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L’Ucraina può essere aiutata a liberarsi dall’aggressione della Russia edificando la Pace? “Tutte le guerre hanno origini da ingiustizie” Papa Francesco. Se così è (e sicuramente è così), allora penso che la cosa più semplice da fare sia deporre tutto il nostro armamentario di egoismo, ipocrisia, indifferenza e aggressività che quotidianamente lustriamo. Chi ha responsabilità di governo e responsabilità dirette in questo (come in ogni altro) conflitto, dovrebbe chiedersi: “dove io e la mia comunità abbiamo sbagliato? Quali ingiustizie noi abbiamo commesso e quali sofferenze noi abbiamo originato?”. A queste semplici domande ogni parte in causa dovrebbe rispondere, e dovrebbe farlo pubblicamente. Perché? Perché le armi cesseranno. Come ogni cosa cessa su questa dimensione, anche le armi cesseranno. E la pace tornerà. Ma se non si sono comprese le cause che hanno provocato e condotto al conflitto, non sarà Pace ma semplicemente tregua, in attesa del momento opportuno per consumare la vendetta. Ecco perché coloro che, ai vari livelli, hanno responsabilità di governo, hanno il compito e il dovere di esternare pubblicamente le risposte. Per aiutare ogni membro della comunità a riflettere, ad interrogarsi a prendere coscienza affinché la consapevolezza che aiuteranno a far emergere possa essere foriera di pacificazione per ogni cuore e, quindi, Pace fra i popoli. Questo processo di presa di coscienza potrebbe davvero essere liberatorio. E lo potrà essere nella misura in cui si comprenderà che si è stati vittima di un atroce ed efferato abbaglio che ha condotto sia se stessi che comunità intere dentro un baratro colmo di sofferenze. Condurre alla consapevolezza e aiutare le comunità a prendere coscienza di tutto ciò e aiutarle anche a liberarsi dall’ormai inutile (se non addirittura deleterio) senso di colpa è il primo passo verso la Pace. Non si tratta di assolversi con leggerezza ma comprendere che ad agire non è stata l’essenza della nostra intelligenza ma l’essenza della nostra stupidità. Il perdonare e il perdonarsi sarà semplicemente un’ovvia conseguenza. Il perdono non può essere bigotto, esso può agire solo se si è compresa la sofferenza prodotta agli altri e a se stessi. La Via verso la Vita, verso la Verità non può essere percorsa ad occhi chiusi rischiando così di travolgere, magari inconsapevolmente, chi è sullo stesso cammino. Per essere discepoli della Pace non basta scendere in piazza, sventolare una bandiera e gridare “Pace” e non basta neanche genuflettersi, battersi il petto e dire “io credo”. Dobbiamo renderci conto che tutti percorriamo il medesimo sentiero, che tutti siamo alla ricerca della felicità e che non la possiamo certo realizzare a discapito dell’altro. Dobbiamo essere consapevoli di ciò che siamo e di ciò che agiamo. Dobbiamo effettuare, con fede, il salto che ci conduce dal credere cieca-mente al comprendere chiara-mente. Questa è, secondo me, la via che porta alla Pace. Ognuno di noi è chiamato a percorrerla e chi ha responsabilità nelle Istituzioni, se la Pace l’ha veramente a cuore, è chiamato a rendere questa via percorribile.

 

Orazio Ananda Mercuri

Domenica, 09 Ottobre 2022 06:11

Iran. Senza velo e senza paura

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Finché ci sarà una sola donna minacciata in quanto donna, noi non avremo pace”.
(Lidia Ravera)
 
Da settimane in Iran infuria la rivolta. Protagoniste sono le donne. In strada sono scese ragazze, insegnanti in sciopero, anziane militanti della tradita rivoluzione marxista del 1979, ma si sono unite a loro anche gli uomini, gli studenti secondari e universitari, i padri insieme alle figlie, i fratelli insieme alle sorelle, i mariti insieme alle mogli.
 
Le donne iraniane si scoprono il capo, si tagliano i capelli e bruciano i loro hijab. Le parole d’ordine sono “donna, vita, libertà”, ma nelle strade si grida anche “morte a Khamenei, morte alla dittatura”, “combattiamo, moriamo, ci riprendiamo il nostro Iran” e si intonano i canti rivoluzionari degli anni ’70. La repressione del regime è feroce. Le forze speciali di polizia sparano a vista sui manifestanti, migliaia sono le persone arrestate e centinaia i morti.
 
L’uccisione di Mahsa Amini, 22 anni, di origini curde-sunnite, fermata e massacrata dalla polizia religiosa perché indossava l’hijab “in modo inappropriato” e spirata dopo tre giorni d’agonia in un reparto di rianimazione è stata la scintilla che ha scatenato le proteste, iniziate nel Kurdistan iraniano e dilagate fino a Tehran. Si è trattato dell’ennesimo arresto illegittimo, con ricorso ad una violenza barbara ed inaudita, compiuto dalle “pattuglie della moralità” contro le donne che non rispettano i rigidi codici dell’abbigliamento imposti dal regime.
 
Tra quanti hanno perso la vita ci sono Hadis Najafi, 23 anni, e Nika Shakarami, 17 anni, divenute simboli della protesta. Numerosi proiettili hanno stroncato la giovane vita di Hadis Najafi, che poco prima di morire aveva postato sui social un video, divenuto virale, in cui si legava i capelli e sistemava gli occhiali, pronta a combattere per la propria libertà e per quella di tutte le donne iraniane, richiamando così l’attenzione dell’opinione pubblica interna ed internazionale su quanto sta accadendo. Nika Shakarami, scomparsa il 20 settembre durante le proteste e ritrovata dopo dieci giorni con la testa fracassata nell’obitorio di un centro di detenzione della capitale, aveva girato un video, condiviso sui social dopo la sua morte, in cui cantava una canzone iraniana senza indossare il velo. I genitori hanno denunciato che le forze di sicurezza hanno rubato il corpo per seppellirlo segretamente in un villaggio.
 
Molti familiari delle vittime hanno rivelato che, dopo la morte dei loro cari, sono stati sequestrati dai servizi di sicurezza e liberati solo dopo la registrazione di un video dove dichiaravano che la morte dei loro parenti era avvenuta per altri motivi o per incidenti in casa e non durante le manifestazioni.
 
La dicotomia e la distanza tra le nuove generazioni ed il potere sono sempre più marcate e mettono a nudo la natura del regime degli Ayatollah, che si caratterizza per un umiliante disprezzo verso i cittadini e una misoginia fuori dalla storia che impone alle donne di indossare abiti appropriati per motivi ideologici.
 
Il velo potrebbe non essere il principale problema delle donne iraniane, dato che tante seguono volontariamente la tradizione islamica, soltanto se non gravasse su di loro l’impossibilità di scegliere. Infatti sebbene le autorità affermino che l’hijab è una scelta delle donne, praticamente le obbligano tutte a indossarlo. Tale imposizione avviene attraverso le brutalità degli esecutori morali del regime, le milizie basij, che si autodefiniscono hezbollahis, il partito di Dio, radicate nel movimento islamista, strettamente legate ai capi della Repubblica Islamica, usate per puntellare il potere e reprimere dissensi e proteste. Per tale ragione l’hijab, in quanto strumento di oppressione delle donne e di soffocamento dell’intera società, è divenuto un simbolo di protesta e di ribellione a un sistema generale coercitivo e discriminante. Le donne iraniane vivono una condizione di segregazione e le politiche economiche del regime in questi anni le hanno penalizzate, riducendo le loro possibilità di entrare nel mercato del lavoro. La loro posizione nella produzione e nell’economia è assai limitata e il divario con i salari degli uomini è sempre più aumentato, alimentando lo sfruttamento delle lavoratrici. A tutto questo si è aggiunto il progressivo e generale impoverimento della popolazione, effetto delle sanzioni imposte da Donald Trump, dopo l’uscita dal programma nucleare, che hanno colpito soprattutto la classe media, la quale fino a qualche anno fa era assetata di libertà e distingueva le proprie rivendicazioni da quelle delle fasce povere che reclamavano invece pane. Le condizioni sociali ed economiche attuali in Iran sembrano favorire la saldatura tra le rivendicazioni dei due gruppi sociali, ancor più poi che i ceti più poveri sembrano meno conservatori rispetto a qualche anno fa o comunque a quello che abitualmente si pensa. Gissou Nia, presidente del consiglio dell’Iran Human Rights Documentation Center e direttrice del programma Strategic Litigation Project presso l’Atlantic Council ritiene che: “Le manifestazioni innescate dalla morte di Mahsa Amini riflettono una collera ben più ampia della popolazione rispetto al quadro giuridico discriminatorio che colpisce in modo sproporzionato le donne, le minoranze etniche e religiose e altri gruppi marginalizzati in Iran”.
 
È difficile prevedere se l’ondata di proteste che ha travalicato classi sociali ed etnie possa innescare la rivoluzione e rovesciare il regime. Le informazioni dall’Iran sono frammentate e filtrate e non è possibile conoscere precisamente cosa stia accadendo: internet è bloccato, Whatsapp e Instagram non funzionano. Sappiamo che ci sono manifestazioni di ribellione alle autorità come mai accaduto in passato e da nord a sud, da est a ovest c’è una richiesta corale di maggiori libertà economiche, sociali e di genere che sta vedendo anche episodi di solidarietà da parte di esponenti delle forze di sicurezza, portando la Repubblica Islamica di fronte a una delle crisi più gravi dalla sua nascita nel 1979. Le proteste giungono in un momento di grande debolezza dell’Iran sul piano economico, sociale e politico a causa di un sistema che è divenuto sempre più corrotto e ripiegato su sé stesso.
 
Viviamo in un mondo anestetizzato, preso dall’inutile, che cerca intrattenimento e pane quotidiano e si accapiglia per beghe di poco conto. Il coraggio delle donne iraniane deve farci riflettere, essere un monito e uno sprone affinché sentiamo nostra la loro lotta e ci facciamo protagonisti di gesti concreti di vicinanza e solidarietà, a cominciare dal mantenere viva l’attenzione su quanto sta accadendo. 

 

 

Già nell’ultima seduta consigliare era intervenuto. Adesso lo fa con la stessa maniera, sollecitando l’amministrazione comunale di Sezze. Il capogruppo del Pd Armando Uscimenti chiede al sindaco di Sezze e alla Giunta comunale di trovare delle risorse nel bilancio comunale da destinare ai commercianti del centro storico di Sezze in difficoltà anche a causa dei lavori pubblici che stanno interessando via Diaz. Uscimenti sollecita il sindaco Lucidi a fare qualcosa per le attività presenti nel cuore del paese, già in difficoltà per il caro bollette e in crisi per quanto accaduto a causa della pandemia. “Se i lavori in via Diaz sono necessari e importanti per il centro storico – afferma Uscimenti – altrettanto importante è la sopravvivenza delle attività in centro, già in difficoltà per l’aumento delle bollette e per la crisi del settore. Dobbiamo sostenere in tutti i modi chi ha avuto il coraggio di investire nel centro storico. I lavori purtroppo hanno già fatto chiudere momentaneamente dei negozi e da un mese altri esercizi soffrono i disagi legati ad essi. Chiedo al sindaco di trovare urgentemente delle risorse nel bilancio per aiutare economicamente i commercianti e tutti gli operatori del centro storico. Dobbiamo sostenerli e cercare in tutti i modi di non far morire l’economia del centro storico”. In centro ci sono negozi di abbigliamento, ristoranti, Bar e Pub che non devono sentirsi abbandonati. E' in questi momenti che le amministrazioni comunali devono intervenire. 

 

 

Andrea Del Monte è “Autore dell'anno”. Con il libro “Puzzle Pasolini” il giovane cantautore pontino vince questo riconoscimento speciale che ogni due anni l'Associazione “Artisti Lepini” assegna nell'ambito del Premio biennale letterario internazionale dei Monti Lepini. Riconoscimento, da precisare,  intitolato a Franco Caporossi, uno dei fondatori della stessa Associazione scomparso alcuni anni fa. All'inizio, tale Premio biennale era itinerante, ma da alcuni anni si svolge a Segni. Giunto alla diciannovesima edizione, ha dunque quarant'anni. È nato con lo scopo di incrementare e promuovere la letteratura italiana e dialettale, gli studi storici e la  saggistica. È aperto anche agli italiani residenti all'estero. Queste le sue sezioni:poesia  inedita, poesia in lingua edita, poesia dialettale edita e/o inedita, narrativa edita, narrativa inedita, saggistica storia e tesi di laurea triennale o magistrale. La premiazione dei vincitori si è svolta domenica scorsa. Patrocinato  dal Comune di Segni, Regione Lazio, Città Metropolitana di Roma Capitale e Compagnia dei Lepini. Il Premio è stato realizzato con la collaborazione della Banca di Credito Cooperativo di Roma e il periodico “Cronache Cittadine” di Colleferro. Circa il libro “Puzzle Pasolini”, è composto da ventuno interviste, undici canzoni e tre racconti.  Pubblicato dalla Edizioni Ensemble, in occasione del centenario della nascita del poeta, quelli di Del Monte  sono contributi,  inediti e interessanti, di personaggi straordinari della cultura contemporanea che, come tessere di un puzzle per l'appunto, provano a ricostruire insieme l’immagine di uno degli intellettuali più controversi del Novecento.  È un libro “musicale” poiché le undici canzoni si possono ascoltare dal Qr code di Spotify posto nella bandella della quarta di copertina dello stesso libro o dai Qr code messi sotto i testi delle stesse canzoni. Canzoni che non sono altro che le poesie scritte da altrettanti poeti che Del Monte ha poi musicato e cantato. Alla realizzazione  delle musiche hanno collaborato John Jackson, che nei suoi trascorsi vanta una lunga collaborazione con Bob Dylan, e Roberto Cardinali, chitarrista nel film ‘Loro’ di Paolo Sorrentino. Circa le interviste, sono state rilasciate da una quarantina fra scrittori, attori, registi e ricercatori, alcuni dei quali hanno conosciuto Pasolini personalmente o hanno lavorato con lui, altri invece lo hanno solo studiato per i suoi romanzi, per i suoi film o per i suoi ‘scritti corsari’. Le loro parole  lasciano sulle pagine del libro  tracce per approfondire e fare luce su questa icona della letteratura italiana.  Da precisare che il libro era uscito nel 2015, in occasione del quarantennale della morte di Pasolini, con un altro titolo.  Ora, oltre a essere stato rivisto, è stato arricchito con tre racconti: “Un uomo generoso” di Franco Tovo, “La sua passione per il calcio”  di Silvio Parrello e “La sua solitudine” di  Renzo Paris. Franco Tovo è stato  uno degli attori del film “Mamma Roma”, mentre Silvio Parrello  è “Er pecetto” del romanzo “Ragazzi di vita”. I tre ricordano in particolare i loro incontri con il poeta.  Si tratta, in definitiva, di un libro e di un album per capire meglio Pasolini perché a cento anni dalla sua nascita,  continua a rappresentare un enigma da risolvere, un rompicapo nella storia della cultura italiana, un “puzzle” i cui incastri sono resi difficoltosi dalla sua immagine sfaccettata e dai misteri che ha lasciato irrisolti. Da questo libro lo stesso Del Monte ha poi ricavato l'omonimo spettacolo di letteratura, musica e teatro che, con il contributo della Compagnia dei Lepini, ha portato in tour sui Monti lepini. Andrea Del Monte è chitarrista, cantautore e compositore di Latina. Nel 2007, con il singolo “Il giro del mondo” (brano ispirato dal film “Il Grande Dittatore” di Charlie Chaplin) vince il Premio della critica al Festival “Il Cantagiro”. A luglio di quest'anno invece, presso il Campidoglio, gli è stato conferito il “Microfono d'Oro”, considerato l'oscar delle radio italiane. Al suo primo omonimo EP collabora John Jackson, storico chitarrista di Bob Dylanm e l'etnomusicologo Ambrogio Sparagna. Con questo disco, raggiunge la Top 20 di iTunes.   Nel 2016, musica e canta la  poesia “Supplica a mia madre” di Pier Paolo Pasolini. Infine nel 2919, pubblica il disco-libro “Brigantesse – Storie d'amore e di fucile”, in cui l'album si apre con la lettura di una brano da parte di Sabrina Ferilli.

 

Martedì, 04 Ottobre 2022 06:27

Il funerale si recita per i morti, non per i vivi

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Non sono stato mai indulgente verso di me e nei confronti della vita, perché ho sempre dovuto andare in salita, fin dalla nascita, a causa delle condizioni familiari che non sono state molto generose. Eppure ciò non mi ha impedito di sperare che "adda ‘finì la nuttata" e che prima o dopo risplenderà la luce in fondo al tunnel. Ma gran parte di questa speranza dipende da noi e dalla "fortuna", o meglio dalle condizioni favorevoli che incontriamo sul nostro cammino. Questa premessa mi induce pensare che, anche questa volta, nonostante la brutta sconfitta elettorale del 25 Settembre scorso, molto dipenderà dalle risorse e dalla tenacia che metterà in campo il PD. E' purtroppo vero che negli ultimi anni (decenni) siamo rimasti ossessionati dal desiderio di stare a tutti i costi al Governo del Paese suscitando nell'elettorato una ripulsa nei nostri confronti, considerati la casta e il potere, sempre e a tutti i costi, il partito dei ministeri, delle amministrazioni pubbliche, degli assessorati. Ci eravamo convinti di essere i "salvatori della patria" e di poter sacrificare, in nome della responsabilità, la nostra identità e la nostra presenza tra la gente. Certo, in molti c'è stata buona fede, ma ciò non giustifica la nostra estraneità e lontananza dai più bisognosi, dai più poveri, dai lavoratori. E' anche vero che il 19% degli elettori ha continuato a darci la fiducia ma ciò non può giustificare il nostro modo di essere, l'assenza di una militanza, la difficoltà di reperire gli scrutatori ai seggi elettorali, una certa puzzetta sotto il naso a dimostrare di essere sempre i migliori. Le sezioni non costituiscono più il luogo del confronto e dell'approfondimento della realtà presente, ma il luogo dove ogni tanto si vota per quella o quell'altra corrente. Un partito moderno e progressista ha assoluto bisogno di princìpi condivisi e di una forte organizzazione, soprattutto in questa fase storica in cui stanno venendo al pettine i guasti profondi che abbiamo inferto alla natura, una guerra folle da parte di Putin in Ucraina, un individualismo selvaggio, un appiattimento generale della coscienze. Ora più che mai c'è bisogno di un partito che sappia produrre idee e le faccia vivere nelle lotte per il  lavoro, la solidarietà, l'onestà, un partito europeista. La sconfitta elettorale non è  stato un brutto episodio qualunque ma la spia di un offuscamento e di un declino dei valori e degli ideali democratici, fondati sulla Resistenza e sull'antifascismo. Purtroppo nel partito contano sempre di più solo i leader e i "caporali; se cade il leader crolla il partito e si passa, indifferentemente, per vie interne, da un capo all'altro. Per ogni prova elettorale andata male, si cambia cavallo (Bersani, Renzi, Letta). Manca la coralità, la lealtà, le regole condivise e rispettate anche dalle  minoranze. Ma tutto ciò (e scusate se è poco!) non deve indurci al lamento e alla flagellazione, e tantomeno allo scioglimento del Partito. Occorre, semmai, coraggio e passione per ricostruire, salvando le fondamenta e la storia di un popolo, di una comunità che ha salvato l'Italia dal Fascismo, dal terrorismo, dalla mafia, restituendo dignità e fierezza a enormi masse di poveri, di operai, di diseredati, di giovani. L'asse fondante della classe operaia si è frastagliata e dispersa in mille rivoli, ma i lavoratori, gli operai, i disoccupati, le persone fragili e indifese sono sotto i nostri occhi, nelle strade che percorriamo, nei quartieri che abitiamo. Bisogna, allora, parlare chiaro e forte, senza se e senza ma, senza rinviare le questioni, senza compromessi e senza pastrocchi. Dobbiamo gridare no alla guerra no alle ingiustizie, no agli extra-profitto, all'evasione fiscale, no alla deturpazione del territorio, no alle disuguaglianze scandalose che gridano vendetta al cospetto di Dio. Ma dobbiamo altresì gridare Sì alla pace, al Reddito di inclusione, al salario minimo, alla scuola gratuita per tutti, alla scuola a tempo pieno, alla riapertura h.24 degli ospedali  territoriali, alla Sanità pubblica, agli asili nido, a una vita dignitosa per tutti. Insomma non bisogna arrendersi e impegnarci davvero a ricostruire un Partito democratico, europeista e del lavoro.

 

 

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa del sindaco di Bassiano Domenico Guidi relativo ad un episodio che sarebbe accaduto ieri in Municipio.

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Oggi (ieri, ndr) – spiega il primo cittadino di Bassiano -, all’interno degli uffici comunali, si è verificato un episodio estremamente grave e tale da mettere a rischio lo svolgimento delle primarie funzioni comunali. I tre consiglieri di minoranza, Giuseppe Fonisto, Ruggero Cacciotti, Marco Lorenzi, sono entrati con fare prepotente ed arrogante nell’ufficio del Responsabile del Servizio Economia e Finanze, da me nominato con decreto del 29 settembre 2022, intimandogli di andare via da quell’ufficio e dal Comune perché non titolato ad occupare il posto (secondo le loro farneticanti opinioni) e, stando alle prime voci raccolte sul posto, minacciandolo di denuncia ove non avesse accettato di lasciare l’ufficio e le funzioni”.

Al verificarsi di questa situazione di violenza verbale nei confronti del Funzionario, in adempimento delle mie funzioni primarie e al fine di assicurare la serenità del funzionario e la continuità dell’azione amministrativa messe a rischio da tale comportamento, – prosegue Guidi – sono stato costretto ad interpellare le forze dell’Ordine, nello specifico il Maresciallo dei Carabinieri della Stazione di Bassiano, che ha prontamente inviato una squadra sul posto al cui sopraggiungere i tre consiglieri di minoranza sono andati via cosicché l’intervento della pattuglia è stato poi revocato. Ho peraltro preannunciato al Maresciallo della locale stazione dei Carabinieri che mi adopererò prontamente per sporgere regolare denuncia riguardo l’accaduto“.

“Il Comune, che mi onoro di guidare, – conclude Guidi – non tollera comportamenti del genere, non li ha mai tollerati e mai lo farà. La Comunità bassianese è fatta di gente per bene, rispettosa dei valori di serietà, onestà e responsabilità. La violenza, l’arroganza, la disonestà non fanno parte del nostro bagaglio culturale e, pertanto, saranno respinte con ogni mezzo”.

 

 

Giornata impegnativa quella di ieri per i volontari di Plastic Free. Diversi gli appuntamenti in tutta la Provincia: da Latina a Fondi, da Pontinia a Priverno, da Roccagorga a Maenza. Circa 200 volontari hanno setacciato e ripulito coste e luoghi della nostra provincia raccogliendo immondizia varia e rifiuti ingombranti. Un bilancio sicuramente positivo per l’ambiente che viviamo e per le attività di volontariato ma che fotografa ancora una volta la triste realtà dell’abbandono scriteriato dei rifiuti in ogni dove. Molte zone di periferia sono diventate ostaggio di zozzoni che continuano a inquinare il territorio, mettendo a rischio l’eco sistema e rendendo a dir poco squallide aree meravigliose del nostro territorio. Ancora un grazie quindi ai volontari di Plastic Free e avanti tutta ragazzi.

Domenica, 02 Ottobre 2022 07:06

PD, un partito da rifondare

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Quando arriva la sconfitta, accettala come un segnale che i tuoi piani non sono validi, ricostruisci i tuoi piani e salpa ancora una volta verso il tuo agognato desiderio” – Napoleon Hill.
 
In democrazia le sconfitte fanno parte delle regole del gioco, sono preziose, perfino salutari perché costringono, o almeno dovrebbero, le forze politiche a ripensarsi radicalmente, ad avere il coraggio di imboccare la strada del cambiamento in nome di un bene più alto, dei principi e valori a cui ci si ispira. 
 
Se questo ragionamento vale di fronte a una qualsiasi ordinaria sconfitta, ancor di più oggi dinanzi al disastro del PD nelle elezioni politiche del 25 settembre, le quali hanno cancellato un patrimonio di appartenenze e consensi di intere fasce di cittadini e territori e impongono la rifondazione del partito, che ha finora incarnato solo in parte la sua idea costitutiva e il suo patrimonio valoriale. Sono venuti al pettine insomma i nodi mai sciolti del partito, visione, insediamento sociale, organizzazione, che a lungo e di proposito non sono stati affrontati, neanche alla prova di altre sconfitte. Il tempo delle furbizie e irresolutezze è però finito.
 
In questi anni tanti hanno votato PD turandosi il naso, lo hanno considerato una opzione di ripiego, utile a fermare le destre, insomma il meno peggio e ciò ha illuso cacicchi, signori delle tessere e capicorrente che avrebbero potuto continuare a spadroneggiare in eterno. Alla fine stanchezza, disincanto e rabbia hanno spinto tanti elettori democratici e progressisti a voltare le spalle al partito o ad astenersi. In democrazia gli eletti devono rappresentare i cittadini, i loro bisogni, le loro speranze, la loro visione del mondo, non coltivare soltanto la propria aspirazione a conservare spicchi di potere.   
 
Una classe politica, miope e ripiegata su se stessa, ha rinunciato a fare politica, a conquistare nuovi elettori ed elettrici, si è illusa di poter contare su uno zoccolo duro, su un voto identitario che non c’è più, ha perso il contatto con la base e non è stata più capace di dare rappresentanza ai ceti popolari e meno abbienti, alla classe media e al mondo produttivo, ai lavoratori dipendenti, la classe operaia che ancora esiste e chiamarla così non è affatto una parolaccia. Un paradosso per un partito di sinistra!
 
I partiti nascono e hanno senso se elaborano un’idea di Paese, di sviluppo e di futuro, se ricercano e conquistano i consensi per imprimere un cambiamento nella società. Il PD, dal livello locale a quello nazionale, ha pensato solo a come stringere accordi ed accordicchi tra capibastone, è diventato il partito della responsabilità, del governo, dello status quo anziché del cambiamento. Iscritti e militanti, ridotti al lumicino, sono stati usati per la conta interna e la spartizione a tavolino di incarichi e prebende. 
 
Enrico Letta si è presentato dimissionario e ha espresso la volontà di non ricandidarsi, aprendo la fase congressuale. È troppo facile e comodo dargli tutte le colpe, fargli pagare errori che sono dell’intera classe dirigente ed è ridicolo pensare che basta sostituire il segretario, facendo finta di non vedere che il PD ha da tempo perso il suo popolo e non incarna più le tante solitudini che attraversano il nostro Paese.
 
Un congresso che dia una rimescolata alle carte delle correnti interne, un’operazione di maquillage, un colpo di belletto per cercare di coprire le magagne oltre che inutile sarebbe ulteriormente deleterio. Serve un cambiamento profondo, radicale. È l’intero modello su cui si fonda il partito che va smantellato e il PD va ricostruito su basi diverse. Basta con i personalismi, con gli arrivisti, con quanti pensano al potere per il potere, a conservare solo le proprie posizioni di comando. Occorre azzerare questi meccanismi perversi, aprire porte e finestre, ascoltare chi ha idee diverse, chi ha studiato le trasformazioni sociali di questi anni, prestare attenzione alla rabbia e alla delusione di chi non ha votato il PD o ha fatto fatica a farlo, senza paura di riconoscere gli errori e senza recriminazioni. L’alternativa è andare avanti di sconfitta in sconfitta, assumendosi la responsabilità storica di far sparire dal panorama politico italiano la sinistra democratica e progressista.          
 
Se le destre hanno vinto le elezioni è perché gli elettori hanno giudicato le loro proposte più convincenti e non hanno creduto all’idea di politica e di Paese proposta dal PD e dalla parvenza di coalizione che guidava, ritenendola inadeguata nei contenuti, non rispondente alle proprie esigenze, incarnata da personalità a cui non hanno ritenuto di poter accordare fiducia.
 
La vittoria della destra sovranista e dei suoi alleati satellite chiude definitivamente la lunghissima stagione degli aggiustamenti istituzionali, dei governi tecnici, delle abili manovre di vertice, delle alchimie di palazzo, della sostanziale non attenzione alle sensibilità e alle domande dei cittadini. Il PD deve dimenticare la fase governativa, la logica del “ma anche”, decidere da che parte stare, chi rappresentare e quali interessi difendere, insomma lavorare ventre a terra per ricostruire la propria identità e smetterla con la spocchia di considerarsi superiore, di avere le soluzioni giuste a tutti i problemi e di esprimere una classe dirigente migliore di quella degli altri partiti. Solo così tanti cittadini torneranno ad appassionarsi alla politica e a votare.
 
La sfida che il PD deve raccogliere è di dare voce all’interno delle istituzioni a quella parte di Paese che sta pagando il prezzo pesantissimo di una crisi drammatica che si trascina da anni e non vede davanti a sé una prospettiva di futuro. Serve una sinistra democratica e progressista che punti sulla giustizia sociale, sulla sicurezza sul lavoro, proponga strumenti efficaci per contrastare l’evasione fiscale, riduca le tasse sul lavoro, si occupi della sanità pubblica che vede scappare medici e infermieri malpagati e costretti a turni infami e non garantisce una appropriata assistenza ai cittadini, affronti la tragedia dei salari tra i più bassi d’Europa, proponga di investire nella ricerca, nella formazione dei giovani costretti a scappare dall’Italia per trovare un lavoro adeguato alle proprie qualità senza essere stritolati da clientelismo e nepotismo feudale, ascolti la voce di tutti i cittadini, non solo di quelli che vivono nelle Ztl, ma anche di quanti abitano nelle periferie e nelle campagne.
 
Ripartire dai territori, tornare a fare politica casa per casa, strada per strada, quartiere per quartiere è la strada indispensabile.
 
Serve olio di gomito e suola delle scarpe.
 
Serve un partito che torni a mettersi in ascolto, che abbia la forza delle idee e l’umiltà di confrontarsi con quanti vivono la fatica del quotidiano.

Riceviamo e pubblichiamo l'intervento del circolo Sinistra Italiana di Sezze.

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Sinistra Italiana Sezze, esprime solidarietà ai cittadini del Sud Pontino che hanno subito danni a causa del maltempo.
È ormai chiaro a tutti, che è arrivato il momento di agire per difendere le nostre case, le nostre attività produttive, le nostre attività commerciali dagli effetti catastrofici che i cambiamenti climatici stanno provocando in provincia di Latina.
Se è vero che il contrasto al cambiamento climatico deve essere affrontato in maniera globale, gli effetti degli eventi atmosferici locali devono essere mitigati dalle azioni di prevenzione e manutenzione dei territori frutto di un’adeguata programmazione politica dello sviluppo territoriale.
L’area più interessata dagli eventi climatici che si stanno susseguendo in maniera allarmante sul territorio è compresa tra l’area dei consorzi di bonifica di Latina e della Piana di Fondi.
Il territorio del Centro - Sud pontino è artificiale, frutto delle bonifiche degli anni trenta del Novecento. Terre strappate alle acque. Un’area, proprio perché artificiale estremamente fragile che necessita di una manutenzione quotidiana e una visione d’insieme estremamente complessa.
Ciò che avviene sui Monti Volsci (Lepini, Ausoni, Aurinci) provoca effetti immediati fino alle coste pontine e viceversa.
Le crisi economiche che negli ultimi decenni si sono susseguite a causa della globalizzazione sfrenata hanno modificato il tessuto produttivo del territorio pontino.
Lo slancio delle multinazionali chimico farmaceutiche degli anni 70-80 si è esaurito e le industrie presenti sul nostro territorio si sono ridimensionate ed adeguate al cambiamento. Ciò ha prodotto la perdita di migliaia di posti di lavoro.
I cittadini del territorio hanno dovuto adattarsi al cambiamento andando via o guardandosi indietro.
Per tornare alle radici agricole di quest’area.
In gran parte della zona pedemontana i vigneti sono stati sostituiti da impianti di produzioni di kiwi la cui coltivazione copre assieme alla Nuova Zelanda gran parte del mercato mondiale di questo frutto.
Mentre nella parte costiera, soprattutto sui terreni sabbiosi, la coltivazione in serra degli ortaggi ha monopolizzato gran parte della superficie coltivabile dell’Agro Pontino e della Piana di Fondi.
Le produzioni di quest’area per la maggior parte vengono esportate in Italia e all’estero.
Il MOF (centro agroalimentare all’ingrosso di fondi) é il più grande e moderno centro italiano di concentrazione, condizionamento e smistamento di prodotti ortofrutticoli freschi.
Quello che è venuto a mancare è stata la visione politica del territorio da parte delle amministrazioni pubbliche, che non hanno saputo guidare questi radicali cambiamenti del sistema produttivo, lasciando che lo sviluppo spontaneo di quest’ultimo si evolvesse da solo senza un’adeguata guida politico economica.
Questo approccio politico, tipico del consumismo più sfrenato, ha impoverito il suolo ed indebolito l’equilibrio uomo - natura
La coltivazione di kiwi necessita di grandi quantità di acqua, che in un a zona paludosa non manca di certo, ma il continuo e costante prelievo non permette alla falda acquifera di mantenere un livello costante. E’ tornato il fenomeno della subsidenza. Il terreno si è abbassato ed alcuni canali, soprattutto nella zona di Mazzocchio, non scorrono più naturalmente verso la costa, causando grossi problemi nello smaltimento delle acque meteoriche.
Allo stesso tempo l’enorme superficie coperta da serre, nella zona costiera, impedisce al terreno di assorbire le piogge che scorrono veloci verso il mare mentre l’acqua salata ha contaminato molti pozzi di costieri, rendendoli non più utilizzabili per scopi agricoli.
I continui incendi estivi sulle aree montane hanno indebolito i fianchi delle colline che non riescono più a trattenere il terreno e limitare l’impeto dei corsi d’acqua.
Il consumo di suolo e l’antropizzazione selvaggia ha modificato l’assetto degli insediamenti urbani. Generando innumerevoli problematiche nei centri urbani che non avendo più confini ben definiti hanno difficoltà a gestire i servizi essenziale (principalmente rifiuti e depurazione delle acque).
La soluzione è la decrescita. Limitare il consumo delle risorse migliorando il tenore e la qualità di vita delle comunità umane che abitano i territori.
Il contratto agli effetti dei cambiamenti deve scaturire da una riprogettazione del territorio.
Adeguare e gestire le opere idrauliche delle aree collinari, favorire le coltivazioni che contribuiscono alla manutenzione delle aree e prevengono gli incendi boschivi.
Ammodernare i sistemi di irrigazione delle superfici agricole che garantiscano le coltivazioni senza stravolgere gli equilibri idraulici.
Limitare il consumo di suolo e programmare uno sviluppo antropico che tenga conto degli effetti negativi sul territorio.
Adeguare le aree coperte da serre affinché garantiscano il corretto deflusso delle acque, per limitare l’impeto dei fenomeni idraulici estremi.
Questi interventi sono essenziali affinché il territorio possa continuare a produrre ricchezza mantenendo un ambiente sano e sicuro in grado di garantire alle persone una buona qualità di vita.

 

Luigi Gioacchini del Movimento Libero Iniziativa Sociale torna sulla vicenda scandalosa del cimitero di Sezze. Secondo Gioacchini a distanza di un anno e mezzo ancora si continua a gettare fumo negli occhi ai cittadini. " Riguardo il Cimitero, con una suggestiva cronistoria di fatti, già di ampiamente di dominio pubblico, riportati in deliberazione, il Comune di Sezze  - afferma Gioacchini - continua ad alimentare dubbi ed incertezze. Dubbi ed incertezze che non possono, come al solito, non finire nella solita strumentale ricerca di capri espiatori, continuando a non incidere sulla reale portata dell'argomento e sviando dal fatto che il compito dell'Ente, "in primis", dovrebbe essere quello di eliminare le dolorose vicende che, puntualmente, sono costretti a vivere i sezzesi. Quei sezzesi già ampiamente provati dal dolore per la perdita di una persona cara che si trovano nella impossibilità di poter dare degna e definitiva sepoltura al loro defunto. Con grave danno e nocumento. Naturalmente, come dimostra questa deliberazione, che dice tutto ed il contrario di tutto, il Comune, davanti a tanto dolore, preferisce cincischiare e parlare d'altro". Gioacchini si riferisce alla delibera comunale del 29 settembre scorso relativa agli atti di indirizzo sugli interventi approvati all'interno del cimitero. "Il "top secret" imposto sul lavoro svolto dal "gruppo ad hoc", costituito dal Commissario - aggiunge la nota del MLIS -  che doveva essere reso noto addirittura prima delle elezioni, continua e sulle circa 6 mila tombe abusive, che venivano ipotizzate, vige il più assoluto e drammatico silenzio. Eppure è solo di questo che l'Amministrazione, che di fatto preferisce il fumo negli occhi, dovrebbe rendere conto".

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