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Una sfilata di carretti tradizionali con ragazze e ragazzi in costume setino. Tanti stand pieni di carciofi confezionati nei mazzi tradizionali ed allestiti dalle cooperative agricole locali con composizioni ispirate alla cultura contadina locale. Lunghe file per degustare carciofi preparati secondo le ricette della tradizione e distribuiti gratuitamente. Un asse stradale seppure ampio, comodo e pratico, dai Cappuccini a Porta Pascibella o all’Anfiteatro, non riusciva a contenere l’afflusso dei visitatori. E’ iniziata così la Sagra del Carciofo di Sezze, continuando per oltre vent’anni. Poi è apparsa come decontestualizzata. Non andò bene un tentativo di farne un evento audace, moderno e futuribile, seppur lodevole perché, se non altro, si ispirava ad un’idea, ad un progetto, coinvolgente il centro storico.  A metà degli anni novanta, non più una sagra come una parata. Anche se, bisognerà ammetterlo, quel modello aveva una bellezza ed un fascino fondati sulla semplicità, sulla linearità. Ma Sezze aveva tante altre cose da proporre; un cuore con difficoltà a pulsare. Un motivo di viuzze, lungo e caratteristico, che si snoda nel centro storico; che unisce e collega le decarcie (gli antichi rioni); le vie grandi e le piazze, rare nei paesi di collina; una cultura contadina, e non solo, fatta di oggetti, di attività, di sudore, di parlate e di storie, di poeti e scrittori; di gente orgogliosa e accogliente, contagiata da nuove cittadinanze. Sezze aveva un’anima, sconosciuta agli stessi abitanti, da scoprire e mostrare in un museo vivente, all’aperto, animato dai suoi stessi cittadini e dai visitatori fattisi, tutti insieme, attori e protagonisti. La rivoluzione avvenne per l’interpretazione e la regia del nuovo scenario assunte da cittadini singoli e associati, da comitati e vicinati spontanei ed improvvisati. Non vorrei fare un elenco delle fantasiose e straordinarie iniziative promosse da chi interpretò un’idea dandole un’anima, un’impronta unica, tipica, non riproducibile altrove. Ma qualche iniziativa va citata per aiutare il ricordo e la memoria. Si cominciò banalmente con nuove tavolate allestite nelle piazze nel giro di qualche ora. Si proseguì con l’assegnazione di aree e slarghi storici, non perimetrati come qualcuno vorrebbe a mò di parcheggio, ad associazioni che li gestivano in autonomia secondo un canovaccio concordato. Insieme si discutevano dettagli e reciproci impegni. Si generò una sorta di emulazione. Cominciò, senza una manifestazione di interesse, Pio IX, dando un input incredibile ed un segno indelebile; seguirono i vicinati, come quello di Vicolo della Tinta; singoli cittadini che mettevano in mostra antichi cimeli di famiglia gelosamente conservati, come abiti, arnesi ed utensili. Associazioni radicate fecero conoscere dal vivo l’arte casearia dei pastori. In una strada semidimenticata commercianti associati interpretarono, rivisitandola con originalità e con un tocco di modernità, una tradizione certo non spenta. Quella strada divenne centrale. Comitati ed associazioni in un sol attimo ricrearono a Porta Pascibella atmosfere paesane di una volta; macchine e moto d’epoca comparvero con garbo in contesti superbi da rispettare. Novelli butteri evocarono quel Fagiolino che batté Buffalo Bill. Per non parlare della cucina sezzese interpretata ed improvvisata nei ristoranti all’aperto, mentre banditori e cantori popolari si aggiravano tra la gente. Si potrebbe continuare descrivendo dettagli che hanno reso la Sagra di Sezze, la sagra per eccellenza, uno degli appuntamenti più importanti del Centro Italia. Mi piacerebbe far conoscere un sondaggio somministrato in una di questa nuova versione di sagra per spiegare il livello e la natura del gradimento. Quell’atmosfera creatasi ha contribuito alla nascita di altre associazioni dedite alla riscoperta e valorizzazione della cultura del luogo, dimostrando che le tradizioni sono patrimonio di una comunità e ad essa appartengono; senza di esse hanno un destino segnato.

Oggi invece un asettico avviso, nella pretesa di disciplinare un evento, le sottrae l’anima a fatica costruita; chiede freddamente e con distacco a chi della Sagra è l’artefice, ovvero le diverse associazioni, di manifestare un interesse a partecipare alla 51ma. Nessun incontro, nessuna consultazione, nessuna voglia di interloquire, e manco la volontà di ascoltare qualche voce. Tutto volge alla monetizzazione ed alla commercializzazione, anche della solidarietà e del calore umano. La creatività convogliata a cercare uno stallo, uno spazio pubblico da occupare. Solo il buon suonatore, che il giorno della sagra con il suo banjo suonava al pianterreno di casa, non ne avrebbe il bisogno. Anzi no! L’odierno assessore, lo avrebbe invitato a pagare il dazio per la diffusione in strada della sua musica. Son certo però che lui, il suonatore, come nella favola famosa, avrebbe pagato con il suono della moneta. Nonostante il quadro, però, sono fiducioso che prima o poi qualcuno chiamerà il malcapitato assessore a rispondere del manifesto disinteresse per la cultura e la storia di una città perché ha pensato che una sagra come la nostra possa esser lo stesso bella senz’anima.

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa firmato dai consiglieri di opposizione di Sezze relativamente all'annullamento della Sagra del 10 aprile a Sezze Scalo.

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Ci dispiace veramente tantissimo che l'amministrazione Lucidi abbia annullato la sagra del 10 aprile 2022 programmata per Sezze scalo. Anche questo denota una mancanza di esperienza, una improvvisazione continua un generale fallimento di questa maggioranza dovuto soprattutto al voler fare senza ascoltare,senza ascoltare le opposizioni, senza ascoltare gli uffici che spesso devono correre dietro le iniziative pubblicizzate dagli assessori prima ancora di essere discusse, prima ancora di essere organizzate e prima ancora di essere deliberate. Gli assessori pubblicizzano le iniziative, pubblicizzano gli eventi prima ancora di averne parlato con le posizioni organizzative, prima ancora di aver verificato le disponibilità finanziarie per poterle realizzare,prima ancora di averne verificato,in generale,la fattibilità. Si sta pagando un prezzo molto alto dovuto all'inadeguatezza di diversi componenti della maggioranza e all'incapacità del Sindaco di coordinare,di fare sintesi, di decidere con determinazione e di reggere lo scontro e il confronto politico e amministrativo. Per non parlare del presidente della commissione settori produttivi che, con la 24 ore da professionista, non è stato in grado di imbastire un percorso credibile nell'ambito della stessa commissione da lui presieduta. Intanto Sezze scalo perde un suo appuntamento con la tradizione,con la  tipicità, appuntamento iniziato già da diversi anni, al netto del periodo pandemico,e particolarmente apprezzato. Speriamo finisca presto il periodo degli annunci, dei proclami, dei post e foto su facebook e che inizi il periodo del fare serio e produttivo.

L'opposizione consiliare

Sergio Di Raimo

Armando Uscimenti

Serafino Di Palma

Orlando Quattrini

Alessandro Ferrazzoli

Dorian Briciu

 

 

 

Salta il primo appuntamento della Sagra del Carciofo di Sezze previsto per il prossimo 10 aprile. Salta la prima data, quella programmata per Sezze Scalo, e salta a causa di scarse adesioni e di una organizzazione che ha fatto acqua da tutte le parti. In sostanza le associazioni e le attività di Sezze scalo non hanno aderito alla manifestazione di interesse promossa dall’assessore alle attività produttive del Comune di Sezze Lola Fernandez, al punto che la Giunta ha dovuto deliberare l’annullamento dell’evento “Aspettando la Sagra del Carciofo”. Un buco nell’acqua che mette in evidenza la scarsa organizzazione del settore e dell'assessorato per uno degli eventi più importanti della città. Lo stesso settore Servizi produttivi del Comune di Sezze ha comunicato che “non sono pervenute dalle associazioni e dalle attività commerciali, adesioni ritenute sufficienti a permettere l’organizzazione e la buona riuscita della manifestazione, diversamente da quanto avvenuto per la data del 24 Aprile 2022”. A differenza del Natale Setino a Sezze scalo, dove le associazioni locali avevano dato massima disponibilità e messo in campo tutte le forze e l’esperienza, per poi vedere altri prendersi meriti e tagliare nastri, questa volta i sodalizi dello scalo hanno dato forfait, mettendo in crisi la macchina organizzativa e l'assessore preposto. Non era mai successo che una manifestazione di  questa portata venisse annullata per queste motivazioni. Insomma una bella figura e come continua a dire qualcuno... quale esperienza?

 

 

Si è tenuta lunedì mattina una riunione del Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico presieduta da S.E. il Prefetto di Latina, e composta dalle massime istituzioni provinciali delle forze dell’ordine, il Questore, il comandante provinciale dei Carabinieri e quello della Guardia di Finanza e alla quale hanno preso parte il sindaco di Sezze, la giunta, i consiglieri di maggioranza e minoranza. Sul tavolo diversi temi da trattare sul versante sicurezza in città, ma con l’occasione si è fatto anche il punto sulle recenti iniziative a tutela dell’incolumità della cittadinanza. E’ stato il sindaco Lucidi, a nome di tutto il consiglio comunale, a tracciare un bilancio dell’incontro: “Come accaduto già in passato, anche questa riunione è stata particolarmente costruttiva, grazie soprattutto alla disponibilità dei responsabili provinciali dell’ordine e sicurezza, che hanno sempre un occhio di riguardo e una sensibilità encomiabile rispetto alle diverse criticità che nella nostra città spesso si palesano. Il potenziamento del personale impegnato nel territorio ha premesso un controllo maggiore i cui risultati sono all’ordine del giorno grazie soprattutto ai militari della caserma dei Carabinieri di Sezze guidati dal Maresciallo Ilaria Somma, per gli impegni che assumono ogni giorno sul nostro territorio. La presenza sempre più alta di forze dell’ordine, anche Polizia e Guardia di Finanza naturalmente, rende la città più sicura e la strada che abbiamo deciso di percorrere presto inizierà a dare i frutti sperati”. Sulla sicurezza in generale, ma anche sulla percezione della stessa tra i cittadini, si è parlato a lungo e tutti i presenti sono stati concordi nel mettere in campo una serie di iniziative che possano sensibilizzare le fasce più a rischio della cittadinanza, quelle dell’età pre e tardo adolescenziale che hanno bisogno di certezze anche sotto il profilo strettamente sociale: “Con il Prefetto – ha soggiunto il sindaco di Sezze – si è anche ragionato sul potenziamento della Polizia Locale e, soprattutto, sull’opportunità di attivare progetti di “controllo di vicinato”, che permetterebbero una copertura più incisiva del territorio setino. Inoltre, tutte le forze presenti hanno concordato che sarà di fondamentale importanza attenzionare la gestione dei fondi messi a disposizione dal Pnrr per evitare qualsiasi tipo di infiltrazione criminale”.
Il sindaco ha concluso rivolgendo un sentito ringraziamento al Prefetto di Latina, quale autorità di P.S., per l’azione di coordinamento tra le FF. di PP.  e si è fatto, poi, portavoce dei cittadini nel manifestare  un particolare apprezzamento per l’operato dei Carabinieri della  Stazione di Sezze la cui costante presenza sul territorio viene percepita dai setini con un  maggior senso di sicurezza .

 

 

 

Amministrare una città, (o meglio governarla) è un dovere imprescindibile per chi vince le elezioni. Assicurare la manutenzione del territorio, il decoro del verde, la sistemazione del manto stradale, la raccolta dei rifiuti, la regolamentazione del traffico e dei parcheggi, il buon funzionamento degli uffici, la vigilanza nei quartieri, la prevenzione e la repressione dei comportamenti e atti incivili e vandalici fa parte della ordinaria gestione dell'Ente, è un compito istituzionale doveroso, necessario ma non sufficiente: è ciò che, in gergo, viene definito il minimo sindacale.  Oggi, a causa degli eventi eccezionali che stiamo vivendo, come la pandemia, la invasione criminale dell'Ucraina, gli interventi finanziari ed economici messi in campo dall'Europa con il PNNR, non possiamo accontentarci della normale routine. Nulla sarà più come prima. Si impongono risposte concrete, inedite e coraggiose. Restare fermi sarebbe un'operazione miope e irresponsabile. Qui da noi, a Sezze, appaiono evidenti i mutamenti avvenuti negli ultimi anni. Le classi sociali ed economiche di riferimento, operai, contadini e artigiani, che hanno costituito l'ossatura della nostra economia e del nostro sviluppo, appaiono sempre più frammentate e disarticolate. Il mondo del lavoro non è affatto scomparso ma si è notevolmente modificato e frastagliato. Nuove categorie lavorative hanno sostituito i vecchi blocchi sociali e sono apparsi sulla scena centinaia e centinaia di disoccupati, di giovani in cerca di prima occupazione. La presenza in città di molti cittadini stranieri viene vissuta con indifferenza e con diffidenza. Il senso di appartenenza a una identità comune si sta affievolendo e la vecchia solidarietà del vicinato sta scomparendo. E' un momento difficile, sembra che si voglia dare un calcio al passato e adeguarsi acriticamente alle abitudini e alle mode passeggere e lusinghiere del momento presente. La " diversità" setina, di cui siamo andati fieri, grazie alle conquiste raggiunte nel campo sociale, culturale e sanitario, potrebbe cadere nel dimenticatoio e apparire roba vecchia. Occorre uno scatto di orgoglio. Non si tratta di compiere operazioni nostalgiche e passatiste e di rivangare il passato ma di ricostruire il nuovo. Non servono colpi di testa e fughe in avanti. Tutte le forze sane e riformiste della città devono dialogare e concordare una piattaforma di valori e di progetti condivisi, attraverso una dialettica e un confronto chiaro e proficuo. Non ho capito bene cosa significa, da parte della lista civica "Identità setina" che sostiene la Giunta Lucidi, trasformatesi in Associazione politica. Se non si vuole giocare con le parole, ciò vuol dire trasformarsi in movimento politico, in partito.  Sarebbe una bella notizia, un passo avanti nella chiarezza per uscire dalla nebbia dell'equivoco e dall'indistinto. Trasformarsi in soggetto politico significa scegliere un campo e le relative alleanze. il tempo è galantuomo. E, come, si dice, se sono rose... fioriranno.  

 

 

 

Ventuno interviste, undici canzoni e tre racconti. Sono questi i contributi contenuti nel libro “Puzzle Pasolini” di Andrea Del Monte, giovane cantautore di Latina. Pubblicato dalla Edizioni Ensemble, in occasione del centenario della nascita del poeta, i suoi sono contributi, inediti e interessanti, di personaggi straordinari della cultura contemporanea che, come tessere di un puzzle per l'appunto, provano a ricostruire insieme l’immagine di uno degli intellettuali più controversi del Novecento.  È un libro “musicale” poiché le undici canzoni si possono ascoltare dal QR code di Spotify posto nella bandella della quarta di copertina dello stesso libro o dai QR code messi sotto i testi delle stesse canzoni. Canzoni che non sono altro che le poesie scritte da altrettanti poeti che Del Monte ha poi musicato e cantato. Alla realizzazione delle musiche hanno collaborato John Jackson, che nei suoi trascorsi vanta una lunga collaborazione con Bob Dylan, e Roberto Cardinali, chitarrista nel film ‘Loro’ di Paolo Sorrentino. Circa le interviste, sono state rilasciate da una quarantina fra scrittori, attori, registi e ricercatori, alcuni dei quali hanno conosciuto Pasolini personalmente o hanno lavorato con lui, altri invece lo hanno solo studiato per i suoi romanzi, per i suoi film o per i suoi ‘scritti corsari’. Le loro parole lasciano sulle pagine del libro tracce per approfondire e fare luce su questa icona della letteratura italiana. Eccoli: Enrique Irazoqui, Ninetto Davoli, Federico Bruno, Alessandro Golinelli, Giuseppe Pollicelli, Franco Grattarola, Citto Maselli, David Grieco, Walter Siti, Maria Borgese, Igor Patruno, Alcide Pierantozzi, Fulvio Abbate, Lucia Visca, Susanna Schimperna, Pino Bertelli, Giancarlo De Cataldo, Tullio De Mauro, Emanuele Trevi e Renzo Paris.  Da ricordare che due di loro, Walter Siti ed Emanuele Trevi, hanno vinto il Premio Strega: il primo nel 2013, il secondo nel 2021. Questi invece gli autori delle poesie/canzoni: lo stesso Renzo Paris, Alberto Toni, Giovanna Marini, Fernando Acitelli, Giulio Laurenti, Titti Rigo de Righi, Antonio Veneziani e Tiziana Rinaldi Castro, Claudio Marrucci, Ignazio Gori e Clea Benedetti.  Da precisare che il libro era uscito nel 2015, in occasione del quarantennale della morte di Pasolini, con un altro titolo.  Ora, oltre a essere stato rivisto, è stato arricchito con tre racconti: “Un uomo generoso” di Franco Tovo, “La sua passione per il calcio” di Silvio Parrello e “La sua solitudine” di Renzo Paris. Franco Tovo è stato uno degli attori del film “Mamma Roma”, mentre Silvio Parrello è “Er pecetto” del romanzo “Ragazzi di vita”. I tre ricordano in particolare i loro incontri con il poeta. Scrive Paris: “Pier Paolo mi voleva bene, sapeva delle mie origini sottoproletarie e temeva che prima o poi sarei diventato un 'mostro' come i suoi borgatari”.  Si tratta, in definitiva, di un libro e di un album per capire meglio Pasolini perché a cento anni dalla sua nascita, continua a rappresentare un enigma da risolvere, un rompicapo nella storia della cultura italiana, un “puzzle” i cui incastri sono resi difficoltosi dalla sua immagine sfaccettata e dai misteri che ha lasciato irrisolti.

 

Andrea Del Monte è chitarrista, cantautore e compositore di Latina. Nel 2007, con il singolo “Il giro del mondo” (brano ispirato dal film “Il Grande Dittatore” di Charlie Chaplin) vince il Premio della critica al Festival “Il Cantagiro”. Al suo primo omonimo EP collabora John Jackson, storico chitarrista di Bob Dylan e l'etnomusicologo Ambrogio Sparagna. Con questo disco, raggiunge la Top 20 di iTunes.   Nel 2016, musica e canta la poesia “Supplica a mia madre” di Pier Paolo Pasolini. Infine nel 2019, pubblica il disco-libro “Brigantesse – Storie d'amore e di fucile”, in cui l'album si apre con la lettura di un brano da parte di Sabrina Ferilli.

 

Titolo: Puzzle Pasolini

Curatore: Andrea Del Monte

Editore: Ensemble di Roma

Collana: Varia

Prezzo: 13 euro

Formato: Brossura con bandelle

Uscita: marzo 2022

 

 

La scorsa settimana, dopo aver letto l’eccellente riflessione del Prof Vito Mancuso, ho espresso il mio parere sostenendo che condividevo quanto affermava. Fatto ciò, mi aspettavo che quel mio tormento si placasse. Errore. È cresciuto. Ho pensato quindi di confrontarmi su quanto sta avvenendo e sulle varie prese di posizione che in questo momento ascoltiamo, con il Maestro Mario Thanavaro dal quale, praticamente, ho ricevuto una sola indicazione: PACE. Niente di più. Semplicemente, Pace.

Questo semplice messaggio lo deduco da un incontro dove lui inizia a parlare della malattia, della sua degenerazione, che a volte può raggiungere esiti molto gravi, tipo il dover espiantare un organo e sostituirlo. Ha continuato poi col dire che, come si sa, questa pratica può però anche portare il paziente interessato ad un rigetto dell’organo sostituito. Ecco, questa parola “rigetto” è stata la parola che ha scosso e azzerato le mie convinzioni fin lì raggiunte e, nello stesso tempo, ha illuminato ciò che fino a quel momento ronzava nel buio della mia coscienza e non trovava la via d’uscita.

Avevo detto che anch’io ero d’accordo con l’invio delle armi. L’ho detto, l’ho sostenuto e … nonostante tutto, oggi non sono più convinto. Il tormento è tornato. Come prima e più di prima.

Si, più di prima.

Più di prima perché ho sempre creduto che se la realtà è la risultante delle azioni compiute, a maggior ragione, visto quanto sta accadendo, bisogna attingere sempre con più fiducia e determinazione ai nostri sogni più belli anche se possono sembrarci impossibili da realizzare. Anche se sono decenni che non leggo più una pagina del Vangelo mi torna alla mente un’esortazione che va in questa direzione: “In verità vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”.

Più di prima perché mi sono chiesto cosa è più salutare per noi comuni mortali che a malapena abbiamo la sola libertà di parola e poco altro. È più salutare che noi comuni mortali orientiamo il nostro pensiero e la nostra parola nel pronunciare che si è a favore della consegna delle armi o restare connessi al nostro sentire profondo e affine alla nostra vera e unica possibilità di azione, ovvero, richiedere incessantemente PACE? Quale conoscenza reale e profonda abbiamo noi per poter dire se davvero si sono fatti fino ad ora e stanno ancora facendo tutti gli sforzi immaginabili e possibili per affermare in modo inequivocabile la Pace? A che pro dissociarsi proprio ora da questo profondo sentire, da questa incessante richiesta di Pace portata avanti fino ad oggi? Oggi, in questo momento storico, a che cosa e, soprattutto, a chi servirebbero queste nostre sempre inascoltate parole? Per quale motivo dovremmo pronunciarci, noi donne e uomini, noi “comuni mortali” fino ad ora snobbati, pro o contro la consegna delle armi al popolo ucraino dal momento che ogni qualvolta che ci è stato chiesto se fossimo stati disponibili ad imbracciare un fucile abbiamo sempre risposto NO? Quali scelte conseguenti ha prodotto, praticamente, nel versante del disarmo, questo nostro pronunciarci a favore di una politica del disarmo?

Le risposte che abbiamo davanti agli occhi penso siano eloquenti.

Detto ciò penso semplicemente che se ci lasciamo trascinare dalla corrente del prendere posizione pro o contro la consegna delle armi al popolo ucraino che è stato brutalmente invaso da una manciata di criminali nati e vissuti in Russia, questo non farebbe altro che operare una curvatura, una deformazione della nostra coscienza. Penso che, a questo punto, questo sarebbe l’ultimo atto, il colpo di grazia che verrebbe dato alle coscienze che hanno creduto fino ad ora di poter realizzare un mondo dove si possa vivere in pace, in armonia e fraternamente.

Operare una curvatura, una deformazione della mia coscienza. Questo il rischio  che, a mio parere, stiamo correndo. Operare una curvatura della coscienza trascinandola vicino, se non addirittura in contatto con quelle posizioni che ritengono che una aggressione armata si risolve solo ed esclusivamente esibendo le armi da ambo le parti. Tradotto: tutto ciò che viene detto sulla pace è puro esercizio retorico buono per i salotti radical chic. Questo ennesimo gioco di tifoserie condotto dai nostri comodi salotti è a questo punto estremo che potrebbe condurci se non prestiamo la massima attenzione.

Detto ciò, questa curvatura che si sta operando sulla coscienza ovviamente produce dapprima un allontanamento di questa dalla sua natura premurosa e creativa, per condurla poi a contatto con quanto di più oscuro, confuso, aggressivo e la incanala quindi in quella dimensione, in quel regno oscuro dell’animo umano che produce quello stato ansiogeno che porta “naturalmente” verso quella paura che genera competizione, indifferenza, conflitto, sopraffazione. In una parola: distruzione (e, ovviamente, autodistruzione).

È a questo punto che ho pensato che ognuno deve essere semplicemente ciò che sente di essere ed agire ed esprimersi in base al potere che effettivamente ha.

Quindi, per difendere e preservare la natura luminosa della mia coscienza, anziché ripetermi che per difendere la vita bisogna consegnare le armi, ho deciso di ripetere a me stesso, inspirando PACE ed espirando SIA, PACE SIA - PACE SIA - PACE SIA 

È un atteggiamento pilatesco? Chissà. Forse si o forse no. Una cosa è certa: al potere non c’era il “popolo” c’era Pilato. È forse ora che Pilato, visto che ha sempre ambito così tanto al potere, si assuma le sue responsabilità e pronunci lui, ovvero tutti i “Pilato”, in modo solenne, le famose parole (seppur parafrasandole) “che le colpe dei governanti non ricadano sui governati”. E visto che con le parole hanno fondato tutte le loro fortune, ascoltarle queste, risuonerebbe come un gesto di conforto e di coraggio.

Concludo quindi dicendo che mi auguro che coloro che hanno tutti gli elementi per valutare le modalità che possono condurre alla fine delle ostilità li valutino e li utilizzino con saggezza e compassione per l’umanità. Ci conducano quindi, loro che si sono proposti a Guida dei popoli e delle coscienze, alla fine di questa guerra e di tutte le altre guerre e operino affinché in tutto il pianeta si svuotino gli arsenali e regni effettivamente la Pace, senza però dimenticare che la Pace si costruisce giorno per giorno, momento dopo momento. E come ogni cosa che va costruita, affinché sia ben fatta, vanno rispettati tutti processi e vanno utilizzati con maestria tutti gli strumenti appositi. La Pace, anch’essa, si costruisce. Lavorando su se stessi. Tutti, nessuno escluso. Compito quindi delle Istituzioni è favorire davvero questo processo di conoscenza (e non semplici processi volti all’acquisizione di pure nozioni funzionali al puro esibizionismo individuale) e dare a tutti gli strumenti adatti per compiere questo lavoro. Cosa che, a mio modesto parere, oggi non sta avvenendo. Anzi, avviene molto spesso il contrario. E quello a cui assistiamo altro non è che la conseguenza di una volontà atta ad esaltare l’ego, le apparenze, la separazione, la competizione, la lotta, in poche parole ad esaltare, o meglio, eccitare gli individui per mantenere l’umanità avvolta dai veli dell’ignoranza.

Ci tengo comunque a precisare che con tutto ciò detto non voglio in alcun modo ergermi a giudice delle scelte che ognuno fa e le fa, sono sicuro (almeno per la stragrande maggioranza delle persone), in perfetta buona fede ed esse non possono sfuggire al grado di evoluzione della coscienza raggiunto da ciascuno. Ecco perché, ribadisco,  è vitale che le Istituzioni favoriscano davvero questo processo di conoscenza di se stessi.

E, se vogliamo vivere in pace e armonia, torniamo sempre lì: “Conosci te stesso”.

PACE SIA … … …

 

 

Il Comune di Sezze è tornato in possesso della struttura adiacente il lago Mole Muti, rimessa a nuovo grazie ad una serie di interventi negli scorsi anni e poi concessa al gestore del servizio idrico integrato in città, Acqualatina. Il Comune di Sezze e  la società hanno firmato nei giorni scorsi il verbale di riconsegna di una parte dei locali tecnici che la stessa Acqualatina non utilizzava in accordo con il delegato del gestore Giorgio Stagnaro e con quello dell’Ato4, Umberto Bernola. Il sindaco di Sezze fa sapere che è intenzione del Comune di usufruire della struttura quale sito ricettivo come già fatto in passato da associazioni di volontariato. La struttura rientra in un sistema di valorizzazione dell'area che comprende il sito delle orme del dinosauro, l’Arnalo dei bufali, fino ai luoghi dove è stato scoperto il dipinto rupestre dell’Uomo a Phi”.

 

 

 

 

Memoria è impegno. Onorare chi ha pagato con la vita il diritto alla dignità di essere uomini, opponendosi alla disumanità delle mafie, alla violenza, alla sopraffazione contro la propria famiglia, la comunità in cui si vive. Memoria è richiamo contro la indifferenza, per segnalare che la paura si sconfigge con la affermazione della legalità. Perché combattere le mafie significa adempiere alla promessa di libertà su cui si fonda la vita della Repubblica, e che la criminalità organizzata tenta, in ogni modo, di calpestare e opprimere” (Sergio Mattarella - Presidente della Repubblica).
 
La memoria non rappresenta soltanto il fondamento dell’identità di ogni persona, per cui la sua cancellazione produce il dramma della perdita della coscienza di sé, ma anche dell’etica, della capacità di discernimento del bene e del male. Fare memoria significa custodire le esperienze vissute, farle oggetto di riflessione approfondendone il senso, ma anche imparare a distinguere il positivo dal negativo, renderla un criterio orientante le scelte, coerentemente con quanto sperimentato e creduto essere giusto, bello e vero. Insomma la memoria consente di trovare nel passato uno strumento di interpretazione del presente, un’indicazione per costruire il futuro e una luce nei momenti di crisi. Tale funzione vale per i singoli individui, ma anche e soprattutto per una comunità. Un Paese senza memoria o che la manipola e falsifica, rimuovendo le vicende più controverse e dolorose, demolisce i pilastri su cui è fondato, ruba a se stesso la speranza, poiché solo la coscienza degli errori consente di non ripeterli, la consapevolezza dei propri limiti e delle proprie fragilità permette di migliorare, di evolvere culturalmente e socialmente, di costruirsi pienamente a dimensione umana.
 
In questi ultimi anni il nostro appare sempre più un Paese affetto da una grave perdita di memoria e di conseguenza in forte crisi di identità, divenendo terreno di conquista di demagoghi di vario genere, i quali sono campioni nell’intercettare le paure e lo smarrimento di quanti hanno perduto i legami con la propria storia e offrono identità rassicuranti. Ricostruire una memoria viva e condivisa è condizione essenziale per ritrovare fiducia e speranza, poiché nel vuoto e nelle manipolazioni trovano spazio i ladri di dignità, i profittatori, i corrotti e le mafie, che perseguono gli interessi di pochi a scapito del bene comune. 
 
La progressiva rimozione dal dibattito pubblico, particolarmente da quello politico, e la residualità del tema del contrasto alle mafie, ricordato per lo più in occasione di anniversari e come avvenuto il 21 marzo per la Giornata Nazionale delle Vittime Innocenti della Violenza Mafiosa, assumono carattere di estrema pericolosità. Il silenzio, la disattenzione e l’inerzia nella lotta alle mafie da parte di forze politiche e anche di pezzi dello Stato sono un pessimo segnale, interpretato dai clan come un via libera alla propria proliferazione, all’occupazione di interi territori, alla loro opera inquinante e illegale che ruba il futuro, altera i processi democratici nelle istituzioni rappresentative, condiziona l’economia e sottrae diritti e libertà ai cittadini, assoggettandoli, arruolandoli o inducendoli a divenire funzionali ai propri traffici, facendo leva sulla marginalità sociale, culturale e reddituale in cui vivono.
 
Infatti, contrariamente a quanto si potrebbe credere, le mafie non sono state debellate e cancellate, semplicemente non sparano, non fanno attentati eclatanti, raramente sfidano apertamente le istituzioni, hanno scelto la strada di mimetizzarsi, di curare gli affari nell’ombra, continuando anche a controllare interi territori ma soprattutto infiltrandosi nelle zone grigie, dove trovano complicità insospettabili ed inaspettate.
 
Un elemento su cui occorre fare l’attenzione è poi che oggi le mafie hanno carattere transnazionale. Esistono reti di collaborazione tra le diverse organizzazioni, le quali hanno appaltato strategicamente le attività a più basso volume d’affari e più forte impatto sociale e criminale, come prostituzione, gioco d’azzardo e piccolo spaccio, a gruppi minori e si sono concentrate nella gestione di affari più redditizi, come il traffico di armi, di rifiuti radioattivi e organi, l’immigrazione clandestina e in occasione della pandemia dei vaccini. Il fenomeno mafioso poi non è più legato ad alcune regioni del sud e non ha più senso applicare lo stereotipo, valido fino a qualche decennio fa, della coppola e lupara per descriverlo, ma riguarda tutto il nostro Paese, si intromette negli appalti, nelle attività economiche con pervasività grazie alle ingenti risorse di cui dispone.
 
Le mafie contadine non esistono più, si muovono soprattutto in giacca e cravatta e questo fa sì che l’essenza della mafia più evoluta finisca per coincidere con l’apporto esterno. Da qui la necessità, finora rimasta inevasa dal legislatore, di risolvere la carenza normativa in materia di concorso esterno in associazione mafiosa, che richiederebbe una maggiore definizione dei confini entro cui considerare reato i contributi offerti dai soggetti esterni. La ragione dei ritardi è evidente: i contributi esterni arrivano per lo più da quanti ricoprono incarichi  istituzionali o posseggono capacità economiche, insomma i cosiddetti colletti bianchi.
 
Tuttavia al di là dello strumento normativo, sicuramente insostituibile e necessitante un continuo aggiornamento al mutare della realtà, occorrono progetti culturali per le scuole, le famiglie, i luoghi di lavoro e azioni concrete che portino lo Stato a stare concretamente al fianco delle persone, al posto delle mafie. Come nessun potere può basarsi e reggersi solo sulla coercizione, così il contrasto alle mafie non può limitarsi alla repressione penale senza prosciugare le fonti del consenso di cui si alimenta.
 
Sembrerà un’idea banale, ma senza la cultura il contrasto alle organizzazioni mafiose non potrà essere efficace. Avere sempre più persone consapevoli significa sottrarle ai clan, disporre di risorse umane da impiegare contro di essi e costruire insieme un altro pezzo di speranza: soltanto insieme il desiderio di cambiamento diventa forza di cambiamento.
Ha vinto il dissenso civile, le battaglie fatte per e con la gente. Sinistra Italiana di Sezze parla così del ritiro della delibera sull'impianto di Compostaggio. 
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Ci siamo battuti per primi ritenendo l'impianto non necessario per il nostro territorio. Abbiamo analizzato la tematica in maniera scientifica insieme ad Europa Verde, MGS, PCI.  Pur essendo favorevoli agli impianti di compostaggio come "sistema" secondo noi su Sezze non c'erano i presupposti per realizzarne uno. Abbiamo sottolineato più volte la frettolosità di questo progetto e la mancanza di una visione globale.
Dopo tanti comunicati, dopo aver portato numeri e non chiacchiere il compostaggio non verrà realizzato. Un plauso all'opposizione democratica, al dissenso civile, a tutti coloro che in qualche modo abbiano sposato la causa.
La situazione dell'immondizia va analizzata globalmente come globale deve essere la visione della città.
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