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Domenica, 11 Luglio 2021 07:31

Abbiamo già dimenticato Seid Visin

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Siamo il Paese dell'integrazione quando sei un giovane talento o quando segni il gol decisivo in una partita importante, ma che si rifiuta di essere servito al ristorante da un ragazzo di colore. Siamo il Paese dell'integrazione quando l'atleta vince la medaglia alle Olimpiadi. Siamo il Paese dell'integrazione che cerca improbabili origini italiane quando l'attrice che ci fa emozionare vince il Premio Oscar, ma che quando in classe con i propri figli ci sono dei ragazzi di colore storce il naso. Io non posso neanche immaginare cosa abbia provato Seid Visin, ma sono certo che un Paese che spinge un giovane ragazzo a fare un gesto così estremo è un Paese che ha fallito” (Claudio Marchisio).

Sono trascorse appena alcune settimane dalla morte di Seid Visin. Nell’immediatezza dell’avvenimento in tanti hanno espresso il proprio cordoglio per la triste sorte di questo ventenne, giovane promessa del calcio italiano, capace di non lasciarsi irretire dalla sirena del successo e del denaro facile e di privilegiare la scuola, hanno speso parole formali e invero assai poco convincenti di condanna per il razzismo. Ben presto è scesa una cortina di silenzio. Dietro la patina dell’apparente unanime indignazione evidentemente per molti è stata solo l’occasione per ritagliarsi spazi di visibilità, per accreditarsi ipocritamente come fautori dei diritti e dell’integrazione, per confondere le acque e celare la propria sostanziale indifferenza e condiscendenza verso l’intolleranza, che contribuiscono a inoculare nel corpo vivo della società con gesti e discorsi inequivocabili e arroganti.

Il clamore passa velocemente, mentre il dolore resterà a tormentare le vite di quanti Seid Visin lo hanno conosciuto ed amato ed il resto dei commedianti dolenti tornerà a percorrere i sentieri di sempre, incuranti di essere indirettamente causa di quella morte, così come delle tante sofferenze di donne e uomini, le cui vicende non guadagnano le prime pagine dei giornali, i titoli di apertura nei notiziari televisivi o i post seguitissimi sui social.        

Di fronte al gesto estremo di un ragazzo di intelligenza acuta e impegnato politicamente, pieno di interessi e punto di riferimento per gli amici, siamo disarmati, stentiamo a capire, a trovare un senso. Indagare le ragioni personali che hanno spinto Seid Visin a mettere fine alla propria vita è impossibile. Occorre piuttosto fare un passo indietro, fermarsi in rispettoso silenzio, sospendere i giudizi, evitare ogni illazione. Lo dobbiamo ai suoi genitori, a quanti lo hanno conosciuto ed amato. Se il razzismo, di cui è stato certo vittima o le altre ferite personali lo hanno spinto a compiere un simile passo probabilmente rimarrà per sempre e per tutti un mistero.

Tuttavia non possiamo esimerci dal riflettere sul contenuto della sua lettera, inviata nel 2018 agli amici e al suo psicoterapeuta, nella quale Seid Visin racconta, senza furori ideologici e con grande lucidità, la sua esperienza di ragazzo dalla pelle nera, il clima di ostilità crescente verso il diverso, il razzismo montante nel nostro paese. Leggerla è un pugno allo stomaco, non solo perché forse potrebbe anche spiegare le ragioni del suo gesto, ma soprattutto perché è il ritratto senza sconti della nostra Italia, arretrata, incarognita, incivile e spietata. Sono parole che bruciano, un marchio a fuoco nella nostra carne: possiamo anche ignorarle, ma non possiamo cancellarle. Sono lì, davanti a noi come una pietra di inciampo con cui dobbiamo fare i conti. 

Seid Visin era italiano. Era stato adottato ed aveva la pelle nera. Si era illuso, insieme alla sua nuova famiglia, che la sua storia potesse avere un lieto fine dopo le sofferenze patite nel paese di origine, l’Etiopia, per la perdita di entrambi i genitori naturali. La bella favola dell’integrazione, coltivata sui banchi delle scuole elementari, è andata presto in pezzi, è svanita quando si è affacciato all’adolescenza e improvvisamente si è accorto che il nostro paese, che era anche il suo, ad un ragazzo dalla pelle scura non avrebbe riservato gli stessi diritti dei suoi coetanei dalla pelle chiara. Si è visto trattato con aggressività razzista, è stato oggetto di discriminazione, scherno, aggressione fisica e negazione della dignità. Ha perso il lavoro perché i clienti rifiutavano di essere serviti da lui, è stato accusato di rubare opportunità lavorative e di guadagno agli italiani e ha iniziato a vergognarsi di essere nero. Con alle spalle il trauma dello sradicamento dalla propria terra d’origine, la difficoltà di vivere a cavallo di due differenti culture, la lacerazione dei propri affetti più intimi, sperava che l’adozione avrebbe potuto essere un dono straordinario, un’opportunità di futuro e felicità ed invece gli sguardi delle persone, le parole vomitate contro di lui lo hanno investito efferate, si sono rivelate un incubo.

Subito dopo la notizia della morte non si è fatta attendere la campagna orchestrata dai soliti propagandisti dell’odio, diretta a derubricare l’accaduto, a collegare il suicidio solo ad una condizione di difficoltà personale di Seid Visin, ai possibili disturbi mentali di cui sarebbe stato affetto e così sminuire il problema del razzismo. Un comportamento ignobile, dal momento che i due aspetti sono strettamente legati tra loro e l’uno non esclude l’altro. Bisogna essere assai ingenui o in cattiva fede per cercare una sola e specifica ragione per cui una persona decide di compiere il gesto di togliersi la vita e soprattutto avere la presunzione di individuarla post-mortem. 

C’è poi una cosa sul suicidio che si evita sempre di dire: non sempre è un atto contro se stessi, ma sovente contro gli altri, magari contro qualcuno che si vuol punire. In questa vicenda avverto che i destinatari del gesto di Seid Visin siamo noi, la nostra indifferenza, il nostro cieco odio, la nostra intolleranza, la nostra incapacità di offrire ad ogni persona, senza distinzioni, pregiudizi e discriminazioni, un paese accogliente in cui, nella convivialità delle differenze e nella pari dignità, costruire insieme il comune futuro.

 

Superato il momento più critico, che ha costretto la GKO Company a interrompere bruscamente la passata stagione, l’associazione si accinge a ripartire su tutti i fronti. La compagnia di spettacolo è tornata in scena già domenica 4 luglio a Segni (Rm) con l’opera inedita “L’ospite indesiderato”, nell’ambito del Festival “Radure 2021” organizzato da Regione Lazio, Compagnia dei Lepini e Atcl, mentre la scuola di formazione “Magazzino Centro Studi d’Arte” tornerà invece con “Risvegli”, una performance degli allievi del settore danza della scuola, che andrà in scena venerdì 9 luglio alle 21 presso il Belvedere di Santa Maria a Sezze. Come di consueto, la metodologia applicata alla didattica ricalcherà quella utilizzata dalla compagnia professionale, tant’è che anche “Risvegli”, come l’opera presentata a Segni la prima domenica di luglio, è stato ideato secondo la filosofia del site-specific, a basso impatto ambientale, senza luci né palco, con lo scopo dichiarato di insegnare ai bambini come “incontrare” un luogo e come ad esempio un albero, un lampione o una panchina possano non essere d’intralcio all’esecuzione, ma diventare elementi attivi e parte integrante dello stesso spettacolo: “Proprio il titolo “Risvegli” – ha spiegato il direttore artistico Vincenzo Persi, presto impegnato nella sua attività professionale di danzatore nel tour italiano dello spettacolo "Passo a due" con Nathalie Caldonazzo e Francesco Branchetti – suona come un augurio e un buon proposito per l’anno nuovo”. All’evento parteciperanno, in qualità di ospiti, Giorgia Luccone, Alessandro Mattei e Franco Abbenda.

Domenica, 04 Luglio 2021 04:51

Nel cielo della giustizia volano i corvi

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La magistratura italiana è nel caos e, dopo la vicenda Palamara, è esploso il caso Davigo – Storari. Pessime davvero le notizie dal fronte giustizia.

Partiamo dai fatti, almeno i più rilevanti. Tra fine 2019 e inizio 2020 l’avvocato Piero Amara, imputato a Milano per corruzione e depistaggio delle indagini nella vicenda ENI-Nigeria, raccontò ai PM Paolo Storari e Laura Pedio dell’esistenza di una loggia massonica denominata Ungheria (ora ha corretto il tiro e parla di associazione), composta da magistrati, ufficiali delle Forze di Polizia, imprenditori e professionisti e finalizzata a condizionare la politica e l’amministrazione pubblica. I verbali vennero secretati in attesa di completare la raccolta delle dichiarazioni di Amara ed eseguire i riscontri necessari per aprire un fascicolo di indagine. Tuttavia ad aprile 2020 Storari, ora indagato a Brescia per rivelazione di segreto d’ufficio, consegnò copie dei verbali a Piercamillo Davigo, all’epoca magistrato in servizio e consigliere togato del CSM. Interrogato dai colleghi, Storari ha raccontato che Davigo lo aveva autorizzato a consegnargli i verbali in quanto qualificato a ricevere materiale coperto da segreto per il suo ruolo nel CSM e che l’obiettivo era denunciare l’inerzia o comunque la lentezza del proprio superiore, il Procuratore di Milano Francesco Greco, nell’aprire le indagini sulle rivelazioni di Amara. Motivazioni censurabili, non ultimo perché la pandemia aveva paralizzato anche i tribunali. Comunque se veramente sospettava che Greco volesse insabbiare tutto, avrebbe dovuto rivolgersi al Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano, che per legge poteva avocare l’inchiesta e aprire direttamente il fascicolo. Invece non seguì le norme. Davigo, sempre così attento a formalismi e procedure da essere soprannominato piercavillo, ha confermato di aver ricevuto le copie dei verbali, non gli originali ma semplice materiale a corredo della segnalazione, utile a farsi un’opinione, e solo dopo essersi accertato della liceità dell’acquisizione. L’ex PM di Mani Pulite ha spiegato di non aver consigliato all’amico Storari di seguire le vie formali in quanto avrebbero comportato il disvelamento delle indagini con i guai conseguenti. Ricevuti i verbali Davigo non li consegnò né ne parlò solo con i vertici del CSM, ma li mostrò a un altro magistrato, consigliere anch’egli del CSM, per spiegare la rottura del proprio rapporto con il collega di corrente Ardita, accusato falsamente da Amara di far parte della loggia massonica, e per le scale del palazzo del CSM all’on. Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia. Dopo che Davigo andò in pensione, la responsabile della sua segreteria al CSM inviò una copia dei verbali a dei giornalisti, che li giudicarono una polpetta avvelenata e non li pubblicarono e per questo è anche lei indagata. I PM De Pasquale e Spadaro, che hanno sostenuto l’accusa nel processo ENI-Nigeria, conclusosi con l’assoluzione degli imputati da parte del Tribunale di Milano, su segnalazione di Storari risultano a loro volta indagati per aver omesso di produrre nel processo dichiarazioni e documenti che scagionavano gli accusati. Insomma un vero e proprio ingarbuglio…..

Sulla base delle leggi vigenti le attività delle procure, compresa la scelta di avviare un’indagine, rientrano nella discrezionalità dei procuratori capo ed è esclusa una competenza valutativa del CSM, cui spetta solo la funzione di controllo e vigilanza delle condotte dei magistrati sotto il profilo disciplinare. Edmondo Bruti Liberati, già presidente dell’ANM ed ex Procuratore della Repubblica di Milano, ha giudicato la vicenda dei verbali e delle presunte indagini frenate dal Procuratore Greco incomprensibile. Infatti a definire i rapporti tra CSM e uffici giudiziari è una circolare del 1994, che Bruti Liberati sostiene vada letta integralmente e non parzialmente, come ha fatto Davigo per giustificare il proprio operato. Il principio generale è che al CSM è precluso ogni intervento su indagini e processi e possono essere acquisiti elementi sui procedimenti penali in corso, anche coperti da segreto istruttorio, solo al ricorrere di questioni disciplinari, di incompatibilità ambientale dei magistrati o criticità organizzative degli uffici giudiziari. Alle procure spetta inoltre valutare se trasmettere subito o ritardare l’invio degli atti in base alle esigenze investigative, fermo l’obbligo della segretezza su quanto trasmesso. La circolare non prevede che tale attività possa essere svolta dai singoli consiglieri del CSM.

Intanto Piero Amara è stato nuovamente arrestato, questa volta nell’ambito di una indagine promossa dalla Procura di Potenza per aver corrotto l’ex Procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo, il quale è sottoposto a obbligo di dimora.

Al di là di tecnicismi e formalismi giuridici, il tema vero è che la magistratura vive la più grave crisi nella storia della Repubblica, una crisi di credibilità, nel rapporto con la società e le altre istituzioni, e soprattutto di identità, che viene da lontano e che dovrebbe interrogare i magistrati sulle responsabilità individuali e collettive per linguaggi e comportamenti per lo meno imbarazzanti. In gioco ci sono l’equilibrio tra i poteri dello Stato e i diritti dei cittadini. Il CSM è ridotto ad una agenzia di bollinatura di decisioni prese altrove dalle correnti e spesso vengono promossi magistrati senza competenze ma con gli agganci giusti. In tal modo viene di fatto messa in discussione l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e sottoposto a controllo l’esercizio dell’azione penale. È perciò urgente una riforma complessiva e di sistema. L’avvocatura propone la separazione delle carriere, che in questo momento potrebbe rivelarsi sfavorevole perché, a parte ogni altra implicazione, potrebbe moltiplicare i centri di spartizione dei posti anziché eliminarli. Istituire una corte disciplinare esterna al CSM, composta con i medesimi criteri della Corte Costituzionale, permetterebbe valutazioni dei magistrati più obiettive sotto il profilo disciplinare e l’applicazione di sanzioni fuori dagli scambi di favori tra correnti. Una nuova legge elettorale per il CSM potrebbe essere positiva se congegnata per scardinare il correntismo ed eleggere magistrati di prestigio e valore. Tuttavia è illusorio pensare che possa essere risolutiva: dal 1958 è stata cambiata sette volte senza grandi risultati. Se il Vicepresidente del CSM fosse scelto dal Presidente della Repubblica si eviterebbero patti preliminari tra candidati e esponenti di correnti e partiti che ne condizionano il funzionamento e inficiano l’autorevolezza. Soprattutto occorre il coraggio di proporre un modello di magistratura alternativo a quello burocratico e impiegatizio, che tutela a qualsiasi costo i giudici senza tener conto il più delle volte di capacità e professionalità. La perdita di credibilità può essere fermata solo se la magistratura riacquisterà una prospettiva istituzionale, superando l’attuale autorappresentazione corporativa, e la consapevolezza di essere al servizio della giustizia e non delle carriere dei singoli.

 

 

È uscito il volume Sezze alla fine dello Stato pontificio (1855-1871) curato da Giancarlo Onorati e Marco Miele con la collaborazione del laboratorio di ricerca storica “Semata” dell’Istituto superiore “Pacifici e De Magistris” di Sezze. Il libro è stato pubblicato dal Centro studi storici sul Lazio meridionale “Semata” e raccoglie in modo organico le ricerche d’archivio condotte dagli alunni del laboratorio su alcuni aspetti della storia setina negli anni di passaggio dallo Stato pontificio al Regno d’Italia. La copertina del volume riproduce il disegno “La fontana di Pio IX” di Umberto De Angelis (Farza).

Il libro è diviso in tre parti. La prima parte ricostruisce le vicende relative alla realizzazione dell’acquedotto che portò l’acqua della fonte sant’Angelo all’interno degli abitati di Sezze e di Bassiano. A partire dal 1855 le magistrature setine inviarono diverse petizioni al pontefice Pio IX per risolvere l’annosa questione della mancanza di acqua potabile e il papa autorizzò immediatamente con un rescritto l’utilizzo di fondi dell’eredità Pacifici-De Magistris. Tuttavia passarono più di dieci anni prima che la condotta fosse costruita unitamente alla fontana monumentale di Piazza De Magistris. I problemi maggiori, oltre alla necessità di contenere le spese, erano di carattere tecnico e furono superati con l’utilizzo di tubi innovativi (sistema Petit) costruiti in Francia e capaci di resistere a pressioni idrostatiche molto elevate. Durante gli studi preliminari al progetto l’architetto Tito Armellini, affiancato dal fisico di fama mondiale padre Angelo Secchi della Compagnia di Gesù, prese in considerazione anche l’ipotesi di sollevare l’acqua delle sorgenti Sardellane ma dovette scartarla perché avrebbe creato problemi all’utilizzo della Mola Muti che era vitale per l’economia del territorio. La condotta fu inaugurata nel luglio del 1866 alla presenza del cardinale Karl Reisach prefetto della Congregazione degli studi.

La seconda parte del volume tratta del fenomeno del brigantaggio cosiddetto postunitario nella zona lepina e pontina concentrandosi sugli episodi accaduti a Sezze. Tra questi spiccano il rapimento di monsignor Luigi Turchi, fratello del pittore Giuseppe, l’uccisione di due briganti in contrada Foresta e l’omicidio di un uomo di Sezze, Vincenzo Filigenzi, avvenuto nella palude pontina.

L’ultima parte trascrive integralmente la Relazione sul censimento 1871 eseguito in Sezze, un documento che non è presente nei cataloghi delle biblioteche italiane e straniere e che è stato messo a disposizione dalla famiglia Danieli di Sezze. La trascrizione è comprensiva di note esplicative utili alla contestualizzazione del documento.

La Dirigente scolastica dell’Istituto superiore “Pacifici e De Magistris” di Sezze, professoressa Anna Giorgi, ha espresso soddisfazione per questa pubblicazione cui hanno lavorato gli alunni Elena Calvano, Alessandra Caponi, Aurora Fega, Azzurra Giubaldo, Lorenzo Onorati, Chiara Paladinelli, Alessandro Palombi, Leonardo Paolangeli, Giancarla Rossi, Rostyslav Kravchenko, Francesco Serra, Matteo Toti e Alessia Vitelli.

Il professor Onorati e Marco Miele ringraziano in particolare Filomena Daniela, Franco Vitelli e Fausta Cantarano che hanno messo a disposizione documenti originali di importanza fondamentale per capire molti aspetti della ricerca che è stata condotta principalmente negli archivi di Stato di Roma, di Frosinone e di Latina.

 

Nella foto il prof. Giancarlo Onorati

 

Il gruppo Biancoleone critica duramente il servizio porta-a-porta per come viene attualmente gestito dalla SPL Sezze, che si trova nella necessità di effettuare giri supplementari di raccolta dei rifiuti indifferenziati, per raccogliere considerevoli quantità di rifiuti tal quali, impropriamente lasciati per intere giornate sulle strade cittadine. In un comunicato stampa Serafino Di Palma e Paride Martella affermano : "L’amministratore Unico della SPL Avv. Rosella e l’ex Sindaco Di Raimo in un comunicato esprimono soddisfazione per i risultati raggiunti dal servizio porta a porta a Sezze, con la raccolta differenziata al 35%. A parte la inattendibilità del dato perché a Sezze la raccolta differenziata è al 31,5% ed in Provincia di Latina siamo terzultimi con alcuni comuni che hanno raggiunto nello stesso anno l’84%. Il Comune di Sezze pur avendo avuto negli anni contributi dalla Provincia di Latina di milioni, mantiene la raccolta differenziata al 31,5 %, mentre le norme nazionali e regionali nel 2020 avevano fissato l’obiettivo al 65%. E’ pura follia parlare a Sezze solo di raccolta porta a porta su un territorio con una superficie di Kmq 102,00 e di 250 KM di strade. Se non viene ribaltata la logica di questa politica miope, negli anni futuri continueremo a vedere per intere giornate sulle nostre strade accumuli di buste con dentro l’immondizia. I Sacchi davanti ai portoni e lungo le strade determinano inquinamento ottico, degrado urbano e contrastano con il rilancio turistico della nostra Città. Poniamo la domanda all’ex. Sindaco e all’Amministratore della SPL:  “perché non hanno adottato il progetto di una società di ingegneria di Roma del 2017 mirato alla riorganizzazione ed efficientamento del servizio di Igiene urbana ed incremento della raccolta differenziata che la fissava nel 2020 al 65%”. Non hanno attuato quel progetto tra l’altro commissionato dalla stessa SPL al costo di Euro 17.000,00, perché vogliono mantenere in piedi il carrozzone. Con le due soluzioni previste dalla società di ingegneria si andava a modificare completamente la gestione della raccolta dei rifiuti, dimezzando tra l’altro i costi. Attualmente i costi della raccolta rifiuti a totale carico dei contribuenti di Sezze è di Euro 4.300.000, mentre con il progetto ammontavano a circa 2.000.000,00. Cosa dire poi del girone dantesco infernale della cosiddetta isola ecologica di via Valle Pazza dove gli operatori sono costretti a lavorare in condizioni disumane. Di Raimo - continua il Biancoleone -  poi fa riferimento alla tariffa puntuale che come è gestito attualmente il servizio non può essere applicata, perché non vi è la possibilità di pesare il rifiuto e di associare ogni quantitativo prodotto ad un’utenza specifica". Il gruppo Biancoleone con riferimento al calcolo della tariffa, fa presente agli elettori che la pesatura del rifiuto è la migliore pratica adottata da moltissimi Comuni Italiani per far pagare alle singole utenze esattamente quanto da loro viene prodotto, secondo il principio noto in Italia come Tariffa puntuale. "Il meccanismo di pesatura consente non solo di stabilire una tariffa equa per il servizio, ma anche di incentivare nei cittadini comportamenti virtuosi, ovvero di favorire la separazione dei rifiuti riciclabili, in quanto questi ultimi non entrano normalmente nel conto di quanto dovuto dagli utenti per le spese di smaltimento. Sulle tematiche della raccolta dei rifiuti il gruppo Biancoleone esporrà i propri programmi ed aprirà un dibattito con gli elettori".

 

 

 

Cori, Roccagorga, Sezze, Itri e Ventotene. Eccole le cinque tappe pontine del “Girasoli Tour”, il viaggio in bici, organizzato dalla Cooperativa Utopia 2000 onlus di Sezze, alla scoperta di alcune realtà italiana impegnate a costruire uno sviluppo sostenibile e un’economia solidale nei propri territori. A Cori, i protagonisti di tale viaggio, ossia il presidente e membri del consiglio d’amministrazione della stessa Cooperativa Utopia 2000, arriveranno domani, 1 luglio, e incontreranno, oltre agli amministratori comunali, gli operatori dell’asilo nido “Il Bruco Verde”. Invece, il 2 luglio, dopo aver incontrato a Carpineto romano, i dirigenti dell’Associazione “Mondo Futuro”, nata in ricordo di Lisa Briganti, una giovane ragazza scomparsa prematuramente l’anno passato, che aveva a cuore i temi della promozione e della tutela dell’ambiente, l’inclusione sociale e la sostenibilità del pianeta, visiteranno il Gruppo appartamento per minori “Zagor” di Roccagorga e nel pomeriggio saranno ricevuti dalla dirigente scolastica Anna Giorgi e da alcuni docenti dell’ISISS “Pacifici e De Magistris” di Sezze. Da ricordare, che in questo Istituto scolastico, la stessa Cooperativa ha recentemente avviato un progetto di collaborazione con cui due storiche società sportive setine, che fanno capo alla medesima Cooperativa, svolgeranno in particolare  la propria attività negli spazi dello stesso Istituto. Infine, il 3 luglio, nella mattinata è previsto l’incontro con i titolari della Chocolart di Itri, la cui produzione è caratterizzata dall’utilizzo di alcune tipicità del territorio. A tal proposito, per il “Girasoli Tour”, ha prodotto una barretta energetica con farina di carruba. Nel pomeriggio invece i partecipanti si imbarcheranno per Ventotene e faranno tappa alla Casa alloggio per anziani, all’interno della quale è stata realizzata anche una Casa famiglia per donne in difficoltà, un progetto intergenerazionale gestito dalla stessa Cooperativa. “Girasoli Tour” è in pratica un viaggio di 3500 chilometri, fatto interamente in bicicletta,  nell’Italia che resiste, come recita “Viva l’Italia”, canzone di Francesco De Gregori, nell’Italia empatica e innovativa. Sono 33 le tappe del tour, che è partito a Bevagna il 10 giugno scorso e si con concluderà il 15 luglio. Utopia 2000 è un’impresa sociale attiva da 22 anni e opera soprattutto nei territori dell’Umbria e del Lazio. È specializzata in servizi educativi, in progetti di agricoltura sociale e nell’organizzazione di grandi eventi. I suoi dirigenti sono impegnati da sempre nella ricerca di percorsi virtuosi di economia civile attraverso i quali il benessere collettivo possa essere percepito come la migliore strategia per la crescita individuale. Ecco, sulla base di queste premesse è nata anche l'idea del “Girasoli Tour”. Questo il motivo per il quale il viaggio è stato chiamato così: Perché i girasoli sanno sempre da parte voltarsi. Al seguito di tale viaggio c’è una troupe televisiva capitanata da Renato Chiocca, giovane regista di Latina, che realizzerà un docufilm e le 33 tappe verranno raccontate in un libro.  Patrocinato  dalla Regione Umbria, Comune di Bevagna, Comune di Assisi, Comune di Verona, Comune di Villafranca Veronese, Comune di Cori, Comune di Monte Argentario, Comune di Roccagorga, Comune di Ventotene e dalla Compagnia dei Lepini, l’iniziativa è sostenuta dall’economista Stefano Zamagni, presidente dell’Accademia pontificia delle Scienze sociali, dal sociologo Flaviano Zandonai, esperto di Innovazione Sociale, Elly Schlein, vice presidente della Regione Emilia Romagna,  e da Alessandra Clemente, assessore alle Politiche giovanili di Napoli. Ha ricevuto il plauso del Ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini e del presidente della Regione Veneto Luca Zaia.

 

 

Dopo un’attesa di diversi mesi dall’uscita editoriale, sabato prossimo 3 luglio, alle ore 18 presso il cortile parrocchiale della Cattedrale di Santa Maria a Sezze, in occasione dei festeggiamenti dei Santi Patroni Lidano e Carlo da Sezze, verrà presentato l’ultimo libro di Luigi De Angelis, Il Regno di Dio - Pienezza che si dispiega - Meditare e pregare le parabole del Regno, 2020, Porto Seguro Editore. L’autore, 53 enne avvocato e setino purosangue, già autore di 3 testi su argomenti di fede e di religiosità (In cammino con Cristo sulla via della croce, 2008 – Donne di fede, 2012 – Rallegrati Piena di Grazia, 2015), torna in libreria con un testo che ha l’obiettivo di contestualizzare e riflettere - facendone anche occasione di preghiera - sulle diverse parabole evangeliche che Gesù pronunciò durante i suoi tre anni di predicazione terrena. Si tratta di parabole/racconti metaforici che contengono ancora oggi, seppur ambientati nella vita quotidiana della Palestina di quel tempo basata generalmente su agricoltura e pesca, perle di saggezza cristiana, occasione di meditazione personale e riflessione sull’attualità dell’annuncio cristiano nel terzo millennio. Introduce e modera Franco Abbenda, mentre presenteranno il libro Padre Federico Lombardi (gesuita, fino al 2016 Direttore della sala stampa della Santa Sede con i Pontefici Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco) e la Prof.ssa Enrichetta Cesarale(docente presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma). Nel corso dell’evento, che si terrà all’aperto ma con il rispetto delle necessarie cautele di distanziamento interpersonale, sarà presente l’autore, sarà possibile acquistare il libro e saranno letti alcuni passaggi del libro.

Luigi De Angelis, autore del libro

 

 

 

 

 

Questa notte finestre chiuse nel centro storico perché verrà effettuato un intervento straordinario di disinfestazione contro le blatte. L’intervento verrà effettuato nelle ore notturne a partire dalle ore 24 fino al termine delle operazioni pertanto, tutta la cittadinanza, è invitata a tenere chiuse, durante l’intervento, porte e finestre, ed evitare di esporre all’esterno indumenti e/o sostanze alimentari. Il Comune di Sezze avvisa inoltre che successivamente verrà reso noto il calendario di interventi sul territorio comunale per la disinfestazione e derattizzazione.

 

 

Il nostro è uno Stato laico, non è uno Stato confessionale. Quindi il Parlamento è certamente libero di discutere – ovviamente, sono considerazioni ovvie – e di legiferare. Il nostro ordinamento contiene tutte le garanzie per assicurare che le leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il concordato con la Chiesa” (Mario Draghi).

Le parole del Presidente del Consiglio Mario Draghi, pronunciate nell’aula del Senato, pacate nei toni e ferme nella sostanza, costituiscono la riaffermazione solenne della laicità delle istituzioni e della sovranità del Parlamento, cuore della nostra democrazia, politicamente e costituzionalmente legittimato a legiferare senza limiti e condizionamenti di sorta in qualsiasi ambito e chiamato a rappresentare i cittadini, a perseguire gli interessi generali del paese, il bene comune, così come declinabile nel particolare momento storico. Si può essere o meno d’accordo con il suo contenuto ma il disegno di legge Zan, approdato in Senato dopo l’approvazione della Camera dei Deputati, non viola affatto il Concordato tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica e la Nota Verbale della Segreteria di Stato è un grave errore sotto il profilo diplomatico, una indebita ingerenza nel processo formativo di una legge da parte di un soggetto estraneo alle istituzioni repubblicane, anzi propriamente di un altro ordinamento giuridico statuale. In Italia le leggi le scrivono i parlamentari, eletti democraticamente dai cittadini, i quali rappresentano la nazione tutta intera. Senza contare poi che questa entrata a piedi uniti nel dibattito politico, oltre a ridare voce allo scontro fuori tempo tra clericalisti e anticlericalisti, di cui davvero non si sentiva l’esigenza, finisce per collocare la Chiesa al fianco di uno schieramento partitico, per avvallare le posizioni politiche di quanti ne sposano argomenti e valori non per adesione a suoi insegnamenti ma per lucrarne vantaggi in termini di visibilità e di consensi elettorali. 

La posta in gioco non è la libertà di culto o di pensiero della Chiesa, diritti tutelati e garantiti dalla Costituzione a tutti i cittadini e a tutte le organizzazioni sociali, ma la laicità dello Stato e la sua indipendenza da ingerenze esterne. Laicità non significa costruire uno spazio svuotato dal religioso, ma offrirne uno in cui tutti, credenti e non, possono trattare di ciò che è accettabile e di ciò che non lo è. Peraltro la Chiesa ha agito non sul piano del dibattito culturale e politico interno alla società italiana, come sua parte integrante e rilevante, ma si è mossa nell’ambito delle relazioni internazionali tra stati sovrani. La Costituzione, recependo con l’art. 7 i Patti Lateranensi, unica sopravvivenza del fascismo transitata nella nostra democrazia antifascista, parzialmente modificati a metà degli anni ottanta del secolo scorso, riconosce la Chiesa Cattolica non semplicemente come un soggetto sociale, operante all’interno dell’ordinamento italiano al pari di tutti gli altri corpi intermedi, ma come stato sovrano, da cui discende la titolarità di poteri, uno status specifico e una posizione di pari dignità e potestà con gli altri stati, anche all’interno delle organizzazioni sopranazionali come l’ONU, a cui dovrebbero accompagnarsi una serie di limiti e vincoli, che in questa vicenda invece sono stati totalmente ignorati e disattesi. L’art. 7 della Costituzione esordisce con una affermazione perentoria: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. La norma pone un limite invalicabile nel momento in cui regola i rapporti tra Stato e Chiesa. Indipendenza e sovranità stanno a significare che Stato e Chiesa non hanno competenza a pronunciarsi sui rispettivi ordinamenti, è esclusa cioè ogni interferenza e condizionamento ed ogni limitazione reciproca di sovranità. I cattolici, le loro organizzazioni, la stessa gerarchia ecclesiastica hanno il diritto ed anche il dovere di far sentire la propria voce, di criticare e dissentire rispetto a proposte legislative e atti politici, facendo appello alla coscienza di tutti i cittadini, ma non lo può fare la Chiesa intesa come stato sovrano. L’elemento caratterizzante questa improvvida presa di posizione è proprio la messa in discussione da parte di una entità sovrana nel dialogo ufficiale con una sua pari, dell’autonomia e dell’indipendenza del processo democratico incardinato nella sovranità del Parlamento italiano. In uno stato democratico non esiste e non può esistere una titolarità di verità affidata a soggetti, fosse anche la Chiesa, sovraordinati e superiori al libero gioco democratico, una sorta di riserva intangibile di temi e principi su cui è escluso l’intervento del Parlamento. La democrazia poi è di per sé relativa, porta all’affermazione di visioni parziali e per essere autentica deve tutelare la diversità, le minoranze e il pluralismo, che non possono essere negati o cancellati dalla maggioranza, pena la sua stessa autodistruzione. Tale assunto traduce concretamente il principio di laicità ed esclude qualsivoglia confusione tra potere temporale e spirituale.

Le dichiarazioni del Cardinale Parolin volte ad abbassare i toni, il suo riconoscimento del principio della laicità dello stato e la precisazione che non è volontà della Chiesa bloccare l’approvazione del disegno di legge Zan ma sollecitarne una rimodulazione in alcuni passaggi, sono elementi significativi, anche se la sua affermazione che la Nota a Verbale doveva essere un passo diplomatico destinato a restare riservato suscita molte perplessità, sia perché dimostra che qualche mano infedele l’ha rivelata appositamente per alimentare lo scontro politico, ostacolare la libera scelta del Parlamento, per far emergere i contrasti esistenti all’interno della Curia e una certa ostilità nei confronti di Papa Francesco, sia soprattutto perché sono sempre preferibili trasparenza e chiarezza anche nelle relazioni internazionali.

A proposito i sovranisti nostrani, cantori dell’italianità hanno applaudito l’ingerenza, coerentemente..…. 

 

P.S.: Sono un cattolico praticante, non un anticlericale ma difendo la laicità dello Stato, unica garanzia per la libertà e l’autonomia di noi tutti e della stessa Chiesa.

 

 

Sergio Di Raimo, ex sindaco di Sezze, ha inviato una pec al direttore al Direttore Generale della Asl di Latina Silvia Cavalli per chiedere una riapertura h 24 del Pat di Sezze. Ecco la lettera inviata da Di Raimo.

 “In qualità di cittadino del comune di Sezze, ed ex Sindaco, VI chiedo di dare seguito a quanto i vostri predecessori indicarono come percorso inerente l’apertura del Presidio. A seguito della decisione della Direzione Generale di questa Asl di chiudere parzialmente il PAT e prevederne l’apertura dalle 8 fino alle 20, anziché H24 , l’amministrazione comunale ebbe modo di fare diverse richieste finalizzate al ripristino dei normali orari di apertura; ci fu detto che l’emergenza epidemiologica e la necessità di utilizzare le risorse umane per contrastare il Virus, come anche il contenuto numero medio giornaliero e mensile di accessi al PAT di Sezze , imponevano la scelta di una riduzione dell’orario di apertura, scelta dalla quale ci si poteva scostare solo se si fosse riusciti ad assumere altro personale o ci fosse una importante flessione dei contagi e dell’emergenza in generale. Ci pare che oggi ci siano le condizioni per una riapertura H24 e quindi VI chiedo di adoperarvi in tal senso perché ne vale della salute dei cittadini. Ringrazio per l’attenzione e aspetto notizie in merito confidando in una soluzione positiva del problema”.

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