Il gruppo Biancoleone sottopone all’attenzione dei cittadini di Sezze quello che considera un "atteggiamento antisindacale della maggioranza Di Raimo". Tutti i consiglieri di minoranza con una mozione avevano segnalato che la deliberazione di Giunta n. 169 del 17/11/2020 con oggetto: “Nuovo ordinamento degli uffici e servizi organigramma e funzionigramma- approvazione” a circa un anno e mezzo dalle elezioni non poteva funzionare e che "tale scelta non garantiva il perseguimento dell’interesse pubblico, il miglioramento della qualità dei servizi offerti ai cittadini ed alle imprese". I consiglieri comunali Serafino Di Palma e Paride Martella aggiungono: "Da tutti i consiglieri di minoranza la deliberazione 169 fu dichiarata illegittima, in quanto l’adozione del nuovo ordinamento degli uffici non fu sottoposto alla preventiva informazione sindacale, così come previsto dal d.lgs. 165/2001. La maggioranza Di Raimo per niente recettiva alle istanze delle minoranze, sorretta da una forma di autismo politico, in spregio ad ogni forma di democrazia deliberativa è andata avanti scontrandosi con i sindacati. Nei comunicati stampi del Comune di Sezze si lasciava intendere che c’era pieno accordo con le Organizzazione Sindacali, tanto che le stesse in data 12 febbraio 2021 sono state costrette a comunicare che non intendevano aderire alla richiesta di un comunicato stampa congiunto. Le organizzazioni Sindacali hanno ribadito quanto segue: “Soprattutto, però, si è rilevato che nel Comunicato dell’Ente è stata riportata la condivisione con le OO.SS. della Delibera di Giunta 169 del 17 novembre 2020, relativa all’approvazione di una nuova dotazione organica, mai inviata alle organizzazioni sindacali, che non hanno nemmeno ricevuto Comune di Sezze Prot.n. 0005458 del 26-02-2021 arrivo Cat. 3 Cl.11 l'informativa dell’atto, obbligatoria per legge, che apporta un cambiamento sostanziale dell’organigramma e funzionigramma dell’Ente. Infatti, la delibera in oggetto prevede la figura di due dirigenti: uno alla Direzione dell’Area Amministrativa ed uno alla Direzione dell’Area Tecnica. Poiché tali scelte avranno ricadute sulle risorse a disposizione per il personale dell’Ente, con variazione di spesa sui costi complessivi del personale, limitati per legge, e sul salario accessorio, era indispensabile e necessario il coinvolgimento delle OO.SS. di categoria. Inoltre, le stesse OO.SS. non sono a conoscenza del fatto che sia stato o meno modificato il Piano Triennale del Fabbisogno di Personale 2018/2020, n. 10 del 23-01-2018 e se è previsto l’aumento delle ore del personale attualmente part time, se sono previste assunzioni per le categorie B e C in considerazione delle cessazioni dal servizio previste nei prossimi anni. Per quanto sopra le OO.SS. FP CGIL FR LT e la UILFPL Latina chiedono un urgente confronto sui contenuti della deliberazione stessa”. Il gruppo Biancoleone ribadisce che sulla ristrutturazione della pianta organica va avviato un confronto serio con le organizzazioni Sindacali e con i Consiglieri Comunali per rettificare gli atti sin qui adottati. "Solo così operando - chiude la nota del Biancoleone - si possono evitare conflitti di interesse, forme di gestione autarchiche e plenipotenziarie. In questi quattro anni di consiliatura, tutti i suggerimenti dei consiglieri del gruppo Biancoleone sulla gestione del personale rivolti ad accrescere l’efficienza, razionalizzare i costi e realizzare la migliore utilizzazione del personale, sono rimasti inascoltati. Ed è per questo che il caos amministrativo regna all’interno del Comune di Sezze".
Vittorio Accapezzato, ex amministratore della città ed insegnante in pensione, solleva dubbi e perplessità in merito alla nuova toponomastica setina, al centro di numerose polemiche per i nomi scelti per le strade di Sezze. "Ho rispolverato il mensile “Nuova Informazione” e leggo: ”Dopo alcuni anni di lavoro la Commissione per la realizzazione di una toponomastica per l’intitolazione di nuove strade nel comune di Sezze ha consegnato alla Giunta Comunale (epoca sindaco Campoli) un elenco definitivo di nomi di personaggi illustri sia di Sezze sia dell’Italia intera.” Rileggo e noto - scrive Accapezzato - che la Commissione era stata chiamata a lavorare solo per l’intitolazione di nuove strade senza dover cambiare le vecchie ormai consolidate. Mi soffermo su questo punto poiché la normativa che stabilisce come imporre un nome a una strada nuova è la Legge 1188/27; invece, quella che indichi come cambiare nome a una strada già esistente, è il Rdl 1158/23. Contrariamente a quanto stabilito dall’incarico la toponomastica approvata riguarda strade nuove e vecchie esistenti. Nell’espressione delle proposte la Commissione deve tutelare la storia toponomastica di Sezze e del suo territorio e curare che le nuove denominazioni siano una galleria di uomini illustri che hanno dato prestigio a Sezze ed hanno lasciato un segno nella storia locale. Già nella nostra attuale toponomastica abbiamo pochissimi nomi “altisonanti”: Garibaldi, Dante, Matteotti, Marconi, Regina Margherita, Cavour, anziché arricchirla andiamo a riempirla di un gruppo numeroso di persone di un passato normale. Molti cittadini del posto che hanno saputo alcuni nomi dei beneficiari delle intitolazioni, e quindi anche i fatti che li hanno riguardati non conterrebbero adeguati contenuti socio-culturali e storici, ma solo dati che troppo generici per gli intestare aree pubbliche. Le strade non costituiscono soltanto la rete viaria del nostro comune ma, con i loro nomi, ci devono riportare alla nostra storia e alla nostra cultura". Vittorio Accapezzato aggiunge: "Vi sono vie che devono conservare il proprio nome concernente, la morfologia del territorio, alla presenza di piante, canali o fiumi. Vi sono altre che nel loro nome ci restituiscono la celebrazione o il semplice ricordo di fatti e personaggi storici di Sezze (Via San Carlo) e dell’Italia. Girando una qualsiasi strada non camminiamo soltanto dello spazio, ma anche nel tempo: incontriamo, nelle Vie, un promemoria della nostra cultura e dei mutamenti politici del passato che l’hanno attraversata. Spinto dalla mia mania di analizzare cose ed eventi, sono rimasto perplesso davanti a queste future intestazioni e mi chiedo con Don Abbondio: - Carneade... Chi era costui? Si sta creando un precedente non indifferente e inaudito. Per equità (se sia portato avanti questo progetto) bisognerebbe intestare strade e piazze a tutti i comuni cittadini defunti a semplice richiesta di un congiunto oppure essere legati a convenienze di parte per avere amici con un ruolo politico comunale. Altre considerazioni, non trascurabili sono: la toponomastica al femminile e l’intitolazione ai giovanissimi caduti nella prima guerra mondiale. Quante strade o piazze dedicate alle donne ci sono nella nostra Sezze e quante giovanissimi caduti della prima guerra mondiale? Nessuna piazza, alcun largo o vicolo a ricordo perenne. Se dopo ci si deve limitare solo a scrivere su un “pezzo di lamiera” via Tizio o Caio (il Carneade di turno!) e nient’altro non si ravvisano motivi. Cosi come si presenta la nuova toponomastica, non rappresenta la nostra storia ma cancella il passato come viale dei Cappuccini amputato in due parti di Via senza uno storico motivo. Perché a Toto si dedica una strada e a Valeria no. Infine il cambiamento di queste numerose strade riportate nella toponomastica quante lavoro comporterà all’amministrazione Stato Civile e Anagrafe e quanti oneri ai cittadini per la variazione catastale sulla toponomastica per vendere o affittare il proprio immobile? Fermiamo questo cambiamento di nomi alle vie vecchie. Nessun nome fu dato a caso, ma applicato con dovuta saggezza e spontaneità".
Si ricordano i componenti della commissione: l'allora sindaco Andrea Campoli, l'ex consigliere comunale Titta Giorgi, l'ex consigliere Lino Cerrone, l'ex assessore Bruno Cardarello, l'attuale consigliere comunale Ernesto Di Pastina, il prof. Luigi Zaccheo e l'avv. Antonio Campoli.
Vittorio Accapezzato
Un altro carabiniere è morto, ucciso in una imboscata. Aveva solo trenta anni. E’ Vittorio Iacovacci, di Sonnino (LT), in missione di pace, nella Repubblica Democratica del Congo, insieme all’ambasciatore Luca Attanasio, di cui era la scorta, e al loro autista. Vittorio Iacovacci si sarebbe dovuto sposare a giugno. Un bravo ragazzo, entrato giovanissimo nell’Arma, per servire la Patria e per avere un lavoro sicuro. “Era orgoglioso della divisa che indossava”, dicono i suoi amici e compaesani, addolorati e ammutoliti. Unanime la commozione e le condoglianze da parte delle Autorità, ma non sufficienti a colmare il dolore dei genitori e della sua fidanzata domenica. Sonnino è in lutto, l’Italia tutta è in lutto. Sonnino piange il suo eroe ma la ferita ricevuta non si rimarginerà facilmente. Ebbene: mentre vedevo sgomento in TV le immagini del vile agguato in Congo, mi son tornate alla memoria le riflessioni di Pier Paolo Pasolini che, dopo l’assalto del Collettivo di estrema sinistra a Roma, in valle Giulia, esclamò:” io sto con i poliziotti che per 40mila lire al mese; essi sono senza più sorriso, esclusi, derisi, emarginati perché difendono lo Stato e l’ordine pubblico!”. E scriveva ancora:” io sto con i poliziotti perché sono i figli dei poveri e vengono dalle periferie urbane e contadine”. Un grido controcorrente da parte del grande poeta e regista, più volte denunciato e vilipeso, come del resto era abituato a fare. Una dichiarazione polemica contro i figli della borghesia benestante e ipocrita di quegli anni (1968) quando alcuni studenti sognavano la rivoluzione senza una conoscenza reale delle condizioni soggettive e oggettive della stragrande maggioranza della società. Era il 1 marzo 1968. Il corteo degli studenti, guidato del Collettivo di estrema sinistra si diresse verso la Facoltà di architettura, con l’intenzione di rioccuparla, essendo stata sgomberata dalla Polizia qualche giorno prima. Lancio di sassi e di oggetti contundenti. 148 feriti e 200 denunce. Pasolini non ebbe alcuna remora a schierarsi apertamente e aspramente contro i” figli di papà” e a difendere animatamente i poliziotti, definiti servi del sistema e sbirri. In loro Pasolini vedeva l’Italia autentica, innocente, contadina e operaia, schierata contro il conformismo, contro il consumismo, contro il ribellismo velleitario di chi lancia il sasso e vigliaccamente fugge e nasconde la mano. Che c’entra tutto ciò, in questa triste vicenda di Vittorio Iacovacci? Adesso, come allora, i carabinieri e i poliziotti sono quasi sempre figli della povera gente e, anche per questo, meritano dignità e rispetto. Tante volte la violenza di chi, a parole, vuole fare la rivoluzione, si manifesta contro i poveri servitori dello Stato e della democrazia. In Italia come in Francia, come in America! La rivoluzione si pratica in maniera pacifica e graduale perché la violenza produce solo altra violenza. Compiangere e commemorare Il carabiniere Vittorio Iacovacci è un dovere morale e ci ricorda di stare sempre dalla parte giusta perché questo è l’unico modo per modificare e migliora la realtà esistente, ancora troppo ingiusta e diseguale.
Ben vengano le polemiche “costruttive”, quelle osservazioni che hanno la capacità di accendere discussioni utili per la città e che dimostrano che non tutti sono pronti a buttare solo benzina sul fuoco. È accaduto pochi giorni fa sui social, la piazza virtuale dove spesso i leoni da tastiera si lasciano andare a voli pindarici ma poi nei fatti, quando si tratta di rimboccarsi le maniche, si dileguano. Al centro della polemica lo stato di pericolosità della bellissima chiesa Santa Paresceve di Sezze. Molti cittadini hanno giustamente postato foto per segnalare, ancora una volta, lo stato in cui versa una delle più antiche e belle chiese del centro storico. L’immobile ormai fatiscente e pericolante necessita di un urgente intervento di messa in sicurezza e di riqualificazione. Il tetto ormai divelto è pericoloso per i cittadini, cadono calcinacci per strada, così come le pareti della bellissima chiesetta sono danneggiate. E' una chiesa a cui la comunità è molto legata, dove fino agli anni ’60 il compianto don Titta Zarra celebrava messe e ogni sacramento. Anche il portone di ingresso è stato divelto e c’è il rischio che qualcuno possa entrare liberamente. Nel botta e risposta esploso su facebook alla fine è intervenuto anche il sindaco Sergio Di Raimo. Il primo cittadino ha risposto che per la messa in sicurezza della chiesa sono stati intercettati 500 mila euro. Solo 15 giorni fa – ha ribadito il sindaco – c’è stato un sopralluogo da parte dei tecnici della sovrintendenza per dare inizio a tutti gli adempimenti propedeutici per l’inizio dei lavori. Sulla pericolosità della chiesa – sempre il sindaco – ha dichiarato che i tecnici comunali hanno già effettuato un sopralluogo e “non hanno ritenuto chiudere la strada” non escludendo però che possa esserci "un nuovo sopralluogo". Si ricorda comunque che la proprietà è della curia e fa parte della parrocchia di Santa Lucia. Al Parroco - ricorda sempre il sindaco - è stata notificata l’ordinanza di messa in sicurezza. Polemiche e annunci a parte, speriamo che a breve venga riqualificato uno degli edifici di culto più importanti della città e che assieme al Guglietto rappresentano oggi uno dei posti più belli e affascinanti di Sezze: solo chi non vuole vedere non vede. Le polemiche, quelle sterili, lasciano il tempo che trovano.
La Facciata di Santa Paresceve
Donne all'altare, la riforma di Papa Francesco
Scritto da Luigi De Angelis
Il linguaggio dei giuristi è performativo, può contenere enunciati né descrittivi né prescrittivi ma costitutivi della realtà cui fanno riferimento, nel momento stesso in cui vengono pronunciati. Una parola in più o in meno può essere determinante, aprire o chiudere uno spazio, respingere o includere, riconoscere un diritto o negarlo, opporsi alla realtà o assumerla in pienezza nella sua essenza più profonda e autentica, alzare un muro impermeabile e inscalfibile o innescare percorsi profondi di cambiamento sociale e culturale, i cui approdi sono sempre imprevedibili.
È bastato poco in apparenza, appena un tratto di penna con il quale eliminare un complemento di specificazione e Papa Francesco, con il Motu Proprio Spiritus Domini, ha cambiato radicalmente il senso e la portata del Canone 230 paragrafo 1 del Codice di Diritto Canonico, consentendo alle donne di accedere ai ministeri non ordinati del lettorato e dell’accolitato, ha cancellato una discriminazione o forse più esattamente ha scelto ancora una volta di ritornare alle radici del Vangelo, eliminando incrostazioni e sovrastrutture e proseguendo nell’opera di riforma della Chiesa con l’obiettivo di farle riacquistare forza e slancio indispensabili in questi nostri tempi complicati. Il passato ci appartiene, sarebbe assurdo ripudiarlo, pensare di cancellarlo con un colpo di spugna, ma sarebbe illogico cristallizzarlo in una immodificabilità acritica e in una fissità antistorica e desueta, non tener conto del mutare delle sensibilità, dell’evolvere della storia, della necessità di non frapporre ostacoli alla forza rinnovante dello Spirito, principio questo fondamentale per coloro che hanno fede, non prendere coscienza che abbiamo spesso rivestito degli abiti delle nostre elaborazioni culturali, dei nostri convincimenti personali, delle nostre comodità e convenienze contingenti il Vangelo, ogni volta che si è dimostrato difficile e faticoso accettarlo fino in fondo per la sua radicalità rivoluzionaria.
La cancellazione della riserva in favore degli uomini dei ministeri non ordinati dell’accolitato e del lettorato rappresenta sotto il profilo normativo e sostanziale qualcosa di ben più rilevante di una semplice apertura nei confronti delle donne, di una riaffermazione del riconoscimento del genio femminile e dell’attribuzione alle stesse di ruoli di sempre maggiore rilevanza nella Chiesa. A ben vedere non sono le donne ad entrare nei ministeri istituiti di lettorato e accolitato, non viene accordato loro un permesso, una facoltà o riconosciuta una opportunità, ma viene eliminata l’esclusiva prerogativa maschile. In altri termini ad essere promossa è la piena parità tra uomini e donne nello stato di vita laicale, cancellando la distorsione inaccettabile di alcuni laici, gli uomini appunto, che nelle comunità cristiane si vedevano riconosciuti ruoli liturgici esclusivi o comunque superiori alle donne. Solo partendo da tale assunto possiamo cogliere in pieno il senso della scelta, il cambio radicale intervenuto, anche se rimasto in ombra e non adeguatamente sottolineato, essendosi l’informazione per lo più fermata al significato meramente aperturista nei confronti delle donne, probabilmente più “attraente” e funzionale alla logica semplificata della comunicazione mediatica, e questo invero a partire proprio da quanti hanno presentato il nuovo testo normativo nelle austere stanze del Vaticano.
L’altro errore è pensare che la decisione del Pontefice sia stata dettata dall’esigenza di adattare la normativa ecclesiastica alla realtà di fatto, facendone una lettura meramente sociologica. Il suo intento, il suo obiettivo non è stato cristallizzare e legittimare attraverso una norma codificata la prassi consolidata, quanto già avviene nella gran parte delle comunità cristiane, dove trovare donne che leggono la Parola di Dio o servono all’altare è la normalità. Nella lettera al Cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Papa Francesco scrive che è “compito dei pastori della Chiesa riconoscere i doni di ciascun battezzato, orientarli anche verso specifici ministeri, promuoverli e coordinarli, per far sì che concorrano al bene delle comunità e alla missione affidata a tutti i discepoli”. L’annuncio della Parola di Dio e il curare il servizio all’altare rientrano pienamente nella vocazione tanto degli uomini quanto delle donne, senza distinzioni. Pertanto non siamo di fronte ad un gesto opportunistico, al tentativo di adeguarsi alla modernità e di stare al passo con i tempi per timore di una progressiva marginalizzazione, di una perdita di presa sociale e di rilevanza culturale, ma più radicalmente ad una scelta di fedeltà della Chiesa al mandato ricevuto dal suo fondatore. Nel Vangelo le donne non sono affatto marginali e relegate a ruoli irrilevanti. Cristo non ha mai operato discriminazioni o esclusioni. Distaccandosi profondamente dal modo di pensare e dalla cultura del suo tempo, si è rapportato con le donne non in ragione del loro status di mogli, sorelle o figlie, socialmente subordinato, ma considerandole figlie di Dio, destinatarie al pari degli uomini dell’amore del Padre ed ha affidato proprio a loro il compito di essere prime depositarie e annunciatrici dell’evento straordinario della resurrezione. Pur costituendo i dodici e affidando loro il compito di essere gli apostoli, il Nazareno non considera la comunità di coloro che lo seguono come una cerchia separata, riservata unicamente agli uomini. Le donne fanno parte a pieno titolo del gruppo e le ha volute non oggetto di cura ma protagoniste. I discepoli spesso restano sorpresi e finanche interdetti di fronte ai suoi atteggiamenti, al suo agire che potremo definire controcorrente e anticonformista e nel Vangelo tutto questo viene riportato ed evidenziato con estrema chiarezza. Scrive San Paolo: “Non c’è giudeo né greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Galati 3, 28). Questo ovviamente non significa sopprimere la diversità, non considerare le peculiarità e i carismi di ogni persona, ma piuttosto affrontare ed eliminare ogni ingiusta e gratuita ineguaglianza.
Il passo compiuto, più volte auspicato dai Sinodi dei Vescovi, da ultimo nel Documento Finale e nell’esortazione postsinodale Querida Amazonia del Sinodo Panamazzonico, è stato insomma importante e significativo e sono convinto che Papa Francesco proseguirà sulla strada intrapresa di un rinnovamento profondo della Chiesa, che poi è semplicemente un ritornare al cuore del Vangelo.
È nato finalmente il governo del Presidente Mattarella, il governo Draghi. Tutti dentro, tranne la nostalgica Meloni e il suo partito. Un governo di tutti e di nessuno, frutto dell’emergenza e della paura di nuove elezioni. La politica ha fatto un passo indietro, speriamo solo per poco. È la riprova di un Paese privo di riferimenti valoriali, di identità, incapace di stare in Europa a testa alta. Una crisi al buio, grazie alle alchimie machiavelliche di Renzi che si vanta di aver determinato la nascita del governo dei migliori, giocando con il fuoco e dimenticando che non sono state sciolte le Camere grazie alla responsabilità degli altri. Il Commissario Draghi segna obiettivamente una grave sconfitta della politica e aggrava maggiormente la sfiducia dei cittadini verso i partiti. Si è notato, in queste settimane trascorse, un camaleontismo esasperato, una caccia ai pentiti, ai trasformisti, ai voltagabbana. Prendete Salvini. Una conversione ad U, la sua, senza alcun ritegno. Un mese fa, neanche, indossava la mascherina di Trump, adesso si è convertito all’europeismo sulla via di Draghi. Prendete il Movimento 5S. Poveretti, sono diventati adulti così presto da perdere i capelli tutti insieme. Il più furbo di tutti è stato, come sempre, Berlusconi che mentre sostiene l’amico Draghi non molla Salvini e la Meloni. Ed eccoci al PD. Il sostegno al governo 2 di Giuseppe conte è stato leale e motivato, del resto molte cose buone sono state compiute. Ma il suo profilo, sempre di più, si è appannato e oscurato in nome della serietà e della responsabilità verso il Paese. Dica apertamente che si tratta di un governo di scopo, questo di draghi, e che, finita l’emergenza sanitaria, economica e sociale, ognuno tornerà al proprio posto, senza niente a che fare con la Destra. Il rischio mortale che corre la nostra democrazia è l’indifferenza, il qualunquismo, la sfiducia nelle istituzioni. Dica in maniera forte e chiara che il governo Draghi ha squarciato il velo della mitologia sovranista e populista della Destra. Che le battaglie contro l’euro, contro l’Europa, contro l’accoglienza erano sbagliate e anacronistiche, frutto solo di demagogia e di inganno. Il Paese reclama un buon governo e non le ruspe e i vaffa. Il Paese ha bisogno del sapere e non dell’ignoranza e dell’antipolitica! È vero che le vecchie classi sociali sono esplose, ma è altrettanto vero che esiste un nuovo ceto sociale generale che vuole la coesione del Paese, dentro l’Europa, dentro la civiltà democratica. C’è una forte base sociale che vuole il cambiamento, la crescita e l’innovazione e il superamento delle ingiustizie e delle disuguaglianze. Ciò comporta saper coniugare gli interessi legittimi di una parte con l’interesse generale del Paese. Ricostruire una sinistra riformista, con una visione e un orizzonte culturale, auspicando che anche la Destra faccia altrettanto. Il PD non ha perso, perché non ha perso il Paese Italia. Ma occorre una ricostruzione del partito, dei partiti, per un nuovo forma di democrazia più moderna e più avanzata.
La Giunta Comunale di Sezze con propria deliberazione n. 19/2021 ha deciso di mettere in atto la procedura di vendita di una serie di immobili comunali. Tra i vari immobili che la maggioranza Di Raimo ha deciso di mettere in vendita troviamo la ex colonia agricola di Sezze Scalo "non rispettando la natura storica del bene". "Questo gravissimo atto - affermano Serafino Di Palma e Paride Martella del Biancoleone - è stato adottato in spregio ad ogni forma di partecipazione democratica, perché la pur ampia minoranza non è stata per niente consultata. A questo proposito alla maggioranza Di Raimo consigliamo di andare a leggere il libro del Prof. Onorati che ha fatto la storia dell’ex colonia agricola pontina. Il Comune di Sezze si trova questo bene grazie ai lasciti negli anni 20 della Nobildonna Signora Miller di Philadelphia ed alla croce Rossa Americana. Il contributo della Signora Miller servì per acquistare circa 16 ettari di terreno nel campo inferiore per la scuola di agricoltura per gli orfani di guerra. In quegli anni nella ex colonia agricola pontina furono istituiti alcuni campi sperimentali per la formazione agricola degli orfanelli. La maggioranza Di Raimo ignara di tutto questo - continuano i consiglieri comunali di opposizione - ha deciso di vendere per fare cassa e vantarsi del risanamento. Da questi amministratori di maggioranza non viene tenuta in nessuna considerazione la grande opera di amore della Signora Americana Miller e della Croce Rossa Americana. La cosa più facile da fare per lor signori è vendere per cercare di sanare i buffi comunali dovuti alla grande evasione tributaria a Sezze, consentita e tollerata dai politici di maggioranza". Il gruppo Biancoleone annuncia che farà come sempre le dovute battaglie per non far vendere questo immobile e chiede il sostegno di tutti gli abitanti di Sezze. "A questi politici senza scrupoli, cultura e memoria storica che non hanno alcuna idea costruttiva per il proprio Paese - aggiunge la nota Biancoleone - suggeriamo di promuovere in collaborazione di alcune università agrarie, di realizzare su quel sito un campo sperimentale al fine di promuovere, valorizzare e proteggere il carciofo di Sezze nella sua originalità, che rischia di perdersi nel tempo fra le altre varietà, naturali o di laboratorio, coltivate nell’ambito del territorio locale, nazionale ed internazionale. Chiediamo a lor Signori a cosa servono le Sagre del Carciofo se poi il prodotto è in via di estinzione? La proposta del Gruppo Biancoleone è quella di realizzare un progetto in collaborazione con le Università di Agraria per il recupero del carciofo di Sezze, attraverso un campo sperimentale sui 16 ettari di terreno dell’ex Colonia Agricola Pontina, con la collaborazione di specialisti in classificazione botanica, esperti e tecnici agronomi. Tra l’altro questo progetto è a costo zero perché possono essere reperiti i tantissimi fondi regionali messi a disposizione dalla Regione Lazio. Tale progetto deve tendere, nel futuro, a depositare e catalogare presso la Regione Lazio il carciofo originale di Sezze preservandolo, pur con l’eventuale utilizzo di tecniche colturali moderne, ecologico e biologico e raggiungendo la certificazione di prodotto tipico, con possibilità di creare una nuova fonte di reddito e di occupazione per la comunità di Sezze". Il gruppo Biancoleone, infine, fa appello ai cittadini di Sezze ad ogni forma di coinvolgimento per evitare "lo scempio della vendita della Ex Colonia Agricola Pontina di Sezze Scalo e per tutelare gli interessi della comunità locale in materia di agricoltura e storico culturale".
Paride Martella e Serafino Di Palma
Grande risposta ieri nel primo e doppio appuntamento presso l’Isiss Pacifici e De Magistris di Sezze in occasione dell’Open Day promosso dalla dirigente scolastica prof.ssa Anna Giorgi. Numerosi i visitatori accolti con classe e professionalità e guidati dai docenti e dagli alunni alla scoperta di un istituto scolastico diventato il fiore all’occhiello dei Monti Lepini. L’istituto alberghiero di Sezze è una vera e propria eccellenza – come ha ribadito la preside – ed è occasione e opportunità di lavoro specializzato per tutto il territorio provinciale. Tra i tanti servizi offerti dall’Isiss i visitatori hanno potuto scoprire anche le nuove cucine della struttura di via Cappuccini e le altre sale rinnovate per rilanciare anche per il prossimo anno scolastico tutte le offerte formative del Pacifici e De Magistris.
La Preside Anna Giorgi
ISISS “Pacifici e De Magistris” Basket e ISISS “Pacifici e De Magistris” Pallavolo. Da oggi in poi le due storiche società sportive di Sezze, ossia la STS Basket e la ASD Nuova Pallavolo, si chiameranno così. In pratica, assumeranno il nome dell’Istituto scolastico con cui hanno raggiunto un accordo di collaborazione e al cui interno, come nei college americani, svolgeranno le proprie attività agonistiche. Il progetto prevede in particolare: la condivisione dei principi educativi, l’avvio di corsi per ufficiali di campo, arbitri e dirigenti, la realizzazione di un Centro di educazione al benessere, l’apertura di uno Sportello d’ascolto per adolescenti e famiglie e l’organizzazione di grandi eventi per lo sport. Progetto su cui stanno lavorando i dirigenti delle due società sportive con il coordinamento della dirigente dell’Istituto scolastico setino Anna Giorgi. Da ricordare che STS Basket Sezze e la ASD Nuova Pallavolo Sezze da tempo ormai hanno intrapreso un percorso volto a mette insieme metodi e strategie per il raggiungimento di una progettualità comune tant’è che le cariche dirigenziali delle due società risultano essere pressoché le stesse. “È in corso una profonda riflessione – affermano i responsabili delle due compagini – sul ruolo che, in futuro, dovranno assumere le organizzazioni sportive all’interno della cosiddetta ‘Comunità Educante’, soprattutto alla luce dell’attuale crisi socio-sanitaria che, anche nei contesti sportivi, ha sconvolto tutti i paradigmi di riferimento. Siamo convinti che la risposta a tutto questo debba consistere in un deciso cambio di prospettiva e in particolare debba prevedere un approccio di tipo ‘comunitario’. Lo sport, in particolare quello di squadra, facilita nei più giovani la comprensione del senso di appartenenza a una ‘comunità’, generando in loro, l’interesse per quei valori etici e solidali che stanno alla base di ogni cittadinanza attiva. Per questo motivo – precisano - crediamo che la Scuola possa rappresentare il più autorevole elemento di raccordo di un progetto plurisettoriale, che coinvolge nel giusto modo le Associazioni sportive - e non solo - del territorio e che consente alla stessa Scuola di entrare a pieno titolo nelle loro dinamiche educative”. Ecco perché le due società hanno deciso di fare un passo di lato, rinunciando a una parte importante della loro identità per cederla a una ‘Comunità’ più grande e più autorevole come la Scuola e mettendosi al servizio della stessa per la realizzazione di un progetto molto più ambizioso. “Auspichiamo – concludono i responsabili delle due società sportive - che anche le locali associazioni culturali e di promozione sociale possano seguire la stessa strada per rendere ancora più forte e consolidata la rete dei soggetti della cosiddetta ‘Comunità Educante’ ” . Entusiasta della proposta si è dichiarata subito la dirigente dell’ISISS “Pacifici e De Magistris. “Una proposta – ha dichiarato – che trovo perfettamente in sintonia con la mia idea di realizzare in quell’area parco, dove è ubicato lo stesso Istituto, un Campus didattico di primissimo livello, sfruttando gli edifici dell’ex Asl e della Casa dei Giovani e i locali della Chiesa di San Giuseppe, oltre ovviamente a quelli già da noi occupati e al campo di basket attiguo se venisse reso agibile. Ne verrebbe fuori un grande progetto innovativo aperto anche alle altre iniziative sportive, culturali e sociali del paese e del territorio circostante.”
Nella neonata provincia di Latina (già Littoria, istituita nel 1934 ) soltanto i comuni di GAETA e di FORMIA avevano messo in atto e diffuso le linee telefoniche fin dal 1914, essendo stati in quell’anno allacciati alla rete provinciale di Caserta. Nel 1939 dunque, nel territorio pontino, i centri che avevano in corso di lavoro l’ampliamento della locale rete telefonica e l’allaccio al capoluogo provinciale erano: SEZZE, PRIVERNO, SERMONETA, NORMA, BASSIANO. Nell’incontro del 25 gennaio 1939 (al quale parteciparono il Prefetto, il Preside della Provincia e tutti i Podestà dei comuni interessati) si decise che ogni comune si dovesse accollare sul bilancio un cospicuo onere finanziario (così come aveva già provveduto il Comune di Monte San Biagio, che fu uno dei primi a stanziare fondi sul proprio bilancio). Altri comuni, spinti da tale onda progressista, aderirono a questo progetto globale di diffusione telefonica e ne iniziarono le pratiche. Ricordiamo, tra questo secondo gruppo, i comuni di Castelforte, Itri, Sonnino e Sperlonga. Lo Stato Italiano peraltro, già con legge n° 431 del 5 aprile 1925, accordava a tutte le Province dei mutui rateizzati, “ordinari “ fino a 35 anni e “straordinari” fino a 50 anni, tutti a “interessi zero”. Per procedere a questi espletamenti burocratici occorreva il preventivo di spesa relativo all’impianto della futura rete telefonica ed a ciò si provvedeva mediante una perizia tecnica della Società che aveva avuto in concessione l’appalto. Tale perizia doveva contenere, tra l’altro, il tracciato effettivo della linea in questione, i lavori speciali da porre in atto per la natura del terreno e per la presenza “in sito” di linee elettriche e ferrotranviarie. A quei tempi venne purtroppo attuato il blocco della spesa pubblica (anni 1939-43) ma i menzionati comuni affrontarono ugualmente ed autonomamente la realizzazione di tale progetto di telefonia pubblica. La Provincia, che aveva concesso aiuti monetari, si sentì obbligata, stipulando la convenzione con la TE.TI. , a concedere gratuitamente ,e senza restrizioni di sorta, l’uso e lo sfruttamento di tutte le strade e delle proprietà provinciali, non lesinando una fattiva collaborazione con i comuni per ottenere gratuitamente, da ogni privato proprietario terriero, l’impianto dei pali delle linee telefoniche. Per collegare, con linea telefonica, Littoria con Sermoneta, Norma, Bassiano e Sezze, e per il prolungamento di linea fino a Priverno e Roccasecca dei Volsci il contributo spesa, da versare alla Te.Ti., ammontava a lire 45.000 e tale onere venne così ripartito: Amm.ne Provinciale (15.000 lire), Littoria (10.000), Sermoneta (5.000), Sezze-Priverno-Bassiano (lire 4.000 a testa), Norma (lire 3.000). Con la diffusione della rete telefonica cominciarono ad essere naturalmente divulgati i primi elenchi degli abbonati telefonici. A titolo di curiosità e di esempio riportiamo alcuni dati estratti dall’elenco anno 1942, mese di maggio, e veniamo a scoprire che appena 14 centri della neonata provincia di Littoria figuravano con propri abbonati negli elenchi telefonici delle reti minori del Lazio (tali centri erano: Aprilia, Cisterna, Cori - Giulianello, Fondi, Formia, Gaeta, Littoria e Littoria Scalo, Minturno, Pontinia, Priverno, Sabaudia, San Felice Circeo, Sezze e Terracina ). Gli abbonati privati erano già 445 utenti di apparecchiatura telefonica. A tali centri si dovevano aggiungere in elenco i paesi di Bassiano e di Sermoneta (oltre le frazioni di Roccasecca dei Volsci e di Scauri) per aver in funzione il solo posto telefonico pubblico. Nella provincia erano ancora esclusi dall’utenza telefonica altri 14 Comuni (Campodimele , Castelforte, Itri, Lenola, Monte San Biagio, Norma, Ponza, Prossedi, Roccagorga, Roccamassima, Sonnino, Sperlonga, Spigno Saturnia e Ventotene); essi non avevano ancora alcun collegamento telefonico. A questi ultimi si devono aggiungere anche le frazioni di Maenza e SS . Cosma e Damiano, ancora sprovviste di linee telefoniche perché lacerate da problemi politici di autonomia territoriale, in una lotta che le vedrà vincitrici soltanto nel 1947.
Altro...
Sono 70 giorni che otto famiglie di località Casali IV tratto di Sezze sono isolate a causa di una frana che ha reso impraticabile la strada di accesso alle loro abitazioni. Era l’8 dicembre scorso e oggi dopo oltre 2 mesi, nonostante le continue rassicurazioni degli amministratori comunali, i residenti sono tagliati fuori, nel pieno dei disagi anche a causa del freddo e dell’impossibilità quindi di potersi - ad esempio - rifornire di gas e altre necessità in questo periodo. La notte della frana sembrava che si volesse far presto, sul posto piombarono i rappresentanti in consiglio comuale, sembrava che si volesse fare prestissimo e che si volesse intervenire al rifacimento della strada come somma urgenza e invece, a distanza di mesi, i residenti hanno saputo che l’appalto sembrerebbe stato affidato ad una ditta locale ma, ad oggi, i lavori ancora non iniziano. I consiglieri e assessori di zona da mesi continuano a ripetere che presto inizieranno i lavori e invece la strada resta chiusa ai residenti. Sembra che qualcuno abbia anche sporto denuncia per i disagi che sta vivendo. Insomma la situazione è critica e le famiglie isolate si sentono abbandonate dall’amministrazione comunale perché non è riuscita ad intervenire con tempestività. Speriamo almeno che quando inizieranno i lavori (e quando saranno terminati) non ci sia la sfilata dei politici di zona perché sarebbe veramente vergognoso.
Il primo appuntamento del 2021 per continuare a promuovere l’istruzione è previsto per giovedì prossimo 18 febbraio. Accoglieremo gli ospiti in totale sicurezza e nel rispetto delle normative sanitarie. Due orari di ingresso: il primo alle ore 18:00 ed il secondo alle ore 19:00. Promotrice dell’iniziativa l’instancabile Dirigente Scolastico Professoressa ANNA GIORGI che coadiuvata dal suo team accompagnerà i visitatori alla scoperta delle risorse e delle opportunità dei corsi proposti. Il Pacifici e De Magistris è un’eccellenza per Sezze e tutto il territorio circostante, ospita ragazzi ed adulti provenienti da località vicine e non solo. Un appuntamento importante per il futuro dalle innumerevoli opportunità di lavoro specializzato.
“Penso che l’Arabia Saudita possa essere il luogo di un nuovo Rinascimento per il futuro” ha affermato Matteo Renzi in una lunga chiacchierata con Mohammed bin Salman, erede della famiglia reale saudita a Riad qualche settimana fa.
Confesso di aver fatto un salto sulla sedia leggendo queste dichiarazioni. Veramente sbalorditivo è l’ex Presidente del Consiglio, oggi Senatore della Repubblica, a cui non fanno certo difetto intelligenza e scaltrezza, il quale grazie ad una operazione scissionista tutta interna al palazzo e di scarso seguito elettorale stando ai sondaggi, si è costruito un partito personale, composto da parlamentari strappati al Partito Democratico, nelle cui liste era stato eletto alle ultime elezioni politiche e di cui è stato anche segretario nazionale, e da trasformisti vari e sparsi, e oggi si intesta il merito di aver messo fine all’esperienza del governo giallorosso e aver fatto da levatrice al governo di Mario Draghi. Per un momento ho pensato che una straordinaria trasformazione fosse avvenuta nell’umano consorzio senza essermene accorto, che si fosse concretizzata l’utopia di un mondo totalmente altro e capovolto rispetto a quello fin qui conosciuto, che libertà, diritti e bellezza avessero finalmente e definitivamente sconfitto odi, coercizioni e brutture. Il ritorno alla dura realtà è stato traumatico. Si è trattato solo di un’illusione, repentinamente svanita, durata quanto la rugiada del mattino e un sogno evanescente.
Sebbene comprensibile, la condiscendenza del senatore di Rignano verso il principe Mohammed bin Salman e la monarchia saudita, che lo hanno voluto nel board della Future investment iniziative, fondazione diretta emanazione del regime, da cui viene retribuito annualmente e riceve sostanziosi rimborsi per partecipare a singoli eventi, è indiscutibilmente sconveniente e politicamente disdicevole, a meno di pensare e credere che i principi e i valori democratici fissati nella nostra Carta Costituzionale perdano di significato e importanza una volta superati i confini nazionali. L’Arabia Saudita non è un paese qualunque ma un regime autoritario e sanguinario, negatore dei diritti fondamentali dell’uomo, nel quale vengono eseguite condanne a morte mediante decapitazione nelle pubbliche piazze, vengono inflitte pene pubbliche corporali, i processi sono iniqui, gli oppositori politici regolarmente imprigionati e massacrati, i giornalisti scomodi eliminati, come capitato il 2 ottobre 2018 a Jamal Kashoggi assassinato all’interno dell’ambasciata saudita in Turchia e il cui corpo, fatto a pezzi, è stato poi fatto sparire, la libertà religiosa è negata, le donne non hanno praticamente alcun diritto e l’esercito bombarda quotidianamente i civili in Yemen. Insomma non un esempio di democrazia e sentir definire l’Arabia Saudita “il centro di un neo rinascimento”, preconizzando per la stessa un ruolo di “playmaker nella regione” francamente fa un po’ impressione e mi provoca disgusto. Matteo Renzi, tra una stretta di mano e una passerella, così facendo ha strizzato l’occhio e avvallato i metodi brutali usati dal regime, arrivando perfino a dire a proposito di sviluppo e crescita: “Non posso parlare del costo del lavoro a Riad perché come italiano sono molto invidioso”. Davvero invidiabile è il costo del lavoro saudita e la legislazione che disciplina questa materia: sfruttamento e abusi nei confronti dei lavoratori sono talmente diffusi che numerosi rapporti redatti dalle organizzazioni internazionali e dalle associazioni dei diritti umani parlano espressamente di schiavismo. Human Rights Wach ha evidenziato che il problema investe soprattutto i lavoratori stranieri, che occupano il 76% del settore privato, i quali sono totalmente dipendenti dai datori di lavoro che ne sponsorizzano ingresso e uscita dal paese e comandano sulla loro quotidianità. Blocchi degli stipendi, straordinari non pagati e vere e proprie violenze sono all’ordine del giorno. L’attività sindacale è vietata così come gli scioperi, tanto che quando nel 2017 49 lavoratori stranieri improvvisarono uno sciopero per il mancato versamento degli stipendi vennero condannati a quattro mesi di carcere e a 300 frustate. In questi tempi di pandemia mentre in Italia sono stati disposti blocco dei licenziamenti, cassa integrazione ed erogati vari bonus, in Arabia Saudita è stata introdotta una nuova regolamentazione dei rapporti di lavoro che consente agli imprenditori di tagliare unilateralmente gli stipendi dei lavoratori fino al 40% e di cambiare i contratti senza negoziazione. In Arabia Saudita lavora una donna su quattro e solo da qualche anno è permesso loro di guidare l’auto e andare allo stadio.
Evidentemente è questo il contesto tanto invidiato da Matteo Renzi, il terreno fertile per il vagheggiato nuovo rinascimento e chissà magari sogna di esportare un simile grandioso modello in Italia. Un cattivo pensiero sfuggitomi, mi perdonerete. Senza contare poi che a noi poveri cittadini italiani tocca sentirlo pontificare di democrazia, libertà, diritti e tendenze accentratrici e autoritarie degli altri politici nostrani.
Matteo Renzi è Senatore della Repubblica, pagato da noi cittadini per rappresentare la nazione, farsi portavoce e promotore dei valori della Costituzione e degli interessi del nostro paese. È accettabile e normale che un parlamentare, peraltro capo di un partito numericamente consistente sia alla Camera che al Senato, venga stipendiato regolarmente da un paese straniero? Veramente riesce a sdoppiarsi, a scindere la sua funzione di rappresentante dell’Italia da quello di dipendente della monarchia saudita quando nel Senato della Repubblica, nelle commissioni esteri e difesa di cui fa parte e in ogni altra sede istituzionale si discutono questioni e interessi che possono risultare configgenti con quelli del suo datore di lavoro? Il conflitto di interessi è evidente.
Badate bene nessuno nega il diritto di Matteo Renzi di fare il conferenziere in giro per il mondo e di vivere di questo, ma dovrebbe seguire l’esempio degli altri leader politici mondiali come Francois Fillon, Gerard Schroeder, Bill Clinton, i quali hanno prima abbandonato ogni incarico politico e istituzionale nei rispettivi paesi e poi si sono dedicati a tale attività. È una questione di dignità, di trasparenza e di rispetto delle istituzioni democratiche e dei cittadini italiani.
Consentitemi un’ultima notazione. Il fatto che la legge italiana non vieti simili attività ad un parlamentare è un non-argomento: non tutto quello che è consentito dalla legge è comunque moralmente ed eticamente lecito.
Penso, dove eravamo rimasti prima che scoppiasse tutto questo finimondo?
A febbraio del 2020, il 20 per la precisione! Era un giovedì grasso e avevo preso un giorno di ferie per gustarmi la tradizionale sfilata nel centro storico del corteo per il matrimonio di Peppalacchio, avrei voluto scattare belle foto con la mia nuova Nikon.
Fu una bellissima mattinata di sole a Piazza De Magistris, con i bambini delle scuole mascherati da carnevale - numerosi, elettrici e vocianti - ed Umberto “Farza” sul palco a intrattenerli con il rito/mito del matrimonio più pazzo che c’è, quello che a Sezze dura appena 6 giorni, fino al rogo del Martedì grasso.
Dalla Cina arrivavano intanto notizie di un virus misterioso (chissà perché le brutte malattie contagiose sono partite sempre da quelle parti) e immagini televisive incredibili di ospedali da campo allestiti in fretta e furia a Wuhan, città praticamente deserta e in quarantena nonostante i suoi 11 milioni di abitanti. Ma la Cina è lontana, dall’altra parte della luna, non arriverà certo in Italia…
E poi? Poi c’era un evento che stavo aspettando con una certa curiosità: la prima all’Auditorium Costa del nuovo lavoro teatrale allestito dalla Compagnia teatrale Le Colonne e programmata per la sera del 29 febbraio (bisesto), di sabato. Eh sì, diversi mesi prima Giancarlo Loffarelli mi aveva permesso di leggere in anteprima le bozze del suo ultimo originale lavoro di scrittura per teatro, Caravaggio perduto, dedicato al grande pittore del seicento italiano.
“In questo testo, Caravaggio è contumace, come lo fu nella vita. Contumaci sono anche i suoi dipinti. Né l’uno né gli altri sono mai in scena. Dell’uno e degli altri si parla. Essi cadono fuori dalla scena. Ciò che in scena ac-cade è la macchina del teatro, che fu sintesi di ogni arte barocca. E la macchina teatrale non viene nascosta, bensì mostrata” (Dalle note per la messinscena).
Da vedere assolutamente come avrebbero reso in pratica quel testo.
Con l’amico Giancarlo, regista e attore con suoi fedelissimi storici compagni di palco della Compagnia teatrale Le Colonne, era capitato più volte di parlare di Caravaggio e delle sue inconfondibili opere pittoriche, tra le quali quelle più riuscite e rinomate di scene sacre rivisitate, sempre sospese tra vita reale della Roma del seicento e la scenografia innovativa, quasi un allestimento teatrale ante litteram nei quadri realizzati per essere ospitati nelle cappelle private di nobili e porporati della Curia. Con al centro la questione delle luci e del buio, del suo marchio di fabbrica direi, del focus originale di Caravaggio che prima di dipingere anneriva completamente la tela per poi tirar fuori i personaggi, illuminati sapientemente secondo la scena rappresentata.
E prima dell’esordio, la mia raccomandazione a non sbagliare i dettagli, soprattutto le luci di scena - per me quasi più importanti delle parole recitate in questo caso - con le giuste prospettive laterali, senza mai illuminare a giorno e frontalmente gli attori in scena. E le sue rassicurazioni certe, aveva già studiato per bene ogni dettaglio con i suoi collaboratori tecnici e lo scenografo, attenzione ai costumi e alle musiche (originali); ci sarebbe stata una rappresentazione in matinée per gli alunni delle scuole superiori, un po’ anche per testare e ottimizzare il tutto prima della première del sabato serale. Un perfetto gioco di squadra, una macchina organizzativa in piena attività, tutti pronti alla sfida del palco e del pubblico reale, ben disposti all’eterno gioco del vero ma falso.
Io mi ero proposto per scattare le fotografie, rigorosamente senza flash e posizionando la camera lateralmente alla scena, per cogliere al meglio l’effetto delle luci a cristallizzare i volti degli attori, contrapposti con gli oggetti e gli abiti di scena, tra ombre e luci.
Siamo rimasti lì, la Compagnia Le Colonne a rinviare gli spettacoli per le intervenute disposizioni di salute pubblica, a interrompere un lavoro di mesi e una programmazione accurata, io ancora alle prese con il dove posizionarmi, a quale impostazione dare alla Nikon, quali ISO scegliere e se privilegiare le priorità di diaframma o di tempo, per non sbagliare nulla e regalare qualche bella foto ricordo per l’occasione.
Poi sappiamo com’è andata, per gli spettacoli. Quasi esclusivamente solo eventi online, vecchie registrazioni riproposte e qualche diretta streaming per provare a movimentare le nostre sere di clausura casalinga, senza mai regalarci però il sapore del teatro o dei concerti veri, on stage.
Ora siamo tornati a febbraio, ma del 2021. È passato un anno che ci ha resi tutti più deboli e impauriti dalla pandemia; sappiamo che il virus non ha regalato una semplice influenza ma tanta sofferenza, giornate d’ospedale, tamponi, paure e tanta morte, anche di persone a noi care, oltre ad una crisi sociale ed economica in cui siamo ancora immersi. E non è ancora finita, nonostante i vaccini che iniziano a difenderci.
Non vedo l’ora di ripartire da lì, dal Costa, finalmente con Caravaggio e gli attori delle Colonne in scena, il pubblico numeroso in sala, magari tutti ancora con la mascherina per precauzione, ma finalmente liberati dall’angoscia da Covid19. Tre, due, uno…via!
Non vedo l’ora di scattare finalmente quelle foto, anche a costo di sbagliarle, e di regalarne almeno una poi orgogliosamente a Giancarlo, come segno di ripartenza da quel momento interrotto, non per dimenticare quello che è stato ma per riattivarci e ripartire pian piano con le nostre passioni più care.
Quando tutto questo potrà mai succedere? Chi può mai saperlo…
Che quel momento, simbolicamente, dopo la lunga notte attraversata, possa essere un momento di ripartenza e di luce per tutta Sezze, con l’auspicio che la rinascita possa essere per tutti, individuale e collettiva, umana e culturale.
Lo spero vivamente, che possa succedere al più presto.