Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalita' illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie, per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

 

 

 

È tempo di programmare la rete scolastica provinciale e regionale, per adeguare l’offerta educativa e formativa alle nuove tendenze del mercato del lavoro e alle nuove aspettative dei giovani. Nonostante la pandemia e la campagna di vaccinazione in corso, che ci costringe all’immobilismo e alla attesa di una ritrovata e sospirata normalità, non bisogna fermarsi ma guardare avanti e pensare al futuro dei nostri giovani. A tal fine, il Consiglio di Amministrazione del Conservatorio Corradini di Sezze intende svolgere la sua parte, presentando alla Regione Lazio, tramite la Provincia di Latina, la richiesta di un Corso permanente di sartoria, cucito, ricamo e design per ragazze e ragazzi. Fin dalla sua fondazione, il Cardinale Corradini, nel lontano 1717, poneva come finalità dell’Istituto l’educazione e la formazione delle ragazze, che, negli anni, si è tramandata, dando lustro e prestigio all’artigianato femminile di Sezze e del Comprensorio lepino. Si vuole, così, rinnovare e valorizzare una tradizione secolare attraverso un necessario aggiornamento teorico e pratico delle discipline e utilizzando i nuovi strumenti offerti dalla tecnologia. L’idea del progetto è stata condivisa dalla Dirigente dell’Istituto Superiore di Sezze, Anna Giorgi, dall’Amministrazione Comunale ed è stata caldamente sponsorizzata dal consigliere regionale on. Salvatore la Penna. Un’occasione importante da non perdere e da non sottovalutare. La Regione Lazio, infatti, ha da qualche tempo intrapreso la strada di offrire opportunità lavorative ai giovani, finanziando la formazione artigianale, turistica e artistica. Recentemente ha deciso di aprire 9 ostelli e 8 spazi di animazione, gestiti da giovani under 35, restituendo così nuova vita a luoghi incantevoli ma alquanto trascurati, adattandoli all’accoglienza di turisti e all’ organizzazione re al loro interno di attività culturali e non solo. Si tratta di Scuole, caserme, conventi, luoghi di culto non più utilizzati (o sottoutilizzati) per il cui rifacimento la Pisana ha stanziato 6 milioni circa di euro. Ospitalità, cultura, artigianato, turismo. Sono queste le linee guida della Regione. A Sezze, una Scuola di formazione professionale per sartoria, artigianato e design, all’interno del Palazzo monumentale del Conservatorio Corradini, sarebbe una soluzione interessante e intelligente che restituirebbe dignità al vecchio convento in via Matteotti e potrebbe rilanciare un settore che in passato ha coinvolto tante giovani e che offre prospettive di lavoro. Una soluzione concordata con le Suore Collegine, perfettamente compatibile con l’offerta scolastica da loro egregiamente svolta, mettendo in debito conto e salvaguardando la loro autonomia sia negli orari che negli spazi. Entrambe le istituzioni (scuola materna e primaria -Corso di formazione) avrebbero garantita la massima autonomia e indipendenza di gestione e di sicurezza, attraverso ingressi separati. La Regione Lazio, in caso di approvazione del progetto, si farebbe carico della manutenzione ordinaria e straordinaria dei locali e del loro   adeguamento alle leggi vigenti. Si tratta di un impegno e di una sfida per tutti. Un modo serio e non effimero per restituire  vivibilità al Centro Storico della città  e a uno dei mestieri più belli e più antichi del mondo.

 

 

 

 

Mentre il Tar del Lazio ed il Consiglio di Stato hanno respinto il ricorso di Don Massimiliano e detto chiaramente che sul Belvedere di Santa Maria di Sezze “non risulta sussistere un titolo che legittimi il predetto intervento edilizio su suolo pubblico”, l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Sergio Di Raimo fa l’attendista e sul ripristino del Belvedere, nonostante anche il parere favorevole degli uffici comunali, ancora non muove una paglia. Una cosa è certa: il cantiere va rimosso e a deciderlo non è stata la politica ma la giustizia amministrativa. Perché allora il Belvedere non viene ancora liberato dal cantiere diventato una discarica? Una bella domanda, che sembrerebbe condizionata - a torto - da un nuovo accordo dalle parti per trovare una nuova collocazione della Statua di San Lidano in Piazza del Duomo. Ovviamente le due cose sono nettamente distinte e tali devono restare ma è probabile che nel gioco delle parti e negli equilibri politici si stia cercando una mediazione che possa salvare capra e cavoli pur essendo quelle due questioni differenti di cui la prima, quella del ripristino, ormai irrevocabile. Si vocifera che il Don voglia donare la statua e che il consiglio comunale dovrà votare la donazione e poi verificare dove posizionarla. Una nuova storia quindi che però non ha nulla a che vedere con il rispristino del belvedere che dovrebbe essere fatto in tempi brevissimi. Ad oggi però sembra essere stato congelato.

 

 

L’attivazione del servizio di prenotazioni del vaccino anti Covid-19 per gli over 80 è scattata oggi e sul sito prenotavaccinicovid della Regione Lazio è possibile prenotarsi. Le somministrazioni dei vaccini partiranno da lunedì 8 febbraio. Per il momento sono 5 i punti vaccinali distribuiti all’interno della Asl di Latina “individuati in modo proporzionale alla popolazione e secondo una logica di prossimità”.  Si parte con Latina, presso l’Ospedale Santa Maria Goretti; Aprilia presso la Casa della Salute di via Giustiniano; Priverno all’interno della Casa della Salute di Via Madonna delle Grazie; Fondi presso l’Ospedale San Giovanni di Dio e Formia presso l’Ospedale Dono Svizzero. La Asl comunica che “potranno prenotarsi tutti gli over 80, compresi coloro che compiranno gli anni nel corso del 2021.  Prenotando la prima dose viene automaticamente prenotata anche la seconda dose. Si ricorda che il vaccino è gratuito e non occorre la prescrizione del medico di Medicina Generale. Potranno prenotare, sulla piattaforma regionale, anche i familiari. Basta inserire il codice fiscale e selezionare il punto di somministrazione e la prima data utile disponibile. Le vaccinazioni saranno effettuate per ordine di prenotazione”.

 

SI PARTE CON 5 PUNTI VACCINALI, POI SI PASSA A 13 COMPRESO QUELLO DI SEZZE

 

La questione della riduzione delle dosi vaccinali consegnate da Pfizer ha imposto una rivisitazione del piano vaccinale, con 300 dosi giornaliere che per queste prime settimane saranno distribuite per i 5 punti vaccinale equamente. Non appena ci sarà un riallineamento delle dosi vaccinali i punti nella ASL di Latina passeranno da 5 a 13 compreso il punto vaccinale di Sezze. La Regione Lazio, per la stessa ragione, inizialmente aveva previsto circa 300 punti vaccinali ma a causa del taglio delle dosi al momento sono stati aperti circa 85 punti vaccinali. Si spera quindi che entro un paio di settimane si torni a regime e che tutti i punti vaccinali previsti siano attivati.

 

Una volta a Sezze c’erano sei “decarcie”, ossia i famosi quartieri la cui origine risale all’età medievale. A Sezze, infatti, la ripartizione amministrativa era divisa in sei decarcie denominate a partire da toponimi preesistenti (Codarda, Cisternis, Gulletto), oppure da un gruppo familiare solidamente insediato (Strumilo), o ancora da chiese che costituivano il riferimento essenziale del quartiere stesso (S. Pietro e S. Angelo). La Prof.ssa Simonetta Contento, durante la stesura della sua tesi di laurea che ha riguardato l’evoluzione urbanistica della città di Sezze, è stata la prima ad effettuare delle ricerche sull’origine del termine “decarcia” che risalirebbe all’amministrazione bizantina. “Inizialmente- spiega la Contento- la parola si riferiva ad un reparto militare ed in seguito probabilmente è stata usata per indicare quella parte della città che doveva dare un certo numero di soldati, dimostrando che le istituzioni militari avevano un’importanza notevole nel periodo antecedente alla comparsa del Comune fino alla sua istituzione”. All’inizio del XIII secolo i quartieri e le contrade di molti comuni, infatti, assunsero la configurazione e le competenze amministrative. Con la suddivisione amministrativa le decarcie, e quindi i connestabili che ne erano i responsabili, venivano investiti di alcune funzioni di carattere amministrativo e controllavano l’organizzazione militare. “Ogni rione, nello specifico- continua la professoressa- doveva dare uno stesso numero di soldati all’amministrazione”. Tuttavia a Sezze la popolazione era cresciuta in modo poco uniforme ed esisteva una forte disparità tra un rione e l’altro nel rapporto tra popolazione rionale e numero di soldati da fornire. Nel 1279, pertanto, il Comune adottò un provvedimento riorganizzando le decarcie esistenti in modo che ciascuna comprendesse otto gruppi di venti case, a cui andavano aggiunte le 19 dei forestieri che avevano giurato la cittadinanza e gli esuberi, pari a 17, dei rioni di San Pietro e Gulletto che lo sviluppo demografico aveva comportato soprattutto nella seconda metà del XIII secolo. Successivamente vennero scelte delle terre suburbane e, una volta divise in lotti, vennero assegnate a ciascun rione. “In pratica- spiega la Contento- così come era stato diviso in decarcie il centro abitato, allo stesso modo furono individuati dei lotti in pianura che riportavano lo stesso nome dei rioni del centro abitato e che si ricongiungevano ad essi attraverso delle strade maestre”. E’ stato possibile risalire quindi al numero di abitanti presenti nel territorio setino nel 1279, pari a circa 3.984 abitanti. Durante la metà del XIV secolo, in seguito al dominio della chiesa in questo territorio, si attuò un cambiamento nella denominazione delle decarcie sostituendo il nome di chiese e parrocchie a quei toponimi precedentemente citati di carattere non ecclesiastico. Così la decarcia Codarda si è trasformata in Santa Maria, Gulletto in Santa Parasceve, Cisternis in San Paolo, chiesa del Vescovado, Strumilo in Sant’Andrea, mentre San Pietro e Sant’Angelo sono rimasti inalterati. …E così fino ai nostri giorni!

Domenica, 31 Gennaio 2021 07:14

Il disastro lombardo ci riguarda

Scritto da

Atti e parole posseggono un potenziale misterioso e innegabile, tendono a riprodursi, a moltiplicarsi, a creare nel proprio ambito di diffusione un circolo virtuoso se esercitati in modo positivo, una dinamica contraria se invece si qualificano in senso negativo. Prudenza, scrupolosità e sensibilità dovrebbero essere perciò guidarci nell’esercizio dei nostri compiti e di tale dovere dovrebbero sentirsi investiti soprattutto quanti ricoprono funzioni di rappresentanza politica e di governo, i quali dovrebbero possedere una moralità cristallina, un rigoroso senso delle istituzioni democratiche, la coscienza che proprio compito è perseguire il bene comune e le loro parole e azioni possono essere esemplari o devastanti per i cittadini che hanno loro accordato fiducia e guardano.

Lo scadimento morale e culturale della classe politica italiana è cosa nota e sempre più se spesso dalla folla dei politicanti emergono personaggi “fenomenali”, punte di diamante inverosimili. Nella speciale classifica dei politici peggiori primeggiano quasi senza rivali Angelo Ciocca, deputato al Parlamento Europeo della Lega e la neovicepresidente della Regione Lombardia ed assessore alla sanità Letizia Moratti, già sindaco di Milano e Ministra dell’Istruzione.

Qualche settimana fa l’eurodeputato pavese, intervistato nella trasmissione televisiva “Lombardia nera” su Antenna 3 ha denunciato la scelta di mettere a disposizione della Lombardia, un numero di vaccini non commisurato alla popolazione rispetto al Lazio: “E’ possibile se qualcuno vuole fare politica sulla salute della gente, se qualcuno pensa di fare clientelismo territoriale. Si premia una Regione rispetto a un’altra perché una a livello democratico ha un colore rispetto a un altro. I fattori che devono portare alla distribuzione del vaccino devono essere il numero di abitanti, una proporzione fra quanti abitanti ho e quanti vaccini. Non è pensabile che la Lombardia che ha il doppio degli abitanti del Lazio possa ricevere meno vaccini. Poi bisogna valutare quanto l’importanza economica del territorio. La Lombardia, è un dato di fatto, è il motore di tutto il Paese. Quindi se si ammala un lombardo vale di più che se si ammala una persona di un’altra parte d’Italia”. “Addirittura?” ha esclamato sbigottito il conduttore Marco Oliva. Il deputato ha proseguito: “Sì, è un dato di fatto. Se si ammala un lombardo, economicamente, da imprenditori, vale di più rispetto a un laziale. Sulla salute non si può fare politica, ma bisogna fare anche un ragionamento economico per il Paese perché purtroppo, è un dato di fatto, un cittadino lombardo paga più tasse rispetto un cittadino laziale”. Il Lazio avrebbe il doppio dei vaccini rispetto alla Lombardia perché “qualcuno ha detto che vogliono proteggere i ministeriali. Per me invece vale di più un lavoratore, un magazziniere, un commesso, un imprenditore lombardo rispetto a un ministeriale romano. Non perché ce l’ho con lui ma solo che per uscire da questa pandemia dobbiamo investire in debito pubblico e allora dobbiamo mettere in condizione chi produce nel mondo privato di farci affrontare il debito pubblico. Bisogna prima proteggere i lavoratori del privato poi i ministeriali, questo è il concetto, molto semplice. È una riflessione di buon senso, pare strano non investire dove c’è l’incendio maggiore. I dipendenti privati della Lombardia tengono in piedi il paese e allora mi chiedo perché venga prima l’apparato dello Stato, con l’amministrativo del ministero che pure è in smart working. Roma non ruba nulla, semmai prende, la colpa è di chi li distribuisce che fa un torto alla Lombardia e all’intero paese perché si corre il rischio che ci siano tempi più lunghi rispetto a una distribuzione intelligente”.

Ovviamente quanto sostenuto da Angelo Ciocca è totalmente falso. La ripartizione dei vaccini, pur con le difficoltà legate alle ridotte forniture delle case farmaceutiche, sta avvenendo in proporzione agli abitanti delle regioni. Il fatto grave è che non si tratta di semplici dichiarazioni scriteriate di un politico in cerca di visibilità, il quale ha rispolverato le pulsioni padaniste della Lega vecchia maniera. Dopo qualche giorno infatti identica richiesta è stata avanzata, solo in modo meno volgare, da Letizia Moratti, chiamata a sostituire l’assessore alla sanità Giulio Gallera, distintosi per la pessima gestione della pandemia, le memorabili gaffe e il rinvio dell’inizio della campagna vaccinale a dopo le feste natalizie per garantire le ferie al personale mentre la sua regione era travolta dai contagi ed ha il record mondiale di morti per Covid-19 in proporzione alla popolazione. Letizia Moratti ha inviato una lettera al commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, in cui sostiene l’opportunità che i vaccini vengano distribuiti più in fretta alle regioni con maggiore densità abitativa e mobilità, più colpite dal virus e che contribuiscono in modo significativo al Pil nazionale: insomma la Lombardia. La proposta presentata ai capogruppo regionali di maggioranza e opposizione e definita in “in fase di invio” a Roma per essere discussa nella conferenza Stato-Regioni, ha ricevuto il plauso del presidente Fontana, il quale l’ha giudicata “coerente e appropriata”. Dinanzi alle unanimi condanne levatisi, sono arrivate le imbarazzate precisazioni, una tiritera di sciocchezze e giustificazioni penose e senza senso. Secondo la giunta lombarda il vaccino non è un diritto di tutti i cittadini a prescindere dalla ricchezza del territorio in cui vivono e la salute non è un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione, ma un privilegio di quanti hanno di più: idee agghiaccianti, palesemente razziste e indegne di persone che ricoprono incarichi nelle istituzioni.

Come se questo non bastasse il presidente Fontana e l’assessore Moratti hanno fatto finire la Lombardia in zona rossa perché si sono dimenticati di sottrarre dai contagiati i guariti e hanno cercato di far ricadere le colpe sull’Istituto Superiore di Sanità che per ben 54 volte li aveva sollecitati a rivedere i dati inviati. Un errore gravissimo, costato centinaia di milioni di euro alle imprese, ai lavoratori, alle famiglie e alla scuola. Dopo che gli uffici della regione Lombardia hanno corretto i dati e chiesto per e-mail il riconteggio, Letizia Moratti ha dichiarato che non hanno rettificato le cifre sbagliate ma le hanno rivalorizzate (sic!). Ciliegina sulla torta: in seguito alle verifiche effettuate finora il 51% dei vaccinati in Lombardia non è costituito da operatori sanitari, medici ed infermieri in trincea contro il Covid-19, ma persone che in molti casi non ne avevano diritto in questa fase.   

Veramente la Lombardia, uno dei motori economici dell’Italia, merita una classe politica così inqualificabile e sconveniente? Quanto accade a Milano, come anche in qualsiasi altra regione, ci tocca e ci riguarda perché ha ripercussioni sullo sviluppo dell’intero paese ed è uno scempio insopportabile.

Per effetto di un emendamento da me presentato alla Legge di Stabilità 2020 sono stati assegnati 100mila euro al comune di Sezze per la valorizzazione e la tutela del monumento naturale “Fosso Brivolco e superfici calcaree con impronte di dinosauri”. Le orme di dinosauro di Sezze risalgono a 95 milioni di anni fa e sono la più importante scoperta paleontologica del Centro Italia Il finanziamento sarà destinato a realizzare i primi interventi di messa in sicurezza della parete rocciosa, alla protezione delle orme e all'acquisizione dell'area. "L’emendamento in questione - afferma il consigliere regionale Salvatore La Penna - ha previsto interventi di valorizzazione anche sul Monumento Naturale “Bosco di San Martino” di Priverno e “Lago di Giulianello” di Cori. È necessario porre le basi per un nuovo modello di sviluppo dei Lepini che abbia fra i suoi punti di forza la valorizzazione del paesaggio, del capitale naturale e dell’inestimabile patrimonio storico ed archeologico. Voglio ringraziare per il lavoro svolto e per la sensibilità dimostrata l’Assessore Regionale all’Agricoltura, Ambiente e Risorse Naturali Enrica Onorati e la direzione Regionale Capitale Naturale, Parchi e Aree protette, in particolar modo il direttore Vito Consoli".

Il consigliere regionale La Penna

 

Sezze Bene Comune non ha digerito la "non" risposta al question time in merito ai tempi di demolizione del manufatto al Belvedere di Santa Maria. L'assessore Giancarlo Siddera, incaricato dal sindaco Sergio Di Raimo, e al quale è stata passata la patata bollente, è stato evasivo e per nulla convincente. La sua, secondo SBC, è stata una risposta ambigua e fuori luogo perché non espressa. "Nell'ultimo Consiglio Comunale del 26 gennaio, in risposta all'interpellanza del gruppo consiliare di SEZZE BENE COMUNE, che interrogava  circa i tempi previsti per il ripristino dello stato dei luoghi del BELVEDERE - afferma Rita Palombi - è arrivata la risposta dell'Amministrazione Comunale per bocca dell'assessore Giancarlo Siddera che, con un mirabolante discorso pindarico, ci informava di voler procedere ad una richiesta di parere legale, che denota solo tatticismi politici che potremmo definire: " LA MOSSA DELLO STRUZZO". Dopo il pronunciamento del Tribunale Amministrativo Regionale, dopo il pronunciamento del Consiglio di Stato, l'unico parere superiore che ci si potrebbe aspettare  è quello della corte di STRASBURGO. Ci preme ricordare che esiste un'ordinanza, emessa dall'ufficio Tecnico Comunale che intimava ad eseguire i lavori di ripristino dello stato dei luoghi, entro venti giorni dalla data di notifica. L'ordinanza è stata ritenuta legittima dal tribunale amministrativo regionale prima e dal consiglio di stato dopo, ritenendo che i lavori  siano stati eseguiti senza regolare titolo edilizio. Dalla data di emissione dell'ordinanza, tra rinvii e sospensioni i venti giorni previsti  sono abbondantemente trascorsi. A tal fine - conclude la nota - ci  aspettiamo che nei prossimi giorni venga incaricata  un'impresa di fiducia dell'amministrazione comunale per procedere ai lavori di ripristino della piazza e del belvedere secondo le indicazioni dell'ufficio tecnico.  Un diverso atteggiamento risulterebbe OMISSIVO, tanto da innescare ulteriori azioni più incisive e finalizzate alla difesa DEL BENE COMUNE".

 

L'Abbazia di Valvisciolo, dedicata ai santi Pietro e Stefano, situata ai piedi del monte Corvino, ha una storia molto complessa ed alquanto controversa. Nella storia di questo luogo abbaziale infatti si intrecciano le intricate vicende di ordini religiosi, quali i Basiliani, i Cistercensi ed i Templari, che si succedettero nei vari luoghi religiosi pontini.Tale successione di eventi possiamo riscontrarla anche nella nascita e nello sviluppo dell'abbazia sermonetana.Mancando notizie sicure circa l'inizio della sua esistenza, si è diversamente congetturato tra gli studiosi di arte medievale, sulla genesi sia dell'appellativo con cui è stata denominata e sia sulla costruzione. L'abbazia fu probabilmente costruita, nel secolo XI, dai monaci greci basiliani, portati nella campagna romana da S. Nilo nel X secolo. In origine essa fu detta la chiesa di S. Pietro presso Sermoneta. Nel XII secolo i monaci basiliani scomparvero dalla zona, lasciando i loro siti religiosi ai Cistercensi ed ai Cavalieri Templari ( ordine soppresso nel 1312 da papa Clemente V ), che adattarono le modeste strutture edilizie basiliane alle loro diverse esigenze, ricostruendo e riadattando i primitivi edifici di culto.Quasi subito dopo il loro arrivo in Italia, cioè subito dopo il 1116, i Templari si insediarono presso Sermoneta dove ebbero in concessione la "Commenda nel territorio di Sermoneta, per entrate della quale furono concessi molti terreni e vigne e altri,né in quel tempo era Abbadia dei Santi Pietro e Stefano come al presente", così come descrive un anonimo.Detti Cavalieri si dovettero limitare a costruire, accanto alle celle dei Basiliani, degli ambienti per loro abitazione, adatti alla regola ed al tenore di vita che osservavano. Il nome "Valvisciolo" per alcuni studiosi sarebbe stato derivante da "Valle dell'usignolo", nome non appartenente originariamente al luogo attuale, ma ad un altro, situato presso Carpineto, precisamente a Malvisciolo, presso la Valle Roscina, esisteva un'altra abbazia ugualmente dedicata a S. Stefano. In realtà tali studiosi sono caduti in errore perché il nuovo toponimo sarebbe sempre derivante dall'abbazia sermonetana ma risulterebbe un misto tra Malvisciolo e Valle, cioè "Valvisciolo", quale poi è rimasto. L'abbazia invero sorge allo sbocco di una valle, alle pendici del monte Corvino, e la seconda parte del nome deriva presumibilmente dai viscioli selvatici che dovevano crescere presso Malvisciolo carpinetano. Dunque non saranno stati certo gli usignoli a dare l'appellativo al complesso abbaziale.L'attuale Valvisciolo ebbe anche l'appellativo di Marmosolio, che era quello di Doganella dove era esistita un'altra abbazia dedicata allo 2 stesso santo, distrutta da Federico Barbarossa nel 1165, in odio al pontefice Alessandro III. I Cistercensi di Marmosolio si videro quindi costretti a rifugiarsi presso Valvisciolo sermonetano, in quel tempo governata dai Templari. Tale presenza gerosolimitana era giustificata anche proprio dall'esistenza delle zone paludose che sia i Templari sia i loro "cugini" Cistercensi erano soliti bonificare con tanta cura.Dopo la distruzione di Marmosolio quindi i Templari abbandonarono ben presto Valvisciolo per consegnarla definitivamente ai Cistercensi provenienti da questa abbazia distrutta. A questi ultimi monaci dunque toccò il compito di costruire, con la loro particolare arte, la solida ed attuale abbazia. Si può così datare la costruzione dell'odierna chiesa fra il 1165 ed il 1170.Il complesso edilizio quindi ricevette anche l'appellativo di Marmosolio,per rievocazione nostalgica dell'altra, e l'annessa chiesa fu dedicata ai santi Pietro e Stefano.Essa rappresenta il più antico edificio religioso di stile goticocistercense esistente nell'area dei Monti Lepini. Si chiarisce quindi la successione cronologica dei tre monasteri: agli inizi del X secolo esistette Valvisciolo carpinetano,la cui denominazione fu ripresa da quello sermonetano dei Templari. Tale abbazia rilevò anche l'appellativo di Marmosolio di Doganella nell'XI secolo e, passato in mano dei Cistercensi, venne definitivamente ricostruita nel XII secolo e sistemata nello stato in cui ancora ci appare; essa è la sola di quelle altre abbazie che resiste ancora alla rovina ed alla distruzione dovuta al trascorrere del tempo.

SANT’ANGELO SUL MONTE MIRTETO

LA GROTTA-SANTUARIO DEDICATA A SAN MICHELE PROTETTORE DELLE ANIME DEI PELLEGRINI Lasciata Ninfa, si prende un, viottolo bianco sulla destra e ci si arrampica per l’ultima tappa lungo i fianchi del monte sotto Norma, scoprendo un’altra delle costanti del cammino di Santiago. Frequentemente le alture sono dedicate al pesatore delle anime, al giustiziere del drago che insidia il pellegrino scoraggiandone l’andare con le difficoltà e le tentazioni della via. E così da Sant’Angelo del Gargano a Compostella, passando per Castel Sant’Angelo (Roma), la Sagra di San Michele nella Vai di Susa, St. Michel d’Aiguille a Le Puy nell’Alvernia francese, San Miguel in Excelsis a Estella nella Navarra spagnola. E relativamente al tratto d’Appia Pedemontana: 3 per San’Angeletto di Terracina (Monte Giove), Sant’Angelo del Mirteto e Porta San Sebastiano dove l’Appia incontra le mura di Roma. Mentre si sale la vista si allarga ad abbracciare la pianura e il mare. La grotta è circondata da un casolare e dalla chiesa di Santa Maria resti del monastero dell’ordine florense animato dalla presenza dei discepoli diretti di Gioacchino da Fiore, venuti sui Lepini all’inizio del ‘200. Oggi il santuario rupestre è completamente disadorno e lontano dalla descrizione del Pantanelli: «Vicinissimo a detto convento si vede il devoto antro di SantAngelo sopra Ninfa o della Stramma, che ha alcuni altari, pitture e stalli intagliati nei vivi massi di pietra che muovono a devozione» (P.Pantanelli "Notizie storiche della terra di Sermoneta ", Bardi ed. Roma 1972, vol. I pg. 26). Lo spazio fino agli anni venti-trenta presentava leggibili gli affreschi, tra i quali quello di Michele che uccide il drago (fortunatamente riportati su cartoncino dall'archeologa Maria Barosso). Ma la nudità permette l'ascolto del silenzio, cogliendo l'eco del vociare dei pellegrini che accorrevano numerosi in cerca di protezione, e riprendevano il cammino pronti a sfidare il caldo della palude e le imboscate dei banditi: traduzione materiale delle insidie tese dal maligno alle loro anime. Dopo un lungo periodo d'abbandono il sito è preso in custodia dal movimento delle "Domus Cultae", che intendono trasformare l'ambiente in luogo di riflessione culturale e formazione umana. Affacciandosi sulla pianura si nota come il luogo sia una vedetta naturale per il controllo della sottostante Pedemontana che, terminata la sua funzione, va a ricongiungersi con l’Appia nel territorio di Cisterna. Conclusione. Senza mezzi termini l’Associazione Italia - Francia per l’Europa di Bassiano ribadisce la denuncia contro i danni ambientali subiti e i rischi di degrado che la Pedemontana corre: altrimenti l’averne risvegliato la memoria si risolverebbe in un lavoro sterile e inutile. In termini di bilancio finale, i siti illustrati per presentare la seconda parte della ricerca risultano ugualmente funzionali alle strade di pellegrinaggio. Materialmente: sorgenti terapeutiche e osterie in Piedimonte, ospedale a Valvisciolo. Spiritualmente: venerazione delle reliquie di San Lidano nel territorio di Sezze, lucro di indulgenze a Ninfa. Inoltre: l’assistenza ai viandanti degli Ospitalieri Antoniani è potenziata da quella dei Cavalieri Templari (passo di Acquapuzza e Valvisciolo), ordine cui è legato pure l’itinerario alchemico per San Giacomo (iniziazione evocata da cerchio magico graffito, salamandra e conchiglia scolpite nell’abbazia). La memoria campostellana si rivela nei documenti (cronache del capitolo di Santa Maria 4 in Sermoneta), sul piano iconografico (Giacomo Leonardo, Giorgio, Francesco a Selvascura e Michele arcangelo al Mirteto); deriva dalla dedicazione di chiese rurali ai protettori: Antonio abate e Giacomo nonchè Madonna della Stella con evidente allusione alla Via Lattea nella quale si riflettono anche le tracce lepine del cammino di San Giacomo. Finalmente la consapevolezza carolingia è ribadita dalla toponomastica (Fossato di Orlando), mentre si delineano i profili di altri pellegrini per Santiago (Luca e Gualtiero da Sermoneta), per Roma (confraternita di Lecce) e Gerusalemme (Oddone da Sermoneta e Vincenzo da Bassiano). I dati, sommandosi agli elementi forniti con la prima serie di tappe, sanzionano il ruolo della Pedemontana nei movimento dei pellegrinaggi. La via pone così la sua candidatura all’ingresso nel reticolo europeo delle strade per Campostella. Se la verifica dello studio attualmente in corso presso il Centro di Studi Campostellani dell'Università di Perugia darà esito positivo, l'Associazione titolare della ricerca chiederà al Consiglio d'Europa di poter installare nella microregione lepina il cartello "Cammino di Santiago - Itinerario Culturale Europeo" (con la stilizzazione della conchiglia jacopea e la bandiera dalle dodici stelle in campo blu). Chissà che non serva a diffondere tra i cittadini della XIII Comunità Montana e della Provincia pontina la coscienza del valore di un patrimonio culturale e ambientale che va difeso dai vandali di turno, dall'abbandono, dall'oblìo e che va adeguatamente valorizzato: perché appartiene alle regioni d'Europa nel senso delle comuni radici.

IL TEMPIO RUPESTRE DI SAN MICHELE ARCANGELO

 È questo un monastero medievale sorto nelle immediate adiacenze di una grotta la quale, a partire dall'Alto Medioevo, venne usata come tempio rupestre dedicato a San Michele Arcangelo. E posto a mezzacosta tra le rovine di Norba e Ninfa. Seppur con qualche fatica, dato lo stato di conservazione non ottimale delle strutture, è possibile riconoscere gli spazi e gli ambienti nei quali i monaci trascorrevano la loro vita quotidiana. La chiesa non è eccessivamente grande, a navata unica e presenta segni di rifacimenti nel corso della sua vita millenaria. 5 La foresteria è situata a distanza rispetto al resto del complesso monastico; un giardino la divide dagli altri edifici. Nel corso dei secoli, in questo luogo, venne costruito un frantoio che è rimasto in funzione fino al secolo scorso. lì monastero fu sicuramente abitato dai monaci florensi finchè Martino V Papa decise di unirlo a quello benedettino di Santa Scolastica di Subiaco. Diversi saccheggi accelerarono la rovina di Sant'Angelo sul Monte Mirteto e vi fu bisogno di due restauri (1770 e 1832) per prevenire il crollo. Oggi il monastero non è più abitato ed è oggetto di una lodevole iniziativa di recupero ad opera dell'Associazione Culturale "Opera di San'Angelo sul Monte Mirteto" che , originatasi dall'ex Domus culta pontina, raggruppa innanzitutto le attività di varie Domusculte pontine ( Sessana, Normense, Setina ) ed è diventata la guida di gruppi scouts provinciali ( vedasi Agesci zona pontina e relativo gruppo giovanile "Sentiero Luminoso" ). L'Opera intende essere punto di riferimento culturale per tutti i gruppi culturali che operano nel territorio adiacente. L'Associazione, infine, che opera già in contatto con i Centri Coscienza di Milano e di Bergamo, intende restaurare il complesso arcaico e religioso per fondare in esso un Centro socio-culturale di grande respiro ed apertura. Per tale eccellente finalità sono stati organizzati molti momenti di volontariato.

IL MIRTO (Myrthus communis) Il colle che si estende tra Ninfa, Norba e Norma è chiamato Monte Mirteto, fin dall'epoca medievale, proprio per la presenza del Mirto. Infatti questa pianta, nell'ambiente mediterraneo, subentra alla vegetazione originaria distrutta da incendi o coltivazioni. E questa una pianta farmaceutica appartenente alla famiglia delle "Mirtacee" che molta parte ha avuto nella storia e nelle leggende di tutti i popoli mediterranei: fu pianta sacra per i Persiani mentre per gli Ebrei è considerato simbolo di pace e di verginità. La bellezza di questo arbusto sempreverde (alto normalmente da i a 3 metri), che profuma l'aria con il suo delicato aroma sembra giustificare tanta fama. Le foglie possono essere sia ovali che di forma allungata assottigliate alla 6 punta e hanno un colore verde assai brillante. lì Mirto fiorisce in estate. I fiori sono di colore bianco latte ed hanno moltissimi stami sporgenti. il frutto, dal colore nero - ceruleo, è una bacca di forma sferica; si distingue nettamente dal resto della pianta per il suo riflesso metallico. il Mirto vive comunemente nell'ambiente della macchia mediterranea in unione con altri vegetali caratteristici. È presente in quasi tutto il bacino mediterraneo ed anche in Asia Minore, in Persia e perfino in Afghanistan. Tutte le parti della pianta possono essere distillate per ricavarne un olio chiamato "acqua di mirto", il quale viene usato sia in profumeria, che come medicinale. Molte specie di uccelli mangiano questo frutto per il suo sapore aromatico.

 

Un’interrogazione posta da Serafino di Palma del gruppo di minoranza Biancoleone nel question time del consiglio comunale del 26 gennaio, apre uno scenario imprevisto (non imprevedibile) che  potrebbe avere risvolti decisamente seri per quanto riguarda il rapporto Comune-SPL.
Da quanto si è potuto apprendere, anche a causa di un audio disturbato, esisterebbe un atto di diffida  scritto dal responsabile dell’Ufficio Tecnico, indirizzato alla SPL  che viene diffidata in quanto inadempiente circa alcune procedure che riguardano il servizio di igiene urbana e smaltimento rifiuti.
L’Ufficio tecnico, in pratica, avrebbe ripetutamente richiesto alla SPL, il tracciamento dei flussi di rifiuti raccolti tramite comunicazione dei quantitativi di rifiuti conferiti e i corrispettivi percepiti in base agli stessi conferimenti al Consorzio di Filiera.
La SPL finora non ha ottemperato all’obbligo previsto da contratto e ciò potrebbe far scattare delle sanzioni e la revoca delle deleghe.
Questi i fatti; cosa significano?
1) La mancata comunicazione delle somme percepite per il conferimento delle frazioni riciclabili, non permette il conteggio delle stesse a bilancio e tanto meno la possibilità di ridistribuire le stesse somme per abbassare la tariffa pagata dai cittadini sotto forma di Tari.
2) Le percentuali di raccolta differenziata fatte registrare dal Comune di Sezze che figura stabilmente negli ultimi posti dei Comuni della provincia di Latina potrebbero essere non veritiere. Il mancato conteggio delle frazioni differenziate, potrebbe alterare pesantemente le stime dei rifiuti prodotti facendo conteggiare tutto indifferenziato.

 

 

Domani la città di Sezze si fermerà un minuto per ricordare tutte le vittime del Covid19 della nostra città. Il consiglio comunale riunito domani per una seduta ordinaria, osserverà prima un minuto di silenzio per le vittime dell’olocausto nel giorno della memoria e poi alle ore 11 per ricordare i cittadini setini deceduti dall’inizio della pandemia. Il presidente del consiglio comunale di Sezze Enzo Eramo, unitamente a tutti i consiglieri comunali e al sindaco,  invita tutta la città a fermarsi in memoria dei nostri tanti concittadini che ci hanno lasciato, lo stesso faranno tutti i plessi scolastici e tutte le attività commerciali della città.

Pagina 77 di 141