Una delibera della giunta regionale accoglie favorevolmente una serie di proposte avanzate in questi mesi dal Comune di Sezze. “La giunta regionale - spiega il sindaco Lucidi - ha preso atto dello stato di degrado fisico e ambientale in cui oggi versa l’Anfiteatro, che stride con la potenzialità ed il valore ambientale e paesaggistico del sito e impongono agli enti proprietari di trovare una soluzione condivisa per il recupero alla fruizione collettiva dell’intero comprensorio. La Regione ha quindi deciso di aderire alle proposte del Comune, individuando nel Fondo per lo Sviluppo e la Coesione 2021- 2027 le risorse necessarie per il completamento dell’opera”.
Con una progettazione condivisa tra Regione Lazio e Comune di Sezze è stato dato mandato agli uffici preposti di elaborare le linee guida per l'espletamento di un concorso di progettazione volto all'acquisizione del progetto di fattibilità tecnico economica delle opere di riqualificazione ambientale, completamento e adeguamento funzionale del comprensorio del Teatro italiano di Sezze: “Oggi – ha concluso il primo cittadino di Sezze – con l’adesione della Regione all’iniziativa promossa dal Comune di Sezze abbiamo creato le condizioni per far rinascere la struttura, abbiamo una possibilità di recuperare quel luogo tanto caro alla cittadinanza che da quasi 20 anni è costretta a vedere quello scempio. Fino a ieri c’erano solo macerie, oggi il futuro dell’Anfiteatro sembra di nuovo da scrivere”.
Nei giorni del 12 e 13 febbraio 2023 si vota per eleggere il Presidente della Regione Lazio e il Consiglio Regionale. Tra i candidati alla carica di consigliere regionale - anche se non è stato ancora ufficializzato - spunta per Sezze la candidatura per Azione con Calenda - Italia Viva di Daniele Piccinella, consigliere comunale di Sezze nel partito Identità Setina. Piccinella in questa lista civica fattasi partito ricopre il ruolo di segretario politico. Napoletano doc, da anni vive a Sezze. L'altro candidato setino ufficiale alla carica di consigliere regionale è l'uscente consigliere regionale Salvatore La Penna del Partito Democratico.
Due nuovi finanziamenti, piccoli ma importanti, che permetteranno di proseguire nel processo di recupero e valorizzazione del fiume Ufente e del lago Mole Muti. L’assessore allo sviluppo locale e ai finanziamenti pubblici del Comune di Sezze, Lola Fernandez, comunica infatti che sono state rese note le graduatorie di merito su alcuni progetti presentati dal Comune di Sezze (ente capofila), che hanno permesso di ottenere due finanziamenti per un totale di 15mila euro. Tra questi, Il progetto “Ufente, un fiume a 5 sensi”, che è implementato dal Comune di Sezze con la collaborazione del Comune di Pontinia e il supporto di due scuole: l’istituto comprensivo “Gaetano Manfredini” di Pontinia e l’istituto comprensivo "Valerio Flacco" di Sezze. Il progetto è risultato vincitore dell’Avviso Pubblico Regionale per la concessione di contributi per i contratti di fiume delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi 2022/2023: “Per la scuola di Sezze – ha spiegato l’assessore Lola Fernandez – il percorso didattico ipotizzato è quello di trasferire ai ragazzi conoscenze teorico-pratiche sulla "vita" dei fiumi, sul ciclo dell'acqua e per apprendere quanto sia preziosa la risorsa. A Pontinia invece, - spiega Fabiana Cappelli, consigliere comunale di Pontinia - , il progetto è il risultato di una stretta collaborazione con la Scuola dell’Infanzia di Cotarda e si rivolge a tutti i suoi piccoli allievi attuando un percorso didattico incentrato sul tema dell’ambiente e finalizzato alla tutela del fiume che la comunità del plesso sente come proprio. Le maestre della Scuola deII’Infanzia guidano i bambini alla scoperta del personaggio mitologico di Ufente e della sua metamorfosi nel fiume. Soddisfazione per l’esito dell’avviso pubblico è stata espressa dall’amministrazione comunale di Sezze e di Pontinia, sintetizzabile proprio nelle parole dell’assessore Fernandez: “Siamo davvero contenti perché sul Contratto di Fiume insiste con costanza la nostra azione da quando ci siamo insediati. È una risorsa per il territorio e va valorizzata nel miglior modo possibile. Ovviamente – ha concluso l’assessore – questo è un lavoro corale, per il quale impegno ringrazio di cuore il sindaco di Pontinia, Eligio Tombolillo, e il consigliere Fabiana Cappelli, così come i corpi docenti di entrambe le scuole che partecipano al progetto”.
Il racconto del Natale fatto dai Vangeli è tanto scarno e essenziale, quanto sdolcinato è il modo di presentarlo e viverlo nel nostro tempo. La nascita di Gesù è incrostata da un sentimentalismo che rischia di trasformare la verità evangelica in una bella favola, che fa vibrare di tenerezza le corde del cuore ma perdere di vista l’essenzialità di un avvenimento che dovrebbe scuotere le coscienze e metterci radicalmente in crisi, a prescindere dall’essere o meno credenti.
Gli evangelisti non fanno una narrazione minuziosa di quel giorno, di un anno e mese sconosciuti, nel quale a Betlemme, piccolo borgo della Palestina, nacque un bambino a cui i genitori posero nome Gesù, in ebraico Jeshua, che significa il Signore salva. Piuttosto danno un’interpretazione particolare di questo avvenimento, lo inquadrano nella dimensione prospettica della Pasqua. I sentimenti tacciono e l’attenzione si condensa sui significati profondi e ultimi.
È necessario uno sforzo di liberazione dalle sovrastrutture che soffocano il Natale, dai macigni di leggende, tradizioni e folklore che lo hanno seppellito e reso innocuo. La luce che si sprigiona al termine di questo indispensabile intervento di restauro è straordinaria e ci introduce nel nucleo della storia della salvezza. Dio chiama l’umanità a partecipare al compiersi del suo grande progetto di liberazione, che si concretizza nella sua incarnazione storica in Gesù di Nazareth. “E il Verbo di fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14). L’Assoluto entra nella storia, si veste della debolezza di un bambino, si pone in relazione diretta con ogni persona e sceglie non la strada dell’imposizione e della potenza ma della libertà e della consapevolezza. “A quanti però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 12). L’accoglienza della salvezza è trasfigurante, eleva l’uomo, lo conduce a riscoprire la dimensione offuscata e dimenticata dell’essere immagine e somiglianza del Padre e nel Figlio fatto carne diviene anch’egli figlio.
Chi accoglie Dio che entra nella storia? Sicuramente non i capi religiosi, gli scribi sapienti, i pii farisei, i potenti per ricchezze e posizione sociale, le persone che contano, ma i poveri e gli ultimi come Maria e Giuseppe, i pastori, autentici pària in Israele, i pagani impuri, come i magi, insomma i disprezzati e reietti della terra.
E allora incontriamoli i protagonisti del Natale.
Maria, la madre di Gesù, appartiene ad una famiglia umile. Abita a Nazareth, uno sconosciuto villaggio della Galilea, remota regione montuosa della Palestina, a quel tempo insignificante provincia dell’Impero Romano. È poco più di una ragazzina. La sua quotidianità sa di pane fatto in casa, di faccende domestiche, di lavoro e attenzione agli altri. Ogni giorno va al pozzo a prendere l’acqua e il sabato in sinagoga. Come da tradizione in Israele, è già promessa sposa a Giuseppe. Spera di avere una vita serena con lui, confortata da tanti figli. All’improvviso i suoi sogni vanno in frantumi. Dio irrompe nella sua vita e sconvolge i suoi piani. Maria aderisce alla chiamata, sa che è la cosa giusta, ma sicuramente non capisce tutto e fino in fondo. Si fida, anche se questo significa mettere in pericolo la sua stessa vita. Si ritrova incinta senza essere sposata e per la legge ebraica del tempo una ragazza madre è nient’altro che una adultera da lapidare.
Giuseppe, promesso sposo di Maria, è definito dai Vangeli un uomo giusto, cioè un ebreo osservante della Legge dei Padri, una persona secondo il cuore di Dio. Quando le ha raccontato dell’incontro con l’angelo, inviato da Dio per farle la proposta di diventare la madre del Messia è rimasto sconcertato, ha dubitato che Maria lo avesse disonorato, avesse tradito la sua fiducia e quella storia fosse un’invenzione per giustificarsi e raggirarlo. Dilaniato tra l’osservanza della Legge, che gli imponeva di denunciarla, e la compassione verso Maria, che in cuor suo sa essere incapace di simili atti, sceglie l’amore, le crede. I suoi dubbi vengono fugati poi grazie ad un sogno. Nella mentalità antica il sogno è mezzo di rivelazione divina. Nel cuore della notte, quando il buio è più impenetrabile Dio getta un fascio di luce che permette di incontrare e conoscere la verità. Quando la rigida osservanza della Legge, della morale e della tradizione cede il passo alla misericordia, Dio si fa strada e si manifesta nella vita dell’uomo.
L’annuncio della nascita di Gesù non suscita gioia ma provoca panico nei palazzi del potere a Gerusalemme, spaventa Erode, re illegittimo, i sacerdoti ed i fini teologi, tutti sbigottiti e allarmati dalla prospettiva di perdere posizioni, privilegi consolidati e potere sul popolo. E così anziché accorrere a rendere omaggio al liberatore di Israele, preferiscono restare sottomessi. A parole auspicavano la venuta del Messia, in realtà lo temevano e la loro risposta al dono di Dio è rendersi responsabili di una strage, servendosi del sanguinario Erode.
La stella, segno celeste che mai brillerà nei cieli di Gerusalemme, guiderà a Cristo il tanto disprezzato mondo pagano, i cui rappresentanti, i Magi, verranno dall’Oriente fino a Betlemme per rendere omaggio al Salvatore rifiutato dal popolo eletto.
I primi ad accorrere alla nascita del Messia sono dei pària, i pastori che fanno la guardia alle greggi, primi destinatari della buona notizia e suoi divulgatori. Per noi i pastori sono figure poetiche, ma nella Scrittura e al tempo di Cristo erano degli emarginati, dei disperati, considerati impuri non potendo rispettare le norme sulle abluzioni e fuori dalla legge in quanto praticavano il furto, la rapina e l’omicidio. Insomma erano uomini duri, abituati a dare morte, pronti a colpire e a correre il rischio di essere uccisi. Eppure quando si presenta loro l’angelo del Signore hanno paura e devono essere rassicurati.
È tutto un rovesciamento: quelli che fanno paura, sono quelli a cui bisogna dire “non temete!”, i più lontani da Dio sono i primi destinatari del più grande avvenimento della fede, il Messia tanto atteso è un bambino avvolto in fasce, quanto di più fragile, di più povero, di più miserabile ci possa essere.
È l’apparente assurdità del Natale.
Ai credenti, ai miscredenti e agli indifferenti... insomma a tutti Roberto Campagna ha dedicato l'ultimo suo libro: “Amen - Miracoli, misteri e sacre vendette”. Pubblicato da Ensemble, è una raccolta di otto racconti sul mondo religioso. Così come in altri suoi libri, lo scrittore pontino ricorre alla metanarrazione. In pratica, racconta fatti realmente accaduti mischiandoli con altri inventati da lui stesso. Ciò per rendere gli stessi fatti accaduti più credibili e quelli inventati più veritieri. Ma, rispetto per l'appunto ad altri suoi precedenti libri, questa tecnica qui è più marcata perché il racconto, a differenza del romanzo che ha perlopiù una narrazione orizzontale, è auto conclusivo. Quindi, per dare più forza alle sue storie, Campagna ha cercato di privilegiare i fatti realmente successi, anche se in alcuni casi la stessa narrazione è di tipo orizzontale, permettendogli così di liberare di più la fantasia. “Negli otto racconti di Roberto Campagna - scrive Maurizio Valtieri nella prefazione - c’è tutta la sostanza antropologica della sopravvivenza e convivenza tra esseri umani. Ogni volta si apre una porta, che diventa varco temporale per accedere ad anni diversi e, in alcuni casi, a secoli diversi, e ci si immerge nei quadri di un vivere quotidiano, descritto magistralmente. Il leitmotiv che unisce gli otto racconti, come ci fa intuire il titolo e il sottotitolo, è rappresentato proprio dal sacro, cristiano e pagano”. Non tutti i fatti narrati comunque sono realmente accaduti, alcuni sono leggende. Ma le leggende, a forza di raccontarle, diventano reali. Un racconto riguarda il Natale: “Il diavolo della Vigilia”. È un raccanto esilirante e nelle stesso tempo drammatico. Tutti sono ambientati in altrettanti borghi del centro sud Italia. I loro nomi sono di fantasia per un motivo molto semplice: perché ogni borgo italiano conta fatti simili a quelli da cui è partito l'autore per inventarne la narrazione. Anche i nomi dei personaggi sono di fantasia. “Personaggi che, pur partecipando al proprio ruolo sociale - sottolinea Valtieri - sono degli anarchici inconsapevoli, ribelli in qualche modo verso Dio, lo Stato e la società. Sono degli aquiloni spinti verso l’alto, eppure saldamente ancorati a terra attraverso un filo robusto, che sono le radici profonde nel territorio e il legame, spesso sentimento di amore-odio, con i compaesani”. La scrittura di Campagna è pragmatica, scandita da soggetti e complementi oggetto volutamente ripetuti da incisi che non ammettono distrazione alcuna e inchiodano lo sguardo dei lettori su mondi apparentemente miseri, ma fondamentalmente meravigliosi.
SEZZE. Nell'ultima seduta della commissione consiliare permanente “Gestione delle risorse” è stato affrontato il problema dei parcheggi selvaggi nel centro storico di Sezze e la necessità di trovare una soluzione urgente per i residenti. Perchè se da una parte si chiede ai cittadini di non abbandonare il centro storico, di investire per non farlo morire, dall'altra parte è importante dare loro risposte e servizi di qualità. Il consigliere comunale, avvocato Federica Pecorilli, presidente della commissione preposta, ha inserito tale problematica nell'ordine del giorno della commissione e ne ha parlato alla presenza dei membri, degli assessori Rezzini e Bernabei e del comandante della Polizia Locale Lidano Caldarozzi. La Pecorilli parla di una seduta di commissione importante in cui "sono emersi alcuni aspetti interessanti e si è ragionato sulle proposte avanzate dalla commissione consiliare che sta cercando soluzioni rispetto alle diverse istanze che da tempo arrivano nei confronti dell’ente".Tra le soluzioni poste sul tavolo abbonamenti per i parcheggi nel centro storico o tariffe agevolate per i residenti, tutte opzioni che si stanno valutando con attenzione. “Comprendere ed avere tutti i dettagli possibili della situazione attuale – ha spiegato la stessa Federica Pecorilli – è stato un passo fondamentale per iniziare ogni forma di ragionamento. Adesso valuteremo il da farsi, cercando di venire incontro alle diverse esigenze che la cittadinanza ha palesato chiaramente. Nelle prossime settimane studieremo con gli uffici le diverse soluzioni e contiamo di tornare a riunirci ad inizio gennaio per dare seguito a questo primo ma importante passo”.
Tutto pronto per la grande festa con Babbo Natale in slitta e con le renne in programma per venerdì 23 dicembre in piazza Santa Maria a Sezze. L’ANFFAS Monti Lepini e l’associazione culturale Setia Plena Bonis sono lieti di accogliere tutti i bambini e bambine per festeggiare insieme il Natale al belvedere di Sezze. La festa si terrà a partire dalle ore 15.00 e si concluderà alle ore 18.00. Ricco il programma dedicato al gioco e alle tradizioni popolari di Sezze. Protagonisti i bambini e le attività che saranno a loro dedicate. In ordine sparso il pomeriggio prevede animazione, giochi e giocattoli a cura dei promotori dell’evento, una tombola sezzese con Tony Piccaro della Compagnia Teatrale Nemeo, l’esibizione delle Iris Majorette e Babbo Natale con la slitta e le renne che consegnerà i regali ai bambini e molte altre sorprese. La festa con Babbo Natale ha la finalità di raccogliere fondi da devolvere interamente all’ANFFAS, l’associazione nata per occuparsi dei bisogni dei ragazzi diversamente abili. Per l’occasione il belvedere di Santa Maria di Sezze è stato decorato dalle associazioni organizzatrici per rendere ancora più magica e accogliente una delle piazze più suggestive di Sezze. Per chi volesse avere ulteriori informazioni o prenotare un regalo che sarà consegnato da Babbo Natale in piazza nel pomeriggio del 23 dicembre può contattare il numero 3498947997.
Riceviamo e pubblichiamo una riflessione sul Natale di Vittorio Accapezzato
___________
"Gesù Bambino sia la stella che ti guida lungo il deserto della vita presente. (Padre Pio)
Il Natale degli anni 1950 era umile per la maggior parte della popolazione di Sezze. Quasi tutti erano contadini, e l’agricoltura dava un reddito di sussistenza, ricavato dalla vendita dei prodotti agricoli. C'era povertà, ma non fame. L'atmosfera natalizia cominciava il giorno dell'Immacolata quando arrivavano gli zampognari dai paesi del frusinate.Le vetrine dei negozi non erano illuminate dalle scintillanti luminarie. In questi giorni le mamme erano intente alla preparazione dei dolci tipici locali. In pratica, nei giorni precedenti il Natale per le vie del paese si percepivano odori e profumi di dolci che stimolavono l'appetito che non mancava.
Allora non esisteva nessuna forma di protezione sociale: Sussidi di disoccupazione, indennità di malattia. Niente. Zero virgola zero. Niente lavoro, niente soldi. I risparmi sparivano in pochi giorni. Il 25 dicembre dunque si faceva festa con quello che si aveva, tenuto da parte per le occasioni speciali. I regali si facevano solo ai bambini: frutta, caramelle e dolci fatti in casa ; i giocattoli erano una rarità solo per pochi.Gli eventi erano la Messa di mezzanotte. La tavola natalizia: protagonisti polli e galline. Si mettevano in tavola le risorse che la famiglia stessa produceva: gli animali allevati , verdure, frutta fresca e fichi secchi. Particolarmente in voga era la letterina di Natale indirizzata ai genitori non per chiedere doni,ma per manifestare affetto e ringraziamenti e buoni proponenti. Queste letterine venivano furtivamente sistemate sotto il piatto del papà durante il pranzo natalizio.La Santa Messa di mezzanotte era il simbolo più importante del Natale: ci andavamo proprio tutti con fervore, anche i meno religiosi nell'attesa della nascita del Bambin Gesù. L'indomani ,noi bambini andavamo di casa in casa a scambiare gli auguri con tutti i parenti. Babbo Natale non era ancora diffuso;a fare le sue veci era la Befana. Le ristrettezze economiche non permettevano l'acquisto di grandi doni. Il massimo al cui si poteva aspirare era: una calza piena di mandarini,frutta secca ,mele,caramelle e carbone. Il solo fatto di ricevere qualcosa ,per quanto fosse modesto,bastava a riempirci di gioia. Ora in questi giorni che ci separano dal Natale, tutti sono immersi in affannose ricerche di regali o di cosa preparare per i grandi pranzi, trovandosi poi sempre annoiati sia da ciò che si compra o si riceve come dono, sia da ciò che si porta in tavola che poi molto spesso finisce in parte nell’immondizia.La festività del Santo Natale, assomiglia oggi,sempre di più a una ricorrenza consumistica che religiosa.Ci si è coinvolti dalla corsa all'ultimo regalo in nome di logiche di consumo e di mercato che spingono a comprare il più possibile.Oggi non si usano più le letterine di Natale,non si scrive più ai genitori e a stento si parla con loro,al massimo si "messaggia". E anche Il Natale diventa un giorno come un altro,con tante emozioni perse per sempre.Non è così. Non è il Natale delle luci, delle vetrine e strade addobbate a festa. Questo modo di festeggiare il Natale è la testimonianza di una cultura consumistica che non porta a ritrovare in noi la gioia e promuovere i valori cristiani,solidarietà,fratellanza pace,amore e della sacralità della famiglia. Il Natale è simbolo di rinascita di cambiamento e trasformazione. È in questa direzione che bisogna ritrovare il significato vero e cristiano. Il Natale non può morire.
Nella foto Vittorio Accapezzato
Palestina e Israele. Una guerra lunga 75 anni
Scritto da Luigi De Angelis
Altro...
Quella che segue è una riflessione inviataci dal Rev.do Anselmo Mazzer, parroco per ben 27 anni della Cattedrale Santa Maria di Sezze, oggi parroco presso Santa Maria Goretti di Latina, assistente ecclesiastico presso l'Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti nonché Assessore presso Tribunale Ecclesiastico diocesano.
______________________
L'altro giorno sono stato in grande centro commerciale qui a Latina. Confesso di non aver mai visto in vita mia tanto sfavillio di luci, di colori, di suoni, di addobbi natalizi, come quest'anno.
Mi veniva voglia di chiedere: perché?
Lì, come in tantissimi altri posti, non ho visto nessun segno cristiano , neanche il più piccolo.
Sembra come se dei pazzi, all'improvviso, si siano messi a creare, chissà perché, con ogni tipo di luci, di palle colorate, di alberi fantasmagorici, di babbi natale di tutte le dimensioni, un mondo magico, senza…. un motivo.
Ho pensato: è tragico, se non ridicolo, che si faccia del tutto per nascondere chi e perché qualcuno è nato, dal momento che natale è un parola che significa solo nascita.
Sentivo oggi che il 58 % degli italiani mal sopporta il Natale. Certo se si prescinde dalla relazione con chi è nato, le magnate, i regali, le vacanze … sono un ingranaggio che condiziona e stritola chiunque, se non si sta attenti, e alla fine producono solo noia, noia, noia, come dice una canzone .
Non interessa il Festeggiato perché abbiamo paura che perfino un bambino possa venire a disturbare il nostro modo di vivere.
Uscendo da quel luogo, ragionavo tra me e me: ecco chi o che cosa è nato! E' nato babbo natale o forse sono nati gli alberi, ma no è nata la elettricità, certamente sono nate le palle colorate!
Sono arrivato a casa e in un momento di rabbia, lo confesso, ho pregato per riprendere quota:
Padre, immensamente misericordioso,
nel volto del tuo Figlio, fatto carne della nostra carne,
ci colmi delle tue meraviglie,
perché ci dai il “potere di diventare i tuoi figli”,
e noi, sorpresi,
ti rendiamo grazie per la nostra grandezza rigenerata.
Nel mezzo della notte,
avvolti dal silenzio dell'amore,
ci rivesti di luce ineffabile
per ritrovarci creature nuove
che danno calore alla realtà di tutti i giorni.
Nel buio di questa nostra storia
Il tuo Verbo ci invita a condividere ancora il suo mistero
perché noi, “che vedemmo la sua gloria”,
lo possiamo cercare nelle vicissitudini di ogni giorno.
Effondi, come hai fatto con Maria,
il tuo Spirito creatore
nelle nostre persone,
perché possiamo desiderare e gustare
la bellezza della ritrovata comunione con Te
e con ogni nostro fratello sparso sulla terra.
Poi sono andato a dormire.
Don Anselmo
cittadino onorario della città di Sezze
Quella che segue è una riflessione di Teresa De Renzi, titolare del salone da Parrucchiere Concept Style nel centro storico di Sezze, donna attiva nel sociale e nel mondo dell'associazionismo da molti anni.
________________________
Ogni mattina esco di casa e a piedi percorro per l’ennesima volta lo stesso tratto di strada per raggiungere il mio negozio. Cammino, con in testa le tante incombenze che mi attendono nella giornata, e in eterno ritardo cerco di accelerare il passo, per quanto la ripida salita di sempre può consentirmi.
E mi accorgo che quasi non mi guardo nemmeno più intorno, forse solo quando talvolta (raramente per la verità) mi capita di incrociare qualcuno che conosco e con cui scambiare un cenno di cordialità, un saluto, un buongiorno, anche un semplice sorriso.
Ma è la sera, quando chiudo la mia attività e faccio il percorso inverso per tornare a casa, che vengo inevitabilmente assalita da un senso profondo di sconforto, di amarezza e delusione.
Tutto intorno un buio tetro, triste, dove la desolazione la fa da padrona. Poi penso: ma è dicembre, il mese della gioia, della condivisione…
No qui no, qui non c’è alcuna gioia, qui non c’è nessuna condivisione.
Qui non è Natale…
E i pensieri mi riportano in mente un altro paese, un paese vivo, pulsante, dove c’era gentilezza ed attenzione gli uni per gli altri, pieno di gente, di negozi, di attività storiche…
In quel paese dicembre era il mese della luce, altro che buio!
E mi ricordo come fosse oggi il 1998, sembra mille anni fa… Solo con il semplice passaparola venne organizzato un incontro dentro lo storico negozio di Grassucci in centro: quella sera più di una sessantina di commercianti si incontrarono, parlarono, molti anche per la prima volta, si scambiarono lamentele ma soprattutto proposte e idee per unirsi e tentare tutti assieme di creare qualcosa per il bene di tutti. Si decise quindi di costituirsi in una associazione, cui venne dato il nome “Nova Setia”.
Inutile che stia qui a elencare il numero impressionante di iniziative ed eventi organizzati grazie all’associazione negli anni in cui essa è stata attiva; ma una cosa voglio sottolinearla: tutto quanto è stato fatto fu realizzato senza una lira di finanziamento pubblico! Non c’erano soldi eppure furono fatte cose belle ed importanti, una su tutte la ristrutturazione della chiesa di sant’Andrea: e non per intercessione divina, ma attraverso la disponibilità di tutti a partecipare, anche economicamente, autofinanziandosi.
Chi poteva di più chi poteva di meno, nessuno ha mai fatto mancare il proprio supporto, in termini di energia e di sostegno concreto. Perché tutto era per il “bene comune”, tutto in nome dell’amore profondo per la città di Sezze.
Riunirsi, incontrarsi spesso, passare per i negozi, parlare, raccontare e raccontarsi, coinvolgere le persone aveva fatto nascere entusiasmo, curiosità, una forza propulsiva che attirava anche chi il centro storico non lo viveva.
E così anche altre associazioni cominciarono a collaborare, fino a far nascere l’esigenza di una consulta delle associazioni.
E poi…
E poi la storia va avanti senza chiedere permesso, le amministrazioni cambiano, chiudono le attività, le luci e i sorrisi si spengono, la crisi, il Covid, la guerra e per carità mille e mille altre motivazioni.
Ma io ogni giorno che esco di casa mi chiedo QUANDO è stato il momento che abbiamo cominciato a non amare più il nostro paese, quando c’è stato il punto di rottura, quali sono state le vere cause. Chi è il responsabile? Si può dare la colpa a qualcuno in particolare?
No.
Perché Sezze è di tutti noi e se tutti abbiamo in qualche modo lasciato che si potesse arrivare a questo punto, tutti dovremmo sentire forte e chiaro il dovere di riprendercela! Abbiamo lasciato che invasioni barbariche (e non mi riferisco certo solo agli stranieri, ‘ché la barbarie non ha nazionalità) incompetenza e improvvisazione a tutti i livelli ce la portassero via, e la trasformassero in un dormitorio senza anima e senza vita, abbiamo lasciato che strappassero la sua storia e la sua dignità per farne carne da macello.
Io nel mio cuore sento che bisognerebbe tornare a fare qualcosa, che DOVREMMO fare qualcosa, tutti, nessuno escluso.
Riappropriandoci delle nostre radici e facendo tornare quel sentimento di identità per cui i sezzesi si sono fatti valere in tutto il mondo, forse potremo tornare a scambiarci un sorriso, un saluto, a sentirci ancora orgogliosi di chi siamo stati e di chi saremo.
Ed allora forse le luci di Sezze, finalmente, si riaccenderanno.
E con esse anche noi.
Teresa De Renzi
Monta la protesta sui social dopo un post polemico di una pensionata di Sezze, ex insegnante residente nel centro storico. Polemica legata ai ritardi dei lavori in via Diaz, ma anche per la attività commerciali ormai agonizzanti, per lo stato di isolamento dei residenti soprattutto in casi di pronto soccorso, per l'immondizia abbandonata per i vicoli, per l’assenza di luminarie e molto altro ancora. Il post della signora Filomena ha scatenato ieri una serie di reazioni a catena che hanno di fatto scoperchiato un malessere generale dei cittadini su molte vicende che li interessano da vicino. Nei commenti si parla di disagi infiniti, di attività commerciali che hanno dovuto chiudere proprio a causa di quanto accaduto, di inefficienza degli uffici comunali e di una politica del tutto assente nel dare pronte e serie risposte. Una polemica che parte dal basso, da quei cittadini che non seguono le dinamiche della politica locale ma che di fatto vivono la città tutti i giorni con i tanti disagi che ci sono. Colpiscono anche gli umori legati alla decisione dell’amministrazione comunale di non installare alcuna luminaria a Sezze, nemmeno nei luoghi simbolo della città. Le poche iniziative intraprese sono state proproste e realizzate da semplici cittadini o da associazioni locali. Insomma ne esce un quadro desolante, di una comunità che si aspettava la rinascita con la nuova classe dirigente e che invece - dopo un anno - si ritrova a fare i conti con una realtà totalmente diversa dalle aspettative. Tra dire e il fare c’è di mezzo il mare…
Tutto quello che sarà. È questo il titolo del docufilm sul “Girasoli Tour”, il viaggio di 3500 chilometri che il presidente della Cooperativa Utopia 2000 onlus, in compagnia del giovane Dennis (ospite della Comunità educativa residenziale di Roccagorga) , sostenuti dal Consiglio d'amministrazione della stessa Cooperativa; hanno percorso interamente in bicicletta, dal 10 giugno al 15 luglio del 2021, nell'Italia che resiste, come recita “Viva l’Italia”, canzone di Francesco De Gregori, nell’Italia empatica e innovativa. Il docufilm sarà proiettato in anteprima, sabato 17 dicembre alle 18, a Bevagna, presso l'Auditorium “Santa Maria Laurentia”, e giovedì 22 dicembre sempre alle 18, a Cori, presso il Teatro comunale “Luigi Pistilli”. È stato realizzato da una troupe televisiva, capitanata dal regista pontino Renato Chiocca, che ha percorso assieme ai protagonisti tutte e 33 le tappe dello stesso tour. Mentre le realtà visitate sono state 42, tutte impegnate a costruire uno sviluppo sostenibile e un’economia solidale nei propri territori. Il tour è partito da Bevagna, qui, Utopia 2000, presso l’Agriturismo “Le Grazie”, ha avviato un importante progetto di economia etica. Mentre a Gualdo Cattaneo gestisce alcune strutture per mamme con bambini. Le prime tre tappe del tour si sono svolte proprio in Umbria: la prima, ad Assisi, presso l’Istituto l’Istituto Serafico per sordomuti e ciechi; la seconda, a Perugia, presso il Comitato Per La Vita “Daniele Chianelli”; la terza, presso Isola Polvese sul Trasimeno, dove è stato avviato un progetto di valorizzazione del territorio lacustre. Utopia 2000 è un’impresa sociale attiva da 23 anni e opera soprattutto nei territori dell’Umbria e del Lazio. In quest'ultima regione gestisce la Comunità educativa residenziale di Roccagorga e l'asilo comunale di Cori, È specializzata in servizi educativi, in progetti di agricoltura sociale e nell’organizzazione di grandi eventi. I suoi dirigenti sono impegnati da sempre nella ricerca di percorsi virtuosi di economia civile attraverso i quali il benessere collettivo possa essere percepito come la migliore strategia per la crescita individuale. Ecco, sulla base di queste premesse è nata anche l'idea del “Girasoli Tour”. Eccolo, il motivo per il quale il viaggio è stato chiamato così: Perché i girasoli sanno sempre da che parte voltarsi. “Abbiamo visitato alcune realtà, grandi o piccole, note o sconosciute - ha spiegato Massimiliano Porcelli, presidente di Utopia 2000 - che realizzano filiere virtuose di economia sociale e/o circolare o che svolgono la propria attività di produzione o di erogazione di servizi all’interno di un quadro di sviluppo, articolato su almeno uno di questi elementi: economia sociale e/o solidale, promozione della legalità, sviluppo sostenibile, green economy, responsabilità sociale aziendale, inclusione fasce più deboli e sostegno all’infanzia e adolescenza”. Queste le tappe fatte in provincia di Lationa: Asilo nido comunale “Il bruco verde “ di Cori, Comunità educativa “Zagor “ di Roccagorga, Chocolart di Itri e Casa aollggio per anziani con Casa famiglia per donne in difficoltà di Ventotene. “Dietro a ogni realtà che abbiamo visitato - ha precisato Renato Chiocca - ci sono storie, pratiche ed esperienze che abbiamo cercato di vivere attraverso l’incontro, mettendoci in ascolto e immergendoci nel lavoro quotidiano, senza badare alle intenzioni, ma raccogliendo frammenti di vita vissuta, a partire da quella del giovane Dennis, che con Massimiliano ha affrontato l’impresa trasformando il viaggio in un racconto di formazione”. Alla realizzazione del docufilm hanno inoltre lavorato Michele Innocente (fotografia) Mattia Soranzo (montaggio), Emanuele Colandrea (musiche originali), Daniele Marzano (montaggio del suono e mix) e Davide Micocci (color correction).