alla tutela del fiume che la comunità del plesso sente come proprio. Le maestre della Scuola deII’Infanzia guidano i bambini alla scoperta del personaggio mitologico di Ufente e della sua metamorfosi nel fiume. Soddisfazione per l’esito dell’avviso pubblico è stata espressa dall’amministrazione comunale di Sezze e di Pontinia, sintetizzabile proprio nelle parole dell’assessore Fernandez: “Siamo davvero contenti perché sul Contratto di Fiume insiste con costanza la nostra azione da quando ci siamo insediati. È una risorsa per il territorio e va valorizzata nel miglior modo possibile. Ovviamente – ha concluso l’assessore – questo è un lavoro corale, per il quale impegno ringrazio di cuore il sindaco di Pontinia, Eligio Tombolillo, e il consigliere Fabiana Cappelli, così come i corpi docenti di entrambe le scuole che partecipano al progetto”.

Domenica, 25 Dicembre 2022 08:33

Natale, follia di Dio

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Il racconto del Natale fatto dai Vangeli è tanto scarno e essenziale, quanto sdolcinato è il modo di presentarlo e viverlo nel nostro tempo. La nascita di Gesù è incrostata da un sentimentalismo che rischia di trasformare la verità evangelica in una bella favola, che fa vibrare di tenerezza le corde del cuore ma perdere di vista l’essenzialità di un avvenimento che dovrebbe scuotere le coscienze e metterci radicalmente in crisi, a prescindere dall’essere o meno credenti.

Gli evangelisti non fanno una narrazione minuziosa di quel giorno, di un anno e mese sconosciuti, nel quale a Betlemme, piccolo borgo della Palestina, nacque un bambino a cui i genitori posero nome Gesù, in ebraico Jeshua, che significa il Signore salva. Piuttosto danno un’interpretazione particolare di questo avvenimento, lo inquadrano nella dimensione prospettica della Pasqua. I sentimenti tacciono e l’attenzione si condensa sui significati profondi e ultimi.

È necessario uno sforzo di liberazione dalle sovrastrutture che soffocano il Natale, dai macigni di leggende, tradizioni e folklore che lo hanno seppellito e reso innocuo. La luce che si sprigiona al termine di questo indispensabile intervento di restauro è straordinaria e ci introduce nel nucleo della storia della salvezza. Dio chiama l’umanità a partecipare al compiersi del suo grande progetto di liberazione, che si concretizza nella sua incarnazione storica in Gesù di Nazareth. “E il Verbo di fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14). L’Assoluto entra nella storia, si veste della debolezza di un bambino, si pone in relazione diretta con ogni persona e sceglie non la strada dell’imposizione e della potenza ma della libertà e della consapevolezza. “A quanti però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 12). L’accoglienza della salvezza è trasfigurante, eleva l’uomo, lo conduce a riscoprire la dimensione offuscata e dimenticata dell’essere immagine e somiglianza del Padre e nel Figlio fatto carne diviene anch’egli figlio.  

Chi accoglie Dio che entra nella storia? Sicuramente non i capi religiosi, gli scribi sapienti, i pii farisei, i potenti per ricchezze e posizione sociale, le persone che contano, ma i poveri e gli ultimi come Maria e Giuseppe, i pastori, autentici pària in Israele, i pagani impuri, come i magi, insomma i disprezzati e reietti della terra.

E allora incontriamoli i protagonisti del Natale.

Maria, la madre di Gesù, appartiene ad una famiglia umile. Abita a Nazareth, uno sconosciuto villaggio della Galilea, remota regione montuosa della Palestina, a quel tempo insignificante provincia dell’Impero Romano. È poco più di una ragazzina. La sua quotidianità sa di pane fatto in casa, di faccende domestiche, di lavoro e attenzione agli altri. Ogni giorno va al pozzo a prendere l’acqua e il sabato in sinagoga. Come da tradizione in Israele, è già promessa sposa a Giuseppe. Spera di avere una vita serena con lui, confortata da tanti figli. All’improvviso i suoi sogni vanno in frantumi. Dio irrompe nella sua vita e sconvolge i suoi piani. Maria aderisce alla chiamata, sa che è la cosa giusta, ma sicuramente non capisce tutto e fino in fondo. Si fida, anche se questo significa mettere in pericolo la sua stessa vita. Si ritrova incinta senza essere sposata e per la legge ebraica del tempo una ragazza madre è nient’altro che una adultera da lapidare.

Giuseppe, promesso sposo di Maria, è definito dai Vangeli un uomo giusto, cioè un ebreo osservante della Legge dei Padri, una persona secondo il cuore di Dio. Quando le ha raccontato dell’incontro con l’angelo, inviato da Dio per farle la proposta di diventare la madre del Messia è rimasto sconcertato, ha dubitato che Maria lo avesse disonorato, avesse tradito la sua fiducia e quella storia fosse un’invenzione per giustificarsi e raggirarlo. Dilaniato tra l’osservanza della Legge, che gli imponeva di denunciarla, e la compassione verso Maria, che in cuor suo sa essere incapace di simili atti, sceglie l’amore, le crede. I suoi dubbi vengono fugati poi grazie ad un sogno. Nella mentalità antica il sogno è mezzo di rivelazione divina. Nel cuore della notte, quando il buio è più impenetrabile Dio getta un fascio di luce che permette di incontrare e conoscere la verità. Quando la rigida osservanza della Legge, della morale e della tradizione cede il passo alla misericordia, Dio si fa strada e si manifesta nella vita dell’uomo.

L’annuncio della nascita di Gesù non suscita gioia ma provoca panico nei palazzi del potere a Gerusalemme, spaventa Erode, re illegittimo, i sacerdoti ed i fini teologi, tutti sbigottiti e allarmati dalla prospettiva di perdere posizioni, privilegi consolidati e potere sul popolo. E così anziché accorrere a rendere omaggio al liberatore di Israele, preferiscono restare sottomessi. A parole auspicavano la venuta del Messia, in realtà lo temevano e la loro risposta al dono di Dio è rendersi responsabili di una strage, servendosi del sanguinario Erode.

La stella, segno celeste che mai brillerà nei cieli di Gerusalemme, guiderà a Cristo il tanto disprezzato mondo pagano, i cui rappresentanti, i Magi, verranno dall’Oriente fino a Betlemme per rendere omaggio al Salvatore rifiutato dal popolo eletto.

I primi ad accorrere alla nascita del Messia sono dei pària, i pastori che fanno la guardia alle greggi, primi destinatari della buona notizia e suoi divulgatori. Per noi i pastori sono figure poetiche, ma nella Scrittura e al tempo di Cristo erano degli emarginati, dei disperati, considerati impuri non potendo rispettare le norme sulle abluzioni e fuori dalla legge in quanto praticavano il furto, la rapina e l’omicidio. Insomma erano uomini duri, abituati a dare morte, pronti a colpire e a correre il rischio di essere uccisi. Eppure quando si presenta loro l’angelo del Signore hanno paura e devono essere rassicurati.

È tutto un rovesciamento: quelli che fanno paura, sono quelli a cui bisogna dire “non temete!”, i più lontani da Dio sono i primi destinatari del più grande avvenimento della fede, il Messia tanto atteso è un bambino avvolto in fasce, quanto di più fragile, di più povero, di più miserabile ci possa essere.

È l’apparente assurdità del Natale.

 

 

Ai credenti, ai miscredenti e agli indifferenti... insomma a tutti Roberto Campagna ha dedicato l'ultimo suo libro: “Amen - Miracoli, misteri e sacre vendette”. Pubblicato da Ensemble,  è una raccolta di otto racconti sul mondo religioso. Così come in altri suoi libri, lo scrittore pontino ricorre alla metanarrazione. In pratica, racconta fatti realmente accaduti mischiandoli con altri inventati da lui stesso. Ciò per rendere gli stessi fatti accaduti più credibili e quelli inventati più veritieri. Ma, rispetto per l'appunto ad altri suoi precedenti libri, questa tecnica qui è più marcata perché  il  racconto, a differenza del romanzo che  ha perlopiù una narrazione orizzontale, è auto conclusivo. Quindi, per dare più forza alle sue storie, Campagna ha cercato di privilegiare i fatti realmente successi, anche se in alcuni casi la stessa  narrazione è di tipo orizzontale, permettendogli così di  liberare di più la fantasia.  “Negli otto racconti di Roberto Campagna - scrive Maurizio Valtieri  nella prefazione - c’è tutta la sostanza antropologica della sopravvivenza e convivenza tra esseri umani. Ogni volta si apre una porta, che diventa varco temporale per accedere ad anni diversi e, in alcuni casi, a secoli diversi, e ci si immerge nei quadri di un vivere quotidiano, descritto magistralmente. Il leitmotiv che unisce gli otto racconti, come ci fa intuire il titolo e il sottotitolo, è rappresentato proprio dal sacro, cristiano e pagano”. Non tutti i fatti narrati comunque  sono realmente accaduti, alcuni sono leggende. Ma le leggende, a forza di raccontarle, diventano reali. Un racconto riguarda il Natale: “Il diavolo della Vigilia”. È un raccanto esilirante e nelle stesso tempo drammatico.   Tutti sono ambientati in altrettanti borghi del centro sud Italia. I loro nomi sono di fantasia per un motivo molto semplice: perché ogni borgo italiano conta fatti simili a quelli da cui è partito l'autore per inventarne la  narrazione. Anche i nomi dei personaggi sono di fantasia.  “Personaggi che, pur partecipando al proprio ruolo sociale - sottolinea Valtieri -  sono degli anarchici inconsapevoli, ribelli in qualche modo verso Dio, lo Stato e la società. Sono degli aquiloni spinti verso l’alto, eppure saldamente ancorati a terra attraverso un filo robusto, che sono le radici profonde nel territorio e il legame, spesso sentimento di amore-odio, con i compaesani”. La scrittura di Campagna è pragmatica, scandita da soggetti e complementi oggetto volutamente ripetuti da incisi che non ammettono distrazione alcuna e inchiodano lo sguardo dei lettori su mondi apparentemente  miseri, ma fondamentalmente meravigliosi.   

 

 

 

SEZZE. Nell'ultima seduta della commissione consiliare permanente “Gestione delle risorse” è stato affrontato il problema dei parcheggi selvaggi nel centro storico di Sezze e la necessità di trovare una soluzione urgente per i residenti. Perchè se da una parte si chiede ai cittadini di non abbandonare il centro storico, di investire per non farlo morire, dall'altra parte è importante dare loro risposte e servizi di qualità. Il consigliere comunale, avvocato Federica Pecorilli, presidente della commissione preposta, ha inserito tale problematica nell'ordine del giorno della commissione e ne ha parlato alla presenza dei membri, degli assessori Rezzini e Bernabei e del comandante della Polizia Locale Lidano Caldarozzi. La Pecorilli parla di una seduta di commissione importante in cui "sono emersi alcuni aspetti interessanti e si è ragionato sulle proposte avanzate dalla commissione consiliare che sta cercando soluzioni rispetto alle diverse istanze che da tempo arrivano nei confronti dell’ente".Tra le soluzioni poste sul tavolo abbonamenti per i parcheggi nel centro storico o tariffe agevolate per i residenti, tutte opzioni che si stanno valutando con attenzione. “Comprendere ed avere tutti i dettagli possibili della situazione attuale – ha spiegato la stessa Federica Pecorilli – è stato un passo fondamentale per iniziare ogni forma di ragionamento. Adesso valuteremo il da farsi, cercando di venire incontro alle diverse esigenze che la cittadinanza ha palesato chiaramente. Nelle prossime settimane studieremo con gli uffici le diverse soluzioni e contiamo di tornare a riunirci ad inizio gennaio per dare seguito a questo primo ma importante passo”.

 

 

Tutto pronto per la grande festa con Babbo Natale in slitta e con le renne in programma per venerdì 23 dicembre in piazza Santa Maria a Sezze. L’ANFFAS Monti Lepini e l’associazione culturale Setia Plena Bonis sono lieti di accogliere tutti i bambini e bambine per festeggiare insieme il Natale al belvedere di Sezze. La festa si terrà a partire dalle ore 15.00 e si concluderà alle ore 18.00. Ricco il programma dedicato al gioco e alle tradizioni popolari di Sezze. Protagonisti i bambini e le attività che saranno a loro dedicate. In ordine sparso il pomeriggio prevede animazione, giochi e giocattoli a cura dei promotori dell’evento, una tombola sezzese con Tony Piccaro della Compagnia Teatrale Nemeo, l’esibizione delle Iris Majorette e Babbo Natale con la slitta e le renne che consegnerà i regali ai bambini e molte altre sorprese. La festa con Babbo Natale ha la finalità di raccogliere fondi da devolvere interamente all’ANFFAS, l’associazione nata per occuparsi dei bisogni dei ragazzi diversamente abili. Per l’occasione il belvedere di Santa Maria di Sezze è stato decorato dalle associazioni organizzatrici per rendere ancora più magica e accogliente una delle piazze più suggestive di Sezze. Per chi volesse avere ulteriori informazioni o prenotare un regalo che sarà consegnato da Babbo Natale in piazza nel pomeriggio del 23 dicembre può contattare il numero 3498947997.

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione sul Natale di Vittorio Accapezzato

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"Gesù Bambino sia la stella che ti guida lungo il deserto della vita presente. (Padre Pio)


Il Natale degli anni 1950 era umile per la maggior parte della popolazione di Sezze. Quasi tutti erano contadini, e l’agricoltura dava un reddito di sussistenza, ricavato dalla vendita dei prodotti agricoli. C'era povertà, ma non fame. L'atmosfera natalizia cominciava il giorno dell'Immacolata quando arrivavano gli zampognari dai paesi del frusinate.Le vetrine dei negozi non erano illuminate dalle scintillanti luminarie. In questi giorni le mamme erano intente alla preparazione dei dolci tipici locali. In pratica, nei giorni precedenti il Natale  per le vie del paese si percepivano odori e profumi di dolci che stimolavono l'appetito che non mancava.
Allora non esisteva nessuna forma di protezione sociale: Sussidi di disoccupazione, indennità di malattia. Niente. Zero virgola zero. Niente lavoro, niente soldi. I risparmi sparivano in pochi giorni.  Il 25 dicembre dunque si faceva festa con quello che si aveva, tenuto da parte per le occasioni speciali. I regali si facevano solo ai bambini: frutta, caramelle e dolci fatti in casa ; i giocattoli erano una rarità solo per pochi.Gli eventi erano la Messa di  mezzanotte. La tavola natalizia: protagonisti polli e galline. Si mettevano in tavola le risorse che la famiglia stessa produceva: gli animali allevati , verdure, frutta fresca e fichi secchi. Particolarmente in voga era la letterina di Natale indirizzata ai genitori non per chiedere doni,ma per manifestare affetto e ringraziamenti e buoni proponenti. Queste letterine venivano furtivamente sistemate sotto il piatto del papà durante il pranzo natalizio.La Santa Messa di mezzanotte era il simbolo più importante del Natale: ci andavamo proprio tutti con fervore, anche i meno religiosi nell'attesa della nascita del Bambin Gesù. L'indomani ,noi bambini  andavamo di casa in casa a scambiare gli auguri con tutti i parenti. Babbo Natale non era ancora diffuso;a fare le sue veci era la Befana. Le ristrettezze economiche non permettevano l'acquisto di grandi doni. Il massimo al cui si poteva aspirare  era: una calza piena di mandarini,frutta secca ,mele,caramelle e carbone. Il solo fatto di ricevere qualcosa ,per quanto fosse modesto,bastava a riempirci di gioia. Ora in questi giorni che ci separano dal Natale, tutti  sono immersi in affannose ricerche di regali o di cosa preparare per i grandi pranzi, trovandosi poi sempre annoiati sia da ciò che si compra o si riceve come dono, sia da ciò che si porta in tavola che poi molto spesso finisce in parte  nell’immondizia.La festività del Santo Natale, assomiglia oggi,sempre di più a una ricorrenza consumistica che religiosa.Ci si è coinvolti dalla corsa all'ultimo regalo in nome di logiche di consumo e di mercato che spingono a comprare il più possibile.Oggi non si usano più le letterine di Natale,non si scrive più ai genitori e a stento si parla con loro,al massimo  si "messaggia". E anche Il Natale diventa un giorno come un altro,con tante emozioni perse per sempre.Non è così. Non è il Natale delle luci, delle vetrine e strade addobbate a festa. Questo  modo di festeggiare il Natale è la testimonianza di una cultura consumistica che non porta a ritrovare in noi la gioia e promuovere i valori cristiani,solidarietà,fratellanza pace,amore e della sacralità della famiglia. Il Natale è  simbolo di rinascita   di cambiamento e trasformazione. È in questa direzione che bisogna ritrovare il significato vero e cristiano. Il Natale non può  morire. 

Nella foto Vittorio Accapezzato

Domenica, 18 Dicembre 2022 07:00

Palestina e Israele. Una guerra lunga 75 anni

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Settantacinque anni fa, il 29 novembre 1947, l’Assemblea Generale dell’ONU approvò la Risoluzione n. 181, con la quale fu stabilita la divisione della Palestina in due Stati, uno ebraico e uno arabo-palestinese. Gerusalemme e i suoi dintorni sarebbero stati amministrati dalle Nazioni Unite per un periodo transitorio di 10 anni, rinviando a futuri negoziati la decisione sul loro status finale. I confini proposti accordavano il 61% del territorio allo Stato ebraico e il resto agli arabi. L’Agenzia Ebraica, al tempo organo di governo degli ebrei in Palestina, votò a favore accogliendo l’indicazione proveniente dal sionismo politico, ideologia alla base del moderno nazionalismo ebraico, i cui esponenti si erano spesi per convincere i leader mondiali ad accettare tale soluzione come un atto di giustizia e un risarcimento per le sofferenze patite dagli ebrei per via dell’antisemitismo che aveva intossicato l’Europa e della tragedia della Shoah. Il Supremo Comitato Arabo, rappresentante degli arabo-palestinesi, rifiutò la proposta, invocando il diritto all’autodeterminazione delle popolazioni locali, anche in ragione del fatto che gran parte degli ebrei era emigrata in Palestina soprattutto dall’Europa nei 30 anni precedenti. Infatti nel 1917, quando gli inglesi iniziarono ad esercitare il protettorato sulla Palestina sostituendo i turchi, gli ebrei erano il 10% della popolazione. Per gli arabo-palestinesi sia gli inglesi sia gli immigrati ebrei erano semplicemente colonizzatori europei.
 
Il 14 maggio 1948 Israele proclamò l’indipendenza, ma meno di 24 ore dopo Egitto, Giordania, Siria, Libano e Iraq lo invasero. Lo stato ebraico, sostenuto da URSS, USA ed Europa, sconfisse gli eserciti arabi, acquisì la sovranità su quasi il 78% della Palestina, la Cisgiordania e Gerusalemme Est furono annesse dalla Giordania, la Striscia di Gaza dall’Egitto. In conseguenza della guerra oltre metà della popolazione palestinese perse la casa e divenne profuga. L’antisemitismo, che aveva avuto il suo apice nella Shoah, produsse esiti sconvolgenti anche per i palestinesi, i quali subirono la tragedia dell’esodo, della Nakba.
 
Nel 1967 scoppiò un nuovo conflitto tra Israele, sostenuto dagli USA, e i Paesi arabi vicini, appoggiati dall’ URSS. Un’incredibile vittoria consentì ad Israele di assumere il controllo militare di Cisgiordania e Gaza. L’ONU con diverse risoluzioni condannò l’occupazione e chiese di dare soluzione alla questione dei profughi palestinesi. L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, fondata nel 1964, assunse la leadership politica dei palestinesi dei territori, ma fu anche coinvolta negli ‘70 e ‘80 in atti di guerriglia e di terrorismo internazionale e interarabo. Intanto al suo interno era lacerata dallo scontro tra fazioni che proponevano metodi più o meno radicali di lotta. Il 15 novembre 1988, nel contesto di una rivolta contro gli occupanti israeliani, detta l’intifada, proclamò la nascita dello Stato di Palestina, riconosciuto da diversi Paesi. Nei primi anni ‘90 la comunità internazionale promosse dei negoziati diretti tra Israele e OLP e si giunse agli Accordi di Oslo del 1993 e all’istituzione dell’Autorità Nazionale Palestinese, con capitale Ramallah in Cisgiordania. Gli accordi non hanno mai avuto però completa attuazione con il conseguente incancrenirsi del conflitto. Il 29 novembre 2012 la Palestina è stata riconosciuta dall’ONU come “Stato osservatore non membro”, posizione condivisa soltanto con la Santa Sede.
 
Dalla proclamazione dello stato di Israele a oggi ci sono state quattro guerre arabo-israeliane, di cui due con il Libano, non si contano gli atti terroristici che hanno insanguinato le città israeliane e le operazioni militari in Cisgiordania e a Gaza contro esponenti palestinesi e la stessa popolazione civile. Stime approssimative parlano di 24 mila israeliani e 91 mila arabi deceduti.
 
Specialmente in questi ultimi anni Israele ha migliorato le relazioni internazionali, ha disarmato i confini, concluso trattati di pace e normalizzato i rapporti con molti vicini arabi, stipulando memorandum di intesa e partnership commerciali. Gli Accordi di Abramo hanno ulteriormente alleggerito la tensione in quest’area strategica e favorito nuove alleanze. Sul piano interno invece il conflitto tra israeliani e palestinesi rimane un nodo insoluto.
 
La Risoluzione ONU, che prevede la creazione di due Stati, è l’orizzonte politico cui le diplomazie, soprattutto occidentali, continuano a guardare, anche se i fallimenti reiterati e le condizioni createsi sul campo hanno finito per consolidare uno status quo che a nessuno piace e che tutti, in fondo, accettano.
 
Israele ha di fatto annesso gran parte dei territori occupati attraverso la realizzazione di sempre nuovi insediamenti e perciò sembra poco realistica la ripartizione in due stati. I territori palestinesi sono ridotti ad enclavi, che includono le principali città governate dall’Autorità Nazionale Palestinese, circondate da posti di blocco dei militari israeliani. L’ANP, guidata da un presidente anziano e debole, Abu Mazen, è continuamente sfidata dall’aggressività ideologica e non solo di Hamas, che dentro e fuori Gaza cerca di guadagnare consensi con la violenza. Il risultato di questo stallo è sotto i nostri occhi. I governi israeliano e palestinese dialogano, smettono di dialogare e devono fare i conti con le spinte estremiste che deflagrano ciclicamente nei rispettivi campi. Intanto ai cittadini di entrambe le parti tocca continuare a convivere con scontri e violenze per la miopia di leadership manifestamente inadeguate.
 
La giustizia e la pace, tanto volute da tutti, richiedono il coraggio di percorrere strade diverse. Occorre partire dall’uguaglianza, mettendo fine alla politica di Israele, da molti qualificata come un’autentica apartheid, che mira a tenere sotto controllo i palestinesi sia dei territori occupati sia gli arabo-israeliani, i quali ultimi sono un quarto della popolazione dello stato ebraico ma godono di diritti limitati. Sul versante palestinese un cambiamento non è più rinviabile. Gli estremisti e i violenti vanno resi inoffensivi e i corrotti allontanati e puniti. Serve insomma un rinnovamento radicale delle strategie politiche e delle personalità che le incarnano. La parità dei diritti di israeliani e palestinesi, condizione necessaria per la libertà, la dignità e il bene comune, può rappresentare una prospettiva innovativa e alternativa per tentare di dare finalmente soluzione al conflitto e realizzare una pace giusta e duratura, a prescindere dall’evoluzione del quadro politico che potrà portare alla divisione in due stati o alla convivenza nella stessa entità statale dei due popoli, garantita dal riconoscimento di forme avanzate di autonomia.
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