Il setino Paolo Di Capua continua la sua protesta, anche in solitaria, contro le assenze di risposte al sistema sanitario locale e provinciale. “Mentre l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina è stracolmo e congestionato di pazienti – afferma Di Capua – 60 camere dell’ospedale civile San Carlo di Sezze restano stravuote e gridano vendetta. Il direttore Casati dovrebbe utilizzare le camere del nosocomio San Carlo come covid hotel o per quei pazienti non covid. Sono arrivati addirittura a trasformare la cappella all’interno del Santa Maria Goretti in luogo di terapia intensiva e lasciano deserte grandi strutture come il nosocomio setino”. Nei tanti cartelli di protesta affissi in Piazza Ferro di Cavallo a Sezze, il portavoce del comitato Acqua Pubblica, si considera indignato come molti cittadini che stanno assistendo ad “ad una pura ipocrisia e ad una offesa della dignità umana”. Di Capua andrà avanti con la sua protesta e continuerà a chiedere di ridare vita alla grande struttura del San Carlo di Sezze, soprattutto in un momento delicato e di emergenza che tutti stiamo vivendo.
“In arrivo ancora una scadenza fiscale per i contribuenti alle prese con l’emergenza epidemiologica e da una crisi economica disastrosa anche in virtù di forti cataclismi”. Lo annuncia Vittorio Accapezzato in una nota riferendosi alla scadenza relativa al saldo della nuova Imu prevista per il 16 dicembre. “Stiamo attraversando la peggiore crisi dal dopoguerra. Non ci troviamo di fronte a tradizionali lamentele della gente ma a una realtà seria e preoccupante. Si spende meno e le attività, i commerciali, di ristoro e alberghiere ecc-sono costrette ad abbassare le serrande per mancati incassi. La crisi colpisce tutti. Si registra soprattutto un calo dei consumi alimentari, sia dal punto di vista della quantità che qualitativo. L'economia italiana non cresce, anzi è in grave stagnazione. Il settore agricolo, in tutti i suoi comparti, soffre da qualche tempo di una complessa difficoltà. L’esiguo prezzo del latte, la mancanza di tutela dei prodotti tipici, il costo del prezzo dei carburanti, il calo dei costi per alcuni dei principali comparti, come cereali, frutta, le difficoltà di accesso al credito, e ancora gli alti costi produttivi e contributivi per le aziende, l’onere dell’Imu fabbricato strumentale agricolo, la burocrazia, gli accordi comunitari con i Paesi Mediterranei, rappresenta solo una parte delle problematiche che soffocano il settore. Un pieno sostegno agli agricoltori - scrive l’ex consigliere comunale - doveva giungere da parte dell’Amministrazione comunale con una rimodulazione dell’imu per alleggerirne le spese. Ultimo appuntamento dell’anno con le tasse sulla casa il prossimo 16 dicembre prossimo, la scadenza per il versamento del saldo della nuova IMU, disciplinata dalla Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Legge di bilancio 2020) ha abrogato le disposizioni che disciplinavano IMU e TASI. Per i fabbricati rurali strumentali che non erano soggetti all'Imu nel 2019, si applica, in seguito all'abolizione della Tasi, l'aliquota di base pari allo 0,1%. In assenza di delibera azzeramento di detta aliquota da parte del comune. Quest’altro tributo mette seriamente in crisi le imprese agricole che già stanno attraversando momenti di grande difficoltà. I singoli comuni, però, hanno ampia facoltà di modulare questa tassa che è pari allo 0,1 per cento e ridurla fino all’azzeramento come riportato al comma 750 della legge sul bilancio 2020 n. 160/2019. Quest’occasione per fare qualcosa di concreto, sfidando il momento di crisi e dando così un chiaro segnale di sostegno al settore agricolo a Sezze è stata disattesa nella seduta del consiglio comunale n.19 del 10/07/2020. La mancata possibilità di porre al minimo o azzerare l’aliquota IMU riducendo l’imposizione sui fabbricati strumentali alle attività agricole significa in termini economici che per gli agricoltori di Sezze un aggravio d’imposta imu in base all’imponibile dell’immobile che va da circa 70 a 300 euro. Tutto questo rischia di provocare una situazione insostenibile per i nostri agricoltori che rischiano di trovarsi nell’impossibilità di pagare un aggravio impositivo non discolpato di un azzeramento. La mancata sensibilità verso la specificità del settore agricolo e della composizione del patrimonio immobiliare produttivo, non escludendo dall’assoggettamento a tributo i fabbricati rurali strumentali porteranno un peso intollerabile che si ripercuoterà inevitabilmente sul reddito degli agricoltori e sulla produttività dell’intero settore”.
Il Natale che ci apprestiamo a vivere non sarà come i precedenti, per nessuno di noi.
Cinquantamila morti italiani, una decina a Sezze, non ci consentono di viverlo come sempre.
Non sarà il solito Natale per chi non potrà trascorrerlo con i propri cari, quei genitori o nonni che sono stati portati via da un virus venuto da lontano e che è ancora tra di noi.
Non lo sarà per chi è ricoverato in ospedale, alle prese con una fame d’ossigeno che medici ed infermieri cercano di combattere e curare con ogni mezzo a disposizione.
Non lo sarà neanche per le famiglie costrette in quarantena a casa, con uno o più dei componenti ad aspettare la negativizzazione del tampone.
Non lo sarà per chi non potrà raggiungere la propria famiglia di origine che vive altrove, come da tradizione di fine anno.
Non lo sarà per coloro che, a causa degli effetti del distanziamento sociale della pandemia, hanno perso il lavoro e molto di quello che avevano ed ora stanno vivendo sulla propria pelle una negatività che rischia di sfociare nella disperazione.
Non lo sarà neanche per i pazienti cronici sofferenti di altre patologie e che non riusciranno a svolgere i previsti controlli in ospedale, che adesso sono quasi tutti ora trasformati in bunker dedicati al Covid19.
Inutile negarlo, nessuno si sarebbe aspettato all’inizio del 2020 di vivere un Natale così strano, con tanto pessimismo nell’aria.
Come avviene per altri giorni-memoria dell’anno, le ricorrenze di avvenimenti più o meno importanti o evocativi, anche di respiro più laico e istituzionale (per es. il 25 Aprile ed il 2 Giugno), il significato di una festa assume le più diverse coloriture e percezioni soggettive, a seconda di molteplici fattori in gioco.
Per Natale è più o meno lo stesso.
C’è infatti chi aspetta la ricorrenza del Natale, chi il cenone della vigilia di N., chi il regalo di N., chi il presepe e chi l’albero di N., chi gli auguri di N., chi il messaggino di buon N., chi il faccione di Babbo N., chi la recita di N. e chi le vacanze di N e chi, infine, non vede l’ora di assaporare la liturgia di Natale.
Nel pieno del vortice di questo autunno da seconda ondata pandemica che ci sta cambiando le vite tra normative nazionali, regionali e comunali che a fatica cerchiamo di rispettare, pazientemente segnati da mascherine sempre indossate e igienizzanti a portata di mano, ora si sta parlando di anticipare la Messa di Mezzanotte.
Nel primo duro periodo di lockdown, la Chiesa italiana, venendo incontro alle esigenze sanitarie imposte dal Governo al Paese, ha chiuso le chiese per due mesi, non consentendo la presenza dei fedeli alle celebrazioni delle liturgie presiedute solo dai sacerdoti. Anche i funerali sono stati vietati…
Le chiese sono state riaperte poi a maggio con la prima discesa del numero dei contagiati, a patto di introdurre rigide regole di comportamento tra i banchi, sulla base di programmi condivisi tra Governo e CEI.
Allora ci furono voci stonate di veterocattolici e presunti liberi pensatori laici che parlarono addirittura di attentato mortifero alla libertà di culto, quella sancita dalla Costituzione. Si alzò poi alta e chiara la voce di Papa Francesco per mettere a tacere le polemiche e ricordare a tutti come la Chiesa è parte integrante della Comunità, non altra e privilegiata rispetto alle esigenze cautelative sociali, e che il buio del periodo Coronavirus sarebbe stata un’occasione di meditazione e di prova anche per la Chiesa e i cattolici.
Anche si sentono voci sguaiate scandalizzarsi alla sola ipotesi di dover anticipare la tradizionale liturgia della Messa di mezzanotte al tardo pomeriggio o alle prime ore della sera. Le stesse chiese che sono sempre meno frequentate in Italia nelle domeniche normali, quelle che riempiono di persone solo per festività, liturgie funebri o di Prima Comunione, diventano nuovamente occasione irrinunciabile per le voci sguaiate dei paladini delle tradizioni non riempite di sostanza e si torna a parlare di attentato alla libertà religiosa.
Fortunatamente, anche in questi giorni si alzano chiare e nette le parole di qualche illuminato comunicatore che prova a rimettere i puntini sulle i. Padre Antonio Spadaro, teologo gesuita attuale direttore di Civiltà Cattolica, con un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano lo scorso 1 dicembre, ci aiuta a fare un po’ di discernimento nei difficili tempi che stiamo vivendo, in cui le voci che urlano sembrano aver sempre ragione.
Ne ripropongo di seguito qualche passaggio, sperando possa essere d’aiuto a quanti vogliono andare alla sostanza del Natale, magari per prepararsi a viverlo nel migliore dei modi.
<I Vangeli di Matteo e Luca non forniscono indicazioni cronologiche precise. L’affermarsi della festa nel giorno del 25 dicembre la si deve molto all’opera del Papa San Leone Magno (440-461). In nessun modo la Chiesa ha mai definito questo punto, lasciando che il giorno del Natale di Gesù si consolidasse come semplice tradizione. Nel 1993 San Giovanni Paolo II, durante l’udienza di preparazione del natale disse, ad esempio: “La data del 25 dicembre, com’è noto, è convenzionale”>.
<Un documento attesta che già nel 354 si celebrava a Roma la festa cristiana del natale celebrata il 25 dicembre. Essa corrisponde alla celebrazione pagana del solstizio d’inverno Natalis solis invicti cioè la nascita del nuovo sole dopo la notte più lunga dell’anno. Questa è la data nella quale viene celebrata la nascita di Colui che è il Sole vero che sorge dalla notte del paganesimo>.
<Nella notte di Natale ci invita a fare l’esperienza spirituale dell’entrare nell’oscurità per ammirare e adorare il manifestarsi della vera Luce, quella del verbo di Dio che incarnandosi ha illuminato la Storia>
<Il dato simbolicamente importante per la celebrazione della notte non è dunque l’orario esatto – che sia mezzanotte o altri orari – ma il fatto che si celebri quando è buio e non c’è luce>.
<Veniamo a noi: certamente la politica non deve parlare di come si celebra la liturgia di Natale. E certamente la Chiesa deve evitare che le celebrazioni diventino luoghi di contagio. Le indicazioni circa il modo in cui le celebrazioni debbono svolgersi nel luoghi di culto sono solo un esempio di delle restrizioni di vasta portata all’esercizio di molti diritti umani e libertà civili in tutto il mondo, causate dallo sforzo per far sì che la distanza fisica prevenga efficacemente le infezioni>.
<Non c’è da sollevare da parte alcuna polemiche pretestuose su temi così delicati che toccano sia il bene comune e la salute dei cittadini sia alcuni valori spirituali che fondano la coesione sociale>.
Un’ultima mia riflessione, partendo dalla lettura di queste parole chiare di Padre Spadaro: se potessimo approfittare di questo periodo di Avvento, buio e oscuro come mai prima a causa del Covid, per provare a guardarci dentro - io per primo - e a chiederci che posto occupa nelle nostre vite il Cristo bambino che si appresta a ri-nascere (lo stesso che poi ri-morirà in croce per poi ri-risorgere tre giorni dopo), a prescindere dall’orario della Messa in cui decideremo di partecipare, saremmo già in cammino.
Magari, più compiutamente, ri-avvicinandoci ai Sacramenti il nostro Natale sarebbe davvero “diverso” perché più intimo e sentito così da poter diventare occasione di “bene” verso gli altri, i più sofferenti e poveri delle nostre società, rinunciando a qualche regalo sfarzoso ma spesso inutile e destinare a questi sfortunati fratelli/concittadini/stranieri le nostre doverose opere di carità natalizie.
“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità” (Matteo 23, 27 – 28).
I più feroci censori dei costumi altrui sono gli ipocriti, i quali si ammantano di una moralità ostentata, di una probità inesistente, si rivestono di apparenza, nascondono la propria incoerenza e indecenza dietro l’altisonanza di principi assoluti e verità inderogabili in cui affermano di credere, di cui sbandierano una condivisione mendace, verso cui nutrono invero cinica indifferenza e si rapportano con assoluta strumentalità. I paladini di questa moralità bugiarda si scandalizzano per l’agire degli altri, cui negano quanto però riservano a loro stessi e praticano abitualmente e con aria compunta e indignata, alzano inflessibili il dito accusatore contro chiunque capiti loro a tiro, li segnalano al pubblico ludibrio e biasimano quanto, a proprio giudizio insindacabile, considerano sviante ed errato nelle vite altrui. Moralisti senza morale, sepolcri imbiancati che celano coscienze come verminai, tiratori professionisti di strali infuocati elargiscono condanne senza misericordia e sentenze senza appello per comprovata dissolutezza e assolvono se stessi da ogni nefandezza.
Gli ipocriti finiscono sempre per cadere vittime di loro stessi, per essere travolti dalla loro doppiezza morale, dal coltivare unicamente interessi e convenienze, per essere soffocati e sommersi dal marciume delle loro coscienze e dallo squallore della loro falsità. Questa sì è una legge inderogabile, a ben vedere.
È notizia di questi giorni che la polizia di Bruxelles ha fatto irruzione qualche sera fa in un appartamento, ubicato sopra un bar nel centro della capitale europea, a pochi passi dalla Grand Place, su segnalazione di alcuni vicini infastiditi dagli schiamazzi e indispettiti per la violazione delle norme che vietano raduni e assembramenti per via della pandemia in corso. La polizia belga ha scoperto che nell’appartamento era in corso un festino a base di alcool, droga e sesso, cui partecipavano più di una ventina di persone, un’orgia per soli uomini. I partecipanti sono stati multati per violazione delle disposizioni anti Covid-19. Orbene in condizioni di normalità, la vicenda di sicuro si sarebbe conclusa con una dura reprimenda da parte della polizia per via del fastidio procurato ai vicini e con le inevitabili denunce per il rinvenimento di sostanze stupefacenti, fermo restando che per il resto alla legge nulla interessa delle pratiche sessuali messe in atto tra adulti consenzienti. Probabilmente sui giornali locali sarebbe apparso qualche trafiletto sbattuto in fondo alle ultime pagine di cronaca, qualche sparuto lettore appassionato di notiziole di poco conto avrebbe soffermato la sua attenzione, condita da un sorrisetto ironico e nulla più. Visti i tempi particolari che stiamo attraversando a causa del Covid-19, la questione ha assunto altra rilevanza e la notizia è rimbalzata sui siti in un batter d’occhio non solo per la violazione della legge che vieta incontri conviviali con più persone al fine di contenere i contagi, ma soprattutto perché tra i partecipanti identificati e denunciati vi erano diplomatici e un eurodeputato. È partita immediatamente la caccia al misterioso europarlamentare e i risultati non si non fatti attendere. È bastato poco per scoprire che il deputato europeo in questione era Jòzsef Szàjer, tra i fondatori di Fidesz, il partito del primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbàn, teorico della democrazia illiberale, di cui è un fedelissimo e anzi viene da tutti considerato il braccio destro. La conferma è arrivata dallo stesso Jòzsef Szàjer, il quale ha ammesso di essere l’eurodeputato coinvolto e ha rassegnato le dimissioni dal Parlamento Europeo nelle mani del Presidente David Sassoli. Epilogo inevitabile vista la violazione della norma antiassembramenti, ma soprattutto per la condotta dall’eurodeputato che, come spiegato dall’ufficio del Pubblico Ministero, quanto la polizia ha fatto irruzione, ha cercato di fuggire dall’appartamento calandosi da una grondaia e ferendosi alle mani. Una volta fermato ha rivendicato l’immunità parlamentare e, sottoposto a perquisizione, è stato trovato in possesso di sostanze stupefacenti. Memore di certa tradizione italica Jòzsef Szàjer ha dichiarato alla polizia che le droghe si trovavano nel suo zaino a propria insaputa e non erano sue.
Una vicenda squallida certamente. Perché prenderla in considerazione, farla oggetto di riflessione? L’interesse evidentemente e ovviamente non è per il fatto in sé, quanto piuttosto perché emblematico di quella ipocrisia innanzi stigmatizzata e condannata. L’ungherese Fidesz, nelle cui liste Jòzsef Szàjer è stato eletto al Parlamento Europeo, è affiliato ai Popolari Europei (enorme ipocrisia giustificata da ragioni di opportunismo politico o meglio di consistenza numerica dei gruppi parlamentari), ma è un partito di estrema destra, sovranista e illiberale. Il primo ministro Viktor Orbàn governa il proprio paese con pugno di ferro, ha promosso e fatto approvare dal parlamento ungherese numerose leggi palesemente antidemocratiche, che violano i diritti fondamentali e le libertà dei cittadini. L’Unione Europea ha aperto nei confronti dell’Ungheria una procedura per violazione dello Stato di Diritto e per politiche discriminatorie nei confronti delle minoranze, in particolare delle persone omosessuali e delle donne. Viktor Orbàn, Jòzsef Szàjer e gli altri esponenti di Fidesz in questi anni hanno strumentalizzato i valori cristiani, brandito il vessillo della tradizione, della famiglia fondata sull’unione esclusiva uomo - donna, della condanna dell’omosessualità, della contrarietà all’aborto, hanno fomentato l’islamofobia, si sono opposti alle politiche di accoglienza di profughi e migranti, hanno colpito, perseguitato ferocemente e ridotto al silenzio gli oppositori politici. Un governo insomma agli antipodi della democrazia.
Quanto accaduto ha fatto emergere il vero volto di personaggi squallidi, incarnazione del peggiore populismo, i quali hanno nella doppia morale il tratto distintivo della propria identità. Principi e valori, gridati ai quattro venti con le loro bocche ingannatrici, hanno il suono intollerabile delle bestemmie e sono unicamente funzionali alla conservazione del potere, all’oppressione dell’altro e del diverso. Dovremmo tutti quanti riflettere e interrogarci sul consenso riservato nel nostro paese ad ammiratori, alleati ed imitatori di costoro, accorgerci che anch’essi indossano solo maschere di idealità che invero disprezzano e contraddicono continuamente con il loro vivere e il loro agire.
Nemmeno la mente più lucida e illuminata avrebbe immaginato tanto. Come una delle pessime telenovela la vicenda del Belvedere di Sezze va avanti con puntate che sfiorano l’assurdo visti i soggetti coinvolti ed i tempi quasi biblici. Don Massimiliano Di Pastina non si è fermato e dopo che il Tar del Lazio ha rigettato il suo ricorso in merito alla richiesta di sospensiva dell’ordinanza di demolizione del cantiere e ripristino dello stato dei luoghi del belvedere, ha presentato un nuovo ricorso presso il Consiglio di Stato. Il ricorso in appello al Consiglio di Stato si propone avverso le sentenze o le ordinanze emesse dai TAR al fine di ottenere la riforma della sentenza o dell’ordinanza impugnata e per l’effetto l’accoglimento o il rigetto del ricorso introduttivo. La palla quindi ripassa ancora alla giurisprudenza tanto che in molti adesso si stanno chiedendo e valutando se non sia veramente il caso di investire della vicenda il vescovo della Diocesi di Latina Mons. Mariano Crociata, considerando che la risonanza mediatica della triste diatriba vede comunque al centro la statua e un monumento dedicato al Santo Patrono Lidano. Quelli che speravano in una celere demolizione di un cantiere-discarica molto probabilmente dovranno ancora attendere. Conti alla mano sono più o meno 570 i giorni passati dalla sospensione dei lavori e dall’impossibilità di riavere e vedere libero il Belvedere di Santa Maria. Una vicenda che ha ormai assunto i contorni di una fiction e che ha il suo contraltare in consiglio comunale di Sezze dove il fratello del Don, il consigliere comunale Ernesto Carlo Di Pastina, è passato nei fatti all’opposizione, proprio per l’evoluzione della storia della statua al belvedere. Nei prossimi giorni la Giunta comunale darà mandato agli uffici competenti di demolire i manufatti ma bisogna capire se adesso l’amministrazione comunale tutta avrà il coraggio di mettere fine subito a tutto questo. Restiamo disponibili per eventuali smentite, repliche o precisazioni da parte degli interessati. Il quotidiano on line La Notizia Condivisa dà voce a tutti coloro che non l’hanno mai avuta.
Saranno costretti ad abbassare le serrande da domani fino a mercoledì 9 dicembre e poi di nuovo chiusi alla Vigilia e poi a capodanno. I commercianti del Centro Commerciale “Le Fontane” di Sezze sono in stato di agitazione per le misure imposte dal nuovo dpcm. Già in difficoltà come altri per la delicata vicenda economica legata al covid, adesso dovranno chiudere nei giorni più importanti dell’anno. “Nei fatti il nostro non è un vero centro commerciale – ci hanno detto alcuni commercianti - ognuno ha i suoi orari e le sue regole. Siamo penalizzati rispetto ad altre realtà di Sezze e saremo costretti a chiudere molti giorni sotto le festività natalizie. Siamo tutti in difficoltà e vorremmo far sentire la nostra voce, la nostra protesta di commercianti che continuano a pagare le tasse ma che stanno vivendo momenti difficili per i vari decreti emanati dal Governo”. Il Centro Commerciale Le Fontane ,purtroppo, rientra nella categoria di Centro Commerciale presso la Camera di Commercio e al Comune di Sezze e il nuovo dpcm lo penalizza duramente rispetto ad altre attività che sono dislocate per il paese. Proprio per questa ragione, gli organi comunali, nonostante ci tengono ad esprimere la loro vicinanza ai commercianti delle Fontane, sono impossibilitati ad intervenire su decreti nazionali. Resta insomma l’amaro in bocca, la difficoltà ad andare avanti per i titolari dei 15 negozi che ancora resistono alla crisi e che vorrebbero essere tutelati in un momento delicato e difficile come mai avvenuto in passato.
La farmacia comunale di Sezze ha ufficialmente aderito alla somministrazione dei tamponi antigenici. Lo ha comunicato poco fa il sindaco di Sezze Sergio Di Raimo in commissione di capigruppo. Il primo cittadino, relazionando sulla situazione Covid a Sezze, ha annunciato a brevissimo l’attivazione di un gazebo drive-in nel piazzale della farmacia Zoccolanti. L’attivazione del servizio di test antigenici rapidi segue la decisione presa in commissione di capigruppo dello scorso 27 novembre. Sempre nella riunione odierna il sindaco ha comunicato la riattivazione del numero verde per le emergenze (800-237-771). In attesa dei tempi di attivazione della linea (già domani) i cittadini potranno usare, nel frattempo, il numero 0773 88411. Notizie importanti e rassicuranti giungono anche per l’attivazione del servizio di test antigenici presso il centro sociale Ubaldo Calabresi. Sono arrivati, infatti, i Kit per i medici che dovranno effettuare i tamponi. Ogni medico di base avrà a disposizione 20 tamponi settimanali, camici e visiere. Sul fronte delle attivazioni delle Usca, invece, il Comune di Sezze dovrà ancora attendere. Anche se per Di Raimo si è "in dirittura di arrivo", per il consigliere del Biancoleone Serafino Di Palma si è fuori tempo massimo ed è ora di mettere fine alle attese: “siamo stanchi di elemosinare i nostri diritti” ha affermato Di Palma, annunciando un esposto al presidente della Repubblica: “Lor signori non hanno rispettato le volontà del consiglio comunale di Sezze”. Sul fronte Covid l’indice di Sezze resta al 1,78 in linea con la Provincia di Latina.
E’ una sorta di lettera di Natale imprevista ma non imprevedibile quella recapitata al Comune di Sezze dalla Banca Farmactoring. L’Ente creditizio, consociato a livello legale in un gruppo che comprende BFF Finance Iberia SA, BFF Polska S.A., FF Capital S.A., chiede al Comune il pagamento di circa 100 mila euro. La cifra viene richiesta da Banca Farmafactoring in forza di cessioni di credito intervenute con le società Schindler SpA, Eni Spa, Enel Energia SpA, Gima Water SpA e Giomi RSA Lazio Srl, nei confronti delle quali il Comune di Sezze era creditore in virtù di fatture emesse dalle suddette società nei confronti dell’Ente, attualmente non onorate. Per vedere riconosciute le proprie ragioni, il sodalizio ha presentato un atto di citazione per cui lo stesso Ente ha dovuto provvedere a nominare anche un legale, individuato nell’avvocato Giacomo Mignano che ha presentato un preventivo di spesa di 5867 euro. L’ammontare della cifra richiesta dalla Banca è la somma di 6.300 euro, in virtù delle fatture cedute da Schindler SpA; 3.136,16 euro in virtù delle fatture cedute da Eni Spa; 1.210,98 euro in virtù delle fatture cedute da Enel Energia; 56.367,37 in virtù delle fatture cedute da Gima Water SpA; 1.110,41 euro in virtù delle fatture cedute da Giomi Rsa Lazio. Al totale di 68.124,92 euro si aggiungono 9.188,56 euro per il mancato pagamento delle NDI, 19.280 euro di risarcimento del danno dovuto e poi le spese del giudizio e rimborso forfettario.
Si è svolta questa mattina in diretta streaming dall’aula consiliare del Comune di Cisterna di Latina la cerimonia di proclamazione della prima edizione del Premio Letterario Invictus, organizzato da LabDFG. È stata la giornata in cui la letteratura sportiva è tornata a occupare il posto che merita: un posto da protagonista nella storia della narrazione e dell’editoria. È stata la giornata del Premio Invictus.
L’evento, condotto da Gabriele Brocani, Direttore artistico, e Giovanni Di Giorgi, ideatore del Premio e Direttore editoriale di LabDFG, ha visto la partecipazione di un ricco parterre di ospiti: Giancarlo Vinacci, Presidente di giuria, maestri del giornalismo sportivo nazionale come Italo Cucci, Riccardo Cucchi, Sandro Fioravanti, Xavier Jacobelli e campioni del mondo sportivo come Daniele Masala, Mara Santangelo, Davide Tizzano e Daniele Sottile, che hanno consegnato “personalmente” (anche se virtualmente) i premi ai 7 finalisti. In rappresentanza del Sindaco di Cisterna di Latina Mauro Carturan, era presente il Vicesindaco Vittorio Sambucci. Al termine della Premiazione il direttivo del Premio Invictus ha consegnato la targa “Premio Generazione Z” anche a Lorenzo Pecorilli, giovanissima promessa del motocross.
«Vorrei sottolineare ancora una volta quanto il premio sia legato con un doppio vincolo alla città di Cisterna di Latina. Ormai è impossibile scindere il nome di Invictus da quello della città, come si evince anche dalla fascetta che da domani sarà sugli scaffali di tutte le librerie d’Italia ad abbellire il libro vincitore – ha dichiarato Giovanni di Giorgi al termine della premiazione, per poi aggiungere «ci tengo a ringraziare il sindaco Mauro Carturan e tutta l’amministrazione comunale per aver creduto nel progetto. Cisterna è la casa del Premio Invictus e da domani inizieremo a progettare insieme la seconda edizione. L’obiettivo è far diventare la città la capitale della letteratura sportiva italiana».
E veniamo alle premiazioni:
Si è aggiudicato Il Premio Invictus di 5.000 euro, quasi all’unanimità, La via Perfetta di Alessandra Carati e Daniele Nardi (Einaudi) un libro che racconta la vita e le gesta di Daniele Nardi, l’alpinista italiano morto sul Nanga Parbat il 25 febbraio del 2019. La giuria ha deciso di assegnare questo premio «per la sua capacità di parlare dei contrasti degli uomini del nord, per la forza con cui l’autore descrive la costanza con cui ogni sportivo cerca di raggiungere i propri obiettivi anche a costo della vita».
Queste le parole a caldo dell’autrice: “Voglio ringraziarvi e sono certa che Daniele sarebbe stato felicissimo di questo premio nella sua città. L’esperienza con Daniele è stata molto forte e in questo libro ho raccolto il mandato che mi ha lasciato senza essere troppo gentile nei suoi confronti e dell’ambiente. Gentilezza nel senso lato del termine. Senza remore nel raccontare l’autenticità di quella storia. Grazie alla sua famiglia che ha deciso di raccontarmi chi era Daniele. Questo premio è per lui”.
Ecco tutti gli altri premi assegnati:
Il Premio Grandi Lettori per un valore di 1.500€ è stato assegnato a Il mio amico Nepal di Andrea Scherini (Harper Collins), «Per la sua capacità di raccontare la montagna e l'amicizia incredibile tra l'uomo e un animale, e quindi la natura, per aver raccontato cose vissute ma con una grande fantasia».
Il Premio Financial & Capital Advisor per un valore di 1.500€ lo ha vinto Gianluca Morassi con La corsa di Shorter (Bolis Edizioni), «per la sua capacità di raccontare lo sport con una fantasia particolare e in modo fresco e pop, come dice il titolo stesso».
Il Premio Guerin Sportivo per un valore di 500€ è stato assegnato a Fabrizio Gabrielli autore di Cristiano Ronaldo. Storia intima di un mito globale (66thand2nd), «per la sua capacità di raccontare un grande calciatore nei suoi risvolti umani e per l’umanizzazione di un campione a volte troppo simile a una macchina».
Il Premio Rai Radio1Sport per un valore di 500€ è stato assegnato a La Piscina dei misteri di Paolo Foschi (Risfoglia – Curcio), «per la sua capacità di trattare temi legati non solo allo sport ma anche al difficile mondo dell'adolescenza».
Il Premio Corriere dello Sport-Stadio per un valore di 500€ è andato a Maurizio Crosetti autore di Il suo nome è Fausto Coppi (Einaudi), «per aver raccontato un personaggio unico in modo originale, più dalla voce di chi l’ha conosciuto che dalle biografie e dalle narrazioni istituzionali».
Il Premio Tuttosport per un valore di 500€ lo ha vinto Guy Chiappaventi autore di Mare Fermo (Ensemble), «per l'attenzione all'impegno sociale e all'integrazione di coloro che sono il più delle volte emarginati dalla società, attraverso i valori dello sport».
A primavera ci sarà una coda dell’evento per celebrare in presenza tutti i vincitori, e per permettere loro di incontrarsi e conoscersi e confrontarsi con i giurati rendendo omaggio a una grande città come Cisterna di Latina.
Da questo pomeriggio sarà online il regolamento per aderire all’edizione 2021 con cui partirà ufficialmente una nuova avventura per raccontare storie, vite e sport.
Il Premio Letterario Sportivo Invictus è realizzato da LabDFG grazie al Comune di Cisterna di Latina. Media Partners: Radio1Sport, Tutto Sport, Corriere dello Sport, Guerin Sportivo.
Truppe della Rai a Sezze. Da questa mattina operatori e cameraman del programma televisivo Linea Verde stanno registrando filmati all’interno del centro storico di Sezze per una puntata del noto programma che andrà in onda nelle prossime settimane (dovrebbe andare in onda il 20 gennaio). Sezze e altri paesi dei Monti Lepini quali perle di centri storici medievali della Provincia di Latina. Tra i luoghi visitati dalla troupe della Rai a Sezze via dei Templi, Piazza dei Leoni, Piazza Santa Maria, il Guglietto e altri vicoli del cuore della nostra città. Nonostante tutto Sezze conserva tanti luoghi affascinanti e vestigia di un passato straordinario che dovremmo preservare e riqualificare.
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Il diffondersi del coronavirus in Italia ha messo ulteriormente a nudo lo stato di estrema sofferenza in cui versa il Sistema Sanitario Nazionale, riaccendendo i riflettori sui pesanti tagli che, in particolare negli ultimi 10 anni, hanno colpito la sanità pubblica, facendola scivolare in uno stato di disservizi e carenze ormai cronico. Disagi purtroppo in cui i cittadini sono costretti da molto tempo a fare i conti e che sono il risultato della sottrazione, dal 2010 ad oggi, di ben 37 miliardi alla Sanità. Azione, questa, che si è conseguentemente tradotta in un enorme calo del livello di assistenza a tutti i livelli tra cui la chiusura di tanti piccoli efficienti e produttivi ospedali, come il nostro Presidio Ospedaliero che, con i suoi reparti, è stato per tanti anni il punto di riferimento di parte della popolazione provinciale e soprattutto dei Monti Lepini. Il fatto è che, alla chiusura di tanti ospedali territoriali come il nostro, o come quello di Priverno e di Cori, come d’altronde quelli di tante realtà territoriali della Regione Lazio, non è seguito un miglioramento dei presidi sanitari provinciali. Cosa ancora più grave ed evidente, non è seguito un miglioramento dei servizi territoriali, in alcuni casi inesistenti o poco funzionanti, servizi tanto invocati da più parti per evitare il sovraffollamento, come si sta invece verificando, dell’ospedale Santa Maria Goretti, a discapito dei tanti malati per covid e per altre patologie. E’ evidente che l’emergenza COVID che si sta vivendo ha scatenato in tutte le Regioni d’Italia questi movimenti per la “riapertura” degli ospedali che con tanta fretta sono stati chiusi. L’adozione di misure di (s)fortuna come ospedali da campo (a volte più motivati da esigenze di immagine che non da forti esigenze organizzative) o addirittura di terapie intensive in spazi dedicati ad altre funzioni, deve spingerci comprensibilmente nella direzione di riappropriarci di servizi strettamente necessari per la salute pubblica. Se sei costretto a soluzioni così arrangiate perché non riqualifichi quello che hai dequalificato?
La convinzione che le “chiusure” fossero state frutto di tagli e non di scelte è molto radicata e, adesso, che si sa che sulla sanità si torna ad investire, quei tagli devono essere messi in discussione, al fine di dare risposte alla cittadinanza sull’emergenza che si sta vivendo e sul futuro che non può essere certamente tranquillo in chiave di assistenza territoriale. Sempre più spesso, in questo clima di paura e di incertezza, per il propagarsi del contagio da covid, molti, in queste settimane, cercano di essere rassicurati circa il ritorno alla normalità, sul fatto anche che le poche strutture sanitarie presenti nella provincia di Latina riprendano a funzionare anche per le altre patologie, e che le stesse non verranno depotenziate e impoverite di funzioni rispetto ad altre maggiori. Da ciò allora si pone l’imperativo e l’urgenza di richiedere ad alta voce e con forza, a tutte le istituzioni preposte, Provincia, Regione, Ministero della Salute, la riapertura dell’Ospedale San Carlo di Sezze, con i suoi reparti, quelli che si ritengono necessari quali integrazione di quelli presenti nell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, evidentemente anche con uno sguardo ad una politica comprensoriale, che contempli quindi anche l’esigenza dei Comuni limitrofi. Da ciò può anche ripartire una giusta politica sanitaria territoriale, finora inesistente e tanto sbandierata e richiesta, come necessaria, in questo periodo di emergenza sanitaria.
Certamente a questi grandi interventi devono accompagnarsi, a livello regionale e nazionale, delle diverse politiche, che costano grossi sforzi economici, e vedute anche lungimiranti, non solo quindi per soluzioni solo oggi urgenti, ma che tengano conto anche del futuro per non trovarsi impreparati come per quello che stiamo vivendo. Certamente l’auspicata riapertura di questi ospedali, Sezze e tanti altri chiusi per le note questioni legate alla spending review, ripropone il problema della mancanza del personale, tanto evidente nel momento critico che stiamo vivendo. Ma è chiaro che in questo caso, per la soluzione di queste problematiche, non solo legate al momento covid, non è più possibile il permanere del numero chiuso delle facoltà con indirizzo sanitario, o di limitati posti nelle scuole di specializzazione sempre per i laureati in medicina. Così come, a livello regionale continuare a limitare i posti a concorso per la medicina generale. Basti pensare che quest’anno la Regione Lazio, per i medici candidati per la Medicina Generale ha emanato un bando per 101 posti, a fronte di un collocamento a riposo, solo nella provincia di Roma di più di 500 medici. In questo momento non si tratta soltanto di rispondere ad una emergenza che si è verificata, a cui chiaramente bisogna trovare le soluzioni più adeguate e necessarie, ma bisogna porsi il problema di come reimpostare una politica sanitaria, non guardando solo all’aspetto economico, ma alle reali esigenze della popolazione a cui bisogna garantire sempre e in ogni modo il diritto alla salute.
A tutti i livelli si deve chiedere un grande sforzo politico ed ideologico (MES si MES no), al fine di superare in questo momento, ma non solo, la critica situazione sanitaria che permarrà se le varie istituzioni non sapranno cogliere tutte le istanze che il fenomeno della pandemia ha evidenziato. Il superamento si di tutti gli aspetti che si sono presentati dal mese di febbraio ad oggi, ma nel contempo cominciare da subito ad impostare un discorso progettuale diverso che a tutti i livelli sia in grado di organizzare e realizzare tutti quei servizi capaci di evitare, per il futuro, tutte le tragedie che stiamo vivendo e garantire invece condizioni di vivibilità efficienti ed efficaci.
Quindi, accanto alla riapertura degli ospedali chiusi in tempi pre-covid, c’è bisogno di un cambio di mentalità dove i vari governi necessariamente comincino da subito a modificare lo status quo soprattutto nel campo della formazione sanitaria, eliminando da una parte certi privilegi che si sono instaurati a livello di una certa classe medica, e dall’altra parte, garantire il pieno diritto alla salute a tutti i cittadini e una giusta occupazione dei giovani professionisti che si affacciano degnamente nel mondo lavorativo nel settore sanitario. IL Sars-Cov-2 ci ha sorpresi e costretti quindi a inseguirlo. Non possiamo permetterci di correre questo rischio per la seconda o adesso per la terza volta. Per evitare di trovarci nuovamente in questa condizione bisogna muoversi in anticipo da subito non dimenticando che la pandemia ci ha sbattuto in faccia la nostra vulnerabilità e questo ci deve spingere a comprendere la ragione per cui l’abbiamo dimenticato. È chiaro quindi che le casse dello Stato potranno e dovranno riorganizzare il Servizio Sanitario Nazionale, dotandolo di tutto ciò di cui ha bisogno in termini di risorse finanziarie e umane. Questa è la sfida che ci aspetta e per cui tutti dobbiamo lottare, essere attori non solo di ciò che oggi può sembrare un sogno, ma tendere tutti a realizzare questa grande impresa.
L’indecenza attira l’attenzione, prevarica il bello e il buono, si fa credere totalizzante e tenta di trascinare tutto e tutti nel gorgo dell’indistinto. Il degrado nel linguaggio e nei comportamenti dei politici è innegabile, ma sarebbe ingiusto non discernere e distinguere. Le persone per bene, i bravi amministratori della cosa pubblica sono la grande maggioranza, ma a far notizia è la strumentalizzazione di ruoli e funzioni pubbliche da parte di una minoranza. L’aspetto più allarmante non è tanto il ricorso al linguaggio greve, volgare, a parolacce e insulti, quanto piuttosto i contenuti e le scelte dei leader nazionali e soprattutto dei sottopancia, di cacicchi e luogotenenti locali, di candidati ed eletti nelle assemblee rappresentative ad ogni livello, nei consigli comunali in particolare, i quali persuasi di poter fare tutto, compreso dare sfogo impunemente alle bassezze più becere in forza della sacra investitura popolare, fanno di barbarie e turpitudine il loro stile e la loro regola. Senza contare poi che ha preso sempre più piede la convinzione che sottrarsi alla sarabanda del cinismo e delle affermazioni scioccanti, gratuite, insensate e senza fondamento, equivalga a rinunciare ad avere ruolo e rilevanza di fronte alla pubblica opinione, ad essere cancellati dal teatrino imperante e finire per non contare niente.
In questi giorni comportamenti estremamente gravi, di cui si sono resi responsabili i consiglieri comunali di alcune città, hanno guadagnato l’onore della cronaca. Tuttavia i media li hanno accantonati rapidamente, stimandoli evidentemente trascurabili, irrilevanti e non una occasione da cogliere per approntare una seria riflessione. L’interesse è stato indirizzato altrove in ossequio all’incessante rincorsa alla novità e al sensazionalismo che spesso purtroppo caratterizza l’informazione, tralasciando così di cogliere i segnali allarmanti di degrado valoriale e senso civico che vanno ripetendosi nella società, che indeboliscono fino a distruggere il substrato sostanziale che sta alla base del vivere comunitario e impediscono di fronteggiare efficacemente i colpi micidiali inferti ai principi e ai diritti irrinunciabili delle persone sanciti dalla Costituzione Repubblicana, alla sacralità delle istituzioni democratiche che devono essere preservate da qualunque abuso o sfregio. Nessuna storia di ruberie, approfittamenti e tangenti, ma qualcosa di assai più pericoloso, in grado di disonorare le istituzioni ed emblematico di una classe politica nella migliori delle ipotesi raffazzonata, grottesca e inadeguata sotto il profilo culturale e democratico.
Il consigliere comunale di Bagno a Ripoli, Gregorio Martinelli Da Silva, della Lega, ex capogruppo in consiglio per il Carroccio, ha presentato un’interrogazione in cui chiede al sindaco di istituire una giornata per i cattolici eterosessuali in quanto vittime di discriminazioni, così motivando la richiesta: “La società con la complicità delle istituzioni e di politici incapaci sta commettendo nel nome della lotta alla discriminazione la peggiore delle discriminazioni possibili, quella contro i suoi valori e le sue origini. Con l’avanzamento di proposte come quelle della mozione della commissione pace, o come la legge Zan, si puniscono e discriminano le persone che seguono la Dottrina Cattolica. Con l’avanzamento di questa ideologia arriveremo anche al punto di penalizzare tutta la categoria degli eterosessuali, soprattutto maschi”. Il consigliere leghista ha sostenuto che la proposta di legge contro omo e transfobia ha come “unico scopo quello di incentivare e favorire l’omosessualità”, che le relazioni omosessuali sono “gravi depravazioni”, ha definito l’omosessualità “atteggiamenti” da “condannare”, precisando (bontà sua!) che “condannare non vuol dire punire” e ha concluso dicendo che l’omofobia è qualcosa “che in realtà non esiste”. Un rappresentante eletto nelle istituzioni definisce discriminatoria una proposta di legge che ha il solo scopo di tutelare i più deboli e punire quanti rivendicano la libertà di aggredire altre persone semplicemente per quello che sono e per chi amano. Parole che fanno inorridire, da non confondersi assolutamente con la libertà di opinione che non è mai libertà di umiliare gli altri e giustificazione della violenza.
Nicolò Fraschini, consigliere della maggioranza di centrodestra di Pavia, presidente della Commissione Bilancio, ha scritto sul proprio profilo Facebook come commento ad una discussione da lui stesso avviata sulle problematiche legate alla pandemia: "Ormai questo piagnisteo sulle vittime penso che abbia stufato tanti italiani, per salvare poche migliaia di vecchietti stiamo rovinando la vita, nel lungo termine, a un sacco di giovani…..Tutta questa vicenda ha dimostrato ancora una volta che l’Italia dà la precedenza sempre e solo agli anziani. Adesso è tempo di cambiare il passo, di sacrifici ne abbiamo già fatti fin troppi, abbiamo già fatto due tentativi, direi che Conte e i suoi sgherri hanno la coscienza pulita, adesso si può riaprire". E per rimarcare meglio il suo pensiero ha concluso: "e poi, ripeto, viva Darwin!". Insomma evviva la selezione naturale: sopravvivano i più forti e i più deboli soccombano!
Priamo Bocchi, coordinatore di Fratelli d’Italia di Parma e consigliere comunale, mentre si svolgeva in streaming il Consiglio Comunale, convocato sul tema della violenza sulle donne, ha postato su Facebook la foto “senza veli” di un sedere maschile, accostata a quella dei consiglieri comunali. Un gesto derisorio, un modo per dire che della violenza e delle discriminazioni sessuali se ne frega, si cala le braghe e mostra il sedere. Scoppiata la bufera per questo suo gesto squallido e vomitevole, ha cercato di giustificarsi dicendo che un hacker avrebbe fatto irruzione nel sistema informatico del Consiglio Comunale a distanza di Parma.
È giusto dare atto che i partiti di appartenenza di questi personaggi beceri e inqualificabili sono intervenuti censurandoli e prendendo le distanze da parole e comportamenti dei propri eletti.
Tuttavia questa sequenza di deliri, luoghi comuni violenti, linguaggi aberranti e pericolosi, che vanno oltre i limiti della ragione, raccontano la deriva di una certa parte della politica senza distinzioni di partiti e schieramenti, che da troppo tempo opera una selezione alla rovescia, promuove i peggiori purché fedeli al capo, discrimina e allontana quanti possiedono un profilo culturale e umano rimarchevole, oltre a competenze, capacità e autonomia di giudizio. Il dramma vero è questo e come cittadini ne portiamo la nostra parte di responsabilità ogni qual volta lo accettiamo supinamente, non ci ribelliamo all’indecenza e non usiamo in modo intelligente l’arma democratica più potente che possediamo: il nostro voto!
Un caldo abbraccio è il simbolico messaggio che hanno voluto lanciare le Donne del Cif sezione di Sezze in occasione del 25 novembre, giornata di commemorazione dedicata alle donne vittime di violenza. E proprio quell'atto d'amore, rappresentato dall'abbraccio, è stato narrato da sciarpe di lana colorate realizzate dalle associate. Un filo tessuto per cucire e rimarginare ferite profonde che ogni giorno si consumano tra le mura domestiche con atti di violenza. Dati che non rassicurano ma allarmano sempre più. Le sciarpe sono state intrecciate nei trochi di alberi presso Ferro di Cavallo e resteranno lì per tutto il periodo natalizio.