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Il 29 aprile ci sarà l’udienza preliminare per 4 agenti della National Security egiziana, accusati del rapimento tortura e omicidio di Giulio. Sarà una giornata importante per il caso Regeni a distanza di cinque anni da quel terribile fatto che ha coinvolto un nostro giovane ricercatore in Egitto. Daniele Piccinella, promotore dell’iniziativa setina “una panchina per Regeni” in merito alla vicenda del giovane afferma: “La mancanza di collaborazione del governo al-Sisi rappresenta una delle più grande debolezza della nostra Italia che da anni ormai non ha nessun tipo di influenza nelle politiche estere per i diritti umani. Il silenzio del governo egiziano sul caso Regeni è uno schiaffo ai nostri valori di giustizia e libertà tanto professati e poco applicati dai nostri governi. Il regime egiziano  - aggiunge -continua a calpestare i diritti umani e ad arrestare giovani attivisti come Patrick Zaki, studente dell'Università di Bologna, imprigionare giornalisti indipendenti fino ad arrestare giovani ragazzini che hanno la sola colpa di pubblicare video musicali su TIk Tok visti dal regime come immorali e contro i valori familiari. Ricordiamo che nel 2019 il 62% delle sentenze capitali a livello mondiale sono state emesse in Egitto. Ma davanti a tutto questo il governo italiano resta indifferente e sapete perché? Perché l’Egitto è il maggior acquirente dell’industria bellica italiana e, dal rapimento di Giulio, il fatturato italiano per la vendita di armi nei confronti dell’Egitto è più che centuplicato nonostante in Italia, dal 1999, esista una chiara legge che impedisce la vendita di armi a paesi in conflitto o responsabili della violazione dei diritti umani.  Il governo egiziano si è addirittura rifiutato di fornire gli indirizzi di residenza dei 4 agenti accusati del rapimento di Giulio per la notifica del provvedimento giudiziario emesso in Italia. Il processo avrà il suo corso ma noi abbiamo il dovere morale di invocare e gridare giustizia e verità per Giulio. Giulio è nostro figlio, il figlio che studia e che guarda il futuro come cittadino del mondo. Giulio è la libertà di conoscere, di viaggiare e chiamare a casa e raccontare ai propri genitori quanto è prezioso studiare e conoscere nuove realtà”. Daniele Piccinella lancia una nuova iniziativa. “Vorrei che in questi giorni la mia comunità setina si sentisse parte di questo processo di verità e giustizia. Per questo vorrei chiedere a tutti, da oggi e fino al 29 aprile un gesto per Giulio, per dichiarare l’amore per la giustizia. Lo chiedo ai liberi cittadini, all’amministrazione comunale, alle tante associazioni presenti sul territorio, alle scuole di Sezze, ai commercianti, ai ragazzi di esporre qualcosa di giallo (il colore di Giulio) dalla propria abitazione o attività, di portare un segno giallo rappresentato da un disegno, da un fiore, un nastro o qualsiasi altra cosa alla panchina gialla che abbiamo nello spazio antistante della Scuola elementare di Piagge Marine, magari anche dei selfie vicino alla panchina per comunicare la voglia di verità e giustizia. Per dare visibilità e valore a tutto questo vi chiedo di pubblicarle questi piccoli e semplici gesti sulle vostre pagine social inserendo questi hashtag:  #29aprilescortaperGiulio  #veritapergiulioregeni  #sezzepergiulioregeni”.

 

Il gruppo Biancoleone attraverso l’albo pretorio del Comune di Sezze ha constatato che il Commissario Prefettizio ha revocato la deliberazione della Giunta Comunale n. 169 del 2020 concernente la Pianta Organica. "Tutti i consiglieri di minoranza sulla pianta organica - si legge nel comunicato stampa - hanno presentato a suo tempo una mozione e nella discussione in Consiglio Comunale hanno dimostrato che quella scelta non garantiva il perseguimento dell’interesse pubblico, il miglioramento della qualità dei servizi offerti ai cittadini ed alle imprese. Finalmente giustizia è stata fatta e attraverso la revoca le ragioni delle minoranze sono state ampiamente riconosciute". Però il gruppo Biancoleone non può esimersi nell’evidenziare "alcune incongruenze all’interno del corpo della delibera Commissariale" dove viene dato atto che il Comune di Sezze conta circa 24.700 abitanti e che, seppur non versi in condizioni di dissesto, si trova ben al di sotto del rapporto medio dipendenti/popolazione (1/152) che comporterebbe la sussistenza di un organico in ruolo pari a circa n. 162 unità. "Su questo aspetto - affermano Serafino Di Palma e Paride Martella -  il motivo del dissenso nasce dalle condizioni di dissesto del Comune di Sezze che coincide con una situazione di crisi finanziaria particolarmente grave che ancora i commissari non hanno riconosciuto. Difatti il Comune di Sezze ha garantito l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili non con risorse proprie, ma facendo ricorso per ben 6 anni consecutivi alla anticipazione della tesoreria. Altro presupposto del dissesto è l’insolvenza del Comune di Sezze. Sarebbe stata necessaria una più attenta analisi della massa debitoria e dei crediti liquidi ed esigibili da contenzioso di terzi cui il Comune di Sezze possa fare validamente fronte. Inoltre il calcolo Commissariale delle 162 unità di personale in organico al Comune di Sezze risulta sproporzionato in considerazione del fatto che attualmente tutti i servizi Comunali vengono svolti dalla SPL di Sezze". Altro motivo di soddisfazione è l’ulteriore revoca che il commissario ha dovuto adottare sul precedente piano delle alienazioni e delle valorizzazioni degli immobili del Comune di Sezze, "riafferrando in pieno le ragioni a suo tempo sostenute dal gruppo Biancoleone che ritenevano la deliberazione di giunta 19/2021 inopportuna ed illegittima". "Su questo argomento l’ex Sindaco Di Raimo  - si legge ancora nella nota -rivolgendosi al gruppo Biancoleone aveva dichiarato quanto segue “Gli atti vanno letti bene, occorre leggere tutti gli allegati e le relazioni, altrimenti si capisce una cosa diversa dalla realtà”. Il Commissario ha adottato un nuovo piano di alienazioni e delle valorizzazioni degli immobili del Comune di Sezze cambiando completamente gli allegati e le relazioni. Il tempo è stato galantuomo e si rimanda al mittente il linguaggio offensivo dell’ex primo Cittadino che invece di prestare attenzione alle segnalazioni che venivano dal gruppo di minoranza Biancoleone, lasciava intendere che il gruppo è formato da persone che non erano in grado di leggere e interpretare gli atti Comunali. Ancor più gravi sono state le affermazioni dell’ex consigliere comunale di maggioranza Ferrazzoli sospinto dall’ex Sindaco, che con varie metafore attraverso i social ha adoperato un linguaggio oltraggioso nei confronti del gruppo Biancoleone.Tra l’altro mentre il gruppo Biancoleone proponeva di far nascere sui 16 ettari dell’ex Colonia Agricola di Sezze Scalo campi sperimentali, lo stesso consigliere si vantava che l’ufficio patrimonio di Sezze stava predisponendo un bando per l’assegnazione in lotti dei terreni alle aziende agricole in modo che ne facessero richiesta per sfalcio erba in modo da regolarizzarne finalmente l’utilizzo. Ha volato molto alto questo ex consigliere che su un terreno fertile ed irriguo pensava di far crescere l’erba da sfalcio. Il gruppo Biancoleone è voluto intervenire su questi argomenti per ristabilire la verità, a dimostrazione di una opposizione puntuale che il gruppo Biancoleone in questi 4 anni di consiliatura ha saputo svolgere a Sezze".

Domenica, 25 Aprile 2021 04:54

La cosa più bella della Resistenza

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“La cosa più bella della Resistenza fu la nostra solidarietà: gli uni con gli altri. Non importava se eri comunista, prete, socialista o liberale: eravamo persone che resistevano e questo ci rendeva uniti. E’ esattamente ciò che manca all’uomo di oggi: mancano idee forti che ci uniscano, idee fondamentali, essenziali. Che senso ha oggi la parola onore, che senso ha la lealtà, la fedeltà, l’espressione “io sto con te”. Tutto è comprabile, tutto è vendibile, tutto è cedibile. E si trovano sempre le motivazioni per giustificare quelli che una volta chiamavamo“tradimenti””. (Don Giovanni Barbareschi).

Celebrare il 25 aprile non è semplicemente rievocare una pagina importante del nostro passato, compiere il dovere civico e morale di chi considera la storia un patrimonio insuperabile delle nostre radici di popolo, esaltare il coraggio di quanti combatterono dalla parte giusta, quella della libertà e della giustizia, e con il loro sacrificio posero le basi della nostra democrazia, i cui principi e valori sono solennemente scolpiti nella Costituzione della Repubblica. Infatti se ci fermassimo semplicemente a questo, per quanto encomiabile e condivisibile, la memoria della liberazione dal nazifascismo finirebbe per perdere il suo senso più autentico, rischierebbe di scolorire in una mera rievocazione simbolica e nostalgica, di essere solo un rito stanco e sterile, un volgersi all’indietro fine a se stesso, incapace di impattare efficacemente il presente che viviamo, sarebbe insomma soltanto un rimando ad accadimenti destinati con lo scorrere inevitabile del tempo ad affievolirsi, a storicizzarsi, a perdere peso e rilevanza nel corpo vivo della nostra società.

Lo sfilacciamento del tessuto sociale del nostro paese, accompagnato dal prevalere degli interessi particolaristici ed egoistici, personali e di gruppo, è conseguenza della perdita di riferimenti culturali forti, del senso di appartenenza ad una comunità unita nel medesimo destino, di un allentamento della tensione etica orientata al bene comune che contraddistingue l’agire di tanti cittadini e in definitiva del tradimento del patrimonio valoriale della Resistenza. Fondamentale è perciò il richiamo di don Giovanni Barbareschi, un testimone e un protagonista della lotta partigiana, circa la necessità di tornare alle idealità forti che ispirarono le donne e gli uomini della Resistenza, di riscoprire il senso autentico dell’onore, della fedeltà e della lealtà, di far prevalere le ragioni dell’unità nel rispetto della diversità, di non cedere alla logica mercantilistica per cui tutto è vendibile ed acquistabile.

Incarnando la ribellione morale e la ferma opposizione di molta parte del mondo cattolico del suo tempo, ponendosi come riferimenti essenziali la fede e la sensibilità cristiana prima ancora che le ragioni ideologiche e politiche, don Giovanni Barbareschi scelse di non rimanere inerte e indifferente dinanzi alla violenza fascista e nazista e, insieme a tante altre donne e uomini di diversa estrazione e cultura, diede il proprio concreto contributo per riscattare la nostra patria, per restituirle dignità e onore. “Educato in una famiglia antifascista era logico che io mi mettessi dalla parte della Resistenza e mi schierassi al fianco di coloro che si opponevano ad una mentalità, ad un modo di fare, alla Repubblica di Salò, al regime fascista. In tanti abbiamo detto di no e il nostro no era convinto…. Vorrei però mettere in evidenza che la forza più grande della Resistenza non è stata quella “armata”, bensì quella di tutte le persone che si opponevano con un gesto, con una mentalità, con un rifiuto: la vera Resistenza fu una resistenza morale e ad essa noi preti abbiamo dato una testimonianza autentica”(Don Giovanni Barbareschi). L’adesione a Cristo e la convinzione profonda e radicale che il primo atto di fede che un uomo deve compiere è nella sua libertà, nella sua capacità di essere e diventare sempre più persona libera, perché la fede e la libertà dell’uomo non si dimostrano ma si credono come un mistero, portarono don Giovanni Barbareschi (morto a Milano il 4 ottobre 2018), Giusto fra le Nazioni, medaglia d’argento della Resistenza e medaglia d’oro del Premio Isimbardi, in tempi di pace Giudice del Tribunale Ecclesiastico regionale, insegnante nelle scuole superiori, amico di Don Gnocchi, il prete dei mutilatini, ad una netta scelta di campo, a schierarsi al fianco degli oppressi e dei perseguitati. Dapprima da diacono e membro dell’Opera soccorso cattolico e poi da giovane sacerdote, resistette all’omologazione alla dittatura e respinse prima ancora che con le armi e la violenza con il fermo e risoluto rifiuto la mentalità e l’ideologia devastante e disumana del nazifascismo, in quanto totalmente antitetiche e incompatibili con il cristianesimo. La sua fu una ribellione che partì dai piccoli gesti quotidiani, forte della determinazione morale ed etica di chi professa ed incarna valori veri che travalicano contingenze e convenienze e non è disposto a scendere a compromessi, a piegarsi alla sopraffazione e al sopruso. Nel buio dell’orrore della guerra e nel mezzo delle atrocità indicibili perpetrate dai nazifascisti, si fece luce di speranza, adoperandosi per portare in salvo in Svizzera oltre duemila prigionieri alleati, antifascisti ed ebrei. Catturato dalle SS e incarcerato a S. Vittore, fu sottoposto a un durissimo interrogatorio dal quale uscì con un braccio spezzato, ma senza proferire parola che potesse tradire gli amici.

L’insegnamento fondamentale che dobbiamo trarre dalla memoria della lotta di liberazione è la necessità di porre a cardine del nostro impegno civile, sociale e culturale la difesa dei valori, dei principi e delle prospettive di progresso che furono pensati e voluti per il futuro dell’Italia dalle donne e dagli uomini della Resistenza, appartenenti ad ogni schieramento politico, cattolici, socialisti, azionisti, militari, monarchici, comunisti, liberali, i quali pur diversi per idealità e aspirazioni combatterono in unità di intenti per un paese giusto, libero, aperto e solidale e si fregiarono tutti dello stesso nome: i partigiani.

Siamo chiamati, individualmente e comunitariamente, ad un esame di coscienza laico, a riconoscere i tanti errori, ritardi e insufficienze nel colmare la grande distanza ancora oggi esistente tra gli ideali partigiani e l’Italia contemporanea. La democrazia, la giustizia e la solidarietà rappresentano gli strumenti indispensabili per sconfiggere il disegno oscuro della prevaricazione, dell’esaltazione delle diseguaglianze, della discriminazione del diverso e dello straniero, del ritorno allo sfruttamento indiscriminato delle risorse e del lavoro umano, la nuova veste assunta dal fascismo odierno che tenta di ricacciarci all’indietro e usa tutte le armi disponibili, comprese quelle subdole della mistificazione, del negazionismo, della denigrazione strisciante, del distacco dalla storia, dell’umiliazione della cultura.

 

 

Il Dott. Raffaele Bonanno, nominato commissario prefettizio del comune di Sezze, nel corso delle intraprese attività ricognitive all'interno del Cimitero Comunale, ha deliberato “di formulare atto di indirizzo al Responsabile del Settore VI - Edilizia Privata/Cimitero – affinché intraprenda le azioni e tutti gli atti necessari per la costituzione di un gruppo di lavoro "ad hoc" che, composto da figure professionali di diverso profilo (tecnico, amministrativo, legale), anche esterne all'Ente, possa supportare gli Uffici competenti nell'evasione delle attività ricognitive delle irregolarità in corso di accertamento all'interno del Cimitero Comunale”. Un gruppo di lavoro quindi che possa fungere da garanzia e controllo delle attività all’interno del cimitero di Sezze. Nella delibera infatti si legge che “è stata rilevata, dagli Uffici competenti, la presenza di molteplici criticità legate ad un'anomala gestione, nel tempo, dello stesso, avvenuta con modalità non sempre conformi ai più elementari principi di diritto amministrativo e di buon andamento della Pubblica Amministrazione, nonché, alle disposizioni normative e regolamentari vigenti”.

 

A Cori in via Insito oggi è stata consegnata alla Gi.Do.Gi de L’Aquila l’area per la realizzazione di 15 alloggi di edilizia popolare per un importo dei lavori di un milione e 600 mila euro. Alla cerimonia era presente il presidente dell’Ater di Latina, Marco Fioravante con il consigliere di amministrazione dell’ente Sergio Toselli, il direttore dell’Ater Paolo Ciampi, il sindaco di Cori Mauro De Lillis il vicesindaco Ennio Afilani e l’assessore Simonetta Imperia.

“Prosegue l'impegno dell'Amministrazione regionale – ha spiegato in una nota l’assessore regionale all’ubanistica e alle politiche abitative, Massimiliano Valeriani - per sostenere il diritto all'abitare come testimonia la consegna di oggi. Un altro prezioso intervento per rispondere in modo adeguato alle esigenze dei cittadini" “L’Ater di Latina – ha aggiunto Marco Fioravante- è impegnata a dare impulso alla apertura dei cantieri davanti ad un bisogno sociale, quello della casa, che è una delle risposte alle difficoltà che incontrano le famiglie, inoltre è un contributo al rilancio dell’economia. Tempi brevi e valorizzazione delle nostre professionalità sono i punti cardine della nostra azione, il cantiere di Cori è da oggi aperto e in meno di 500 giorni saranno consegnati gli immobili, gli edifici saranno realizzati con particolare attenzione all’efficienza energetica e al rispetto dell’ambiente”.


Si svolgerà martedì 27 aprile 2021, dalle ore 15.00 alle ore 17.00 attraverso la piattaforma online ZOOM, si terrà il primo laboratorio territoriale del progetto “Verso il Contratto di Fiume Ufente”. L’incontro rappresenta la prima tappa del processo partecipativo che, grazie al coinvolgimento diretto degli attori istituzionali e dei portatori d’interesse locali, ha lo scopo di sviluppare il Programma d’Azione del Contratto di Fiume Ufente. Durante il laboratorio i partecipanti saranno stimolati a condividere le loro conoscenze al fine di evidenziare criticità e punti di forza sui quali occorre incidere per migliorare la qualità del bacino idrografico del fiume Ufente (temi: ambiente, sviluppo, governance). "Già lo scorso 5 marzo 2021, su richiesta della Ex Consigliera Rita Palombi - si legge nella nota - si svolse in Provincia una importante Commissione Ambiente alla presenza del Presidente Carlo Medici, del Vice Domenico Vulcano e dei componenti di commissione. In quella occasione furono presenti la Ex Consigliera Regionale Rosa Giancola e il Presidente del Circolo Legambiente Alessandro Loreti. Emerse la concreta necessità di accelerare le procedure per la definizione dei Contratti di Fiume che vedono coinvolti il Comune di Sezze Capofila del Contratto di Fiume Ufente e il Comune di Sermoneta sul  Contratto di Fiume Cavata. La sinergia tra le associazioni, che parteciperanno al primo importante laboratorio territoriale promosso a Sezze, e le istituzioni sarà il banco di prova per immaginare finalmente un metodo diverso per interessarsi dei problemi del territorio e contribuire alla costruzione di una partecipazione dal basso così da arrivare alla firma del Contratto con il Ministero dell'Ambiente, la tappa che ci garantirà i finanziamenti programmati che, si rischiava di perdere". Il RUP che sta seguendo il processo per la definizione del Contratto di Fiume per conto del Comune di Sezze è l'arch. Antonio Stamegna.

 

 

Il tema dell’ergastolo ostativo, oggetto del dibattito politico in ragione della recente pronuncia della Corte Costituzionale, è argomento fondamentale anche se complesso e ostico, suscettibile di travisamenti, tentazioni giustizialiste e strumentalizzazioni da parte dei professionisti del populismo, dei paladini di legge ed ordine (ovviamente rigorosamente valevoli per gli altri e con esenzione totale per se stessi), dei social giustizieri, che già paventano una generalizzata liberazione di tutti gli ergastolani, mafiosi e terroristi compresi. Pertanto è importante capire l’esatta portata di quanto accaduto e cosà potrà accadere realmente nel prossimo futuro.

Nel 2019 la Corte Costituzionale, fra i cui giudici sedeva anche l’attuale Ministro della Giustizia Marta Cartabia, aveva dichiarato parzialmente incostituzionale il comma 1 dell’art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario che escludeva dai permessi premio i condannati all’ergastolo per reati di mafia e precisamente nella parte in cui “non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ovviamente, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo. Chiamata a pronunciarsi nuovamente dai giudici di merito, la Consulta ha giudicato definitivamente incostituzionale l’ergastolo ostativo, introdotto nell’Ordinamento Penitenziario all’inizio degli anni novanta, dopo le stragi in cui furono uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, in quanto contrastante con gli artt. 3 e 27 della Costituzione e con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Tuttavia i giudici hanno rinviato la decisione finale, cioè la formale dichiarazione di incostituzionalità, con la conseguente inapplicabilità della norma, ad un momento successivo. Si tratta di una scelta già adottata in altri casi, quando cioè la pronuncia della Corte Costituzionale rischia di sfiorare l’ambito della discrezionalità politica. L’ordinanza del 15 aprile 2021 lascia dunque al legislatore un lasso di tempo (fino a maggio 2022) per approntare una nuova normativa e indica un itinerario equilibrato finalizzato a contemperare i principi costituzionali con l’esigenza di reprimere i reati commessi dalla criminalità organizzata e la necessità di confermare l’utilità della collaborazione con la giustizia.

Cos’è l’ergastolo ostativo?

L’ergastolo è una pena senza termine ed è stato ritenuto legittimo costituzionalmente e per la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo solo perché lascia aperta la possibilità di recupero del condannato, sia pur attraverso un percorso lungo e severo. Per usufruire dei benefici è necessario scontare ventisei anni di detenzione, avere avuto una condotta irreprensibile in carcere, aver rotto da lungo tempo ogni legame con la criminalità e aver intrapreso un percorso di ravvedimento e di reinserimento. Si tratta di condizioni che devono essere accertate concretamente da un Tribunale.

Finora i condannati per mafia, terrorismo e altri reati gravi potevano chiedere i benefici solo se collaboravano con la giustizia, altrimenti ne erano esclusi. Così facendo lo Stato, in un momento di necessità e urgenza, aveva deciso di non esercitare il proprio potere e dovere, cioè infliggere una pena in linea con i principi costituzionali della rieducazione e risocializzazione del condannato.

Cosa ha deciso la Corte Costituzionale?

La norma dichiarata incostituzionale con le due pronunce stabiliva il divieto automatico di concedere i benefici a quanti essendo condannati per mafia, terrorismo e gli altri reati previsti non avessero collaborato con la giustizia. La Corte Costituzionale ha deciso che l’articolo 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario viola l’art. 3 e soprattutto l’art. 27 della Costituzione, che stabilisce che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. La non collaborazione pertanto va valutata dal giudice, come avviene per tutti gli altri reati non rientranti appunto nell’art. 4 bis. Insomma la regola diventa uguale per tutti i condannati.

Ci ritroveremo mafiosi, terroristi e autori di reati efferati in giro per le città?

Assolutamente no! Le pronunce della Consulta non rendono automatica la concessione dei benefici, ma soltanto una possibilità. Un magistrato valuterà caso per caso e chi non ha fatto un percorso riabilitativo, non risulta che abbia reciso i vincoli associativi, anzi si può prevedere che possa riallacciarli, cioè è ancora socialmente pericoloso non potrà ottenerli in nessun caso.

Le pronunce della Corte Costituzionale indeboliscono la lotta alla mafia?

La lotta alla mafia va condotta senza tregua, con norme efficaci che vadano a colpire i suoi interessi vitali. Occorre prosciugare socialmente ed economicamente il brodo di coltura che le permette di prosperare. Tuttavia possono essere diverse le ragioni per cui il condannato non collabora, anche se si è allontanato dal mondo criminale, alcuni delle quali umanamente comprensibili. Può accadere che sa poco o nulla o è a conoscenza di reati commessi da persone decedute o già condannate. Spesso a prevalere è la paura per l’incolumità dei propri familiari, trovandosi di fronte all’alternativa di parlare per avere permessi premio o iniziare un percorso di semidetenzione, esponendo però i familiari al rischio di morte, oppure non chiedere nulla, restare in carcere e salvaguardare la loro incolumità. E se il detenuto è innocente e ingiustamente condannato, cosa dovrebbe fare? Inventarsi fatti di cui non è a conoscenza per ottenere un minimo di benefici? Senza contare poi che la collaborazione può essere strumentalizzata per conflitti interni alla cosca mafiosa, per eliminare gli avversari. Infine chi assicura che chi collabora è realmente “uscito” dalla mafia? Accade anche che chi collabora rimane mafioso e una volta fuori ricostituisce i legami con l’organizzazione criminale. Bisogna invece esaminare la vicenda particolare di ogni persona, seguire con attenzione e severità il percorso rieducativo, valutando caso per caso.

La Costituzione della Repubblica, i suoi principi e i suo valori debbono essere sempre da riferimento e guida al nostro vivere comunitario, ivi compresa l’amministrazione della giustizia. La pena, nella prospettiva indicata dai costituenti, possiede una funzione rieducativa dell’autore del reato, è finalizzata ad aiutarlo ad emanciparsi dal proprio crimine e ad reinserirsi nella comunità civile. Il recupero del reo non può essere negato o escluso e il suo perseguimento è misura del rispetto della dignità umana e metro di definizione della civiltà di una nazione.

 

 

Il sindaco di sezze, a seguito dello scandalo del cimitero, pur non essendo né indagato né arrestato, si è dimesso per ragioni di buon senso e di rispetto dei consiglieri comunali dimissionari. Un gesto di rispetto istituzionale e di opportunità politica. È arrivato il Commissario prefettizio che deve governare la città, per l'ordinaria amministrazione, fino alle prossime elezioni che quasi certamente si terranno nel prossimo autunno. Una brutta storia, una ferita che rimarrà aperta per tanto tempo. Non è la prima volta che questo accade, ma quando succede tutta la città ne soffre e resta stordita. Ai sensi della legge elettorale in vigore (l. 81/1993) con le dimissioni del sindaco viene sciolto automaticamente l’intero Consiglio Comunale. Allora, per non restare in balia della ingovernabilità e dell'assalto dei denigratori e dei disfattisti, bisogna voltare pagina, subito. Occorre una svolta morale e amministrativa e generazionale. È un dovere democratico dei partiti fare chiarezza su quanto è avvenuto e ravvivare e rianimare la partecipazione e il consenso dei cittadini elettori. Nella Sinistra, e principalmente nel PD, è prevista, per Statuto, la possibilità di ricorrere alle primarie, e cioè alla consultazione di tutti i cittadini elettori, per individuare e proporre il candidato sindaco. Sebbene io non sia particolarmente entusiasta, le primarie sono tuttora l’unico strumento democratico, ereditato dai paesi anglosassoni, per garantire le candidature delle persone più popolari e capaci di governare le città o gli Stati. L'alternativa sarebbe una scelta nelle stanze del potere, dettata da interessi eterogenei, di tipo economico o personale. Bisogna far presto, prima dell'estate, per evitare un ulteriore allontanamento e logoramento della popolazione, una palude melmosa nella quale sguazzerebbero a piacere i soliti sciacalli e avventurieri, capaci soltanto di gettare fango e fare di ogni erba un fascio. È ciò che sta accadendo, infatti, sotto sotto, in questo clima incerto e melmoso, da parte di coloro che non hanno altro interesse che la confusione e il caos. Ma gli sputi ricadono in faccia a chi sputa. Si deve ripartire dal programma e dalla coalizione di Centrosinistra. Ci sono in città, per nostra fortuna, molti movimenti e associazioni che si richiamano ai valori della democrazia e del riformismo. Un punto di riferimento importante, un patrimonio prezioso, considerato il lento declino della vita dei partiti, anche a causa del lockdown. Un confronto costruttivo con tutti loro, basato su alcuni valori inderogabili e irrinunciabili, quali la legalità, la riconversione ecologica e la solidarietà, ma soprattutto sui princìpi scritti nella nostra Costituzione democratica e sull'antifascismo.  Non tutte le associazioni e i movimenti politici e civici, in verità, sono uguali. La storia recente e passata parla chiaro e non ci possono essere spazi per azioni trasformistiche e populiste. Esiste sempre una Destra e una Sinistra! Sarebbe auspicabile che dalla nascente Coalizione democratica si individuasse un candidato sindaco unitario, rispondente alle esigenze di tutti i soggetti contraenti. Nel caso contrario, ciascuno seguirà la strada più coerente con la propria esperienze e aspettative. In ogni caso, a mio modesto parere, il PD si dovrà cimentare con le primarie, con l'augurio che chiunque lo desidera, e soprattutto le persone più autorevoli e stimate, partecipi alla consultazione. La spinta dal basso è sempre la più fedele interprete del cambiamento, della svolta tanto auspicata e improcrastinabile, dei bisogni della città e dei valori di un nuovo Centrosinistra rispondente ai bisogni della città al suo sviluppo sociale ed economico.

 

Sono stati affidati ad una ditta locale con procedura MEPA - richiesta di offerta (RDO) – i lavori di ripristino al Belvedere di Santa Maria. La ditta che si è aggiudicata la gara dovrà demolire il manufatto realizzato entro 15 giorni dalla firma del contratto avvenuta nei giorni scorsi. Già dai prossimi giorni i lavori potrebbero iniziare e concludersi molto rapidamente. Dopo quasi due anni finalmente il Belvedere di Santa Maria di Sezze tornerà libero, epilogo di una vicenda che ha diviso la città e la politica locale. Quella della statua di San Lidano resterà negli annali della storia di Sezze quale vicenda molto rappresentativa di come il pressappochismo possa creare danni ad una comunità. La battaglia del comitato murodelletéra e di una parte della politica locale questa volta è riuscita ad evitare un nuovo mostro di cemento nel cuore del paese e in uno dei luoghi più affascinati della nostra Sezze.

 

Anche Sezze ha la sua panchina gialla per ricordare Giulio Regeni, il ricercatore italiano dell’Università di Cambridge che tra il 25 gennaio e il 3 febbraio 2016 venne rapito, torturato e atrocemente ucciso in Egitto. In molte città italiane una panchina tinteggiata di giallo è diventata simbolo di libertà e giustizia ed è associata al giovane barbaramente ucciso. A Sezze l'iniziativa è stata pensata e proposta da Daniele Piccinella, un giovane napoletano trapiantato a Sezze da venti anni. La sua lettera aperta e indirizzata all'ex sindaco Sergio Di Raimo aveva avuto un forte impatto emotivo in tutti i componenti dell'amministrazione comunale e della Giunta al punto da spingere l'ex sindaco a dare il via ai lavori per realizzare un angolo in memoria di Regeni. La panchina gialla con la targa che ricorda il giovane è stata allestita davanti la scuola elementare di Piagge Marine, in modo che gli alunni possano capire e riflettere anche su questa triste vicenda che ha fatto il giro del mondo.  

 

 

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