Attenzione ai sovranisti e ai disfattisti di casa nostra!
Scritto da Vincenzo Mattei
Chi non ricorda l’on Salvini con la scritta di Trump sul cappello e sulla mascherina, in segno di amicizia e fedeltà al capo dei sovranisti di tutto il mondo, salvo poi, dopo il drammatico assalto al Campidoglio USA. ripensarci e farfugliare qualche mezza parola di pentimento? Non ho alcun desiderio di ironizzare su quella immagine del leader leghista perché si tratta dell’ennesimo tentativo di coloro che sono pronti e intenzionati a cavalcare la rabbia dei nostri concittadini. Un fenomeno eversivo, questo, che si sta allargando a macchia d’olio, anche in Italia, e soprattutto nelle periferie urbane e tra le fasce più deboli e povere. Si tratta di gruppi organizzati, pronti a gridare al lupo e al complotto, disposti a tirare la fune fino a spezzarla, a lanciare il sasso e a nascondere la mano, a fare giustizia con le proprie mani, a compiere gesti rabbiosi contro il “potere” e contro le regole di convivenza civile. Nella storia passata e recente gli incendiari non sono mancati mai. Ricordo gli scontri e le ingiurie subìte dai giovani comunisti, a cavallo degli anni 60 e 70, perché venivano considerati servi dei padroni e sbirri dello Stato oppressore. Poi è scoppiato il terrore e l’uccisione di magistrati e di Aldo Moro. La storia si ripete e non insegna nulla. Il virus antidemocratico della violenza si sta diffondendo ovunque: un clima di sfiducia e di diffidenza nei confronti dell’altro, soprattutto dei politici e di chi esercita legalmente un ruolo istituzionale. Sono tutti ladri e mascalzoni, dicono. Non ci si riconosce più nella comunità di appartenenza, non si condividono più gli stessi valori, ci si sente estranei ed emarginati, in nome di una identità di razza, di colore, di religione. Molteplici sono le cause di questo pericoloso fenomeno: le profonde trasformazioni ideologiche e di costume, le regole civili di convivenza completamente modificate, i rapporti interpersonali e di genere alterati. Inoltre la pandemia del covid-19 sta assestando il colpo finale. L’impossibilità di incontrarsi fisicamente sta generando solitudine e inquietudine degli uni verso gli altri. Le idee e le opinioni, in mancanza di un vero confronto, si trasformano in incomprensioni e contrapposizioni. Quando manca il dialogo la politica langue e si ragiona solo in termini pregiudiziali e ideologici. Occorre uno sforzo di responsabilità e uno slancio ideale da parte di tutti, occorre essere ”costruttori” (Pres. Sergio Mattarella) e non disfattisti. Anche a Sezze tanti sono i problemi da affrontare e risolvere: la riapertura dell’ospedale di prossimità, l’assistenza domiciliare agli anziani e alle persone povere e fragili, la vivibilità del Centro storico, un piano per il traffico, la realizzazione dei parcheggi, la cura del verde e del decoro urbano, il riordino e la sistemazione delle zone di Suso e dello Scalo, l’adeguamento della macchina amministrativa, la programmazione della offerta scolastica e formativa a tutti, nessuno escluso. La tecnologia e il web possono fornire gli strumenti necessari per coinvolgere, far partecipare, informare la cittadinanza. Ebbene, di fronte a questa mole di lavoro è un delitto stare fermi e aspettare. Fra più di un anno si andrà a votare. Non contano più le idee? non valgono più le opere compiute e realizzate? Non vale più l’impegno e la passione politica? A quale democrazia vogliamo fare appello? A quella dei sovranisti e dei disfattisti?
Il consiglio di stato ha respinto il ricorso presentato da Don Massimiliano Di Pastina sui lavori al Belvedere di Santa Maria. Come annunciato ieri su le colonne de La Notizia Condivisa ieri si era riunita la camera di consiglio esprimendosi nel merito del ricorso e oggi la sentenza è stata depositata e resa pubblica. Il Don chiedeva “la riforma dell’ordinanza cautelare del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio”. Nella sentenza si legge: “Ritenuto, ad un primo esame tipico della presente fase, che l’appello non è assistito dal fumus boni iuris; nel presente giudizio si discute della realizzazione ‒ da parte dell’appellante ‒ di un monumento e sovrastante scultura raffigurante San Lidano d’Antena posizionato nella Piazza Duomo; allo stato non risulta sussistere un titolo che legittimi il predetto intervento edilizio su suolo pubblico, cosicché l’impugnato ordine di procedere alla demolizione delle opere realizzate sull’area demaniale non appare affetto dai vizi sollevati; va rimesso alla fase di merito l’esame della domanda risarcitoria per asserita violazione dell’affidamento; sussistono giusti motivi per compensare le spese della presente fase”. Con queste motivazioni dunque è stato respinto l’appello cautelare contro il sindaco del comune di Sezze Sergio Di Raimo. Il Comune di Sezze adesso senza se e senza ma dovrebbe eseguire l’ordinanza di demolizione dei lavori iniziati e sospesi da oltre 600 giorni e mettere la parola fine a questa vergognosa vicenda.
Purtroppo è stato ritrovato poco fa senza vita il corpo di Giampiero Peloso, scomparso ieri pomeriggio a Sezze Scalo, nei pressi del Lago Mole Muti dopo un piccolo incidente con la propria auto. L’uomo, 54 enne di Sezze, è stato ritrovato da un gruppo di volontari con l’ausilio di un drone. Molto probabilmente Peloso è caduto dalla scarpata mentre cercava di salire sopra una collina. Pare che l’uomo sia stato trovato sopra una siepe dopo una rovinosa caduta. Sul posto Carabinieri, il comandante della Polizia Locale Lidano Caldarozzi e Protezione Civile. Tutta la città dopo la notizia della scomparsa si era mobilitata sui social e in ogni modo, raccogliendo l’appello dei familiari.
Un uomo di Sezze, Giampiero Peloso, ha fatto perdere le sue tracce da ieri pomeriggio. Intorno alle ore 14 l’uomo pare abbia avuto un piccolo incidente con la sua auto nelle vicinanze del Lago Mole Muti a Ceriara di Sezze. Da quel momento non si hanno più notizie. L’uomo al momento della scomparsa indossava una giacca blu. Il suo cellulare è rimasto in macchina. I suoi familiari su facebook hanno lanciato un appello: chiunque lo avesse visto contatti i numeri 3489866933 – 3343441155 oppure chiami i Carabinieri o Polizia Locale.
Si è tenuta oggi l’udienza in camera di consiglio per la causa che ha per oggetto i lavori al Belvedere di Santa Maria di Sezze. Le parti hanno esposto le loro tesi e nei prossimi giorni il collegio depositerà la sentenza. C’è attesa di sapere cosa è stato deciso dopo Il ricorso in appello al Consiglio di Stato da parte di Don Massimiliano di Pastina al fine di ottenere la riforma della sentenza emessa dal Tar. C’è attesa perché se anche il consiglio di stato darà ragione al Comune di Sezze è piuttosto assurdo che il committente possa andare ancora avanti mentre è plausibile che l’ordinanza di demolizione del manufatto venga eseguita immediatamente. Sono circa 600 giorni che il Belvedere di Santa Maria è occupato dal cantiere della vergogna, un cantiere ridotto a discarica in pieno centro storico e davanti la Cattedrale di Sezze. La vicenda ha diviso inizialmente la città, poi la politica mentre oggi tutti vogliono che si metta fine a questa vicenda che resterà comunque una delle pagine più brutte della storia setina.
Anche la Comunità di Sant'Egidio di Sezze esprime dolore e sdegno per l’esecuzione di Lisa Montgomery. Una decisione che non ha tenuto conto del suo stato di grave disagio psichico. Luisa Coluzzi della Comunità di Sant'Egidio ricorda che “la storia di questa donna è una storia atroce di abusi e violenza, che sfocia in una violenza altrettanto orribile e si conclude con una vendetta di stato dopo tanti anni ancora più ingiustificata”. Sono previste altre esecuzioni entro gennaio, prima dell'insediamento di Biden. Luisa Coluzzi ci tiene a sottolineare che “il delitto commesso dai condannati nel braccio della morte non giustifica il delitto di stato: parliamo di un sistema "occidentale e democratico". Diamo voce ad una giustizia diversa...che rispetta il diritto anche nella pena”. Il suo è un appello ad una giustizia che non promuova odio e vendetta legalizzata. “L'orrore di questa morte - ribadisce la Comunità di Sant’Egidio - non sana le ferite provocate dalla violenza, ma inietta dosi di odio e disperazione in una società che invece ha bisogno di ragionevolezza, di una giustizia riabilitativa, di misericordia e di perdono. Ci auguriamo che la scellerata decisione di riesumare le esecuzioni federali sia presto revocata e si possa aprire una stagione di rispetto per la vita dopo troppa morte”.
Non c’è più tempo da perdere. Tutti i consiglieri comunali di Sezze, compreso il sindaco, su proposta del consigliere Serafino Di Palma, in prima fila sulla vicenda Usca, hanno inviato una lettera alla direzione generale della Asl e ai consiglieri regionali La Penna, Forte, Simeone, Pernarella e Tripodi. Nella missiva si sollecita l’istituzione delle Unità speciali di Continuità Assistenziale dei Monti Lepini senza se e senza ma. “In data 9 marzo 2020, per far fronte alla emergenza epidemiologica da Covid 19, è stato emanato il D.L. 14/2020 che all’art. 8 prevede l’obbligo per le regioni di istituire entro 10 giorni le Unità speciali per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da Coronavirus (c.d. USCA). Il predetto DL (ora legge 27/2020) – si legge nella lettera - non conferiva alle Regioni la facoltà di “valutare” l’opportunità di creare le USCA ma “ordinava” loro di crearle. L’utilizzo della forma indicativa “istituiscono” costituisce chiaro indizio sintomatico circa la sussistenza di un vero e proprio obbligo in tal senso. Il successivo 17 marzo 2020, la Regione Lazio ha emanato l’ordinanza Z00009 che ha istituito la figura del Referente Covid ed ha attribuito alla Direzione Salute il compito di “valutare” l’eventuale attivazione delle Unità Speciali di continuità Assistenziale per l’assistenza a domicilio nei pazienti COVID positivi. Il Ministero della Salute con la circolare prot. N. 7865 del 25 marzo 2020 nella regolamentazione delle “aree territoriali” ha chiarito che “Le Unità speciali di continuità assistenziale USCA, istituite ai sensi dell’art. 8, D.L. 9 marzo 2020 n. 14, svolgono un ruolo essenziale nella gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID19 che non necessitano di ricovero ospedaliero”. Il Governo ha predisposto la norma di cui prima, in base alla quale tutte le regioni erano e sono obbligate ad istituire le USCA”. Nella lettera inviata ai consiglieri regionali si ricorda inoltre che con nota del Comune di Sezze a firma del Sindaco Sergio Di Raimo è stata trasmessa la deliberazione del Consiglio Comunale n. 37 del 09/11/2020 con oggetto: “Richiesta l’istanza alla Regione Lazio ed alla ASL di Latina di istituzione delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA) finalizzata alla gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid- 19 che non necessitano di ricovero ospedaliero – Comprensorio del Monti Lepini” e che con nota del Direttore Generale Dr. Giorgio Casati “priva di data e protocollo, acquisita al protocollo del Comune di Sezze in data 07/12/2020 con il numero 0027027, comunicava al Sindaco di Sezze che: “presumibilmente, l’operatività delle USCA è prevista entro la fine della prossima settimana”. Per i consiglieri comunali di Sezze la ASL di Latina ad oggi, incomprensibilmente, non ha ancora istituito le USCA, non ha concluso il procedimento e non ha esposto le ragioni del ritardo. “ In questi ultimi giorni – chiude la lettera - stanno salendo ulteriormente i contagiati da Covid-19 nel comprensorio dei Monti Lepini. Tutto ciò premesso e considerato, per far fronte alla emergenza epidemiologica da Covid 19, con la presente sollecitano ulteriormente la Regione Lazio e la ASL di Latina ad adempiere all’atto di competenza del proprio ufficio per la istituzione delle Unità speciali di continuità assistenziale (USCA) del comprensorio Monti Lepini”.
Con sei mesi di ritardo l’assemblea dei soci ha approvato il bilancio di esercizio 2019 della SPL, municipalizzata comunale di Sezze. Il Sindaco Di Raimo approva il bilancio senza proporre alcun correttivo al bilancio 2019, fotocopia dei bilanci degli anni precedenti, a differenza del Sindaco di Roccagorga il quale ha effettuato una operazione di verità sul bilancio della propria municipalizzata. Paride Martella e Serafino Di Palma del gruppo consiliare Biancoleone non fanno giri di parole per denunciare i conti della società multiservizi del Comune di Sezze. Il Bilancio preoccupa. “La costante sofferenza finanziarla della SPL dimostra che i conti non sono in equilibrio e potrebbero peggiorare in futuro. Il cane che si morde la coda, non ci sono risorse quindi non può essere attuato il progetto della società di ingegneria di Roma (commissionato dalla stessa SPL) che prevede la riduzione del 50% del costo della raccolta rifiuti solidi urbani. Pertanto cittadini di Sezze pagano la raccolta dei rifiuti il doppio di quello che dovrebbero pagare. Su questo va giudicata l’amministrazione Di Raimo - afferma Martella e Di Palma - e non sulle chiacchiere da politici ormai usurati. Lor Signori si ritengono di sinistra mantenendo all’interno della SPL il lavoro precario, tanto che il costo per il ricorso alle Agenzie interinali rappresenta il 30% della spesa del personale”. Altro capitolo riguarda le consulenze esterne che dalla nascita della SPL sono sempre le stesse senza un minimo di rotazione. Il Biancoleone le definisce “caste intoccabili”. “Cosa dicono questi consulenti esterni sui crediti TARSU per circa 2.600.000 euro che vengono mantenuti in bilancio anche se l’attività di riscossione è solo del 2,24%. Il gruppo Biancoleone ritiene che il fondo svalutazione crediti TARSU di 520.000 euro è inadeguato perché dovrebbe essere di circa 2.500.000 euro (pari ai crediti TARSU), e ridotto annualmente a seguito alle effettive riscossioni di questi credili. Noi siamo della corrente di pensiero di non nascondere sotto il tappeto la verità, di esporre alla luce del sole i bilanci senza distorcere la realtà. Questo bilancio d’esercizio 2019 della SPL è irregolare, perché non è stato redatto con chiarezza e non rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio”.
La democrazia è un complesso e delicatissimo equilibrio tra elementi potenzialmente contrastanti. Il potere appartiene al popolo, il quale lo esercita mediante l’elezione dei propri rappresentanti, cui affida il compito di governare per un periodo determinato preventivamente e nel rispetto dei principi stabiliti nella Costituzione. Il popolo è un’entità differente sia quantitativamente rispetto ad altre forme di unione tra persone basate su legami parentali e affettivi o aventi finalità specifiche, sia qualitativamente perché nessuna rilevanza hanno l’origine etnica, la lingua, il sesso, la religione e le convinzioni personali. Nei sistemi democratici moderni, almeno in teoria, i cittadini godono di uguali diritti e dignità e al contempo è garantito loro il pieno esercizio della libertà individuale, che segna un confine insuperabile e intangibile ed è uno dei fini fondamentali dell’esercizio del potere. L’azione politica in democrazia deve avere come valore specifico non promettere la salvezza, pretendere di indicare le vie per raggiungere il bene (caratteristiche queste proprie dei regimi autoritari e dittatoriali), ma nemmeno ingenerare atteggiamenti rassegnati e fatalistici rispetto alla possibilità di migliorare l’esistente. L’accettazione dell’imperfezione come aspetto irriducibile dell’esistenza deve essere accompagnata da un incessante sforzo per il progresso della collettività e l’eliminazione degli ostacoli al pieno godimento dei diritti, tutelando e garantendo la diversità di idee e progettualità attraverso la divisione dei poteri, l’informazione libera e la reciproca autonomia tra potere economico e politico.
“Il popolo, la libertà e il progresso sono il fondamento della democrazia, ma se uno di essi si emancipa dai propri rapporti con gli altri – sfuggendo così a ogni tentativo di limitazione ed ergendosi a unico principio –, si trasforma in pericolo: populismo, ultraliberalismo, messianismo sono i nemici profondi della democrazia”. (Tzvetan Todorov – I nemici intimi della democrazia). I movimenti populisti e di estrema destra che negli ultimi anni hanno raccolto ampi consensi e hanno assunto anche ruoli di governo, come è avvenuto con l’elezione di Donald Trump quattro anni fa alla presidenza degli USA, sono la manifestazione della rottura di questo fondamentale equilibrio. La concezione strumentale delle istituzioni da occupare e non da governare, il richiamo alla Costituzione funzionale solo alla conquista del potere ma da calpestare e rigettare se diviene un ostacolo al mantenimento dello stesso, l’alterità sostanziale rispetto ai principi dello stato di diritto, la radicalizzazione della contrapposizione con l’avversario politico, la rivendicazione del leader di essere la voce autentica e l’interprete esclusivo della volontà del popolo per cui è inconcepibile anche la remota possibilità di una perdita di consenso, la sconfitta elettorale considerata unicamente effetto di brogli, un furto, un attentato alla nazione e un oltraggio al popolo, la rimozione della realtà in favore di una narrazione falsata costituiscono i tratti caratterizzanti dell’estremismo di destra, nazional-populista, che oggi anziché rovesciare la democrazia e sostituirla con la dittatura, mira a snaturarla dall’interno, a neutralizzarne gli istituti, a preservarli solo nella forma e a svuotarli della sostanza.
L’abuso del ruolo di presidente per perseguire i propri interessi personali e del proprio clan, il ricorso sistematico alla menzogna per accreditare una narrazione assolutamente falsa e fuorviante ma funzionale al mantenimento del potere, l’uso dei social finalizzato a manipolare l’opinione pubblica e far leva sulla credulità, particolarmente di quella parte della popolazione meno istruita e dotata di capacità critica, l’ammirazione e la vicinanza politica espressa a più riprese nei confronti di leader estremisti e antidemocratici come Putin, Erdogan e Bolsonaro sono stati la cifra caratterizzante i quattro anni di presidenza di Donald Trump. Pertanto il suo disprezzo per la democrazia, il voler sovvertire l’esito a lui sfavorevole del voto alle presidenziali ricorrendo all’accusa, totalmente infondata, di brogli elettorali contro gli avversari politici e anche i suoi stessi compagni di partito, indisponibili a piegarsi ai suoi diktat, l’aver ispirato nei fatti un vero e proprio tentativo di colpo di stato pur di non lasciare il potere, istigando i suoi sostenitori alla violenza per intimidire i rappresentanti del popolo e indurli a ribaltare i risultati elettorali e sfociata il 6 gennaio nella gravissima irruzione di un manipolo di facinorosi armati nell’aula del Congresso, dove deputati e senatori erano riuniti in seduta comune per certificare l’elezione a presidente di Joe Biden, il quale ha prevalso sia nel voto popolare sia nel complesso meccanismo di attribuzione dei delegati dei singoli stati, non meravigliano affatto. Ha pienamente ragione l’ex presidente USA Barack Obama quando afferma: “La storia ricorderà a ragione la violenza di oggi al Campidoglio, incitata da un presidente in carica che ha continuato a mentire senza fondamento sul risultato di un’elezione legittima, come un momento di grande disonore e vergogna per la nostra nazione. Ma ci staremmo prendendo in giro se la considerassimo una totale sorpresa”.
Quanto avvenuto a Washington è uno sfregio gravissimo alla democrazia americana, la più antica del mondo, che ha dimostrato comunque di possedere la solidità necessaria per arginare e neutralizzare un attacco devastante, ma è anche e soprattutto un monito rivolto a tutti noi, un invito ad abbandonare cautele e titubanze e ad opporci risolutamente ai partiti e movimenti nazional-populisti, ai tanti emuli ed ammiratori di Donald Trump, che occupano la scena politica anche nel nostro paese, i quali si ergono a paladini e interpreti esclusivi di un popolo che invero disprezzano e vogliono semplicemente ridurre a finzione teatrale, asservendolo ai propri disegni. La democrazia non è affatto una conquista definitiva, ma è fragile, esposta a pericoli continui, necessita il nostro contributo, deve essere incessantemente costruita, alimentata e difesa.
Disservizi telefonici e di rete per mezza Sezze da quasi una settimana, un vero black out. Intere famiglie senza linea telefonica, con telefoni fissi irraggiungibili e connessioni internet non disponibili. Da venerdì scorso in molte zone di Sezze, sia periferiche che del centro storico, molti cittadini utenti sono tagliati fuori dalle comunicazioni a causa di un guasto causato dal maltempo dei giorni scorsi. Tra questi ci sono studenti universitari che avrebbero dovuto frequentare corsi on line, lavoratori smart working e soprattutto persone anziane che hanno in casa ancora il telefono fisso come unico contatto con i familiari. Gli operatori hanno ricevuto segnalazioni con tempestività ma la situazione, a distanza di giorni, non cambia e in molti sono ancora senza rete e in attesa del ripristino del servizio. Uno dei problemi principali del disservizio è dovuto probabilmente alla palificazione degli impianti obsoleti presenti nel territorio setino. Sono ancora troppe le linee aeree attive soggette, ovviamente, ai danni provocati dal maltempo. Molte zone del territorio setino ancora non hanno la fibra con cavo a terra, e i quartieri raggiunti dalla stessa ne risentono dell’intasamento delle linee non congrue al carico delle utenze. Insomma causa covid molti cittadini sono costretti a restare chiusi in casa ed isolati dal mondo e per lavoro e per contatti e per svago. Quanto bisogna attendere per il ripristino del servizio? Se lo chiedono in molti a Sezze.
Altro...
Domenica 10 gennaio alle ore 17,30 sul palco del Mario Costa si assisterà di nuovo alla Rassegna Musicale gruppi anni ’60 con l’esecuzione di molte delle bellissime canzoni dei mitici anni '60 e '70. Saranno 5 i gruppi musicali che cercheranno di proporre quel mix di sonorità, tra il rock e la musica leggera tipica italiana………
Con grande piacere e soddisfazione, il Comune di Sezze e l’Associazione culturale Il Grillo presentano la Rassegna musicale anni 60 e 70. Una rassegna, questa, di pura archeologia musicale setina e non solo, in cui gruppi strapaesani si confronteranno con altre esperienze, unite tutte dalla stessa passione: la musica…….
Sul palco dell’Auditorium M. Costa tornano ad esibirsi i gruppi, alcune delle band setine (e non) che hanno fatto la storia della musica nelle piazze e nelle tante sale da ballo……..
Queste solo alcune delle presentazioni che ogni anno, dall’anno 2005 fino al mese di gennaio 2020, hanno attenzionato al pubblico, in special modo agli over 50, la Rassegna Musicale “Gruppi anni ’60 e ‘70” uno spettacolo musicale con musica dal vivo, organizzata dal Comune di Sezze e ideata e diretta dall’Associazione Culturale “Il Grillo”.
La Rassegna di Archeologia musicale setina (e non solo), in tutte le sue 15 edizioni, ha rappresentato certamente una delle più importanti e seguite manifestazioni culturali di rilievo con risonanza provinciale e regionale. Ieri, mentre passeggiavo per le strade del paese (paese quasi vuoto per i problemi di pandemia che stiamo vivendo) riecheggiavano in me le note e le parole de “L’anno che verrà”, una canzone di quel gran genio di Lucio Dalla.
‘Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po'
e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò.
Da quando sei partito c'è una grossa novità,
l'anno vecchio è finito ormai
ma qualcosa ancora qui non va’.
Versi che in un momento come questo sono più che mai attuali; l’anno appena trascorso con quanto ci ha lasciato e terribilmente cambiati, ci ha privato di tante di quelle situazioni e manifestazioni che in qualche modo davamo quasi per scontato che facessero parte della nostra attività vitale e del nostro essere umani nelle relazioni sociali. Rimane in noi il grosso punto interrogativo se quest’anno, appena arrivato, ci riconsegnerà quanto ci ha tolto.
A parte questa riflessione, per dar valore a questa manifestazione e non disperdere i risultati raggiunti, vorrei ricordare come tanti di noi sono arrivati a conoscere ed apprezzare il mondo musicale, da spettatori e da attori. Per anni, i componenti dei tanti “gruppi musicali” hanno calcato le scene di piazze della provincia, di sale da ballo, e per i più bravi e forse anche più fortunati, di importanti piazze dell’Italia musicale che si rialzava da periodi bui, speranzosa e senz’altro più genuina e sincera.
Era il lontano 1964, la maggior parte di noi non arrivava a dieci anni. Davanti flotte di ragazzi e ragazze, forse scalcinati, forse peccatori, un po’ santi un po’ maledetti. Pieni di vita, di idee, di proteste e di proposte. Per noi modelli, da imitare, da migliorare. Fu così che iniziò l’avventura di molti gruppi. Fu cosi che iniziò la mia avventura insieme ad altri quattro coetanei che avevano interessi in comune: la musica, lo studio, la parrocchia e tante altre belle cose. Ci preparavamo ad esserci, a crescere, a vivere, a salire su quello che era il palco della vita, il palco della musica. Lo era allora, lo è ancora di più oggi, tra mille incertezze, mille dubbi. Tra le tante difficoltà anche economiche che ci impedivano di avere gli strumenti desiderati, quelli di marca, era viva la certezza che in qualsiasi modo potevamo soddisfare la voglia di suonare e di porci all’attenzione della società, della comunità setina e del nostro entourage. La musica per tutti noi ha dato sempre delle risposte e creato grosse novità: dal freddo delle cantine al calore delle note, dal buio dei garage alla luce del suono. Emozioni, passioni, vibrazioni. Tutto parla di noi: di quello che eravamo e di quello che siamo diventati. Ieri le difficoltà economiche non ci permettevano in pieno di soddisfare i nostri desideri, di frequentare le poche scuole di musica esistenti in provincia per studiare uno strumento musicale, oggi un fenomeno ben più grande e grave non ci permette di dimostrare ancora la nostra voglia di fare musica: quella davanti alle platee cui eravamo abituati in quegli anni, 1960, 1970 e 1980, e quella che, da 15 anni a Sezze, decine e decine di gruppi, hanno eseguito con l’amore di sempre e con la viva passione, sul palco del M. Costa. Si è ripetuto per 15 anni, quasi un rito, una specie di ‘reunion musicale’, un ‘Woodstoch’ provinciale per i musicisti che, in questi anni, non hanno mai perso la speranza di dimostrare il valore e la bellezza della musica per ciò che quest’arte ha significato.
Questi musicisti, attraverso la loro attività professionale e amatoriale, hanno continuato, per tanti anni, a divertirsi e a portare avanti una ventata di sogni , i ricordi di un paese, gli attimi e le idee di una generazione. La Rassegna allora si è rilevata una ventata di emozioni riproposta, ogni anno, sul palco dell’auditorium ‘M. Costa’ di Sezze, con la presenza costante, ad ogni edizione, di più di 400 spettatori, giovani di allora e di oggi.
E’ stata sempre per tutta la città un momento musicale di straordinaria fattura e aggregazione.
Il nostro impegno sarà, quanto prima, di presentare la prossima edizione, la 16°, con i gruppi musicali e l’esecuzione dei brani, dal vivo, conosciuti e ancora tanto amati da tutti, giovani e meno giovani.
La pandemia minaccia la salute e la vita delle persone, sconvolge le abitudini e gli stili di vita cambiando le relazioni interpersonali e lasciando in ognuno di noi un segno. Questo fenomeno ci sta spingendo verso forme di vita più sobrie, verso una diversa gerarchia di valori per cui la tutela dei beni comuni come la salute l’ambiente e la cultura possa avere finalmente un rilievo fondamentale. In questo anno appena trascorso, molte iniziative culturali, anche di un certo rilievo, tra cui anche la Rassegna Musicale, sono saltate, e non sappiamo ancora quando si tornerà nella normalità. Questa nostra manifestazione musicale, come tante altre che a Sezze ogni anno si sono realizzate, se non ci sarà un impegno da parte delle istituzioni, naufragherà nel mare dell’incertezza, facendo venire meno il lavoro di anni, di tante associazioni e di tanti cittadini che in questo periodo non hanno potuto esprimere la propria arte per continuare a propagare il valore della cultura. Ma non bisogna perdersi d’animo. Ognuno di noi continuerà nel suo piccolo, presso la propria casa, con il suo strumento musicale gelosamente conservato, a coltivare la passione per la musica, per non farsi trovare impreparato per una rinascita sociale e culturale, quando avremo sconfitto, tutti, ognuno con il proprio impegno, il virus che tanto ha tolto alle nostre vite, a quelle dei nostri familiari e dei nostri amici. Tanti impedimenti fisici hanno limitato le nostre azioni e creato tante difficoltà, economiche, sanitarie e sociali, ma ciò non potrà e non dovrà certamente sconfiggerci nelle nostre idealità e nelle nostre passioni, con l’augurio che quanto prima la cultura riacquisti, attraverso le sue diverse manifestazioni, quel ruolo fondamentale nella nostra società locale e nel mondo in generale.
Non sarà come gli altri anni, non è possibile adesso organizzare eventi in presenza e dal vivo all’Auditorium Costa di Sezze, sede che ha ospitato le ultime 16 edizioni del Tributo De André. La dura pandemia che stiamo vivendo non impedisce però del tutto di fare musica e spettacolo, seppur con modalità alternativa online. L’Associazione Le Colonne ha pensato quest’anno di organizzare in diretta streaming sui propri canali social (Youtube e Facebook) la serata deandreana in cui trasmettere video musicali registrati in proprio da musicisti, appassionati e amici, storici e nuovi, del tradizionale tributo setino di gennaio. In diretta ci sarà solo un conduttore, una sorta di dj, che introdurrà i singoli brani del repertorio più classico dell’amato cantautore genovese per poi lanciarli in video nella versione arrangiata dai partecipanti “in proprio e in sicurezza” durante questo periodo di lunga quarantena e di DPCM. Per lo più saranno brani con armonizzazione essenziale, chitarra e voce, pianoforte o tastiere, cantati da singoli, duetti o terzetti ideati per l’occasione (spiccano diverse voci femminili), con qualche gradita eccezione di coverband più numerose ed organizzatesi a distanza per impreziosire il tutto. Sarà una diretta di poco più di un’ora, una dozzina di canzoni e due inserti a sorpresa. Nessun nome di musicisti e cantanti in anticipo, sarà una serata di gruppo - senza palcoscenico, riflettori e primi piani - un canto condiviso di ringraziamento a Faber con l’invito a seguire la diretta e a cantare numerosi da casa le sue canzoni. L’appuntamento è per lunedì prossimo, 11 gennaio alle ore 21, a distanza di 22 anni dal giorno della morte di Fabrizio De André, diventato in questi anni di assenza reale sempre di più una presenza indimenticabile che non si può non continuare a ringraziare per la sua opera musicale, diventata col passare degli anni autentico patrimonio culturale dell’intera nazione.
“Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo»”. (Matteo 2, 1 – 2)
Pennellate rapide, parole essenziali per raccontare una storia, per descrivere percorsi di vita che trascendono l’avvenimento in sé e si proiettano verso una prospettiva altra.
L’evento fondamentale, la nascita di Gesù a Betlemme, sembra improvvisamente scolorire, ridursi, solo apparentemente però, a sfondo sul quale si muovono i Magi, personaggi misteriosi e per molti versi indecifrabili, affascinanti e di forte impatto simbolico, i quali fanno la loro comparsa sulla scena, se ne impossessano in modo inaspettato e poi si dileguano, di loro non sappiamo più nulla. Sono come quella stella da loro seguita che, una volta compiuto il suo ciclo, scompare alla vista non perché si dissolva nel nulla, ma perché intraprende cammini ulteriori, segue una sua strada e si dirige verso un altrove sconosciuto.
Erano re? Non lo sappiamo.
Probabilmente si trattava di sacerdoti astronomi della Mesopotamia.
Erano tre, come sostiene la tradizione, anche in ragione dei doni portati al Bambino Gesù, o dodici come raccontano i vangeli apocrifi?
Francamente poco importa.
Penso sia indispensabile raccogliere la sfida dell’essenzialità lanciataci dal Vangelo che li propone alla nostra attenzione, liberandoci di tanti inutili orpelli che ci distraggono, ci portano a intraprendere traiettorie fuorvianti e ci allontanano da quanto realmente conta.
I Magi è impossibile spogliarli di ogni significatività religiosa, estrapolarli totalmente dal contesto nel quale sono inseriti, non considerare che la loro ricerca è indirizzata verso quel bambino che credono essere il re dei Giudei, Dio. Ritengo sarebbe una operazione sbagliata e disonesta intellettualmente. Tuttavia in loro possiamo cogliere un tratto distintivo che sta alla base non solo della dimensione religiosa, la quale non appartiene a tutti, ma soprattutto del nostro essere donne e uomini: la ricerca.
Il fascino profondo esercitato dai Magi su quanti, liberi da pregiudizi e preconcetti, si accostano alle loro figure è rappresentato dalla loro inquietudine, dal non accontentarsi della propria sapienza, dal non ritenersi arrivati e realizzati, dal non compiacersi narcisistico di loro stessi, della posizione sociale, della considerazione e del rispetto della gente.
Spegnere la curiosità, sentirsi appagati, cessare di cercare significa perdere quanto acquisito e perdersi, smarrire il bandolo dell’esistenza.
Osservatori attenti delle stelle, studiosi del movimento degli astri, uomini con la testa per aria, persi nei loro calcoli e astrazioni? Tutt’altro! Quel loro puntare gli occhi incessantemente verso il cielo non li allontana dalla concretezza del vivere, ma anzi li rende capaci di un’autenticità che pochi posseggono. Quando scorgono il manifestarsi del segno, la stella che appare nel cielo, non si limitano a comunicare la grande scoperta ai loro conterranei, a raccogliere i loro plausi e apprezzamenti, ma intraprendono un viaggio tutt’altro che facile ed agevole. Aerei, treni e automobili al loro tempo non erano nemmeno miraggi o esercizi di fantasia.
A ben vedere poi partono con largo anticipo, fidandosi della loro scoperta. Si mettono in gioco per un obiettivo più alto e importante, per trovare qualcuno che dia un senso pieno alle loro esistenze, senza preoccuparsi dei pericoli che avrebbero potuto incontrare durante il cammino, senza la paura di fallire semplicemente perché la loro previsione magari potrebbe rivelarsi sbagliata.
La lezione fondamentale dei Magi si racchiude tutta in queste due linee portanti sulle quali si muove la loro esistenza: ricerca e disponibilità a mettersi in cammino, abbandonando il certo e il sicuro.
Nel nostro tempo predominato dalla fiducia assoluta nella scienza e nella tecnica, dalla convinzione di poter inseguire sempre nuovi traguardi, dal credere possibile anche l’impensabile e dal disinteresse per i riferimenti valoriali stabili, ci ritroviamo sempre più soli di fronte ai dubbi esistenziali fondamentali, oppressi da un vuoto interiore, da una egolatria e autoreferenzialità che ci rendono incapaci di scoprire la nostra finalità intrinseca ed estremamente vulnerabili a causa delle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, le nostre abitudini e le nostre priorità. Continuare a fare dell’imperturbabilità e dell’indifferenza il nostro tratto distintivo, accantonare le domande, rinviare all’indefinito la ricerca delle risposte o accogliere soluzioni preconfezionate per timore di perdere le posizioni raggiunte non costituiscono alternative soddisfacenti che possano contribuire ad apportare autenticità alla nostra vita. È necessario il coraggio e l’onestà di interrogarci sul nostro progetto esistenziale e metterci in discussione radicalmente. Trovare un senso al nostro vivere significa ricondurre ad un fine ultimo, trascendente il mero contingente, quanto accade nel nostro presente, che sia positivo o negativo, viverlo come una opportunità di crescita e di maturazione, essere più forti, motivati e determinati nel prefissarci e raggiungere gli obiettivi che avvertiamo come l’esplicitazione delle nostre potenzialità e aspirazioni.
Sarebbe importante che anche noi come i Magi alzassimo lo sguardo verso l’alto, riguadagnassimo la verticalità che abbiamo smarrito inseguendo unicamente il materiale, la soddisfazione del sensibile e imparassimo di nuovo ad aspirare all’essenziale, a cogliere il manifestarsi dei segni, ci sforzassimo di leggerli e interpretarli e ci mettessimo in gioco con coraggio, intraprendendo viaggi non necessariamente di centinaia di chilometri, ma che semplicemente ci conducono verso le persone che ci camminano affianco, mariti, mogli, figli, padri, madri, amici, conoscenti….
I risultati potrebbero essere sorprendenti, anzi rivoluzionari.
Mi vaccino perché sento l’obbligo morale di difendere il prossimo e, in particolare, i miei nipotini e i miei familiari; perché come over '70 sono considerato fisicamente persona fragile; perché credo nella scienza pur conoscendone i limiti e i margini di errore; perché il vaccino garantisce l’immunità per il 95% e perché non esiste nulla, in questo mondo, (tranne i dogmi di fede per i credenti) sicuro e certo al 100%; perché sono convinto che maggiore è il numero dei vaccinati e minori sono le malattie in grado di diffondersi, per la cosiddetta immunità di gregge; mi vaccino perché la libera scelta di vaccinarsi è a protezione della salute pubblica ed è accessibile a tutti, anche ai più poveri e indifesi. La pandemia, con il suo triste carico di morte, di sofferenze, di paure, di solitudine, ci ha resi più umani, ponendo un freno alle nostre avidità e ai nostri deliri di onnipotenza senza confini, illudendoci di essere invincibili e invulnerabili. Di fronte al virus ci siamo riconosciuti tutti più deboli, più uguali, tutti disposti a spazzare via i muri e i confini identitari creati artificialmente, nel corso dei secoli, dalle religioni, dalle ideologie, dal censo, dal sesso, dal colore della pelle. Il virus, obbligandoci ad indossare la mascherina, ci ha resi uniformi, anche se restiamo diseguali, e sottoposti a esperienze e sofferenze condivise. Morire da soli, senza il funerale e senza il compianto dei parenti, è scomparire. Per non restare da soli, siamo obbligati a vivere insieme, a costruire una comunità, a cercare gli altri. Dobbiamo, perciò, scegliere liberamente (e non obbligatoriamente) di vaccinarci e convincerci che dopo la pandemia dobbiamo conservare e rafforzare i sentimenti di umanità e solidarietà. “La libertà di non vaccinarsi è garantita ma quando la scelta di non curarsi dovesse determinare un pericolo per la salute degli altri, deve prevalere la tutela della salute rispetto al libero arbitrio” (Pietro Iachino). In questi casi, dal momento in cui la scienza e l’esperienza indicano la vaccinazione come la misura più sicura, essa può essere imposta. Come può essere imposto di non ubriacarsi a chi va in moto! Cosa conta di più? La libera scelta di vaccinarsi o la tutela della salute propria e degli altri? Non si tratta, a mio parere, di obbligare nessuno ma di restringere la libertà a chi non si vaccina ed è più esposto al contagio (operatori sanitari, forze dell’ordine, insegnanti, etc.). Non è questo il momento di disquisizioni ideologiche (no vax) o di sacrosante considerazioni sulle speculazioni delle Case farmaceutiche. La pandemia ci obbliga a ripensare e modificare il rapporto tra il pubblico e il privato, tra il profitto e la giusta retribuzione, tra l’ambiente e lo sviluppo del territorio. La natura va rispettata e difesa dagli attacchi distruttivi e speculativi dell’uomo. Perché la natura potrebbe ribellarsi e vendicarsi, colpendoci con malattie e disastri che la scienza non è in grado di prevedere. La pandemia può generare forme acute di delegittimazione delle istituzioni pubbliche e rigurgiti istintivi di nostalgia dell’uomo forte in un mondo sempre più violento e simile a una giungla. La lotta contro il virus ha anche un risvolto politico e democratico.