Il presidente del consiglio comunale di Sezze, Enzo Eramo, nel corso dell’ultimo consiglio comunale ha proposto di dare un aiuto concreto a quegli alunni più bisognosi delle scuole di Sezze, fornendo loro tutta la strumentazione informativa necessaria, quindi PC o Tablet, per permettergli di partecipare alle lezioni da casa, come previsto per la DaD (didattica a distanza). La proposta del presidente dell’assise è stata accolta dall’interna aula consiliare e permetterà di salvaguardare il sacrosanto diritto allo studio per tutti. “Dare a tutti le medesime opportunità̀. Per questo sono contento che sia stata accolta durante l'ultimo consiglio comunale - ha affermato Eramo - la proposta di fornire computer e altri strumenti digitali a bambini e ragazzi di famiglie in difficoltà. Soprattutto verso coloro che con la didattica a distanza verrebbero privati di fatto del diritto all'istruzione. Alle scuole, che ringrazio per quello che stanno facendo, e ai servizi sociali il compito di individuare le criticità. Credo che sia opportuno segnare questo tempo difficile con una scelta che sia dentro la nostra cultura e la nostra storia".
Un sabato pomeriggio grigio e uggioso. Un giorno in apparenza come tanti, scanditi da questa pandemia che ci ha sottratto la bellezza del contatto fisico, il piacere di una stretta di mano, il calore di un abbraccio, la gioia della condivisione di una tavolata imbandita di buon cibo e di risate tra amici. Una inquietudine sottile e pervasiva ritma ormai gesti e comportamenti, un timore malcelato nei confronti di un nemico subdolo e infido, capace di colpire quanto meno te lo aspetti e di provocare ferite laceranti negli affetti. Sentimenti e sensazioni che accomunano la gran parte di noi e di cui invece un ridotto rumoroso e ostinato di contestatori si dichiara incredulo e indifferente, negando incomprensibilmente l’evidenza, gli effetti devastanti del virus sulle vite di tanti, facendo proprie e propagandando teorie bislacche e gridando al complotto, ordito non si sa bene da chi e per quale recondita e inverosimile ragione, alla dittatura sanitaria o semplicemente minimizzando portata e rilevanza di quanto accade. D’un tratto il telefono squilla lacerando il silenzio ovattato che avvolge la stanza. Lo afferro un po’ contrariato. Considerando orario e giorno si tratterà della solita chiamata promozionale per convincermi a cambiare gestore delle utenze di casa o di un seccatore inopportuno. Il numero e il nome che compaiono sul display è quello di un amico. – Meno male – mi dico. Ho piacere di scambiare quattro chiacchiere con lui e perciò gli rispondo cordiale e rilassato. Mi accorgo immediatamente che qualcosa però non va. Ha una voce strana, affannata. – Sono positivo al Covid e sto male. Non riesco a respirare – mi dice tutto di un fiato. Sapevo che aveva fatto il tampone ed aveva avuto sintomi leggeri nei giorni precedenti, ma non pensavo stesse così male. Farfuglio qualche frase, cercando di tranquillizzarlo. – Fra un po’ c’è la partita….– cerco di sviare il discorso. È un tifoso accanito, viscerale e guardarla con lui è un divertimento. – Sto male – si limita a dirmi. – Tempo qualche giorno e ti sarai negativizzato. La prossima volta che giochiamo vieni qua da me e la vediamo insieme – insisto. Dopo qualche momento di silenzio torna a dirmi: – Ci sono dei momenti che proprio mi manca il respiro –. Avverto chiaramente che ha paura di non farcela. – Ma cosa ti sta dicendo la testa? Che stai pensando?- lo rimbrotto – Vedrai che la cura che ti hanno dato farà effetto rapidamente –. – Va bene – mi concede senza troppa convinzione. – Ti chiamo domani – gli prometto. La mattina dopo purtroppo viene ricoverato in ospedale e ora è in terapia intensiva. Ne uscirà presto, sono sicuro e, eternamente insoddisfatti, torneremo ad arrabbiarci e ad imprecare contro arbitri, giocatori ed allenatore della nostra squadra del cuore, a fare le nostre analisi calcistiche e ad immaginarne possibili traguardi. Il virus non l’avrà vinta, ne sono certo!
E così il virus ha toccato un mio amico, una persona cui sono legato ed è doloroso. Probabilmente la mia è una delle tante storie di questi giorni funestati da contagi in crescita esponenziale, ricoveri d’urgenza e centinaia di morti. Storie di persone, amicizie e sentimenti e non soltanto fredda contabilizzazione di aridi numeri. Penso al mio amico lì da solo nel reparto di rianimazione, alle persone che lo amano che non hanno notizie dirette di lui da giorni, che trascorrono il proprio tempo nell’ansia e nella trepidazione e ad ogni squillo del telefono smettono di respirare. Sento crescere in me la rabbia per le tante parole insensate pronunciate da sedicenti scienziati, internettologi negazionisti, complottisti e contrari all’uso delle mascherine, per i tanti comportamenti irresponsabili, per quanti sono interessati unicamente a lucrare spazi di notorietà sui social e possibili consensi elettorali in un gioco barbaro e cinico.
Trovo insopportabile e riprovevole il sentenziare di tanti leoni da tastiera dall’alto della loro esperienza e competenza forgiata davanti allo schermo di un computer, laureati all’università di internet in medicina con specialistica in virologia ed infettivologia, circa l’irrilevanza dell’infezione da Covid-19 se la paragoniamo alla mortalità per l’influenza stagionale, ai tumori, agli infarti e persino alla fame nel mondo. Quello che non riescono a comprendere è che il problema non è soltanto la mortalità in conseguenza del virus, ma il tasso di ospedalizzazione dei malati sintomatici rapportata al breve lasso di tempo in cui questo avviene. Nessuna malattia cronica è capace, come il Covid-19, di mandare all’aria da sola e in brevissimo tempo, un mese e poco più, la tenuta del sistema sanitario. L’influenza stagionale causa il ricovero e la morte di molte più persone, ma questo avviene in un arco temporale di sette mesi e non di qualche settimana. Analogo ragionamento va fatto per l’incidenza dei ricoveri per le altre patologie gravi: non si concentrano in pochi giorni e il sistema sanitario riesce a farvi fronte. Il tasso di mortalità esclusivamente per Covid-19 sarà anche basso e a non farcela saranno pure maggiormente persone anziane o fragili, affette da altre patologie, ma al di là che il loro ricovero satura il sistema, occupando posti letto in terapia intensiva e semintensiva, posti che non potranno essere utilizzati per altri pazienti che dovessero arrivare nelle strutture sanitarie in condizioni gravi, dobbiamo considerarli sacrificabili, materiale di scarto, la loro morte non costituisce un fatto inaccettabile, o forse perché si tratta per la gran parte di persone non utili e funzionali allo sforzo produttivo del paese, come ha sentenziato il Presidente della Regione Liguria, ci deve lasciare indifferenti?
A sentire poi certi “autorevoli” esperti sproloquiare sul virus, snocciolando dati senza il minimo riscontro scientifico, non solo sui social ma perfino nelle reti televisive nazionali, la totalità di scienziati, medici e personale sanitario sono una massa di pecoroni belanti, di venduti al grande complotto delle BigPharma, che amano mascherarsi con camici e mascherine per andare in corsia in una sorta di gran ballo dell’idiozia e dell’inutilità, in tenuta da combattimento contro un nemico inesistente.
Sarebbe il caso che la finissero una buona volta di raccontare stupidaggini e portassero rispetto per le sofferenze di quanti sono stati colpiti dal virus, per le migliaia di persone che non ce l’hanno fatta e il dolore dei loro familiari.
Certe storie umane, a volte, camminano in parallelo, si assomigliano. E’ quello che il destino, o meglio la natura, ha riservato a Nicola Schiavone e ad altri che, come lui, hanno avuto la vita segnata da un figlio disabile fin dalla nascita. All’apparenza può sembrare che questa immane tragedia sia il frutto di un crudele destino, cinico e baro, di una sventura inconsolabile e irrimediabile. In effetti, una vita interamente vissuta accanto al figlio malato, momento per momento, senza un attimo di pausa, senza la possibilità di programmare il domani, con la mente sempre rivolta a lui che dipende interamente da te, nel corpo e nell’anima, può apparire umanamente una disgrazia infinita, un tunnel senza luce. All’inizio è così, ma poi, piano piano, accanto a lui, si riscopre il senso e l’essenza della vita. Ti accorgi che l’esistenza del figlio disabile è intimamente legata a te, che lui non può fare a meno di te e che tu non puoi fare a meno di lui. Si tratta veramente di un amore infinito e indescrivibile, due anime in un solo corpo! Lui vive solo se ci sei tu. Ti aspetta per mangiare, per bere, per andare a dormire, per tutte le sue necessità corporali. Poi, quando sventuratamente egli ti viene a mancare, allora il mondo ti casca addosso. Che senso ha più la vita? Il tempo si ferma, un silenzio assordante ti oscura la mente. Ti accorgi che era lui/lei a dare un significato alla tua esistenza, che era lui/lei a darti la forza di vivere, di sperare, di lavorare, di amare, di aspettare l’alba di un nuovo giorno. Quante volte, incontrando l’amico Nicola, ci siamo scambiate queste emozioni, queste sensazioni, queste sofferenze nascoste dentro ma anche tante speranze e a volte…le attese di un miracolo, di un evento straordinario. Ci parlavamo senza parole! Ci guardavamo intensamente negli occhi che, immediatamente, si illuminavano e si inumidivano di lacrime. Ora Nicola riposa in pace. La malattia lo ha sconfitto, lui che non si è mai arreso. Non ce l’ha fatta: anche questa volta, per l’ultima volta, il crudele destino ha infierito contro di lui. Ma questa volta la sua speranza diventa certezza, diventa realtà. Non so dove ma i suoi due figli, Emanuele e Raffaele, lo potranno riabbracciare e stringere fortemente, per sempre! Un abbraccio a Santina e Natascia.
Boom di contagi previsti per oggi nel territorio di Sezze. Lo comunica il sindaco di Sezze a più riprese sul suo profilo facebook. Il primo cittadino lancia un appello ai cittadini, chiedendo senso di responsabilità e rispetto delle prescrizioni e valuta la possibilità di chiudere le scuole di Sezze per due settimane. “É chiaro -afferma - che l'unico modo che abbiamo per contrastare la corsa del virus è quello di rispettare rigorosamente i divieti e le prescrizioni che ci ripetiamo da mesi: indossare la mascherina; non fare assembramenti; rispettare le distanze; lavare frequentemente le mani e tutto quanto possa essere utile per frenare i contagi. Comunico che stiamo valutando la possibilità di ordinare la chiusura delle scuole per 14 giorni al fine di ridurre ulteriormente le possibilità di contagio. Nel frattempo lunedì pomeriggio si svolgerà una videoriunione con tutti i Sindaci della Provincia e i responsabili della Asl al fine di fare il punto della situazione”. Sempre Di Raimo nelle mattinata infatti aveva comunicato 23 casi di positività per il Comune di Sezze. “Il virus corre e noi dobbiamo fermarlo, dobbiamo contenerlo rispettando tutti i divieti e le raccomandazioni che gli esperti ci indicano. Ritengo, però, opportuno chiedere al Direttore Generale della ASL uno studio più approfondito dei cluster epidemiologici che riguardano il nostro territorio e un'attenzione particolare nella ricostruzione dei contatti avuti dai positivi. Voglio anche fare delle riflessioni di carattere generale. Avendo conoscenza diretta di molti concittadini che in queste ultime settimane sono stati riscontrati positivi al covid 19 - continua Sergio Di Raimo - mi sento di poter dire che non sempre si tratta di essere irresponsabili e non rispettosi delle prescrizioni e/o divieti; Ci sono persone che lo hanno contratto per il tipo di lavoro che fanno, lavoro già di per se particolarmente esposto al pericolo. Ci sono persone che lo hanno contratto in famiglia non avendo la possibilità logistica del distanziamento. Ci sono persone che hanno rispettato le regole in modo maniacale e nonostante ciò lo hanno contratto; (forse ancora non conosciamo completamente le modalità di trasmissione). Mi sento di confidare nelle nuove misure restrittive che andranno in vigore dalla mezzanotte di oggi, nella speranza che già fra qualche giorno si possa riscontrare una flessione della curva epidemiologica".
LA VITA SPIRITUALE (SAN CARLO MISTICO )
Dal 1630 alla sua morte San Carlo percorse vari stati di orazione ( fervore di spirito, estasi, stigmatizzazione, comunione quotidiana, elevazioni di spirito, confermazione in grazia).
Nel Trattato delle tre vie, dopo aver descritto 14 «stati universali della santa contemplazione», 10 stati «singolari», 13 «estatici struggimenti», 3 «gemiti mistici», e altri fenomeni, tutti puntualmente da lui vissuti, scrive:
«Molti altri sono le mansioni e gli stati nella casa del Signore, di alcune dei quali non se ne può dir parola senza il divino aiuto, e sono difficilissimi darli ad intendere». Scende quindi nell'enunciazione: «Il dirvi che alcune volte all'anima pare di esser trasportata per immergersi e unirsi con Dio nelle onde rapidissime dell'amore, e restare il corpo immobile... Che un'anima sarà stata lungo tempo arida secca e in un istante le sono svelati segreti del cielo... Che alcune volte, stando i servi di Dio in orazione in paesi diversi e lontani l'uno dall'altro, per divina permissione si vedano e parlino in spirito, e altre volte incontrandosi insieme, senza parlarsi con le loro bocche, interiormente si vedano i loro cuori e senza strepito di voce si parlino... Che il corpo, stando fermo in terra in atto d’orazione, agilmente gli paia di esser elevato in aria, circondato di chiarissima luce... Che alcune volte si odono gli odori e la fragranza soavissima, e si sentono diverse armonie di suoni. E così delle altre cose appartenenti a questa materia, sono difficilissime a darle ad intendere» (III, 376ss). A questi fenomeni va aggiunta l'immersione nelle «lucidissime tenebre» della natura di Dio (Il, 316).
Fra Carlo, come tutti i mistici, fu graziato da Dio di molteplici doni, ma fu anche sottoposto a tentazioni furiose di ogni genere (lussuria, superbia, vendetta, ribellione, ecc.), a calunnie infamanti, a rimproveri e punizioni purtroppo spesso immeritati, ma soprattutto a prove divine provenienti da abbandoni e aridità di spirito spaventose che lo torturavano; si può dire che più erano alti i doni che Dio gli concedeva, più lacerante il «contrappeso» che ne seguiva. In questa situazione, paragonandosi all'ammalato inabile che sostava sdraiato nei pressi della piscina probatica, elevava accorate «esclamazioni» (Il, 296ss), che concludeva con un'invocazione di fede mirabile.
LA DOTTRINA (L’ INSEGNAMENTO SPIRITUALE)
Per fra Carlo la moderazione nelle penitenze e soprattutto la soprannaturalità nelle azioni sono l'elemento base della perfezione: «Il pensare continuamente in Dio santifica la mente, riscalda l'affetto, illumina l'intelletto, serve di freno a guardia all'anima per non commettere peccati veniali (maggiormente i gravi), ed è scopa dei vizi e preparazione per l'orazione; adorna la stanza dell'anima di cordiale devozione, la fa cieca nel vedere i difetti dei prossimi e le concede di parlare amorosamente di Dio per utilità del prossimo. Vi sono molti che procurano la purità del cuore per vie lunghe e faticose, in altre parole digiunando, vigilando, disciplinandosi, dormendo sulla nuda terra al freddo, al caldo, affliggendo in varie maniere il corpo, e tutto ciò per ottenere la nettezza e limpidezza interiore, nella quale si possiede la consumata perfezione; ma io direi, con ogni sommissione, che la più facile via, per giungere prestantemente alla perfezione, sia il continuo pensare in Dio, concludendo che chi spesso pensa in Dio, Dio è con lui e lo tiene per grazia e non ha cosa che gli manchi. Procuri dunque ognuno, nei suoi pensieri e intenzioni, di avere sempre Dio per oggetto, e di non attaccarsi alle creature. Per esempio se uno fa una carità ad un altro, è molto buona cosa averlo per oggetto come suo prossimo, ma meglio sarà averlo per oggetto come membro di Cristo, e sarà atto di carità tanto più meritorio, quanto che un oggetto è dell'altro infinitamente più degno ed elevato» (III, 191s).
La sintesi della vita cristiana e della perfezione consiste nel possesso vitale, o esistenziale, delle virtù, in modo particolare di quelle teologali ( Fede, Speranza, Carità ) (IV, 149s).
La preminenza delle virtù è attribuita alla carità: l'epilogo e il coronamento della perfezione si realizza nel possesso inebriante dell'amore, che oltrepassa l'umano intendimento. In altre parole tutte le virtù, quando sono schiette, si ricapitolano nell'amore, dal quale sono sorrette, trasformate e sublimate. Infatti «l'amore vero non consiste tanto nel sapere, quanto consiste nell'amare» (V, 160). E propriamente in amare tanto che mai si possa dire basta.
D'importanza veramente eccezionale è la dottrina mistica di S.Carlo, da lui esposta in maniera dettagliata specialmente nell'Autobiografia, nel Trattato delle tre vie e nel Camino interno opere che recano un valido contributo a questa nobilissima scienza sacra, poiché, fra l'altro, l'autore scrive di cose che egli stesso ha già sperimentato (Autobiografia, £ 305v). Ben a ragione C. fu paragonato a 5. Giovanni della Croce e a 5. Teresa d'Avila, che fu considerata dal mistico francescano nello scrivere sull'orazione quale la maestra datagli da Dio (ibid., f. 305r).
È da notare che questo «scrittore senza lettere» distingue accuratamente: le operazioni attive dalle mistiche o passive (Camino mt., p. 400), la contemplazione infusa da quella acquisita (ibid., pp. 453, 468), le vere visioni dalle false (ibid., p. 464), e premnnisce contro l'illusione che le grazie mistiche straordinarie abbiano a durare sempre (ibid., p. 54; Tre vie, p. 155) o che le tentazioni abbiano a cessare (Settenari, p. 62). Nel trattare dei gradi della contemplazione, non segue il criterio dei moderni teologi, ma usa generalmente le parole gradi e stati nel senso di elementi; fasi o affetti: egli è quindi molto originale nella classificazione, nella nomenclatura e nella descrizione dei fenomeni mistici, sebbene il suo schema si possa facilmente ricondurre a quello di s. Teresa (c£ 5. Gori, art. ct., pp. 229 sgg., 235; I. Rotoli, op. cit. in bibli., pp. 31, 84, 120). C., per parte sua, ci fa conoscere alcune forme, o stati di orazione passiva non descritti, almeno esplicitamente, da 5. Teresa e da 5. Giovanni della Croce, cioè quelli della «lotta spirituale delle potenze», della «presenza di Dio», della «allegrezza del cuore» e altri; inoltre, presenta nuovi elementi sulla natura stessa del matrimonio spirituale (cf. I. Rotoli, p. 138; 5. Gori, art. cit., p. 257).
Il consiglio comunale di Sezze, tenutosi ieri per via skype, ha approvato con 9 voti favorevoli la salvaguardia degli equilibri di bilancio che aveva avuto parere favorevole da parte dei revisori dei conti e non quello della commissione bilancio, seppur questo non vincolante come tutti sanno perché solo consultivo. Tutto liscio quindi per una prima variazione di bilancio che non ne esclude delle altre in futuro come ha dichiarato il sindaco. Dal punto di vista politico, invece, è stata fatta finalmente chiarezza tra i banchi della maggioranza. Il consigliere comunale Ernesto Carlo Di Pastina infatti nel momento della votazione ha abbandonato i lavori dell’aula comunicando di non essere stato coinvolto nella discussione della delibera approvata dai suoi colleghi della maggioranza. Di Pastina, oltre alla salvaguardia degli equilibri di bilancio, non aveva votato nemmeno il rendiconto di gestione (come successo negli anni scorsi) perché assente, anche se aveva già manifestato una presa di posizione nei confronti del sindaco. Ieri invece il capolista della lista "Di Raimo Sindaco" ha affermato che la maggioranza in qualche modo ha tradito il patto con gli elettori e che occorre riflettere su quanto accaduto. “ Io non faccio lo yes man a nessuno - ha detto - Dobbiamo riflettere a fondo sulla strada che è stata intrapresa per vedere se ancora ci sono le condizioni per un centro sinistra che possa rimanere fedele – ma non lo è in questo momento – al patto con gli elettori”. Stando a quanto comunicato, quindi, il consigliere comunale per coerenza dovrebbe uscire dalla maggioranza e passare tra i banchi dell’opposizione così come hanno fatto Calvano e Bernasconi con rispetto e trasparenza nei confronti degli ex colleghi di maggioranza e soprattutto degli elettori cittadini. Le posizioni di ambiguità lasciano il tempo che trovano e ormai è una vecchia storia che non interessa più a nessuno. Molto probabilmente il rapporto tra il sindaco, la maggioranza ed il consigliere comunale Di Pastina si è definitivamente incrinato a causa della vicenda del monumento al Belvedere, che vede il fratello Don Massimiliano Di Pastina in causa con il Comune di Sezze per quanto successo negli ultimi due anni.
La seduta consiliare di ieri
Dopo settimane di attese e pericoli per gli automobilisti locali, l’impianto semaforico dell’incrocio denominato “La Storta” tra le SS Appia e la SS dei Monti Lepini è stato ripristinato. In una nota il sindaco di Sezze Sergio Di Raimo ringrazia tutti coloro che si sono attivati per la risoluzione del problema. “Da ieri è tornato ad essere funzionante l’impianto semaforico della "STORTA". Siamo sollevati per l’avvenuta sistemazione ma al contempo ci auguriamo che non intercorra più un lasso di tempo così lungo anche in virtù dell'alta pericolosità dell'incrocio in questione. Innegabilmente, il protrarsi dei tempi ha generato gravi disagi e rischi che da più parti si è provveduto ad evidenziare e a segnalare al gestore competente. Voglio ringraziare tutti coloro che, in diversi modi e forme, si sono attivati presso l'Anas, la Prefettura ed altre istituzioni per una più celere risoluzione del problema. Un particolare ringraziamento – afferma il sindaco in una nota social - voglio esprimerlo nei confronti dell’Assessore al ramo , degli uffici comunali e del consigliere regionale Salvatore La Penna che, operativamente e quotidianamente, sono stati in costante contatto con la dirigenza dell' Anas per richiedere e sollecitare la realizzazione dell’intervento”.
In una delle ultime sedute consiliari, seppur con l’amaro in bocca, il sindaco di Sezze Sergio Di Raimo, ha “apprezzato” il gesto di chiarezza del consigliere comunale Mauro Calvano passato all’opposizione, riconoscendogli in tal senso una posizione inequivocabile dopo un periodo di ambiguità all’interno della maggioranza. Simile posizione assunta e riconosciuta da tutti oltre un anno fa dal consigliere comunale Giovanni Bernasconi. Non è così invece per altre posizioni di comodo all’interno della maggioranza, nemmeno si trattasse di un gioco con le istituzioni e con i cittadini. C’è chi infatti continua a mantenere i piedi in due staffe, facendo bello e cattivo tempo a proprio piacimento e ingessando così nei fatti una amministrazione comunale già zoppa, miope e poco lucida. I soliti giochetti insomma tipici di ogni consiliatura, atteggiamenti noti di chi vuole condizionare tutti secondo i propri obiettivi senza considerare altro. Essere l'ago della bilancia ed avere il potere di farlo nel momento giusto al posto giusto. Il sindaco, a questo punto, con uno scatto di orgoglio, dovrebbe fare chiarezza, chiedere la fiducia alla sua maggioranza ed avere il coraggio di affrontare la realtà così come si presenta oggi ad un anno e mezzo dalla fine del suo mandato. Che senso ha andare avanti e tirare a campare ed essere tirato per la giacchetta in ogni singola votazione? Oggi si torna in aula alle 16,30, sarà una seduta non pubblica, e si metterà a votazione la salvaguardia degli equilibri di bilancio e variazione di assestamento, senza i quali una amministrazione comunale non può proseguire il suo mandato. Cosa dobbiamo aspettarci? La solita manfrina e le solite assenze strategiche?
“Luigi De Angelis ha colto la pienezza della realtà divina nascosta nelle Parabole, rendendo, attraverso tali racconti, la realtà celeste più vicina alla terra, suggerendo la vera modalità di fede a cui l’uomo è chiamato: la preghiera. Sì, la vera risposta dell’uomo alla cura paziente di Dio e alla presenza reale della Sua Grazia feconda, è l’atteggiamento di ringraziamento, apertura, accoglienza, anelito, preghiera, appunto, che rende noi creature riposanti sulla mano grande del Creatore, che ama ancora ricrearci, ogni giorno”. Padre Ugo Vanni conclude così la prefazione al quarto libro scritto dal setino Luigi De Angelis “Il Regno di Dio: pienezza che si dispiega. Meditare e pregare le parabole del Regno”, edito nel settembre scorso da Porto Seguro, casa editrice fiorentina. L’autore, avvocato di professione, nella sua ultima fatica letteraria, attraverso le parabole, ripercorre “lo svelamento del volto di Dio in Gesù” dando la possibilità al lettore “di poter vivere collaborando al dispiegarsi del Regno di Dio”. E' lo stesso De Angelis, nella sua introduzione, che ci indica il cammino di lettura, un cammino fatto di amore e passione: “Le parabole sono racconti metaforici, il cui significato scaturisce dall’accostamento paradossale di due orizzonti diversi, dalla messa in relazione di un fatto preso dalla vita quotidiana, appartenente alla specificità delle persone o facente parte degli eventi naturali, con l’accadere del Regno. Nell’esposizione Gesù non segue schemi predefiniti, ma è mosso dalla passione smisurata per il Padre, dall’amore inesauribile per l’umanità, dal bisogno urgente di rivelarci il volto dell’Onnipotente, di associarci al mistero del Regno che in lui e attraverso di lui si svela e si compie. Il linguaggio simbolico utilizzato è fortemente intrinseco alla sua persona, al suo essere consustanziale con Dio, attento al contesto particolare, allo stato d’animo e alla condizione personale di quanti l’ascoltano, di ognuno di noi, rispetta con condiscendenza e tenerezza la nostra autonomia e si adegua al nostro passo, alla nostra fatica a capire”. Il libro verrà presentato quando le condizioni lo permetteranno.
Il potere delle parole e le parole della politica
Scritto da Luigi De Angelis
“La demagogia è la capacità di vestire le idee minori con parole maggiori” (Abraham Lincoln).
“Sei il presidente, non sei lo zio pazzo di qualcuno che ritwitta qualunque cosa” (Savannah Guthrie, giornalista del Nbc, intervista a Donald Trump).
La parola è uno strumento straordinario, descrive e ci descrive, racconta il mondo, il nostro vissuto, svela la nostra identità fin negli aspetti più intimi. La nostra umanità si esplicita pienamente nel relazionarci con l’altro da noi mediante la parola, capace di unire e consolare, liberare e umanizzare ma anche, se pronunciata da demagoghi e corrotti, di dividere e calunniare, deridere e ingannare. Il dialogo è scritto nella nostra essenza e nel nostro destino. Il nostro essere ha senso e si definisce nell’incessante misurarci all’interno di una comunità plurale, fatta di sensibilità individuali, ideali, religiose e culturali differenti e perfino antitetiche. La parola è intermediaria della conoscenza, che non è un monolite inerte, un apparato sclerotizzato, un passato depositato alle nostre spalle e inutile, ma una luce che illumina e rende possibile quanto ancora deve accadere. Tuttavia viviamo il tempo della parola svuotata di significati e contenuti, del suo retroterra di esperienze personali e collettive, e trasformata in affabulazione, in mezzo per creare miti, per distorcere la realtà, deviarne la percezione, far credere l’inverosimile e l’inesistente. Al ragionamento e all’approfondimento, che postulano sforzo cognitivo e impegno temporale, è preferita la parola scambiata con leggerezza e superficialità, attraente, che piace, suggestiona e persuade: è ininfluente capire cosa intenda, il senso delle affermazioni, se propone o meno verità riscontrabili. Il destinatario non deve porsi o porre domande, ma solo fidarsi. La narrazione è costruita in modo da far vibrare le corde emotive, suscitare reazioni epidermiche di adesione o rigetto e non deve stimolare studio e ricerca. L’esclusione del pensiero critico impedisce la partecipazione vera, ci riduce a semplici percettori di messaggi preconfezionati, di contenuti semplificati e notizie in apparenza verosimili e di buon senso, provenienti da uno solo o direttamente abile manovratore o referente di macchine comunicative affinate e pervasive, rispetto a cui possiamo esprimere un’adesione e mai pareri motivati conseguenti ad un confronto aperto e libero. Pareri che se anche avanzati comunque non sono considerati, non influenzano quanto presentato. È il meccanismo dei social, nei quali il messaggio è semplificato fin nel vocabolario, ridotto a espressioni ricorrenti, predefinite, spesso banali, che di contro a dissenzienti e latori di un pensiero alternativo riservano insulti, violenza verbale e gogna mediatica.
La politica si è appropriata di questa modalità di espressione comunicativa, dell’uso svuotato della parola per veicolare idee e coagulare consensi, solleticando emotività e istinti e omettendo una progettualità ragionata e commisurata alla complessità della realtà che vorrebbe governare. La manipolazione della comunicazione e piuttosto frequentemente ormai il ricorso alle notizie false da parte della politica è pericolosa, perché attraverso parole ambigue, ingannevoli e travisanti può provocare mutamenti profondi nel tessuto sociale e culturale, influenzare e modellare pensiero e sentire collettivo, indirizzare scelte e condotte, condizionare l’interazione tra i gruppi sociali e con le minoranze culturali, religiose o di genere, e incidere di rimando sulle dinamiche di formazione del consenso. Nella propaganda politica nulla è casuale, tutto è pianificato, studiato e testato prima di essere lanciato in rete, strumento principe per arrivare alle persone. I destinatari sono i più manipolabili, quanti cioè si lasciano facilmente suggestionare e sono pronti a rilanciarne gli slogan acriticamente, a farsi veicolo di pensieri e immagini che eccitano le masse, proiettano descrizioni alterate e distraenti della realtà, innescando conflittualità artificiose come quando un episodio anche significativo è trasformato in un assoluto, un emblema, una asserzione martellante, ingenerando tensioni e allarme e provocando reazioni sproporzionate e ingiustificate per trarne benefici elettorali. Abilità retorica e violenza verbale, unite a gestualità studiate, teatralità di espressione comunicativa per coprire la carenza di contenuti, modulazione della voce, pause ad effetto, frasi enfatizzate e rimarcate, ipnotizzano le persone, aizzano risentimenti e ostilità verso nemici creati ad arte, il diverso in genere, nei cui confronti scaricare frustrazioni e rabbia sociale.
I politici appaiono oggi abbastanza omologati e indistinguibili, ripetono stereotipi a scapito di idee forti, palesano incapacità ad affrontare e sostenere un dialogo fondato sul ragionamento e non su arroganza e prevaricazione. Il dibattito politico è un parlare senza ascoltare, un discutere senza capire le ragioni altrui. Le parole non servono a confrontarsi, a smussare gli angoli, a colmare le distanze e superare le differenze, ma sono clave brandite in modo intimidatorio, per colpire e demolire l’avversario cui spesso non è riconosciuto neppure il diritto di esistere, manifestano l’indisponibilità a mettersi in discussione, a verificare le proprie certezze, a cogliere spunti di riflessione e proposte meritevoli dinanzi all’argomentare altrui. Criticare, avanzare dubbi diventa allora una intollerabile lesa maestà.
Occorre recuperare l’onestà intellettuale, la dimensione etica, la dirittura morale, il fondare il proprio agire e le proprie proposte su convincimenti che nascono e si radicano nella coscienza e non sono la risultante di opportunismo elettorale. Solo il pensiero libero può spazzare la mala politica, coinvolgendo e persuadendo per se stesso e non per gli artifici retorici. Serve una politica intelligente, garbata nei toni e fondata sulle buone idee, immersa nel vissuto delle persone, che usa le parole non che devono essere pronunciate per convenienza ma che è giusto pronunciare, legate a ragione e sentimenti, capaci di costruire ponti, di farsi occasione di incontro per realizzare il bene comune.
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Lunedì 2 novembre il plesso della Scuola secondaria di 1° grado in Via San Bartolomeo si Sezze, resterà chiuso per sanificazione. Le attività didattiche sono sospese e riprenderanno regolarmente martedì 3 novembre. La dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo Pacifici Sezze-Bassiano comunica così la chiusura dei locali. Si tratta, ovviamente, di una procedura richiesta dalla Asl per i diversi casi covid presenti anche a Sezze. La Ds Fiorella De Rossi, sul suo profilo social, si lascia anche ad un sfogo e invita tutti a collaborare in un momento molto delicato e di difficoltà per tutti. “In poco più di un mese – si legge nel profilo pubblico della Preside - già due interventi di sanificazione, 5 classi e 12 operatori in quarantena, organico docenti che va e che viene, difficoltà a gestire un orario completo per la scuola secondaria. Non è la Scuola che mi piace, ovvio, ma questo è. In quanto ai contagi in forte risalita... che dire? Ormai nulla. Sono mesi che si spendono parole. E' ora di fare silenzio e di fare, tutti, il nostro dovere”.
La Giunta comunale di Sezze, presieduta dal sindaco Sergio Di Raimo, ha affidato al Avv. Bianchi Domenico, l’incarico di rappresentare e difendere il buon diritto del Comune di Sezze nel giudizio “de quo” ed in ogni successiva fase esecutiva dello stesso relativamente al ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio presentato dal Direttore dell'Archivio Capitolare della Cattedrale e del Museo Diocesano d'Arte Sacra di Sezze, Don Massimiliano Di Pastina. Nel ricorso al Tar il Don, committente dei lavori per la realizzazione del monumento di San Lidano al Belvedere di Santa Maria, chiede l’annullamento dell’Ordinanza di demolizione delle opere abusive, dell’invito al ripristino dello stato dei luoghi, della diffida alla demolizione e dell’Ordinanza di sospensione dei lavori. Il sacerdote chiede, inoltre, un risarcimento di tutti i danni subiti e quantificati in €30.872,00. La storia insomma continua, e tra carte e atti lo spazio del belvedere resta occupato (da oltre un anno e mezzo) da un cantiere privato diventato ormai una discarica a cielo aperto. Nessuno immaginava che si arrivasse a tanto, alla deturpazione di un luogo straordinario, a beghe politiche e soprattutto ad una vicenda che aveva spaccato in due una comunità, tra favorevoli e contrari. Oggi molti si sono ricreduti perché alla fine quello che resta è una privazione per i cittadini di uno spazio pubblico nel cuore del centro storico, uno squarcio che resterà comunque nella storia religiosa e laica della nostra comunità.
Il presente lavoro di ricerca di Carlo Luigi ABBENDA è un rifacimento letterario di un opuscolo pubblicato da padre Raimondo SBARDELLA o.f.m. (di San Francesco a Ripa di Roma) in occasione del 350° anniversario della stigmatizzazione di S. Carlo da Sezze, dell’ordine dei Frati Minori Francescani, ( prodigio avvenuto a Roma nell’ottobre 1648 dentro la Chiesa di S. Giuseppe a Capo le Case).
( LA VITA DI SAN CARLO )
San Carlo nella sua autobiografia ( intitolata “Le Grandezze della Misericordia di Dio”) racconta le proprie origini nel modo seguente:
«Nacqui or dunque, per quello che si ricava nella fede di battesimo, ai ventidue di ottobre 1613, in giorno di martedì, e ai ventisette del medesimo mese, in giorno di domenica, fui battezzato, e mi posero nome Giovan Carlo» (Opere complete, I, 265; in seguito sarà indicato solo il volume e la pagina). Ancora: «Chiamavasi mio padre Ruggero Marchionne e mia madre Antonia Maccione, ambedue nativi dalle antiche famiglie di Sezze, città della reverenda Camera Apostolica» (I, 260).
(Comunque chi volesse approfondire la questione sulla precisa data di nascita del Santo e sul suo cognome, può vedere: I, 41 ss).
I suoi genitori e la nonna materna, Valenza Pilorci, furono i suoi primi veri educatori, esemplari, assidui e generosi di consigli e di disciplina cristiana. I principi basilari, che fra Carlo, facendo eco alle parole del padre, dice fondati nella legge di natura, scaturivano dalla parola di Dio: «Non fare agli altri quello che non vuoi che sia fatto a te; fai agli altri quello che vuoi che sia fatto a te» (I, 261). Nonostante questi buoni presupposti e le doti positive che l'arricchivano, germogliò in lui l'istinto della prepotenza e della sopraffazione, tanto che lo chiamavano il gallo di casa (I, 269). L'inizio degli studi scolastici, favoriti dalla intelligenza pronta e dalla vivacità incontenibile, furono ostacolati dalla deviazione di letture non pertinenti, fino a giungere ad una ribellione clamorosa, con conseguente «frustatura» (I, 68ss).
Di fronte a tali risultati catastrofici, Gian Carlo si ridusse al lavoro dei campi e a pascolare i buoi, da lui stesso richiesti al padre.
In questa attività si ritemprò nella salute e si radicò nella vocazione religiosa con maggiore precisione nella scelta dello stato di fratello laico tra i Frati Minori, dimoranti nel locale convento di 5. Maria delle Grazie. Questa sua decisione incontrò svariate e forti opposizioni, particolarmente nello zio materno, don Francesco Maccione, il quale voleva che diventasse prete, e per convincerlo gli promise il suo canonicato; in seguito accondiscese che si facesse frate, ma sacerdote.
Non ci furono ragioni che potessero prevalere sulla sua volontà. Jl 10 maggio 1635 salutò i suoi e si recò a Roma, 5. Francesco a Ripa Grande, per essere ricevuto all'Ordine e il 18 maggio successivo vestì l'abito religioso nel convento-noviziato di 5. Francesco in Nazzano e fu chiamato fra Cosimo. A un anno esatto emise la professione religiosa e per richiesta della madre gli fu di nuovo cambiato il nome in fra Carlo, e cominciò il suo pellegrinaggio nei vari conventi laziali.
Il primo fu 5. Maria Seconda di Morlupo, non molto distante da Nazzano: cominciò ad impratichirsi nei lavori imparati nel noviziato: orto e cucina. Nell'ottobre del 1637 fu destinato al convento di 5. Maria delle Grazie di Ponticelli Sabino. Nel novembre del 1638, mentre si trasferiva da Ponticelli al convento di 5. Francesco in Palestrina, ricevette la notizia della morte della madre, già presentita nel suo intimo; il padre era morto nell'agosto del 1636. A Palestrina cominciò a sperimentare le prime estasi propriamente dette e iniziò a fare il questuante.
Nel marzo del 1640 fu mandato nel convento di 5. Giovanni Battista del Piglio, ma nell'aprile seguente fu destinato a fare il sacrestano a Carpineto Romano, dove rimase fino al marzo del 1646. Quivi fu sottoposto ad una incomprensibile persecuzione da parte di un confratello e ad una furibonda tentazione di lussuria; fu sollecitato a scrivere sulla passione di Cristo, e nel 1645, durante la peste che sconvolse il paese, fu il benefattore e il confortatore degli ammalati, esponendosi al rischio del contagio (Il, 75ss).
Scrive il Santo: «Dopo aver sopportato, in questo convento di Carpineto, tante si spaventose e terribili tentazioni del demonio, del senso e degli uomini, si fece il nuovo Capitolo provinciale, e fu eletto per Ministro della Provincia il padre Giuseppe da Roma, della famiglia Rivaldi, che fu nel 1646 nel mese di marzo, nel tempo di Papa Innocenzo X» (Il, 93). Tale introduzione si richiedeva perché in questa occasione fra Carlo fu trasferito a Roma, nel convento di 5. Pietro in Montorio, sul Gianicolo, dove resterà per il resto della sua vita, salvo due brevi soste nel convento di 5. Francesco a Ripa nel 1650 e nel 1652.Nel 1647 viene assalito da una prepotente tentazione di vendetta contro gli uccisori dello zio don Francesco: «Il sangue non può diventare acqua», scrive egli. Fra Carlo vincerà la tentazione portando il perdono personalmente ai parenti degli assassini (Il, lO4ss). Nel 1648, a seguito di una punizione accettata con eroica rassegnazione, fu arricchito dalla trasverberazione del cuore nella chiesa di 5. Giuseppe a Capo le Case in Roma (Il, 136ss). Si snoda quindi un'altalena di comandi e di proibizioni di scrivere; diventa direttore spirituale di svariate persone, di monasteri, di prelati. Nel 1653 termina di scrivere il Trattato delle tre vie, nel 1657 il Cammino interno e nel 1660 i Settenari sacri; nel 1661 comincia Le grandezze delle misericordie di Dio, che termina nell'agosto del 1665. Intanto nel 1662 viene mandato a Napoli, monastero 5. Chiara, per direzione spirituale e nel 1666 accompagna il cardinale Cesare Facchinetti ad Assisi, Loreto, La Verna, Firenze. Altro viaggio nel 1669 a Spoleto, sempre dal card. Facchinetti, finché il 6 gennaio 1670 rende l'anima a Dio (Il, 515ss).
Dopo la morte inizia la raccolta di testimonianze sulla santità di fra Carlo da parte di P. Angelo Bianchineri da Naro, già suo confessore saltuario e consigliere assiduo, di Nicola Grappelli ed altri. Nel 1694 La Congregazione dei Riti decretò di aprire il processo sulla fama di santità, virtù e miracoli; iniziò così una trafila che si dimostrò, per varie cause, piuttosto laboriosa: Clemente XIV dichiarò l’eroicità delle sue virtù il 14.06.1772, la congregazione generale per procedere alla beatificazione ebbe luogo nel 1875 e solo nel 1882 fu proclamato beato da Leone XIII (con breve del 1°.10.1881). Anche per la canonizzazione si ebbe un contrattempo: era stata programma per l'ottobre 1958, ma il 9 di quel mese morì Pio XII e così la glorificazione fu aggiornata per il 12 aprile 1959, e fu operata da Giovanni XXIII (II, 518ss). Il corpo riposa in 5. Francesco a Ripa. La festa liturgica, per l’ordine francescano, si celebra il 7 gennaio.
Fra Carlo fu impiegato in molte umili occupazioni, proprie del suo stato ( fece cioè il cuoco, l’ortolano, il portinaio, il questuante e il sagrestano ). In tali uffici fra Carlo si distinse per l'umiltà, l'ubbidienza, la pietà serafica e l'amore verso il prossimo, riuscendo ad unire alla più intensa vita interiore e contemplativa una instancabile attività caritativa e apostolica che lo condusse a Urbino, a Napoli, a Spoleto e in altre città.
Laici, sacerdoti, religiosi, vescovi, cardinali e pontefici si giovarono dell'opera di fra Carlo, che aveva avuto da Dio doni straordinari, tra i quali, in particolare, quelli del consiglio e della scienza infusa (riconosciuto, questo prorsus mirabile dal breve stesso della beatificazione. Il nostro santo predisse il supremo pontificato ai cardinali Fabio Chigi (Alessandro VII), Giulio Rospigliosi (Clemente IX), Emilio Altieri (Clemente X) e Gianfrancesco Albani (Clemente XI).
Deponiamo le armi, se guerra deve esserci facciamola sulle idee e sui valori
Scritto da Alessandro Mattei
Quando una discussione degenera è cosa buona e giusta fermarsi e ragionare a mente fredda, con maggior capacità di controllo sui propri istinti. Le chat e soprattutto i social network purtroppo non ci aiutano, anzi sono strumenti destinati sempre ad amplificare eventi e a fare da cassa di risonanza laddove, magari, “in presenza” questo o quello non sarebbe nemmeno successo. È accaduto in passato, sta accadendo oggi e accadrà in futuro, e ce ne dobbiamo fare una ragione, ma è sempre auspicabile che alla fine prevalga il buon senso e soprattutto non si cada mai nell’offesa e nell’invettiva personale. In questi giorni su facebook siamo stati spettatori passivi di un “botta e risposta” di pessimo gusto che va oltre la critica ad un modo di amministrare una città e a una visione dei problemi reali di una comunità. Abbiamo letto solo di attacchi personali che hanno avuto paradossalmente le medesime risposte di uguale sprezzo e sdegno. E’ veramente sconcertante e inquietante sapere che tutto ciò stia accadendo in una fase in cui anche la nostra comunità soffre, in un momento storico nefasto per tutti, in un periodo che, al contrario, ci dovrebbe vedere tutti uniti e solidali, in un clima di rispetto e collaborazione. Sembra di assistere ad una guerra di parole tra barbari che lottano per lo stesso obiettivo. Stiamo vivendo un disagio senza precedenti e leggere di ricorsi, di querele e di denunce fa male a tutti, soprattutto ai protagonisti di queste tristi e sbagliate storie. L’appello che personalmente mi sento di fare, a chi è in grado di accoglierlo, è di deporre le asce e ragionare molto sul danno sociale e culturale che si sta producendo ad una comunità già debole e smarrita. Abbiamo tutti bisogno di punti di riferimento sani, abbiamo bisogno di confronti costruttivi e di idee utili per uscire dal pantano in cui siamo sprofondati. Siamo una città con l’acqua alla gola e senza collaborazione rischiamo di annegare. Se guerra deve proprio esserci, spero che ci sia sui valori e sulle proposte per Sezze e non su discorsi di lana caprina.