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Uova di Pasqua per tutti i bambini di Sezze della scuola dell’infanzia e primaria. Per il secondo anno consecutivo l’amministrazione comunale di Sezze ha deciso di regalare a tutti i bambini setini un uovo al cioccolato per il giorno di Pasqua. L’iniziativa è stata voluta fortemente dal sindaco Sergio Di Raimo. “È innegabile che tanti bambini in questo anno, a causa dell'emergenza epidemiologica, abbiano avuto disagi sul piano psicologico, relazionale e formativo e hanno dovuto tirar fuori tutta la loro forza e il loro coraggio.  È anche per questo che l'amministrazione comunale ,come già fatto nel 2020 – afferma - il primo cittadino -  ha ritenuto regalare un momento di gioia e felicità ai bambini frequentanti la scuola d'infanzia e primaria consegnando un UOVO DI PASQUA”. Questa mattina è iniziata la consegna (anticipata in vista di una possibile chiusura) e sono arrivate le prime loro manifestazioni di felicità.

 

 

Lo scorso 19 febbraio ai consiglieri di minoranza di Sezze è stata sottratta la stanza a loro assegnata all’interno del Palazzo Comunale. I consiglieri comunali Eleonora Contento, Serafino Di Palma, Paride Martella e Rita  Palombi hanno inviato una lettera di risposta al sindaco per chiedere ulteriori delucidazioni in merito. La stanza dei consiglieri è stata assegnata all’Ufficio scuola. Ecco parte della lettera inviata al sindaco Di Raimo.

 

“Abbiamo rinvenuto nel protocollo comunale al n. prot. 6325 una comunicazione indirizzata a tutti i 2 consiglieri in cui richiedeva il loro consenso (sic!) ad assegnare la stanza delle minoranze all’ufficio scuola. Tale richiesta è proditoria e non rispetta i principi del procedimento amministrativo ed essendo una grave violazione dei principi posti a tutela delle minoranze non trova il nostro consenso e ci spinge sempre di più a ricercare la tutela dei nostri diritti nell’autorità giudiziaria. Invero da quando il legislatore dei primi anni '90 ha scelto di disciplinare la vita degli enti locali rafforzando il ruolo di Sindaci ed esecutivi, il lavoro dei Consigli comunali ha subito una trasformazione significativa che, naturalmente con le dovute eccezioni, ha spesso coinciso con un indebolimento del ruolo dell'organo collegiale e dei suoi componenti. Soprattutto nei Comuni come il nostro, la perdita di centralità del Consiglio nei processi decisionali ha talvolta comportato una radicalizzazione stereotipata dei comportamenti dei Consiglieri: quelli di maggioranza ridotti ad avallare con il proprio voto orientamenti e scelte alla cui definizione non hanno partecipato ne contribuito, quelli di minoranza ridotti a contrastare tali scelte. I primi vincolati da un rapporto di fiducia con l'esecutivo che si considererebbe 'tradito' se venissero espressi dubbi, proposte alternative o voti negativi, i secondi condannati ad essere sempre "contro"... malgrado la loro capacità e senso istituzionale della loro azione amministrativa. Se le maggioranze riescono a trovare modalità di maggior coinvolgimento e di maggior partecipazione dei Consiglieri ai percorsi di formazione delle decisioni amministrative, individuando luoghi e occasioni di scambio di informazioni e di condivisione delle conoscenze, le minoranze si trovano spesso ingabbiate non solo in una (spesso voluta) asimmetria informativa che ne limita significativamente le possibilità di lavoro, ma anche in una marginalità istituzionale che ne mortifica il senso profondo. All'inizio degli anni '50 Piero Calamandrei scriveva: "Tutti sanno che l'opposizione e' la forza animatrice delle democrazie". Senza una "dialettica di ragionati contrasti" una 3 democrazia non vive ne agisce come tale. Dunque, il ruolo delle minoranze consigliari e' fondamentale per la vita delle amministrazioni locali: mortificare ed esacerbare chi questo ruolo concretamente riveste significa escludere una componente fondamentale del sistema rappresentativo, con il conseguente indebolimento (se non proprio perdita) di valore del senso stesso della democrazia”.

I firmatari della lettera chiedono: quale e quanto personale deve essere trasferito nella stanza tanto “desiderata”; Il carico di lavoro di detti dipendenti ed le assenze medie dal lavoro; Il numero delle stanze non impegnate o impegnate poco dagli assessori; Quando metterà a norma il patrimonio edilizio del Comune per essere fruito dalla propria struttura e dai cittadini.

Venerdì, 12 Marzo 2021 08:07

Il covid e il polo farmaceutico pontino

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L’operazione per produrre i vaccini in Italia è partita. C’è una lista di aziende farmaceutiche in grado di partecipare alle varie fasi che portano alla realizzazione dei medicinali antivirali e che hanno dato la loro disponibilità. Alcune si occupano solo di infialamento (mettere in fiala il prodotto), altre dispongono dei bioreattori che producono la sostanza del vaccino. Ci vorranno almeno sei mesi, ha dichiarato il presidente dell’EMA, per avere i primi vaccini made in Italy.  Alcune di queste grandi aziende (Pfizer, Jansen Johnson&Johnson etc.) da tempo operano nella provincia pontina. Si può (si deve), dunque, pensare a realizzare in tempi brevissimi una filiera produttiva e un polo pontino per la ricerca di farmaci e di vaccini che ci permettano (in collaborazione con il frusinate) di avere un ruolo centrale e indipendente dall’estero, contro le numerose varianti e contro i nuovi tipi di malattie virali pandemiche che, quasi ineluttabilmente, infesteranno sempre di più il nostro Pianeta. È un’occasione di rilancio e di sviluppo da non sottovalutare e da non sprecare. La nostra provincia, insieme a quella di Frosinone, da molti anni si è distinta sul piano nazionale e internazionale in questo settore strategico e cruciale. Le statistiche parlano chiaro. Uno dei pilastri su cui si è sviluppata la provincia di Latina è il settore industriale e in particolare quello farmaceutico, con una ventina circa di imprese. L’industria farmaceutica è ancora oggi, nonostante la crisi in corso, elemento di connotazione del nostro territorio. Un legame solido e consolidato che occupa circa 5 mila addetti. È il settore con più occupati e, dopo Milano e Roma, è il terzo polo farmaceutico italiano: una vera eccellenza! Dal 2008 è in continuo aumento sia la produzione che l’export di circa il 18% annuo. Ciò è dovuto alla presenza di strutture innovative e di personale altamente qualificato, all’ampliamento e al miglioramento del sistema produttivo. Le istituzioni locali, con a capo i sindaci, il sindacato, le forze politiche (attraverso i loro rappresentanti regionali e nazionali), non devono farsi sfuggire questa circostanza. Quando è in gioco il lavoro, l’occupazione e lo sviluppo del territorio tutti sono chiamati a collaborare. Ma la scommessa investe anche le Comunità locali, le sezioni di partito, le associazioni e i movimenti e, soprattutto, il sindacato per affrontare tutti insieme una sfida strategica e   lungimirante. Il territorio è il nostro capitale, il volano principale della nostra economia che può contare su   un ambiente collinare, pianeggiante e marino straordinario e invidiabile. Occorre però riposizionare la nostra realtà produttiva e, allo stesso tempo, sociale e culturale, ripensando le politiche industriali e ambientali in seno a un scenario profondamente mutato e, spesso, devastato. Nulla sarà più come prima, dopo la pandemia. I flussi e gli scambi finanziari, commerciali, di import ed export, ci costringono a nuove e più moderne forme di produzione e a relazionarci   con le imprese multinazionali, adeguando e velocizzando le infrastrutture, i nodi stradali e ferroviari, le reti hard e soft. Il Polo pontino non può più sottostare alle logiche di devastazione e di saccheggio degli anni passati. Non abbiamo bisogno di nuove forme di colonialismo economico e industriale. Ma, nel contempo, dobbiamo superare la logica nostalgica dei campanilismi e dei localismi. Occorre una conoscenza globale e la capacità di inserirsi in questa logica su base distrettuale e territoriale. Siamo entrati nel “sistema mondo”, le forme di lavoro cambiano velocemente: non possiamo restare abbarbicati a vecchie forme produttive, pur mantenendo fermamente la nostra identità e le nostre tradizioni. Si tratta di un’operazione culturale che prepara e consolida un nuovo modello di sviluppo e che si basa sulla transizione ecologica. Il nostro territorio è diventato irriconoscibile, obsoleto e invivibile, con i risultati ambientali ed epidemici che sono sotto gli occhi di tutti. Per attraversare questo deserto e non perdere questa preziosa occasione non è sufficiente la delega agli esperti e agli specialisti. Bisogna investire sulla scuola, sulla formazione, sui giovani. La conoscenza e la formazione scolastica e professionale sono  la vera spina dorsale per costruire un nuovo equilibrio tra uomo e ambiente, tra natura e sviluppo, tra territorio e benessere.

 

Ci sono stati più incontri, considerati più o meno interessanti dai partecipanti. Incontri tra nascenti liste civiche che stanno lavorando per costruire una alternativa all’attuale amministrazione comunale. Incontri per programmare progetti concreti per la città e per evitare che il sindaco uscente sia riconfermato. A questi incontri hanno partecipato esponenti della società civile impegnati direttamente o indirettamente nella politica, rappresentanti di liste civiche che puntano a governare la città. Altre realtà viaggiano solo sui social, come in passato evaporavano quei discorsi di piazza che nulla di concreto hanno mai prodotto. Manca poco più di un anno alle elezioni amministrative, tante le idee pochi i fatti. La stessa coalizione uscente, ed in primis il Partito Democratico, stanno ragionando su un percorso collegiale e di confronto serio che possa o meno riconfermare il sindaco uscente e altri rappresentanti dem. Si sta ragionando se basti vincere o se sia necessario, urgente e doveroso governare la città, cosa ben diversa. Stare al governo senza ricatti alcuni, risolvere i tanti problemi senza crearne dei nuovi. Insomma, la nebulosa è sparsa e densa da ogni prospettiva la si osservi. Nessuno ha la certezza di conferme sulle candidature di lista e di coalizione. Per il momento il sindaco Di Raimo punta tutte le sue forze alla chiusura del suo primo mandato, cercando di portare a casa più risultati possibili e per recuperare una fetta di elettorato persa con gli abbandoni di maggioranza.

 

 

La Giunta comunale presieduta dal sindaco Sergio Di Raimo ha deliberato venerdì scorso la definitiva demolizione del cantiere di San Lidano sul belvedere di Santa Maria. Nella delibera pubblicata sull'Albo comunale è stata quantificata anche la spesa della demolizione che ammonta a € 6.113,00. La somma è "prevista dalla valutazione tecnica economica e sarà a totale carico dei responsabili  ex art. 29 del DPR n. 380/2001 e/o comunque agli aventi causa, viene anticipata dal Comune, e recuperata dopo l'avvenuta demolizione, anche mediante procedura coattiva, con le ulteriori spese, degli interessi locali e competenze di riscossione". Il provvedimento è immediatamente esecutivo. Da quello che si vocifera, dunque, l’accordo di far rimuovere a spese di Don Massimiliano il manufatto in cemento armato realizzato è saltato, come a questo punto sarebbe saltato anche l’accordo di posizionare la statua del Santo (che nessuno ha mai visto) in un altro luogo della piazza e forse anche l’ipotesi di donazione della statua stessa. Dopo che la giustizia amministrativa del Tar prima e del Consiglio di Stato dopo ha deciso che i titoli per realizzare su suolo pubblico un’opera privata non esistevano, ricordiamo che la politica aveva tentato un nuovo compromesso per salvare capra e cavoli, e invece il committente dei lavori sembra non abbia voluto sentire storia. Ecco allora che il sindaco, con  uno scatto di orgoglio - cambiando idea sul progetto nel corso dei mesi e solo a seguito delle decisioni del Tar e del Consiglio di Stato – ha deciso che il cantiere vada tolto a prescindere. La Giunta comunale quindi ha votato venerdì scorso che la demolizione del pilastro in cemento armato e di tutto il cantiere sarà affidato ad una ditta a spese del Comune di Sezze che poi, ovviamente, si rifarà per via legali, sul committente dei lavori. Dopo quasi due anni le lotte civiche e le battaglie in consiglio comunale di una parte dei consiglieri comunali avranno dunque un senso, e lo scempio perpetrato ai danni del belvedere e della comunità finirà qui. Non è dato sapere chi e come pagherà l’occupazione di suolo pubblico e la privazione degli spazi in tutti questi lunghi 20 mesi, non sapremo mai se ci sia stato un accordo politico/elettorale dietro la decisione di approvare un progetto scellerato, ma sappiamo con certezza che quella del belvedere resterà negli annali come una delle pagine più buie e vergognose della città, e che solo grazie alla determinazione di diversi cittadini e alla forza di un gruppo di consiglieri è stato evitato il peggio, ossia un nuovo obbrobrio ai danni della città di Sezze, come accaduto purtroppo per l'anfiteatro setino.  

Lo scempio al Belvedere

 

 

Strade allagate nella conca di suso di Sezze questa mattina a causa della forte perturbazione che ha colpito anche il territorio di Sezze. In pochi minuti di forti piogge sono andate in tilt diverse arterie comunali bloccando di fatto la viabilità. In modo particolare si registrano allagamenti stradali in via Gattuccia e in località Fontanelle, zone particolarmente soggette a esondazione dei canali per scarsa manutenzione. Prestare attenzione quindi in queste zone al momento interdette al traffico viario.

 

I consiglieri comunali di minoranza di Sezze hanno firmato una richiesta di convocazione di consiglio comunale in presenza per discutere di importanti finanziamenti da cui il Comune di Sezze è stato escluso nel corso degli ultimi anni e recentemente. “La Giunta Di Raimo, sin dal suo insediamento – si legge nella lettera - ha perso tantissimi finanziamenti come documentato dalle numerose interrogazioni dei consiglieri di minoranza, e da ultimo più grave e preoccupante quelli previsti dal dall’art.1, commi 139 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n.145, da destinare ad investimenti relativi ad opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio. In particolare, per l’anno 2021, i contributi in questione ammontavano complessivamente a euro 1.850.000.000,00. Il  Comune di Sezze per la legge sopra indicata ha richiesto contributi di euro 2.500.000,00, di cui euro 1.000.000,00 per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e la rimanente parte per il dissesto idrogeologico e la messa in sicurezza delle strade ed è stato escluso dal finanziamento per euro 2.500.000,00, perché alla data di presentazione della richiesta di finanziamento non aveva trasmesso alla banca dati delle amministrazioni pubbliche i documenti contabili”. Per i consiglieri di tutta la minoranza la “Giunta Di Raimo - sta generando sfiducia e disorientamento anche tra i nostri concittadini e sta manifestando una mancanza di incisività dell’azione amministrativa. All'orizzonte – affermano i consiglieri Bernasconi, Calvano, Contento, Palombi, Di Palma, Martella e Moraldo -  non s'intravede una soluzione all'attuale situazione di caos amministrativo che rischia di protrarsi fino alla fine della consigliatura, arrecando ulteriori gravi danni all'intera cittadinanza”.

 

Giovedì scorso è venuta a mancare la signora Paola Corcos Benedetti, nipote di Margherita Bondì, una donna nata a Sezze nel 1897 e morta ad Auschwitz il 23 maggio 1944 e ricordata con una pietra d'inciampo dell'artista tedesco Gunter Demnig  il 3 gennaio 2011 a Roma grazie alle ricerche storiche svolte dai ragazzi dell'Isiss Pacifici e De Magistris di Sezze sulla testimonianza e su preziosi documenti messi a disposizione da Paola Corcos Benedetti. Oggi la preside del''istituto, prof.ssa Anna Giorgi, la ricorda con queste parole: "Ci ha lasciato, giovedì scorso, la signora Paola Corcos Benedetti, una donna straordinaria, forte, intelligente, colta che il caso, o il destino, aveva fatto incontrare nel dicembre 2010 con il Dirigente scolastico professoressa Anna Giorgi, il professor Giancarlo Onorati e gli studenti del laboratorio di ricerca storica Semata. Dalla primavera di quell’anno, mentre erano in procinto di partire per Gerusalemme per ricevere un premio per lo studio fatto sul cimitero ebraico di Sezze, più di venti tra ragazze e ragazzi del liceo setino erano sulle tracce di Margherita Bondì, una donna nata a Sezze nel 1897 e uccisa ad Auschwitz nel maggio del 1944. Il nome di Margherita era stato trovato casualmente nel database del sito dello Yad Vashem, il luogo della memoria degli ebrei morti durante gli anni della persecuzione nazifascista e per mesi era rimasto solo un nome (insieme a quelli della figlia Silvana Milano, morta non ancora diciottenne a Bergen Belsen nell’aprile del 1945, e del marito Raffaele Milano, trucidato alle Fosse ardeatine). Poi una telefonata inattesa che ci informava che qualcuno aveva chiesto di collocare una pietra d’inciampo in via dei Querceti a Roma, ultimo luogo di residenza della famiglia Milano-Bondì. Dopo qualche settimana abbiamo scoperto che si trattava della signora Paola Corcos Benedetti, nipote di Margherita, una biologa in pensione che custodiva non solo la memoria dei tragici fatti che avevano sconvolto la sua famiglia ma anche alcuni documenti. Il primo incontro è stato incredibilmente emozionante, per la prima volta abbiamo visto i volti di Margherita, Silvana e Raffaele e siamo venuti a conoscenza di molti particolari della loro vita. Ascoltare il racconto della signora Paola Corcos ha significato inoltre per noi capire che da qualche parte negli archivi pubblici e privati dovevano esserci tracce per ricostruire con maggiore puntualità la vicenda e per provare a indagare sugli italiani che l’avevano consegnata ai tedeschi. Abbiamo rivisto ancora negli anni seguenti la signora Corcos e l’ultima volta è stato nel 2017 nella nostra scuola quando è stata completata la ricerca ed è stato presentato il libro È inutile più sperare: la storia di Margherita Bondi, Silvana e Raffaele Milano nella tragedia della Shoah italiana pubblicato dai nostri alunni. Grazie di tutto Paola. Che il suo ricordo sia di benedizione".

Gli alunni dell'Isiss nel 2011 con Paola

Domenica, 07 Marzo 2021 06:46

8 marzo: parità, no mimose

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“Il consenso globale emerso è che, nonostante alcuni progressi, il vero cambiamento sia stato dolorosamente lento per la maggior parte delle donne e delle ragazze del mondo. A oggi, nessun Paese può affermare di aver raggiunto la parità di genere. Multipli ostacoli rimangono invariati nella legislazione e nella cultura. Le donne e le ragazze continuano a essere sottovalutate; lavorano di più e guadagnano di meno e hanno meno scelte; e sperimentano molteplici forme di violenza a casa e negli spazi pubblici. Inoltre, esiste una significativa minaccia di regressione delle conquiste femministe duramente guadagnate”. (Rapporto ONU 2019)

L’obiettivo di realizzare una piena e sostanziale parità di genere, cancellando diseguaglianze e discriminazioni, non è la rivendicazione di una parte, non appartiene solo alle donne ma deve essere un impegno concreto e quotidiano di tutti e di ciascuno. In gioco non ci sono interessi contrapposti, la sottrazione e la conquista di spazi da parte delle donne a scapito degli uomini secondo una logica sostituzionistica o la negazione dell’irrinunciabile ricchezza della diversità, come qualcuno scorrettamente sostiene per coprire la propria subcultura retrograda, ma l’irrinunciabile necessità di affermare e realizzare in modo sostanziale i diritti civili e le libertà sancite nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e nella nostra Carta Costituzionale, nella consapevole certezza che ovunque essi subiscano limitazioni o vengano negati è vilipesa l’essenza stessa della nostra umanità.

L’8 marzo non è banalmente una ricorrenza, una festa consumistica o l’occasione per ostentare un effimero e vuoto orgoglio femminile, quanto piuttosto un giorno in cui ricordare il cammino compiuto grazie alla fierezza dei valori professati, alla forza e al coraggio di tante donne, in cui fare il punto delle conquiste sociali, economiche e politiche ottenute attraverso le lotte e i sacrifici personali, anche con il supporto di tanti uomini che non le hanno lasciate sole, e soprattutto l’occasione per denunciare soprusi, discriminazioni e violenze di cui sono ancora oggetto in tanti paesi del mondo e anche in Italia. Personalmente, se fossi donna, mi sentirei offeso nel vedermi offrire in questo giorno mimose e omaggi floreali, nell’essere destinatario di auguri elargiti con superficialità, dato che tali attenzioni e gesti assai spesso sono pura ipocrisia, non esprimono un sentire autentico, non si accompagnano alla rinuncia delle consolidate posizioni di vantaggio, ad un impegno efficace nell’abbattere barriere e rimuovere ostacoli antistorici e insopportabili e sono un gesto di maniera, una ostentazione di sensibilità apparente, utile solo a celare la scarsa considerazione per le donne e il deficit valoriale che si esplicita in tante scelte compiute ordinariamente, antitetiche all’obiettivo di conseguire una piena parità di genere. 

Indubbiamente in questi anni sono stati compiuti passi in avanti significativi sulla strada della parità, grazie anche alla spinta delle cosiddette “quote rosa” stabilite dalla legge, ma ciò nonostante la nostra società continua a nascondere sotto la patina superficiale una cultura patriarcale nella quale prevalgono gli stereotipi sessisti più beceri e un maschilismo mascherato che persevera nel considerare le donne all’altezza di compiti e ruoli al massimo di contorno e non di diretta responsabilità, fino ad arrivare ad alcune frange estreme e retrive, neppure tanto marginali, che le considerano alla stregua di una proprietà. È evidente che non basta un vincolo normativo, per quanto forte e stringente, per superare mentalità consolidate e prassi incancrenite, ancor più poi che tante volte il suo rispetto è solo apparente e non sostanziale. Le donne continuano ad essere poche ai vertici dell’economia, della finanza, della politica, nei luoghi decisionali in genere o comunque hanno ruoli marginali e soprattutto latitano nei livelli sociali meno prestigiosi. Il numero delle donne che lavorano è inammissibilmente basso, soprattutto in Italia, e sono mediamente peggio retribuite. Se la pandemia sta mettendo a rischio il lavoro di milioni di persone, le donne sono quelle che ne pagano e ne pagheranno in maggior misura nel prossimo futuro le conseguenze. Pertanto è indispensabile intervenire con politiche radicali e innovative dirette a colmare questo gap, ripensare lo stato sociale mediante un aumento quantitativo e qualitativo dei servizi affinché sia garantito alle donne di poter dedicare alla propria carriera le stesse energie dei colleghi uomini e contestualmente a questi ultimi la possibilità di usufruire di una maggiore presenza nella cura della famiglia. Conciliare lavoro e famiglia non esaurisce il problema ed è solo uno degli aspetti di una questione di ben più ampia portata sociale e culturale.

Un pensiero particolare, insieme alla mia personale vicinanza e solidarietà, va a tutte le donne che specialmente in questo nostro tempo travagliato e conflittuale, si sono assunte l’onere e la dignità di lottare per la democrazia, i diritti civili, le libertà e la dignità dei propri popoli. Storditi e distratti dalla angosciosa tempesta del Covid-19, non abbiamo prestato sufficiente attenzione a quanto sta avvenendo nel mondo e perfino nel cuore della nostra civilissima Europa, che vanta o forse dovrebbe vantare standard elevati di democrazia. In Bielorussia le donne hanno assunto la guida della protesta contro il regime liberticida e dittatoriale di Lukashenko, che soltanto gli ipocriti hanno il coraggio di definire democrazia. In Polonia sono scese in strada per protestare contro la legge votata dal Parlamento, controllato dall’estrema destra xenofoba e razzista, che ha cancellato la libertà di scelta riguardo la maternità. In Ungheria hanno cercato di resistere in tutti i modi al tentativo purtroppo riuscito del regime di Orban e dei partiti che lo sostengono, di non far ratificare dal Parlamento la Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne e i femminicidi. In Arabia Saudita, finalmente dopo quasi tre anni è stata liberata ed è tornata a casa Loujain al-Hathloul, nota attivista per i diritti delle donne e per questo motivo condannata a cinque anni di carcere. Durante la lunga e ingiusta detenzione è stata torturata e fatto oggetto di abusi sessuali.  

Schierarsi al fianco delle donne, condividere la loro battaglia per la piena parità di genere in ogni campo, in ogni contesto sociale e lavorativo è un dovere etico e morale per ogni autentico democratico e non può esserci spazio per distinguo, freddezze o indifferenze: tutti, in prima persona e in pari misura, dobbiamo sentirci investiti irrinunciabilmente da tale impegno, a prescindere se uomini o donne, un dettaglio questo a ben vedere veramente irrilevante rispetto al dato sostanziale dell’affermazione dei diritti umani.

 

 

 

La pandemia quest’anno non fermerà la macchina organizzativa della Passione di Cristo di Sezze. Una delle più antiche ed importanti associazioni della città, considerato che non sarà possibile svolgere la Processione  nella sua forma tradizionale per le vie del paese per l’emergenza sanitaria, per dare continuità alla tradizione storica della “Sacra Rappresentazione “, ha presentato al Comune di Sezze un progetto riguardante una interessante iniziativa mediante la realizzazione di un documento-film sulle varie scene che compongono la Sacra Rappresentazione. Il documento-film coinvolgerà più di duecento persone che saranno impegnate in piccoli gruppi, in diversi giorni della settimana, per diverse riprese cinematografiche, a cura di una società specializzata sotto le direttive artistiche dell’Associazione della Passione di Cristo. Le riprese dei quadri sono già iniziate. Diverse e suggestive le location scelte dall’associazione: vicoli della città, interni e soprattutto luoghi all’aperto. Grande novità, infatti, saranno i quadri della passione rappresentati presso l’Anfiteatro di Sezze nella collina setina del Golgota, dove per l’occasione sono state ristrutturate le tre croci. Anche qui sono iniziate le riprese molto suggestive rese dalla straordinaria bellezza del luogo. Il documento filmico sarà proiettato e messo in onda attraverso i canali di emittenti regionali, nazionali ed in eurovisione, il giorno del venerdì santo, fino alla Pasqua, ed eventualmente su richiesta anche in altre giornate. Per gli organizzatori “Il docu-film che l’associazione della Passione di Cristo sta realizzando, valorizzerà, oltre l’aspetto artistico della Sacra Rappresentazione, già riconosciuto a livello nazionale ed internazionale, anche gli elementi architettonici del territorio comunale, gli angoli caratteristici, i siti archeologici e le strutture naturali aventi significato per la realizzazione di un siffatto documento”. Complimenti a tutti.

 

 

Foto Franco Abbenda

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