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"All'indomani della unanime quanto infelice presa di posizione della maggioranza amministrativa della nostra Città, decisa a proseguire nei suoi intenti, ovvero nella richiesta del finanziamento per la realizzazione dell'impianto di compostaggio nei pressi dell'entrata di Sezze, perché Sezze Scalo è Sezze e non un mondo a parte, esprimiamo vicinanza ai nostri concittadini e solidarietà ai consiglieri di minoranza (Di Palma, Quattrini e Uscimenti) che, a conclusione del Consiglio, tenutosi nella giornata di ieri, hanno occupato, giustamente, il Palazzo comunale". Così Anna Palombi e Luigi Gioacchini solidali ai consiglieri comunali in protesta e contrari ad un impianto che andrebbe a compromettere il territorio e la qualità della vita di tutti i cittadini. Palombi e Gioacchini aggiungono: "Ribadiamo fermamente la nostra contrarietà all'impianto di compostaggio presso il sito identificato alle porte di Sezze Scalo (centro abitato, punto di riferimento di tutta la Città, nonché località agricola di tutto il paese); fermi nel ribadire, a gran voce, che con un dialogo costruttivo si possa trovare la soluzione migliore per lo smaltimento dei rifiuti salvaguardando la salute di tutti noi e del nostro ambiente. Chi ama Sezze non può restare inerte dinanzi ad una decisione di siffatta gravità imposta da 10 consiglieri di maggioranza, oltre al loro Sindaco (che, è bene rammentare, rappresenta, si e no, un sezzese su 4), noncuranti della contrarietà della Città. La rappresentatività popolare  - aggiungono - non accetta le decisioni imposte senza un previo dialogo con la Comunità; in particolar modo, a prescindere dai meri calcoli elettoralistici, quando tali decisioni vanno ad incidere sui Beni primari quali sono la Salute e l' Ambiente. Invitiamo, pertanto, tutta la Comunità ad essere unita nel dire NO all'Impianto! Un No che vuol dire SI alla tutela della nostra salute e del nostro ambiente (già fortemente compromesso) per il nostro oggi ma, soprattutto, per il futuro delle nuove generazioni".

Anna Palombi
Luigi Gioacchini

Domenica, 06 Marzo 2022 06:47

L'Ucraina e il Diritto Internazionale violato

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La guerra è sempre una sconfitta dell’umanità con il suo carico insopportabile di sofferenze, morte e distruzioni. 
 
Vladimir Putin si è assunto la responsabilità storica, politica e morale di aver riportato la guerra nel cuore dell’Europa. L’intervento armato contro l’Ucraina è una gravissima violazione del diritto internazionale e un’aberrazione dei suoi principi. I due Ordini Esecutivi riguardanti il riconoscimento unilaterale delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk, sono una ridicola messinscena per giustificare un’azione militare diretta ad assoggettare un popolo, mascherandola da operazione di peacekeeping e di liberazione dell’Ucraina dai nazisti, frutto di una visione antistorica e di una logica imperialistica e liberticida.
 
L’Ucraina è uno stato autonomo, identificato sul piano del diritto internazionale secondo i confini riconosciuti dalle Nazioni Unite, dalle organizzazioni internazionali e dalla comunità degli Stati e l’intervento armato condotto dalla Russia contro di essa è contraria alla Carta dell’ONU che all’art. 2 paragrafo 4 impone agli Stati di astenersi nelle loro relazioni dalla minaccia o dall’uso della forza dirette “contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato”. La rivendicazione storica della comune madre Russia e la necessità di difendere le minoranze russofone, ripetute ossessivamente nei suoi discorsi da Vladimir Putin, sono vuota retorica, sono storicamente e culturalmente infondate e non possono comunque rappresentare alcun casus belli, tantomeno in nome del principio dell’autodeterminazione dei popoli. Un simile richiamo che giustifica le c.d. guerre di liberazione nazionali, è previsto solo in circostanze precise, come quando i popoli sono costretti a lottare contro la dominazione coloniale, l’occupazione straniera e i regimi razzisti (I Protocollo addizionale del 1977 alle Convenzioni di Ginevra, art. 1, paragrafo 4;Patto sui diritti civili e politici del 1996, art. 1). È escluso che il diritto di autodeterminazione si estenda alle minoranze etniche, che possono reclamare il riconoscimento dei diritti civili e politici e dell’autonomia amministrativa senza mettere in discussione l’integrità dello Stato di appartenenza. Salvo i casi espressamente previsti, nel diritto internazionale il principio della sovranità e della integrità territoriale dello Stato è inviolabile e non esiste alcun diritto alla secessione. Peraltro l’autodeterminazione non è un diritto riconoscibile neanche ai “movimenti secessionisti che facciano capo ad un popolo che coesiste insieme ad altri in uno Stato federale indipendente” (Natalino Ronzitti, Diritto internazionale dei conflitti armati, 2017).
 
Questi principi sono stati ribaditi dall’art. 8 bis dello Statuto della Corte penale Internazionale, negli emendamenti adottati a Kampala nel 2010, ed entrati in vigore nel 2012.  La norma definisce con chiarezza il crimine di aggressione internazionale, inteso come “l’uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipen­denza politica di un altro Stato, o in qualunque altro modo contrario alla Carta delle Nazioni Unite” e, richiamando la Risoluzione 3314 (XXIX) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 14 dicembre 1974, specifica le condotte da considerarsi come atti di aggressione: a) invasione o attacco armato di uno Stato del territorio di un altro Stato o qualunque occupazione militare, anche temporanea, conseguenza di detta invasione o attacco o qualunque annessione, mediante l’uso della forza, del territorio di un altro Stato o di parte dello stesso; b) il bombardamento da parte delle forze armate di uno Stato contro il territorio di un altro Stato o l’impiego di qualsiasi altra arma da parte di uno Stato contro il territorio di un altro Stato; c) il blocco di porti o coste di uno Stato da parte delle forze armate di un altro Stato; d) l’attacco da parte delle forze armate di uno Stato contro le forze armate terrestri, navali o aeree di un altro Stato o contro la sua flotta navale o aerea; e) l’utilizzo delle forze armate di uno Stato che si trovano nel territorio di un altro Stato con l’accordo di quest’ultimo, in violazione delle condizioni stabilite nell’accordo, o qualunque prolungamento della loro presenza in detto territorio dopo il termine dell’accordo; f) il fatto che uno Stato permetta che il proprio territorio, messo a disposizione di un altro Stato, sia utilizzato da quest’ultimo per commettere un atto di aggressione contro uno Stato terzo; g) l’invio da parte di uno Stato, o in suo nome, di bande, gruppi, forze irrego­lari o mercenari armati che compiano atti di forza armata contro un altro Stato di gravità tale da essere equiparabili agli atti sopra citati o che parte­cipino in modo sostanziale a detti atti.
 
Il diritto internazionale consuetudinario, già prima dell’art. 51 della  Carta dell’ONU, stabilisce che a fronte di un attacco armato che minacci la popolazione e l’integrità territoriale di uno Stato nemmeno le disposizioni della Carta stessa, che richiedono una risoluzione preventiva o successiva del Consiglio di Sicurezza per autorizzare il ricorso all’uso della forza, possono pregiudicare  il diritto alla legittima difesa posta in essere anche da Stati terzi nei confronti dello Stato aggredito.
 
È di tutta evidenza che l’Ucraina sta subendo una aggressione armata, una violazione della sua sovranità territoriale e l’obiettivo della Russia è di fatto di annettersela, di cancellarla dal consesso delle nazioni libere e democratiche. Siamo di fronte ad un atto intollerabile. L’Assemblea Generale dell’ONU, convocata in sessione di emergenza il 2 marzo 2022 ha votato una risoluzione di condanna dell’invasione. Dei 193 paesi membri, 141 hanno votato a favore, 35 si sono astenuti e 5 contro. La stragrande maggioranza dei paesi ha chiesto la fine della guerra e il ritiro immediato dei soldati russi dal territorio ucraino. Si sono espressi contro la Russia naturalmente, la Bielorussia, sua stretta alleata, il cui territorio funge da retrovia dell’invasione, l’Eritrea, la Corea del Nord e la Siria. Insomma una gran bella compagnia di stati canaglia! Si sono astenuti tra gli altri Cina e India. Le risoluzioni dell’Assemblea Generale non sono vincolanti, hanno solo peso politico, ma in questo caso il voto esprime soprattutto uno schiacciante isolamento diplomatico della Russia.
 
L’Unione Europea e i paesi democratici bene hanno fatto a varare durissime sanzioni economiche e a sostenere concretamente la resistenza dell’Ucraina. Occorre però mettere in campo anche una forte azione diplomatica per arrivare a comporre negozialmente il conflitto, facendo tacere le armi, ristabilendo la legalità, imponendo il rispetto dei diritti umani, dell’autodeterminazione del popolo ucraino, dell’inviolabilità dei confini, della sicurezza e della giustizia.
 
Essere a favore della pace non può farci perdere di vista che di fronte ad una così grave violazione del diritto internazionale l’equidistanza non è possibile perché significa di fatto schierarsi dalla parte dell’aggressore anziché dell’aggredito.

 

Andrea Santucci, portavoce Europa Verde di Sezze sostiene che Sezze "deve dotarsi di un nuovo programma d’azione ambientale e non sostenere finanziariamente opere che potrebbero danneggiare l’ambiente". Il riferimento ovviamente è allo studio di fattibilità approvato per realizzare un impianto di compostaggio a Sezze Scalo. "Il consumismo  - aggiunge- è una forma di paradiso artificiale in quanto genera bisogni artificiali e sempre nuovi. Donne, uomini e bambini di oggi sono intrappolati in una società che crea un disagio permanente e una profonda insoddisfazione. Un cortocircuito pericoloso dove i bisogni artificiali e inutili del consumismo, che fino ad adesso erano ignorati, iniziano ad essere inoculati come un veleno anche nei bambini fin dalla più tenera età. L’ossessione per l’ultimo ritrovato della tecnologia, per l’ultimo capo di abbigliamento firmato, l’ultimo modello di auto e per tutto ciò che è sinonimo di novità , ci sta trasformando tutti in irrefrenabili “malati dell’acquisto”. Per Europa Verde l'idea della maggioranza comunale, così posta, potrebbe rappresentare "una dimensione del carattere artificiale e inutile di alcuni bisogni insita nel sistema capitalistico". Nella sua riflessione Santucci aggiunge :"Presentare un impianto di compostaggio come paradiso artificiale e inutile, può bastare al cittadino setino e a ogni anima sensibile, per rendersi conto che ciò è frutto di un disturbo compulsivo al rito consumistico, di una politica di massa, di accaparrarsi finanziamenti e soldi pubblici. Una riflessione questa desiderosa di produrre pensiero critico su sensazioni provate e per la ricerca di un confronto, di un dialogo proficuo e costruttivo,  per generare un momento che chiarisca le innumerevoli perplessità e ambiguità di una scelta non condivisa dalla maggioranza dei residenti . Una cornice che pone i cittadini setini in un’ immodificabile solitudine".

 

 

Da ieri sera tre consiglieri comunali di opposizione, Serafino Di Palma, Orlando Quattrini e Armando Uscimenti, stanno occupando una stanza del Municipio per protestare contro la decisione dell’amministrazione comunale di Sezze di andare avanti sull’impianto di compostaggio che si vuole realizzare a Sezze Scalo. La mozione di revoca della delibera di Giunta in questione, andata ai voti, è stata bocciata dalla maggioranza del sindaco Lidano Lucidi, una maggioranza compatta e convinta del fatto che un impianto di compostaggio in pianura è necessario per chiudere il ciclo dei rifiuti. I consiglieri di maggioranza intervenuti, però, non sono andati oltre la considerazione che si tratterebbe solo di uno studio di fattibilità, non riconoscendo invece che esso rappresenti comunque una manifestazione di interesse con tanto di progetto, relazione tecnica ed economica e individuazione del sito. A fare scuola, ancora una volta, i consiglieri comunali di opposizione, i quali al contrario dei colleghi di maggioranza, hanno sviscerato l’impatto ambientale di una tale impianto, l’inconsistenza di un vantaggio economico dell’Ente ed il rischio che il tutto possa diventare un ricettacolo di immondizia dell’intera provincia, un sito di lavorazione dei rifiuti sempre scongiurato nel passato. La maggioranza non ha ascoltato ragioni, alla fine è andata avanti e ha votato contro la mozione dell’opposizione. Da sottolineare ancora una volta il linguaggio della massima assiste che sta cambiando in peggio. Alla sobrietà e compostezza del presidente dell’assise dott. Pietro Del Duca (intervenuto tra l’altro per esprimere profondo cordoglio alla famiglia del ragazzo deceduto per un malore a Priverno durante un allenamento sportivo) nel corso dei lavori sono seguiti interventi poco consoni a ruoli istituzionali e più adatti invece ad una partita di calcio e da ultras. Un atteggiamento da parte di qualcuno manchevole di rispetto personale e confacente più ad un linguaggio del corpo che dei contenuti. 

Tornando all’impianto di compostaggio, la Sep di Pontinia dovrebbe essere un monito per tutti. I residenti di questo Comune limitrofo, nel corso degli anni, hanno costituito comitati contro un impianto che ha danneggiato la qualità della loro vita, ha distrutto aziende locali e ha contaminato una zona del territorio molto importante.

A tal proposito sui social è intervenuta anche la dirigente scolastica del Pacifici Sezze-Bassiano, la dott.ssa Fiorella De Rossi, la quale ha lanciato un appello: “Non conosco questo progetto, ma conosco molto bene gli effetti della SEP. I miasmi che arrivano sono nauseabondi e, oltre agli effetti immediati, mi chiedo quali possano essere quelli a lungo termine. Allora lancio un appello. Anche se non abito a Sezze, dico a voi setini di pensarci bene. Solo gli sciocchi non cambiano idea. Riflettete seriamente sull'impatto ambientale e sulla qualità di vita delle persone che tale impianto avrebbe. Certo, qualcuno obietterà che questi impianti servono. Vero, ma bisogna scegliere con oculatezza il sito di destinazione. Non così vicino al centro abitato, non così vicino a campi coltivati. Non ho la soluzione, qualcuno più esperto di me potrebbe trovarla. Quindi, per quel che serve, la mia solidarietà a chi si oppone”.

La protesta dei consiglieri comunali andrà avanti, molti cittadini si stanno organizzando in comitati spontanei contro la decisione della Giunta Lucidi e per dire no a questo impianto piovuto dal cielo, redatto e inviato in fretta e furia presso la sede del MITE (Ministero Transizione Ecologica).

La delusione di molti cittadini cresce, dopo 5 mesi non era necessario fare qualcosa a tutti i costi solo per posizionare una bandierina. Qui non si decide se è più giusto saper utilizzare un App sul conferimento dei rifiuti o se scrivere comunicazioni su un gruppo whatsapp, qui si sta decidendo della qualità della vita di una comunità e degli investimenti di imprenditori locali, il grido di Marco Tomei ne è un esempio. La forza dei comitati civici non deve essere sottovalutata e sbeffeggiata come successo in passato. Si spera che abbiano la forza per far cambiare idea a chi vuole a tutti i costi realizzare questo impianto. Non cambiano idea solo gli stolti. 

 

 

 

 

 

 

"L’ambizione è di disegnare la Sezze dei prossimi decenni definendone la nuova, e condivisa, identità culturale e economica. L’obiettivo è di proiettare tutti gli interventi progettuali per sedimentare la nuova identità valorizzandone le potenzialità con progetti concreti, cantierabili e con linee di finanziamento individuate e al contempo impegnandosi a individuare da subito le soluzioni delle criticità della città". Esordisce così Setiam, la nuova associazione politica che vuole essere un laboratorio progettuale e intende rinnovare profondamente il modo di far politica: "Una politica che parta dalle idee e dai progetti, che aggreghi sui valori. Vuole anteporre il bene comune all’interesse dei singoli. Nell’acronimo sono contenute le principali direttrici della progettualità". L'idea è nata nella mente di Rinaldo Ceccano e sviluppata da un gruppo di amici che si sono dati una forma associativa. Presidente dell'associazione Paola Di Veroli, dirigente scolastico ed ex assessore del Comune di Sezze. 

Sviluppo, Ambiente, Trasformazione, Innovazione e Memoria. Cinque i punti fondamentali su cui Setiam accende i riflettori e intende sviluppare interesse e progettualità.

"Sviluppo. E’ uno degli aspetti fondanti di una comunità. Lo sviluppo  deve riguardare tutti gli aspetti della vita comune e deve essere sostenibile: riciclo dei rifiuti e riuso, riduzione dello spreco, raccolta differenziata, green economy, mobilità sostenibile, protezione dell’ambiente, valorizzazione della biodiversità e dei prodotti tipici, sono solo alcune delle applicazioni dei principi dell’Agenda 2030.
Etica. La sostenibilità è anche sociale ed inclusiva: l’attenzione va ad ognuno, ai suoi bisogni speciali, in un processo che non lasci mai nessuno indietro e promuova il benessere: politiche efficaci sulla sicurezza, sulla salute, sull’istruzione, sul welfare, sulle strutture sportive e sui servizi alle famiglie aumentano la coesione sociale e diventano indicatori di una comunità in buona salute.
Trasformazione. E’ la caratteristica della società postmoderna, dove tutto è cambiamento - per lo più profondo - di forma, aspetto, strutture o di altre qualità e caratteristiche. In questo contesto sempre mutevole, che potrebbe generare diseguaglianze e precarietà, è la politica a dover fornire i servizi e le cornici normative per vincere l’incertezza, avendo ben saldi come principi ispiratori la relazione con gli altri, il senso di appartenenza ad una comunità e l’estremo bisogno di ascoltare ed essere ascoltati.
Innovazione. La politica di innovazione e ricerca è una delle più importanti iniziative europee. L’ente locale può disporre di una serie di strumenti per favorire l’innovazione: tra questi sussidi per le imprese, collaborazioni tra pubblico e privati, bandi e appalti, incentivi sulle tasse. Occorre essere visionari, ossia saper individuare con anticipo bisogni e sviluppi e realizzare soluzioni o idee che non sono ancora state applicate, o migliorare quelle che già sono utilizzate; occorre saper collaborare e comunicare; occorre saper utilizzare la tecnologia,. La chiave principale di realizzazione è l’innovazione amministrativa (formazione del personale, nuovi regolamenti, digitalizzazione dei servizi, politiche di accesso ai bandi europei, smart city).
Ambiente. Occorre promuovere politiche attive in linea con il Green Deal europeo anche a livello locale: sviluppo e valorizzazione dei territori e delle produzioni, tutela degli ambienti naturali e sviluppo del turismo sostenibile. Occorre altresì pensare agli “ambienti immateriali” e progettare efficaci politiche di sostegno all’istruzione ed alla cultura e di promozione del patrimonio artistico ed archeologico.
Memoria. La società non deve essere prigioniera del presente, ma deve progettare il futuro avendo al tempo stesso memoria del passato. Sezze ha una lunga storia e una forte identità: Sacra Rappresentazione, tradizioni religiose, manifestazioni culturali legate ai prodotti tipici, artigianato locale. Le politiche devono mettere a sistema le esperienze e trasformarle in motore di sviluppo". 

 

Ecco la struttura dei vertici di Setiam:

Paola Di Veroli è la presidente, i vice sono Manuela Fantauzzi e Antonio Abbate.


Le progettualità e le azioni intraprese si articoleranno per aree di intervento.


Infrastrutture e Servizi
Filippo Danieli
Trasformazione Urbanistica e Paesaggistica
Amerigo Marchionne

Arte, Cultura e Valorizzazione Territoriale
Franco Vitelli
Grandi Opere: analisi criticità e soluzioni
Giovanni Moraldo
Mappatura dei bisogni sociali e costruzione rete di servizi sociali

Manuela Fantauzzi
Innovazione tecnologica, sociale, culturale

Setiam a margine della nota di presentazione del progetto politico, esprimere con fermezza e determinazione la più dura condanna contro ogni forma di violenza e guerra.

 

 

 

Si torna in aula consiliare oggi pomeriggio a partire dalle ore 16.30. Seduta in diretta streaming sul portale del Comune di Sezze. Tra i punti all’ordine del giorno la convenzione con il Comune di Amaseno per la gestione associato del servizio di Segretario Comunale, argomento questo già “bocciato” in commissione consiliare nei giorni scorsi. Si parlerà poi del regolamento di gestione dei servizi cimiteriali, tema che apre un mondo di conflittualità. Infine si parlerà della mozione presentata dalle opposizioni relativa alla revoca della delibera sull’impianto di compostaggio che la maggioranza Lucidi intende realizzare a Sezze Scalo. Le opposizioni faranno il possibile per scongiurare questa decisione, non si escludono nemmeno azioni esemplari per impedire il proseguimento di tale scelta a dir poco scellerata per tutto il territorio comunale. Dai banchi dell’opposizione qualcuno si è spinto anche a dire che “occuperemo il Palazzo se il Sindaco intende andare avanti senza ascoltare le ragioni della città".

 

Queste fredde giornate d'inverno mi hanno fatto tornare in mente il lungo letargo di molti animali che ritornano a vivere non appena inizia la primavera. L'emergenza del coronavirus, il servizio streaming delle sedute del Consiglio Comunale (guai ad avvicinarsi alla sala dedicata ad A. Di Trapano, cuore della democrazia della città!!), ma soprattutto lo scoppio della guerra di invasione dell'Ucraina, ad opera del dittatore Putin, hanno steso una coltre di silenzio sulla politica della città. Una città in silenzio, ammutolita, dopo i fuochi di artificio e i clamori delle elezioni amministrative del trascorso Ottobre. Si sono spenti i fari elettorali e i partiti sono scomparsi. Una sola manifestazione lodevole dell'ANPI setina ci ha ricordato dell'immane tragedia e delle atroci sofferenze di migliaia di bambini ucraini. Sezze appare, così, una comunità spenta, senza "qualità", direbbe Robert Musil. Purtroppo bisogna ammettere che si tratta della naturale conseguenza del logorio dei partiti negli ultimi decenni (almeno a partire dagli anni Novanta!) e del lento ma progressivo distacco e disaffezione dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni. La narrazione politica, cuore pulsante della partecipazione, è rimasta uno sbiadito ricordo degli anni che ci vedevano protagonisti delle vicende locali, attraverso risultati lodevoli nella sanità, nei servizi sociali, nella scuola, nello sviluppo dell'agricoltura e dell'artigianato, ma anche modello ed esempio per tutti i monti Lepini, e protagonisti nella attiva partecipazione alle vicende internazionali, attraverso lunghi e appassionati dibattiti nelle piazze e nel Consiglio comunale. Cosa, dunque, non ha funzionato in questi ultimi anni? Cosa si è interrotto? E' riduttivo e fuorviante osservare che "i tempi sono cambiati!". Ci sarebbero mille altri modi e mezzi per promuovere la partecipazione. La vera questione è che manca la passione civica e le ragioni per un impegno. Le elezioni amministrative di Ottobre, da questo punto di vista, non hanno né un vincitore né un vinto. Il risultato elettorale appare un fuoco di paglia che, a lungo andare, non lascia alcun segno tangibile e si spegne. Le liste civiche, che hanno vinto, sono ancora alla ricerca della loro "identità". Il PD appare frastornato e confuso dopo la batosta. La Destra di Serafino Di Palma, persona rispettabile perché coerente e onesto, non riesce ancora a metabolizzare e a comprendere  il risultato ottenuto al di sotto delle sue aspettative. Dunque, il vero sconfitto è la politica e la partecipazione delle città intera, (solo la metà degli aventi diritto ha votato!). La posta in gioco, (qualcuno lo diceva) non era la conta delle preferenze, spesso conquistate per ragioni familiari e personali, ma la rinascita di una coscienza civica. Non ha vinto la speranza di ricostruire sul passato e sul patrimonio ideale e valoriale. Ha vinto la semplificazione e la leggerezza della politica, affidata alla quotidianità e alla improvvisazione. Così la storia di Sezze ha subìto un trauma, si è spezzato un racconto che sembrava acquisito e condiviso per sempre dalla stragrande maggioranza della popolazione. Ognuno, in questo stato di confusione e di attesa, si sente in diritto di rivendicare la propria lettura degli eventi, senza fare i conti con il passato da cui bisogna sempre ripartire per non rischiare di improvvisare e di costruire sulla sabbia. Spesso si procede attraverso sentenze non suffragate e attraverso interpretazioni prive di fondamento e decontestualizzate. Il patto con la città e con le istituzioni, tacitamente condiviso nel corso degli anni grazie a lunghe battaglie civili e sociali, sono state travisate e sbeffeggiate. La democrazie si conquista ogni giorno e non una volta per sempre: così come i valori e i vincoli di amicizia e di solidarietà. Oggi in politica prevale l'individualismo e il conformismo, l'opportunismo e la convenienza. Le elezioni comunali costituiscono un campanello di allarme per tutti i partiti, per tutti gli schieramenti. Ma occorre uscire al più presto dal letargo politico e far rinascere una nuova stagione di speranza, di passione civica, di impegno concreto. Nulla dovrà essere più come prima. Al di là delle appartenenze e delle distinzioni è necessario un patto istituzionale che sappia offrire alla città un nuovo orizzonte.

 

 

Rischia di tingersi di giallo il motivo per cui la Casa della Salute di Sezze continua ad essere priva del servizio radiologia. Servizio che è invece previsto dalla carta dei servizi erogati dalla stessa struttura secondo il piano Asl. Ad infittire il mistero, arriva la constatazione che il macchinario c’è, ormai da un anno ma non è ancora entrato in funzione.  Neanche la motivazione della mancanza dei tecnici, può essere più plausibile alla luce delle assunzioni effettuate dall’azienda sanitaria nei mesi topici della Pandemia. Per non parlare dell’apposita sala radiologica, allestita all’interno dell’ala nuova della struttura di via San Bartolomeo, accanto al PAT e mancante solo di poche rifiniture. Proprio il Servizio di Radiologia  permetterebbe di ampliare l’offerta dei servizi erogati dalla Casa della Salute setina il cui personale si ritrova altrimenti impossibilitato a fornire diagnosi strumentali basilari anche nella presa in carico di malattie croniche oltre che per quanto riguarda il reparto di degenza infermieristica. L’entrata in funzione di radiologia andrebbe a riempire un vuoto che si è aperto nel 2015, ovvero dal crollo di una porzione dell’ala vecchia dell’ex Ospedale San Carlo che  aveva impedito l’accesso alla vecchia sala raggi situata accanto al Chiostro. Nel 2019, con l’amministrazione Di Raimo, fu la Commissione Capigruppo presieduta da Enzo Eramo ad indirizzare il percorso di ripristino, anche con l'interessamento del consigliere comunale di opposizione Serafino Di Palma. In particolare risultò fondamentale una riunione a dicembre di quell’anno, cui presero parte  il direttore sanitario della Asl Latina, Giuseppe Visconti e il direttore del dipartimento territoriale  Loreto Bevilacqua. Poi arrivò la Pandemia che ha frenato tutto, ma con la fine dell’emergenza sanitaria, il momento della restituzione di un servizio alla comunità, pare maturo. Si spera adesso che finalmente la ASL attivi il servizio in breve tempo.

 

 

Si è svolto domenica scorsa, presso il Centro sociale degli anziani, il primo concorso “L'Olio delle Colline a Norma”, organizzato dal Capol (Centro assaggiatori produzioni olivicole Latina) in collaborazione con l'Ufficio zonale dell'Uci e il patrocinio del Comune di Norma. Questi i vincitori: al primo posto si è piazzata Cecilia Iacomini, al secondo Claudio Ingrao e al terzo Franco Santucci. Cinque le “Gran Menzioni” assegnate: ad Andrea Carosi, Guglielmo Scarsella, Dario Cappelletti, Ilaria Iacomini e a "Verde Diamante” di Antonio Tombolillo. Oltre a quelli locali, al Concorso potevano partecipare anche i produttori dei paesi limitrofi. Inoltre, era rivolto agli olivicoltori non residenti a Norma che producono oli extravergini con olive coltivate nel territorio locale.  Gli otto oli premiati parteciperanno direttamente al XVII Concorso provinciale “L’Olio delle Colline, Paesaggi dell’Extravergine e buona pratica agricola dei Lepini, Ausoni e Aurunci”, in programma il 12 marzo prossimo a Formia, presso il Centro di preparazione olimpica del Coni. A designare i vincitori è stato un Panel guidato da Luigi Centauri, presidente  del Capol, e composto di tredici assaggiatori del Capol: Patrizia Antonetti, Giovanni Della Penna, Igina De Santis, Giuseppe Emanuele, Marina Ficaccio, Antonio Genovesi, Oscar Mastramanno, Marisa Pietrosanti, Gianni Ricci, Antonella  Simonetti, Isabella Spatolisano, Alessandro Trotta e Vittorio Zaottini.  Allo scopo di incentivare il recupero dei terreni olivicoli abbandonati e le piccole produzioni dei territori caratterizzati da un’alta biodiversità, gli organizzatori del Concorso hanno inoltre rilasciato il “Premio Paesaggi” a tre produttori che negli ultimi quattro anni hanno recuperato i propri oliveti. Eccoli: Alviti Rita (Località Malerba), Roberto Coluzzi (località Stillo Medio) e Daniele Iacomini (Località Felletro). Produttori che erano stati selezionati da Filippo Signore. “Quello degli oliveti abbandonati – ha affermato Centauri – è un problema che riguarda tutti i territori olivicoli italiani. Un problema che, oltre al danno economico, provoca la perdita di identità degli stessi territori, ne compromette la stabilità ed erode la biodiversità locale. Ecco perchè è importante il loro recupero e chi li recupera va premiato. Noi lo abbiamo fatto e siamo stati i primi ad averlo fatto”. Questi gli obiettivi del Concorso: valorizzare i migliori extravergini di oliva prodotti a Norma; stimolare gli olivicoltori e frantoiani al miglioramento della loro qualità; incentivare il recupero degli oliveti abbandonati e le piccoli produzioni nel campo della biodiversità; contribuire  alla diffusione e l'accrescimento della professionalità degli assaggiatori di olio; infine, riconoscere l'importanza  dell'olivicoltura nella tutela e conservazione di un ambiente rurale che è storia della comunità locale.  “Questo concorso, che si è tenuto a Norma per la prima volta - ha affermato il sindaco Andrea Dell’Omo - darà vita a un percorso da fare insieme allo stesso Capol. Nell'ottica di una sincera e sentita valorizzazione dell'olio extravergine e dell'oliva da mensa, l'amministrazione comunale intende inoltre porre in essere azioni e interventi volti a migliorare una delle produzioni più importanti del territorio. Questo è stato il primo step a cui ne seguiranno tanti altri”. Quaranta i produttori in gara. A tutti i concorrenti ammessi alla selezione è stato rilasciato un attestato di partecipazione. Alla premiazione era presente Luigi Riva, referente dell'Uci di Norma, che si è occupato della raccolta dei campioni di olio e  dell'organizzazione della stessa premiazione.  

Sabato, 26 Febbraio 2022 19:31

È guerra nel cuore dell’Europa

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Vladimir Putin ha gettato la maschera.
 
L’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, con un impiego massiccio di uomini e mezzi e una potenza di fuoco scioccante, volta a terrorizzare la popolazione civile, a piegare ogni tentativo di resistenza e a rovesciare il governo democratico legittimamente eletto dai cittadini, precipita l’intero continente europeo nella più grave crisi militare dalla fine della seconda guerra mondiale.
 
L’autocrate di Mosca, dopo avere per mesi sostenuto di essere interessato unicamente alla sicurezza del proprio paese ed assicurato agli interlocutori internazionali la disponibilità e l’interesse ad una soluzione negoziale e diplomatica della crisi, ha sferrato un attacco spaventoso e pianificato da tempo fin nei minimi dettagli.
 
I richiami, contenuti nell’ultimo discorso prima di scatenare l’attacco, alla storia, alla cultura, alla religione, peraltro privi di qualsiasi fondamento, sono stati soltanto il tentativo di ipnotizzare l’opinione pubblica mondiale e di edulcorare le brutali intenzioni di lanciare una aggressione militare contro l’Ucraina. Invero il ricorso alla retorica nazionalista è da sempre uno strumento impiegato da Putin. Lo slogan una nazione, un popolo, una storia riassume la sua prospettiva revisionista e allo stesso tempo ipernazionalista e il tema delle minoranze russe o russofone nei territori dell’ex Urss trova terreno fertile in ampi strati dell’opinione pubblica della Russia, la cui maggioranza rimpiange la fine dell’impero sovietico. Inoltre non è la prima volta che Putin afferma che l’Ucraina non esiste, è tutto un equivoco causato dai pasticci alle frontiere combinati dalla creazione dell’Unione Sovietica ed è “una parte inalienabile della nostra storia, della nostra cultura e del nostro spazio spirituale”. Peraltro, quantomeno dall’estate scorsa, il presidente Putin va declamando in ogni occasione la sua verità storica: Russi e Ucraini sono un popolo, una cultura, una nazione. Si tratta di una precisa strategia politica, funzionale a garantire il sostegno popolare alla sua autocrazia fatta di statalismo, centralizzazione del potere e dominio autoritario. Emblematica è poi la sua condanna tanto della Rivoluzione d’Ottobre del 1917, quanto dello scioglimento dell’URSS del dicembre 1991 che non possiede nulla di ideologico, anche se è intrinsecamente e profondamente politica, e al contempo si fa alfiere della retorica della continuità dell’en Iimpero zarista con l’esperienza sovietica, così come di un sincretismo simbolico che mette insieme aquile bicefale e stelle rosse, icone ortodosse e la falce e martello. La denuncia dello smembramento della Russia storica, che recentemente è giunto addirittura a identificare con l’Unione Sovietica tutta serve da una parte a proporsi come colui che è predestinato a rimediare all’errore storico rappresentato dalla perdita dello status di potenza dell’URSS e dall’altra a sopprimere qualsiasi forma di dissenso e a giustificare la persecuzione degli oppositori politici, additandoli come nemici della nazione. La sovranità delle ex repubbliche sovietiche è accettata solo e soltanto se fortemente asservita all’interesse nazionale russo (come accade in Bielorussia).
 
C’è poi nella politica di Putin un’ossessione per il contagio da democrazia, la convinzione (condivisa anche dalla Cina) del declino dei sistemi liberaldemocratici e l’obiettivo di ridisegnare la mappa dell’Europa, di ridefinirne l’architettura della sicurezza, di creare aree d’influenza attraverso stati cuscinetto, non facendosi scrupolo di ricorrere alle armi e alla guerra. L’Ucraina è solo una pedina di un gioco assai più grande, nel quale il vero nemico sono le democrazie e i valori occidentali. Insomma il problema per Mosca è più politico che militare. Un’eventuale entrata di Kiev nell’Alleanza Atlantica e il dispiegamento di forze americane sul suo territorio costituirebbero certamente una minaccia militare per la Russia ma, pur non sottovalutando questa dimensione dell’attuale crisi creata artatamente dal Cremlino in Ucraina, dobbiamo considerare l’elemento politico. La Russia ha vissuto una breve stagione democratica agli inizi degli anni ’90. Con l’ascesa di Putin, i barlumi di democrazia si sono spenti. Un’Ucraina euroatlantica, liberaldemocratica, attiva partecipante dei processi politici e dell’integrazione europea è una minaccia ben più seria dei reparti militari della NATO schierati a Kiev. Infatti il contagio democratico proveniente dall’Ucraina potrebbe riaccendere le proteste anti-governative russe e i rischi che Putin intravede sono la possibilità della sua cacciata, la fine del suo regime e la riapertura di processi disgregativi nelle aree periferiche della Federazione Russa, che potrebbero portare ad una sua parziale disintegrazione.
 
Il ricorso alla forza militare è diretto non solo a dividere l’Ucraina, destabilizzarla, demilitarizzarla, indebolirne le istituzioni e trasformarla in uno stato vassallo, come risulta evidente anche dall’invito rivolto da Putin ai militari ucraini di prendere il potere con un golpe, destituendo il presidente, esautorando il Parlamento ed instaurando un governo fantoccio con cui solo è disponibile a trattare, ma soprattutto di dimostrare agli altri paesi dell’Est Europa che la Russia è nuovamente una superpotenza con cui fare i conti. Insomma Kiev è un assaggio, il prologo di una offensiva militare e geopolitica più ambiziosa che ha tra i suoi principali obiettivi la Polonia, i paesi baltici e la destabilizzazione dei Balcani, riacutizzando i conflitti etnici e indebolendo l’Unione Europea attraverso l’arma micidiale delle masse di profughi che fuggono dai conflitti armati.    
 
La condanna dell’aggressione militare, lo stop immediato delle ostilità, il ritiro delle truppe russe occupanti, la cessazione d’ogni interferenza interna all’Ucraina e la protezione umanitaria dei civili sono una priorità assoluta. Lo strumento delle sanzioni è il più appropriato per affrontare la situazione ed evitare qualsiasi pensiero di soluzioni militari che potrebbero essere un’avventura senza ritorno, vista la mole degli armamenti a disposizione delle parti e la loro distruttività. Bisogna colpire il potere politico ed economico, le istituzioni finanziarie, fermare le tecnologie avanzate e congelare i capitali esteri degli oligarchi russi.
 
La soluzione duratura dovrà passare attraverso il ripudio del militarismo e il disarmo cibernetico, specie quando riguarda infrastrutture critiche che colpiscono la vita dei civili, affidando alle Nazioni Unite il compito di gestire e risolvere i conflitti tra Stati con gli strumenti della diplomazia, del dialogo, della cooperazione e del diritto internazionale.
 
Una utopia probabilmente ma senza alternative, pena il moltiplicarsi dei conflitti.
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