La Giunta comunale di Sezze, presieduta dal sindaco Sergio Di Raimo, ha deliberato nei giorni scorsi un atto di indirizzo per l’autorizzazione alla stipula di una compravendita di beni immobili di proprietà dell’istituto diocesano per il sostentamento del Clero di Latina. In sostanza il Comune di Sezze acquisterà per 20 mila euro una porzione di fabbricati annessi alla chiesa Madonna della Pace a Sezze e una superficie di terreno adiacente Piazza delle Regioni a Sezze Scalo, per 16 mila euro, dove oggi insiste una area verde abbandonata e già al centro di polemiche per il taglio indiscriminato degli alberi (febbraio 2019) ma individuata dell’amministrazione comunale per la realizzazione di un parcheggio. Il Comune di Sezze ha già versato degli anticipi di 13 e 15 mila euro e per liquidare l’acquisto resta una somma inferiore agli 8 mila euro precedentemente stabiliti, per via di incertezze circa la titolarità del clero di alcune particelle. Insomma le carte per la definitiva compravendita sono pronte. E' probabile che l’acquisto definitivo del terreno a Sezze Scalo da parte dell’Ente comunale sia un atto che permetterà al Comune di Sezze di avviare e accelerare l’iter di realizzazione del parcheggio che ha fatto molto discutere per la sua "utilità" . Al contrario, invece, sarebbe più saggio realizzare una piccola piazza come ce ne sono in altri centri, considerato che a Sezze Scalo non esiste un punto di ritrovo per i residenti ma solo una strada che taglia in due un centro abitato che negli anni è diventato una piccola città. I parcheggi invece servono a Sezze, per il suo centro storico, per il rilancio del turismo e per mille altri motivi.
Il Comune di Sezze in una nota pubblicata questa mattina annuncia che "l'amministrazione comunale intende chiudere la SR vecchia 156, in entrambe le direzioni di marcia, al fine di effettuare tutte le operazioni di bonifica e pulizia dell'area". Qui "verrà messa una sbarra con lucchetto e le persone che devono raggiungere le proprie abitazioni, o i propri terreni, avranno copia della chiave. La riapertura sarà preceduta dall'installazione di telecamere in più punti al fine di individuare eventuali reati di abbandono rifiuti".
Soddisfatto il Comitato Acqua Pubblica di Sezze per come si sono svolti i "flash mob" promossi a Sezze relativamente alla questione del nuovo depuratore di Sezze. Il portavoce Paolo Di Capua ha parlato della possibilità di far applicare la delibera regionale n° 668 del 2007 relativa alla scorporazione, compensazione e rimodulazione della tariffa della depurazione per gli utenti setini. Adesso che le manifestazioni si sono concluse e che tutte le informazioni sono state date “il comitato si aspetta – ha detto Di Capua – una risposta da parte del Comune di Sezze e che si arrivi ad un protocollo d’intesa con il gestore Acqualatina”. A giorni verrà distribuito lo stampato e saranno consegnate le tabelle delle partite pregresse dal 2015 al 2019 per permettere agli utenti l’auto rimborso . “Cercheremo collaborazione con i sindacati - aggiunge il Comitato – per aiutare l’utente compilare lo stampato”. Di Capua aggiunge “che il recupero dei costi è abbondantemente avvenuto”. Infine, se nel mese di ottobre non accadrà nulla “sarà battaglia e ognuno si dovrà assumere le proprie responsabilità”.
Conosco le ragioni che spingono illustri intellettuali, tante Associazioni Nazionali (Anpi-Cgil) e un pezzo importante della Sinistra a votare NO. Il voto favorevole (Sì) al Referendum per la riduzione del numero dei parlamentari, da 630 deputati a 400 e da 315 senatori a 200, sarebbe un regalo al Movimento 5S, rafforzerebbe l'antipolitica, penalizzerebbe la rappresentanza parlamentare in alcuni territori della Penisola, sarebbe un duro colpo alla democrazia rappresentativa, non avrebbe alcuna efficacia senza una riforma elettorale e senza la modifica dei Regolamenti. Opinioni legittime e sacrosante. So anche che il PD è in fibrillazione per colpa di chi erroneamente ha voluto politicizzare il voto temendo che una vittoria del NO potrebbe essere usata come una clava contro il Governo giallo-rosso. Per questo sono convinto che la decisione di votare Sì o NO non va drammatizzata e che il PD non si deve militarizzare rispolverando il vecchio armamentario della disciplina ferrea, preludio di tante fratture ed esclusioni. "In fondo - dice Michele Serra sul quotidiano La Repubblica - un referendum è solo un referendum, si dice Sì e si dice NO a una domanda", volendo con ciò sdrammatizzare la questione e facendo intendere che nel voto non ci dovrebbero essere messaggi reconditi, secondi fini, sgambetti e strumentalizzazioni. Nel dubbio e nell'incertezza che ancora mi tormenta, dopo la decisione assunta dal PD ieri, ho deciso di votare Sì. Per due motivi, fondamentalmente. Primo: come giustificare davanti all'opinione pubblica il cambio di opinione da parte del Parlamento e del PD che a schiacciante maggioranza hanno votato a favore della riduzione del numero dei deputati e dei senatori, nel giro di poco tempo? Con quale coerenza e credibilità? Il taglio del numero dei parlamentari deve essere l'avvio di un vasto processo riformatore, ha detto Nicola Zingaretti. E' un impegno scritto nel patto di Governo! La seconda ragione che mi spinge a votare Sì è la decisione della Direzione Nazionale del PD, partito nel quale sono iscritto. Qualcuno potrà pensare che da vecchio comunista ho portato il cervello all'ammasso, secondo anacronistiche e intollerabili usanze. Può darsi! E' altrettanto vero, però, che nella sezione del PCI-PDS-DS ho imparato il rispetto delle regole non imposte ma accettate responsabilmente. Se si fa parte di un partito o di una Comunità democratica bisogna rispettare e seguire le indicazioni della maggioranza, anche se non condivise, salvo casi di coscienza e motivi eccezionali. Altrimenti il partito non esiste. C'è sempre una ragione comune superiore alla volontà del singolo! Il rispetto della maggioranza è il cuore della democrazia e dell'organizzazione politica. L'alternativa è il caos, il correntismo e il personalismo. Purtuttavia, infine, anche questa volta, sarà l'elettorato a decidere liberamente. E il popolo, in democrazia, ha sempre ragione!
All’imbrunire, l’ora malinconica del giorno che volge al declino, i raggi ardenti del sole calante colorano di sfumature sgargianti l’orizzonte, si riverberano nelle placide acque dell’Arno, regalano incredibili giochi di luci e accendono l’intramontabile bellezza di Firenze.
Ci sono posti di cui è impossibile stancarsi, città dove tornare infinite volte e rivivere continuamente l’emozione del primo incontro. Firenze è uno di questi luoghi, seducente per la sua storia, sempre sorprendente per il suo perenne rinnovarsi senza perdere se stessa. Immergersi in essa è un viaggio che non si compie nel tempo tra l’arrivo e il ritorno, è assaporarla poco alla volta, perdersi senza meta tra le sue nascoste e caratteristiche strade, i suoi angoli, i suoi slarghi, le sue piazze, le sue chiese imponenti e solenni, semplici ed essenziali, i suoi palazzi dalle facciate raffinate, scrigni magnifici e trasudanti poesia, capaci di rivelare e raccontare una parte consistente della nostra storia, della nostra cultura, del genio italico ed europeo.
I colori di Ponte Vecchio e delle case affacciate lungo l’Arno, nei loro dettagli, nelle loro persiane, nella semplicità o nella multiforme ricercatezza della loro architettura, sono incredibilmente vibranti. Piazza della Signora e Palazzo Vecchio, Santa Maria del Fiore con il campanile di Giotto e il Battistero, Santa Maria Novella, la terrazza panoramica di Piazzale Michelangelo con la Basilica Abbaziale di San Miniato al Monte dal quale è possibile ammirare il panorama dell’intera città sono mete classiche ma non per questo trascurabili e tralasciabili. Ad ogni tappa il tempo si ferma, le lancette dell’orologio si fissano in un attimo infinito per consentirci di abbandonarci alla vertigine della sua bellezza.
Tuttavia Firenze è un dedalo di luoghi magici, che trasudano da ogni muro e da ogni sasso, che compaiono imprevedibili e inaspettati a quanti ardiscono sollevare lo sguardo, che si donano a tutti coloro che posseggono l’animo aperto del ricercatore di stupore e si abbandonano all’irrefrenabile voluttà di succhiare il nettare vitale e rigenerante della grazia e dell’armonia che nelle sue vene scorrono inarrestabili.
Gli Uffizi, l’Accademia, Palazzo Pitti rappresentano un magnifico itinerario nella impareggiabile sublimità e grandiosità dell’arte, in grado di proiettarci nell’eternità. Fermarsi a contemplare la Primavera e la Nascita di Venere di Botticelli, l’Annunciazione e l’Adorazione dei Magi di Leonardo, la Venere di Urbino e la Maddalena Penitente di Tiziano, il Doppio Ritratto dei Duchi di Urbino di Piero della Francesca, la Maestà di Ognissanti di Giotto, la Maestà di Santa Trinità di Cimabue, la Madonna col Bambino e angeli di Filippo Lippi, la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, la Madonna dal collo lungo del Parmigianino, lo Scudo con la testa di Medusa di Caravaggio, la Madonna della Seggiola e la Velata di Raffaello e poi il Tondo Doni e la grandiosa magnificenza del David di Michelangelo rappresenta un’esperienza inebriante, da ripetere più volte in modo che i nostri occhi possano assorbirne pian piano la bellezza che ne promana.
Nessuna parola potrà mai raccontare l’emozione provocata dall’echeggiare delle note di un contrabbasso e di un violino sotto il colonnato degli Uffizi quando di notte le presenze si diradano e gli animi si illanguidiscono.
Tuttavia Firenze è anche confermare all’oste che il taglio della bistecca va bene anche se è grossa, è gustare le prelibatezze di una cucina straordinaria, è un calice di vino rosso attraverso cui guardare riflessa la cupola del Brunelleschi, provando ad immaginare la grandezza dei tanti personaggi illustri, artisti, poeti e scienziati che da Firenze sono partiti o passati per lasciare una impronta indelebile nella storia e che qui sono sepolti o ricordati nella Basilica di Santa Croce.
E d’un tratto comprendi che per scoprire Firenze e i suoi immensi tesori non basta un viaggio e probabilmente nemmeno una vita intera.
Ripartire da Firenze fa venire un nodo in gola. Le ore sono state un frullo di ali e i giorni si sono rincorsi a perdifiato, volando via con leggiadria e levità anche per la fortunata ventura di condividerli con sperimentati compagni di viaggio in simbiosi di intenti e sentire, inseguitori di un vivere appassionato, ricercatori di un arricchente senso del proprio essere e sperimentatori curiosi di una alterità che evada da un mondo fatto di piccole e modeste certezze.
Il treno dapprima lentamente e poi sempre più veloce sferraglia sui binari e insegue inesorabile la sua meta. Il frastuono metallico giunge attutito, ovattato, lontano all’interno del vagone, accompagnando la malinconia di un andare che possiede però il sapore di un arrivederci e non certamente di un addio. Le ultime case della periferia lasciano ben presto spazio alla verdeggiante campagna, le luci artificiali vanno pian piano smorzandosi e le ombre della sera allungano i loro tentacoli all’intorno, ricoprendo ogni cosa con il loro oscuro mantello. Il cielo si popola di stelle scintillanti che ispirano emozioni e dolcezza e fanno riaffiorare mille ricordi, rivivere un tempo che è appena trascorso eppure già sembra distante e inafferrabile, la dolcezza di una bellezza appena assaporata, a volte distrattamente, e tuttavia esperienza non vana, capace di incidere l’anima, di lasciare segni profondi, di toccare e ingentilire anche il più distratto destinatario dei suoi balsamici effetti.
Il passato è un luogo dove non torneremo più e il futuro una terra straniera che potremo scoprire soltanto se saremo animati dalla sana inquietudine di desiderarlo, inseguirlo e farlo nostro.
Firenze è una scoperta ancora tutta da compiere.
Una lettera del Comune di Sezze informava Giampiero Cipriani, presidente del centro sociale Anziani "Ubaldo Calabresi", che dal 15 giugno scorso i locali potevano riaprire rispettando le misure imposte dalla Regione Lazio contro il covid19. Da quella data però, mentre nel centro sono state svolte iniziative di associazioni culturali, sono stati proiettati film ed i locali sono stati utilizzati anche come sportello di richiesta per il bonus di 600 euro, il centro sociale è rimasto chiuso e gli anziani della città dimenticati. Giampiero Cipriani, presidente del centro, ieri pomeriggio ha iniziato una protesta affiggendo dei cartelli ai cancelli con su scritto: “Anziani di Sezze bocciati, sedotti e abbandonati”. In sostanza l’amministrazione comunale di Sezze se ha permesso delle attività nel centro chiedendo giustamente distanziamento sociale, controllo della temperatura con termo scanner e igienizzazione all’ingresso, per gli anziani questo non è stato possibile. “Ho scritto lettere al Comune per avere informazioni e per riaprire il centro con tutte le misure necessarie ma non ho mai avuto nessuna risposta – ci dice Cipriani – gli anziani della città sono 5 mesi che non possono entrare nei locali e non sanno cosa fare, sono stati abbandonati, mentre in questi mesi però il centro anziani ha accolto iniziative varie”. In molti si chiedono perché tale rigidità degli organi comunali non venga utilizzata anche per altre situazioni molto più gravi, a partire dalla movida nelle piazze del centro storico di Sezze. Speriamo che presto il sindaco possa accogliere le richieste degli anziani di Sezze nel pieno rispetto delle prescrizioni di legge e che ci siano da parte dell’assessorato ai servizi sociali e alla cultura idee e progetti alternativi per permettere a tutti di vivere la città e non restare impantanati aspettando chissà cosa, oppure una normalità che come la conosciamo tutti non tornerà più.
Tutto ha avuto inizio quando in nome dell’austerity, dell’efficienza, della lotta a sprechi e corruzione, il bene primario della salute è stato subordinato alla logica dei costi e dei profitti, i servizi sono stati tagliati in ragione dell’insostenibilità economica di una tutela generalizzata, si è fatto ricorso alle privatizzazioni come se i diritti costituzionali fossero negoziabili. È stato un virus che ha contagiato tutti, ha provocato un’infatuazione generale per un modello riduzionista dei compiti dello Stato, con l’eccezione di sparute frange, voci stonate e cassandre inascoltate. Non nutro pregiudizi o ostilità verso il libero mercato, la concorrenza e l’impresa privata, ma non è possibile trascurare che spetta allo Stato perseguire una democrazia sostanziale e non solo formale, garantendo l’esercizio uguale dei diritti, eliminando ostacoli e distorsioni e assicurando che il loro godimento non resti solo sulla carta, una mera affermazione teorica.
L’art. 32 della Costituzione affida alla Repubblica il compito di tutelare la salute, diritto inviolabile della persona e interesse della comunità. La Corte Costituzionale ha sottolineato che la salute non va intesa come “semplice assenza di malattia, ma come stato di completo benessere fisico e psichico”, su cui incide in modo determinante un ambiente di vita e di lavoro salubre. I padri costituenti hanno demandato al legislatore ordinario il compito di creare un Sistema Sanitario pubblico e universale, basato su un’idea di solidarietà da cui nessuno sia escluso e lasciato senza diritti. Dopo la sua attuazione, peraltro tardiva rispetto all’entrata in vigore della Costituzione, negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un processo involutivo, alla messa in discussione del diritto alla salute. L’introduzione di logiche aziendalistiche ha scompaginato il Sistema Sanitario con ristrutturazioni e riduzioni di servizi, creando condizioni difficili sia per i lavoratori del settore che per i cittadini. Medici e infermieri svolgono ordinariamente la loro attività con carichi di lavoro insostenibili a causa della carenza di personale, subiscono un aumento subdolo dell’orario di lavoro e una cancellazione crescente di diritti e tutele, vedono svilite le loro professionalità e di conseguenza ridotta la possibilità di offrire servizi adeguati per quantità e qualità ai malati.
I cittadini soffrono tale gestione con liste d’attesa, servizi esistenti sulla carta ma di fatto non fruibili, dimissioni precoci, riorganizzazioni delle attività ospedaliere che impediscono l’umanizzazione dell’assistenza, taglio continuo di posti letto e attività ambulatoriali, punti di pronto soccorso superaffollati e spesso al collasso, attacchi a servizi come la 194, chiusure di ospedali periferici, ticket generalizzati e non commisurati al reddito in nome della compartecipazione ai costi, che hanno causato un arretramento della sanità pubblica in favore della privata, una mercificazione della salute e una rottura del principio solidaristico.
Il nostro Sistema Sanitario possiede punte d’eccellenza in grado di primeggiare a livello mondiale e in alcuni territori il livello dei servizi è elevato, ma spesso professionalità e specializzazioni sono mortificate. Le risorse economiche ridotte al lumicino impediscono il pieno dispiegarsi della ricerca scientifica, l’individuazione di cure risolutive ed efficaci di molte patologie e in tanti preferiscono emigrare.
Il Covid-19 poteva provocare un’epidemia più letale dell’influenza stagionale, ma con effetti lievi sulla grande maggioranza delle persone e seri su una piccola parte, ma lo smantellamento del Sistema Sanitario pubblico ha portato ad ignorare i richiami degli scienziati, a non prevedere strategie sanitarie adeguate ed efficaci e il virus ha finora provocato un disastro umanitario ed economico. Prevenire eventi pandemici non è redditizio a breve termine, perciò non ci siamo premuniti né di dispositivi di protezione, né di test da eseguire su larga scala e in più è stata ridotta la capacità ospedaliera. Sarebbero stati sufficienti lo screening degli infetti fin dai primi casi, il monitorare i loro movimenti, la quarantena mirata e la distribuzione di mascherine per rallentare la diffusione del virus, come hanno fatto altri paesi che al contrario del nostro hanno investito in strutture sanitarie e ricerca e sono riusciti a rendere così trascurabili i danni economici della pandemia. In Italia abbiamo dovuto ricorrere alla strategia antica del confinamento a causa dell’incapacità dei nostri ospedali di fornire assistenza per i pochi posti letto e le terapie intensive disponibili. Il rischio di una seconda ondata di contagi è concreto, ne osserviamo anzi già le prime avvisaglie a causa dei comportamenti irresponsabili e della sistematica violazione delle raccomandazioni degli scienziati da parte di molti e del cattivo esempio di una certa politica, interessata solo a cavalcare l’onda emotiva e il malcontento dei cittadini per lucrare consensi, anziché essere seria e responsabile, osservando personalmente le regole, evitando durante le manifestazioni politiche il formarsi di assembramenti senza il rispetto del distanziamento sociale e l’uso della mascherina. Una nuova chiusura totale è da scongiurare perché avrebbe effetti devastanti per la vita delle persone, l’economia e la tenuta del Sistema Sanitario.
È prioritario tornare ad investire nella sanità e farlo subito. Al riguardo considero irresponsabile, frutto di una visione distorta, ideologica e stupidamente populista rinunciare al MES, un prestito di lungo termine a tassi convenientissimi, senza particolari oneri e soprattutto completamente diverso da strumenti simili del passato, vista l’esigenza di rifondare il nostro Sistema Sanitario. Ciò non significa offrire spazi ed occasione a sprechi, clientele e ruberie, ma impiegare in modo attento e intelligente le risorse finalizzandole alla ricerca, a predisporre servizi rispondenti alle esigenze concrete, anche per contrastare efficacemente la possibile seconda ondata di Covid-19 e comunque per essere attrezzati di fronte a futuri eventi pandemici ritenuti dagli scienziati assai probabili. Occorre fermare la chiusura degli ospedali, esigere la riapertura delle strutture dismesse, assumendo personale qualificato e in numero adeguato per svolgere la funzione importantissima di tutela della salute delle comunità e ottenere il ristabilimento di molti servizi ridotti e perfino cancellati. Le moderne tecnologie sono un valido strumento e sostegno per assicurare livelli qualitativamente alti delle prestazioni con costi contenuti e al contempo prossime alle persone, in particolare gli anziani, per i quali l’essere sballottati da una struttura sanitaria all’altra, spesso distante dal luogo di residenza e dagli affetti, rappresenta un trauma insopportabile, paragonabile alle patologie di cui sono affetti.
Le dimissioni di Campoli e l'amarezza di non poter dare di più
Scritto da Vincenzo Mattei
Per i" non addetti ai lavori" la notizia delle dimissioni da assessore di Andrea Campoli fa rumore. Campoli, infatti, non è un novizio della politica né uno sprovveduto. Già sindaco di Sezze per dieci anni consecutivi, consigliere provinciale, la nomina ad assessore da parte del sindaco Di Raimo era apparsa come il proseguimento di un impegno e di una ulteriore disponibilità nei confronti dell'amministrazione comunale, che lo ha visto protagonista fin da giovanissimo. Uno di quelli che sono nati nella sezione del partito e che ci restano per tutta la vita. Come mai, allora, improvvisamente si dimette? I motivi personali da lui addotti sono una dichiarazione di rispetto e di non belligeranza nei confronti del suo partito e del Sindaco. Certo! Ad un certo punto della vita bisogna fare i conti con il proprio futuro lavorativo e con la propria famiglia. Non si può pretendere di sacrificarsi " per la causa" come si diceva e si faceva una volta. A meno che non si faccia politica per professione e per fare carriera. Non è il caso di Campoli. Chi lo conosce sa bene del suo altruismo e della sua onestà intellettuale. Inutile fare il processo alle intenzioni. La resa potrebbe essere stata determinata dall'amarezza di non poter dare di più e dalla scarsa riconoscenza di coloro che volendo, avrebbero potuto ricordarsi dei sacrifici e degli sforzi incessanti e logoranti da lui compiuti, rinunciando a tutto. Di ciò non bisogna meravigliarsi. "Virtù viva sprezziam, lodiamo estinta", dice G. Leopardi. L'antidoto migliore a questo stato di sofferenza sta nel sentirsi in pace con la propria coscienza e nel restare radicati al proprio territorio, vicino alla gente. Non è certamente il primo e non sarà l'ultimo! Si può essere utili alla propria città anche senza ricoprire incarichi di alcun genere. Ricordo Andrea Campoli, appena ventenne, impegnato nella sezione di partito e, subito dopo, eletto sindaco: uno dei sindaci più giovani d'Italia. Già allora apprezzavo la sua intelligenza e le sue capacità e gli raccomandavo di non avere fretta, di farsi le ossa stando a contatto con la gente. La fretta, spesso, è cattiva consigliera. La politica non si fa con la bacchetta magica. Le vere soddisfazioni della vita si gustano piano piano e sono il frutto di un lungo e faticoso lavoro. Le grandi fiammate si spengono facilmente! La carriera conta fino ad un certo punto e spesso è frutto della "fortuna e dell'astuzia", dice Niccolò Machiavelli. Mi permetto, così, di ringraziare Andrea Campoli per il grosso contributo che ha dato a Sezze, convinto che resterà sempre dalla "stessa parte " a lottare per il bene della sua e nostra città. Le capacità e la rettitudine non gli mancano certamente.
Scaduti ieri i termini della diffida, questa mattina gli agenti della Polizia Locale di Sezze guidati dal comandante Dott. Lidano Caldarozzi hanno prodotto una documentazione fotografica del cantiere sul Belvedere di Santa Maria, passaggio necessario per predisporre una ordinanza di demolizione del manufatto realizzato nel maggio del 2019. Entro 30 giorni, se il committente dei lavori, Don Massimiliano Di Pastina, non provvederà a ripristinare lo stato dei luoghi, il Comune di Sezze interverrà direttamente rifacendosi poi sul responsabile legale del cantiere. Una cosa adesso è certa: per il Comune di Sezze il basamento in cemento armato e quel cantiere fermo da oltre 450 giorni deve essere smantellato senza se e senza ma. Ogni forma di mediazione cercata e non trovata per sposare la statua in un altro luogo non ha prodotto nulla ma solo polemiche, divisioni politiche e soprattutto divisioni e astio sociale. Il Belvedere deve tornare ad essere libero come è sempre stato. Si spera che anche la piazza sia sgomberata dalla macchine a fasce orarie come previsto da una ordinanza di divieto degli anni '90.
Andrea Campoli, ex sindaco di Sezze, si è dimesso dalla carica di assessore con deleghe agli Affari Generali, ai Servizi alla Persona, al Controllo efficienza dei servizi e al Turismo e Sviluppo del Comune di Sezze. Campoli si sarebbe dimesso per impegni legati alla sua professione che gli impedivano di svolgere appieno l’incarico assegnatogli 13 mesi fa, motivazione confermata infatti dalla sua scarsa presenza in aula e dalla sua poco efficienza in questo primo anno di attività. Il Campoli assessore, infatti, è stato un altro rispetto al Campoli sindaco e al Campoli di altri ruoli politici e amministrativi ricoperti in passato. Adesso il consigliere comunale Armando Uscimenti potrà finalmente ricoprire il tanto ambito assessorato che rincorre con tutte le forze da un anno, lasciando così il posto a Paolo Rizzo primo dei non eletti nel Pd. Se così fosse la corrente moscardelliana, a Sezze, potrebbe ritentare la scalata dentro i dem setini, ed iniziare un lavoro certosino per rimodulare la lista per le prossime comunali e per permettere al sindaco Di Raimo di avere maggiori chance per essere rieletto. Vedremo.
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Non è bastata una clamorosa bocciatura in aula consiliare. Non è bastata una civile ed educata battaglia di numerosi cittadini. Non sono bastate altrettante richieste di ripensamento da parte di ex deputati e consiglieri regionali. Nemmeno la lettera di diffida da parte del responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Sezze. Niente, per qualcuno evidentemente, il cantiere deve rimanere così per chissà quanto tempo ancora, per qualcuno quella statua sul suolo pubblico sembra sia diventato un diritto. Mentre la stessa ditta edile continua a lavorare al rifacimento della canonica di Santa Maria, il cantiere della statua di San Lidano, diventato anche deposito di materiali, continua a diventare una discarica pericolosa per tutti e per i bambini in modo particolare. Ci sono spuntoni di rete metallica arrugginita, ci sono pali di ferro in bilico e materiale vario all’interno. Il cantiere così come si presenta oggi è in sicurezza? Chi è il responsabile? Alla scadenza dei trenta giorni della diffida che chiedeva al committente dei lavori di ripristinare lo stato dei luoghi, adesso, seguirà una ordinanza sindacale. E cioè il sindaco di Sezze o chi per lui ordinerà a Don Massimiliano di ripristinare lo stato dei luoghi per permettere ai cittadini di riavere uno spazio pubblico occupato da oltre 450 giorni. Se non ci sarà un ricorso da parte del committente (ma questa pare essere la strada ormai) bisognerà aspettare altri 30 giorni e dopo gli uffici comunali emetteranno provvedimenti esecutivi di ripristino rifacendosi probabilmente sul committente dei lavori. Se invece verrà presentato un ricorso i tempi si allungheranno a data da destinarsi. Il comitato Murodellatèra ovviamente non resterà fermo. E se fino a questo momento ha cercato una mediazione chiedendo a gran voce il belvedere libero adesso potrebbe intraprendere altre strade, a partire da un esposto presso la Procura della Repubblica. Ce lo auguriamo.
L’indignazione corre sui social in questa estate strana e appesa al filo dell’incertezza. Gli animi si infiammano, dilagano toni duri e parole di condanne contro i profittatori del bonus, destinato alle partite IVA colpite dalla crisi causata dal Covid-19 e finito anche nelle tasche della vituperata casta.
L’esperienza della pandemia ci costringe a ripensamenti personali e collettivi, a mettere in discussione le certezze che ci hanno finora accompagnato, a ridefinirci e ridefinire la scala delle priorità. Ciò nonostante lo spirito furbesco ed anarcoide che ci contraddistingue non ha tardato a manifestarsi. L’abilità a scansare le regole e se possibile a farla franca, la scaltrezza a cavarcela in situazioni intricate e a trovare l’accomodamento giusto, l’opportunismo elevato a regola e finalizzato a non rinunciare a vantaggi e privilegi rappresentano una nostra dote innata e non c’è virus che tenga. Pensare che i politici possano essere differenti e non lo specchio delle virtù e dei vizi italici è sciocco ed ipocrita, come l’indignazione straripante su giornali e social, che nei commenti di tanti, a ben vedere, maschera un retro pensiero nemmeno tanto inconfessato, una malcelata indulgenza e un’ammirata condiscendenza per un tentativo purtroppo non andato in porto, l’innominabile verità che al posto loro molti altri avrebbero fatto altrettanto.
La circostanza che i politici, ancora una volta, non abbiano perso occasione di dare pessima prova di sé non è perciò affatto sorprendente. Peraltro gli ultimi decenni sono stati punteggiati da una litania interminabile di piccoli e grandi scandali. Siamo passati dalle grandi ruberie di Tangentopoli, vicenda che ha segnato il passaggio di un’epoca e trascinato un’intera classe politica in una fine indistinta e ingloriosa, agli approfittamenti di piccolo cabotaggio, alla rimborsopoli delle mutande verdi, delle penne stilografiche e dei DVD pornografici. Ora tocca ai furbetti del bonus INPS, scoperti con le mani nella marmellata, anzi nel sussidio, di cui hanno usufruito politici di vari schieramenti e ad ogni livello, i quali dovrebbero essere al servizio dei cittadini, promuoverne e tutelarne i diritti e non pensare ad arraffare quanto capita.
Tuttavia bisogna evitare che il discorso assuma toni qualunquisti, uno sfascista e fascista fare di tutta l’erba un fascio, utile ad aizzare le polemiche ma inadeguato a comprendere la portata della vicenda e le sue implicazioni. C’è una grande differenza tra il sindaco o il consigliere di un piccolo comune, i quali percepiscono indennità di qualche centinaio di euro all’anno per assolvere funzioni in favore della propria comunità per spirito di servizio e un parlamentare nazionale, un presidente o un consigliere regionale nelle cui tasche piovono varie migliaia di euro al mese.
La voce di alcuni dei beneficiati, immancabili ovviamente quelli a propria insaputa, si è levata per giustificarsi e rivendicare la legittimità del proprio operato: se la legge mi riconosce il diritto, perché non dovrei esercitarlo e approfittarne? Altri invece hanno evidenziato che è colpa della legge scritta male. Indubbiamente nella patria del diritto, qual è il nostro Paese, abbiamo perso la capacità di scrivere leggi precise e rigorose, ma nascondersi dietro la mancata previsione dell’esclusione dal beneficio di alcuni, è un tentativo maldestro di scusare condotte indegne: è sbagliata la norma, non la scelta di avvalersene e per questo è giusto essere assolti!
La questione evidentemente non è giuridica, ma etica o comunque giuridica nel senso più alto del diritto, lì dove la norma giuridica confina con la morale e precisamente di etica costituzionale, come sancita nell’art. 54 della Costituzione della Repubblica: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. La norma impone a tutti i cittadini di essere fedeli alla Repubblica non solo come forma istituzionale, ma come res publica, nel senso ampio di cosa pubblica, cosa comune, fedeltà che passa per il rispetto dei principi del vivere insieme e specifica con chiarezza un punto qualificante: i cittadini non esercitano pubbliche funzioni, ma ai cittadini tali funzioni sono affidate. Il rimando alla fides, termine latino che significa fedeltà, lealtà, autenticità e probità è sostanziale. Quanti occupano funzioni pubbliche hanno l’obbligo morale di perseguire il bene comune, non è richiesto semplicemente, come a tutti, di rispettare le leggi ma è imposto un dovere ulteriore: onore e disciplina devono essere il faro del loro agire, la loro guida. Stefano Rodotà sosteneva che il dovere richiamato nella norma costituzionale è più ampio della responsabilità politica, attiene all’esercizio delle virtù repubblicane, è incarnazione di un’etica civile e continuo rifuggire ogni forma di prevaricazione connessa con l’esercizio del potere loro affidato e non a loro appartenente.
Dopo l’iniziale minaccia di fuoco e fiamme, espulsioni e sospensioni dei colpevoli, contando su memoria breve e disattenzione dei più, gli scaltri capipopolo subito hanno messo la sordina alle malefatte dei compagni di cordata, hanno cominciato ad agitare altri spettri e a presentare più convenienti pericoli imminenti.
Questa vicenda meschina, di furbizia e di indignazione piccola piccola, mette in luce che il problema vero sta innanzitutto nell’etica generale del nostro popolo e di conseguenza nella qualità della rappresentanza politica, nella selezione della classe dirigente, che avviene per mano di capi partito, di gruppi autoreferenziali o sotto le sembianze di piattaforme internet che non cancellano i vizi e non premiano la qualità e sicuramente regalerà fiato e consensi ai sostenitori del taglio di deputati e senatori. L’ennesima scorciatoia che finirà per impoverire ulteriormente la politica e favorire il prevalere della mediocrità.
Zozzoni a ferragosto zozzoni per sempre, per tutta la vita. Una serie di immagini scattate da turisti e amanti della montagna presso il rifugio del monte Semprevisa nel Comune di Bassiano sono la fotografia del degrado e dell’inciviltà che regna sovrana in questi luoghi straordinari e unici. Chi ha deciso di trascorrere il ferragosto in montagna, evidentemente, lo ha fatto pensando anche ai rifiuti che doveva lasciare strada facendo, e soprattutto nei locali del rifugio, diventata una discarica vergognosa. Chi è arrivato in questi luoghi infatti ha trovato gli avanzi di un gruppo di “turisti” sporcaccioni che hanno lasciato le loro tracce di quanto consumato il 15 di agosto scorso. Un gesto di inciviltà e stupidità impunito, un modo irrispettoso di vivere la montagna, senza rispetto per la natura, per gli animali e per l’uomo. Il sindaco di Bassiano dovrebbe intensificare ancora di più i controlli e punire severamente con sanzioni salate i trasgressori e monitorare il territorio con maggiori volontari e forze dell’ordine. Si spera che l’episodio del ferragosto resti un caso isolato.
Didattica in presenza, didattica a distanza o doppi turni?
Scritto da Vincenzo Mattei
Dal 4 Marzo le attività didattiche in presenza sono state sospese. E' iniziata da allora, in molte scuole, (non in tutte), la sperimentazione della didattica a distanza (DAD). Chiudere le scuole ha evitato catastrofi maggiori. Dove l'epidemia del covid-19 è stata sottovalutata, oppure dove si è pensato di raggiungere una specie di "immunità di gregge", le cose sono andate malissimo. Il lockdown (chiusura) è stata una misura sofferta e dura ma ha salvato molte vite umane. E' questo il contesto da cui dobbiamo partire per una riflessione sulla cosiddetta DAD. Non si è trattato di una vera e propria didattica perché la distanza indica di per sè un distacco spaziale. La didattica non vuol dire soltanto insegnamento, non solo apprendimento, ma tutto ciò che lo precede in chiave metodologica e che lo segue come verifica e valutazione. La vera scuola, dice Alberto Asor Rosa, è quella che si svolge nei luoghi fisici, dove vale l'interlocuzione, l'interruzione, il dubbio, la domanda, dove tutto può essere messo in discussione senza mediazione alcuna. Il contatto umano tra alunno e docente è fondamentale: un maestro, un professore che insegna con passione può influire sulla vita degli alunni.Se così stanno le cose, e se a Settembre si prevede che la didattica in presenza troverà molte difficoltà a partire garantendo a tutti gli alunni le pari opportunità, perché non pensare alla turnazione? Il Doppio Turno è diventato quasi un tabù. Guai a parlarne. Si rischia di passare per antiquati e anacronistici. Invece l'orientamento di tanti Presidi è proprio questo (vedi la Repubblica del 14 agosto). Essi suggeriscono il doppio turno che consente a un gruppo di alunni di stare in classe e a un altro gruppo di stare a casa ricevendo a distanza il lavoro didattico che si organizza in classe, con una turnazione settimanale o bisettimanale. Questa ipotesi obbligherebbe il Ministero (finalmente!) a comperare, sistemare e potenziare computer, microfoni, connessione per gli alunni affinché la DAD possa essere usufruita da tutti, nessuno escluso. Altrimenti entro il 14 Settembre bisognerà approntare il doppio delle aule, eliminare tutti i laboratori, realizzare tensostrutture, acquistare e fornire banchi monoposto con le rotelle, fare aule nelle palestre eliminando l'educazione fisica, mantenere le distanze boccali, indossare le mascherine. Sarà possibile tutto ciò? I presidi sono gente concreta, abituati a risolvere i problemi giorno per giorno, ora per ora. La Ministra della P.I. ascolti i suggerimenti dei Presidi!