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Attenzione

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La nostra città è una miniera di talenti, gran parte coltivati nella discrezione e nel nascondimento, creatività e ricerche personali desiderose di incontrare e gustare una bellezza capace di arricchire il vivere ordinario, di colorarlo di significati, di aiutarlo a tuffarsi nel mare del senza tempo.

L’arte in tutte le sue diverse e sorprendenti espressioni è un antidoto potente e insieme un moto del cuore, validi ed efficaci ad arginare e sconfiggere la tentazione del riduzionismo tecnologico e dell’abbrutimento materialistico, la abitudinarietà ad un indistinto grigiore e ad un utilitarismo spicciolo che vorrebbero avvolgerci tra le loro spire, soggiogarci e renderci schiavi della banalità senza valore. Veramente gramo sarebbe il vivere se facessimo a meno della bellezza, dell’arte che la incarna ed esplicita, triste e spento il futuro di una comunità incapace di renderla parte essenziale della propria identità. L’arte è l’alito vitale che ci fa essere autenticamente uomini e donne, ci solleva dalle bassure e ci proietta oltre il limite e oltre noi stessi.

“La pittura è una poesia che si vede e non si sente” (Leonardo Da Vinci).

Ogni opera d’arte possiede una sua storia, racconta un vissuto facendo a meno di impiegare le parole, esprime emozioni, concetti, sensazioni, sentimenti, stati d’animo, sogni e aspirazioni attraverso l’uso di forme e colori.

Attraverso la propria opera l’artista si mette a nudo, rivela la profondità di sé in maniera unica e ineguagliabile, arrivando lì dove le parole non possono e non sono capaci di esprimere l’inesprimibile. Disegnare e dipingere non è un passatempo, ma un modo di incontrare il mondo e di inserirsi in esso con la propria peculiarità e identità, è ricercare la bellezza, conoscerla e farsi guida per gli altri in un percorso senza tempo e senza limiti spaziali.

L’arte non è emozione, o meglio, emozionare non è la sua funzione primaria e principale. L’arte è innanzitutto pensiero. Poi può anche arrivare l’emozione, ma non necessariamente. Mentre per essere considerata un’opera d’arte, qualsiasi creazione di un artista deve contenere del pensiero, il fatto di emozionare non è una condicio sine qua non per cui si decreta lo statuto artistico di un’opera.” (Nicola Stoia). Pertanto la caratteristica essenziale ed intrinseca dell’arte, in forza della quale possiamo goderne la grandezza, a prescindere dai nostri gusti personali, dai nostri canoni estetici e di giudizio è il pensiero, è la sua capacità di farci ragionare: l’emozione è solo una conseguenza.

L’artista vero non si limita ad apprendere ed impossessarsi di una tecnica, perché questa è solo un mezzo che lo aiuta a rendere chiaro e comprensibile il suo sguardo sulla realtà e il suo linguaggio descrittivo, i quali non sono una semplice riproduzione del vero ma un creare quanto l’occhio umano ha necessità di vedere. Se è vero che la tecnica è indispensabile perché costituisce la grammatica del linguaggio artistico, tuttavia se l’arte fosse ridotta a semplice compiacimento tecnico svanirebbe, si dissolverebbe perché, totalmente manchevole di pensiero, cesserebbe di essere strumento di conoscenza.  

Tali considerazioni si attagliano perfettamente al bel talento artistico di Nadia Ulgiati, la quale ama raccontare di sé la passione innata per il disegno, coltivata grazie al suo percorso di studi e che ha cercato progressivamente di affinare per lo più come autodidatta. Basta soffermarsi sulle sue opere, sulle sue creazioni, sui suoi disegni, come lei li definisce, per accorgersi che riflettono originalità di visione, di pensiero,di conoscenza e una grande condivisione della bellezza. Volti e sguardi raccontano la sua capacità di penetrare a fondo e di superare il superficiale e l’apparente.

Nadia Ulgiati ci offre l’opportunità di misurarci con la sua arte attraverso l’esposizione delle sue opere denominata Colorful Life dal 15 agosto al 15 settembre presso la Sala Argonauti del Vello D’Oro Bar di piazza IV Novembre a Sezze.

Incontrare, farci interrogare e cambiare dall’arte è sicuramente una esperienza straordinaria e imperdibile.

Nadia Ulgiati

 

5 flash mob contro la mancata attivazione totale del nuovo depuratore. Il comitato acqua pubblica di Sezze si è fatto promotore di cinque manifestazione di protesta che si terranno a Sezze il 19 agosto in Piazza Ferro di Cavallo alle ore 18,30; il 24  agosto in Piazza De Magistris alle ore 10; il 28 agosto in Piazza della Stazione a Sezze Scalo alle ore 18,30; il 31 agosto in località Casali alle ore 18,00 ed il 5 settembre a Sezze da Piazza Ferro di Cavallo e per le vie del centro storico. Il portavoce Paolo Di Capua invita i cittadini a partecipare numerosi non solo per protestare contro un depuratore che funziona per metà ma anche per avere la possibilità di scorporare dalla fattura la voce depurazione in bolletta. A tutti i partecipanti verrà distribuita una mascherina, sarà richiesto un rigido distanziamento fisico e verrà utilizzato un termoscanner. L’appello di Di Capua è : “ Cittadini non siamo indifferenti”.

 

 

Questa sera, nell’ambito dell’interessante iniziativa “Racconti, la sottile linea rossa”, promossa per il quinto anno consecutivo dall’Associazione culturale Le Colonne di Sezze, Franco Abbenda ci parlerà dell’eco del Nome della Rosa, il primo romanzo scritto dal semiologo, filosofo e scrittore Umberto Eco. Edito nel 1980, il giallo storico più letto al mondo, è ancora oggi uno dei romanzi più affascinanti e intriganti mai scritti per la sua complessità, ricchezza ipertestuale, un vero pastiche linguistico e di generi letterali, un libro “di culto” come è stato giustamente descritto. Il dottor Abbenda, questa sera, a partire dalle ore 21,30 presso il centro sociale Calabresi, ci accompagnerà in questo viaggio, in un labirinto dove le verità si mescolano alle parvenze e dove la ragione spesso segue altre ragioni anche sbagliate. Un capolavoro indiscusso della letteratura mondiale, forse uno dei romanzi più belli e colti del ‘900.

 

Ogni centro storico rappresenta l'anima e i valori di un paese. La salvaguardia e la conservazione dei suoi aspetti urbanistici, architettonici e monumentali vanno perciò protetti e curati. Non si tratta di una semplice operazione "conservativa". Si tratta invece di salvaguardare le abitudini, la cultura e il modus vivendi di intere generazioni, delle loro esigenze materiali e delle loro tradizioni. Ogni paese non è un museo ma un habitat vivo e se mancano i protagonisti, cioè i cittadini, i residenti, manca la parte viva ed essenziale. Il Centro storico, perciò, deve essere vissuto e abitato. Piazze, vicoli, strade, scuole, chiese: hanno senso e valore solo se sono luoghi di vita reale e partecipata. Per farli esistere, allora, occorre consentire ai cittadini di viverci e di viverci bene, con i confort che la società moderna offre, riuscendo a realizzare un connubio tra i connotati architettonici e morfologici che li caratterizzano e le esigenze e le comodità della vita quotidiana. Vanno perciò rispettate tutte le particolarità che lo rendono unico e identificabile. Nessun grattacielo, ad esempio, può avere cittadinanza in un paese medievale che si affaccia sulla pianura pontina e che fa la vocazione di essere un punto di unione tra   collina e pianura tra collina e mare. Ogni intervento edilizio sarà ammissibile solo al patto di non stravolgere o "escludere" il panorama unico e straordinario che si gode dalle terrazze, dai balconi, dalle finestre del paese.  Scorci panoramici mozzafiato soprattutto quando tramonta il sole. Bisognerà "blindare" il paese e ogni nuova costruzione o modifica dell'aspetto urbano d'ora in poi non dovrà avere spazio. Non si ripeta più quanto accaduto anni fa a Porta Pascibella o a Porta Paolina con la costruzione di edifici che ostruiscono la veduta della pianura e del mare.

foto Walter Salvatori

 

Passeggiando per la città si avverte il mutamento profondo in corso. Il centro storico appare svuotato e desolato. L'apertura dei supermercati in periferia hanno spinto i cittadini a riversarsi quotidianamente in aridi capannoni pieni di ogni merce: una trasformazione epocale delle abitudini della gente. Il commercio si sostituisce alle relazioni umane trasformando ogni persona in consumatore. Tra chi compra e chi vende c'è il più freddo e impersonale rapporto. Amazon facilita gli acquisti, li rende più economici, fa le consegne immediate, crea distanze enormi e sviluppa un esercito di facchini e di corrieri costretti a ritmi di lavoro impressionanti. Occorre saper cogliere la portata di questa evoluzione (involuzione) e agire di conseguenza. La nostra città, come tante altre, si sta socialmente sgretolando e impoverendo in maniera senza precedenti. Se perdiamo il Centro storico tutto diventa periferia. Le botteghe artigianali, i negozi rionali sono un patrimonio che non ci possiamo permetter di perdere. Occorre un nuovo modo di affrontare il commercio perché sia rispettoso delle persone. La bottega, il bar guardano al futuro e non al passato e devono ritornare ad essere luoghi di incontri conviviali attraverso gli strumenti che la tecnologia ci offre. La vera modernità risiede nella capacità di adattare la tecnologia all'uomo e n per asservire l'uomo alla tecnologia. Non bisogna costringere il cittadino a diventare merce e abdicare alla sua persona. i cittadini hanno un volto e un nome.

 

In tale contesto assume rilievo l'immagine dell'insieme della città. I caratteri architettonici degli edifici, le gerarchie dei volumi e delle altezze degli edifici, la diversità tra edifici civili, religiosi e quelli delle abitazioni comuni, l'assetto viario: elementi che costituiscono l'essenza della nostra civiltà medievale e contadina. Perciò occorre recuperare spazi fisici per restituire alla città il suo profilo morfologico e architettonico.  Purtroppo oggi il Centro storico è diventato la vera periferia della città con l'emorragia progressiva e costante dei suoi residenti verso Suso e lo Scalo e la chiusura progressiva degli uffici e dei negozi. Dopo un lungo periodo di costruzioni fuori dalle mura del paese, avvenute per consentire ai cittadini di abitare in case dignitose, occorre invertire drasticamente il senso di marcia attraverso strumenti urbanistici, agevolazioni fiscali e finanziamenti agevolati. Fatto salvo l'impianto urbanistico medievale a chiocciola, la rete dei vicoli e delle stradine, le piazzette e i grandi edifici storici e le chiese, tutto il resto (realizzato nel dopoguerra senza regole e senza vincoli), va rimesso in discussione e ricostruito secondo le tecniche, i materiali e gli impianti di un arredo moderno, antisismico, con risparmio energetico. Vanno realizzati comparti edilizi di una certa dimensione per consentire abitazioni di almeno 60/70 mq sufficienti ad ospitare giovani coppie e anziani. Le grandi abitazioni non sono più economicamente sostenibili. Le scalelle, le cimase, i vicoli, le viuzze vanno conservate e arredate con i sanpietrini. In via Corradini va ripristinata la vecchia pavimentazione. Va resa obbligatoria la manutenzione delle facciate delle abitazioni nel rispetto del colore e l'occultamento dei fili telefonici ed elettrici. Laddove c'è il sasso esso va riportato alla luce. Laddove c'è l'intonaco va obbligato il colore. Il centro storico deve ritornare ad essere il cuore pulsante della nostra Comunità. La raccolta porta a porta dei rifiuti va fatta ogni giorno e nelle primissime ore del mattino. 

Il coronavirus spingerà i cittadini a ritornare a vivere nei centri abitati attualmente disabitati e deserti: una inversione di tendenza. Il centro offre più sicurezza, più protezione, più servizi: diventa più economico viverci e più socializzante. L'edilizia deve fare i conti con questa nuova realtà e deve proporre nuove soluzioni per l'uso degli spazi. La ristrutturazione degli edifici esistenti e non la costruzione di nuovi edifici: la parola d'ordine per i prossimi anni deve essere: ristrutturare. Ristrutturare un immobile significa conservare la conformazione dell'edificio, non stravolgerlo ma donargli una nuova vita attraverso il rispetto delle sue linee caratteristiche. Si tratta, ovviamente, di un'operazione complessa che richiede studio e competenze servendosi di tecnici del luogo che conoscono bene l'ambiente su cui intervenire. non è semplice trovare un equilibrio tra il vecchio e il nuovo. Basti pensare alla presenza di edifici e palazzi di antica fabbricazione che devono convivere con manufatti in cemento recenti. le piccole case, spesso prive di servizi igienici, vanno accorpate in comparti edilizi di almeno 60/70 mq sufficienti ad ospitare degnamente unna famiglia. Questi vanno ripensati e ammodernati mantenendo la conformazione originaria. Al loro interno devono essere muniti di dispositivi tecnologici e servizi igienici e sanitari confortevoli. Per gli edifici fatiscenti, le cui caratteristiche sono difficilmente recuperabili, va invece previsto un'opera di demolizione e di ricostruzione. In questi casi si ricostruiscono immobili simili a quelli demoliti restando il più possibile aderenti e fedeli alle realtà preesistenti. Per porre in essere tale mole di lavoro occorre preliminarmente un censimento degli edifici di tutto il centro storico da ristrutturare, da ricostruire e da demolire. Se da tale operazione risultassero spazi questi saranno adibiti a piazzette e giardini.

Questa impresa presuppone la realizzazione di aree di parcheggio in zone adiacenti al Centro storico. Non penso a fabbricati in cemento ma a parcheggi a raso tuttI adiacenti a zone limitrofe. La Vallicella, porta S. Andrea, tutte le aree che costeggiano via del Guglietto e via dei Templi. Attraverso muri di sostegno e una pavimentazione in sasso si potrebbero creare decine e decine di posti collegati con scalette per accedere alle strade principali che verrebbero sistemate e valorizzate in strade panoramiche e da visitare. Solo allora si potrà e si dovrà pensare a un Piano del Traffico con la ZTL in tutto il centro storico.

Foto Walter Salvatori

 

Non è più un mistero per nessuno, ed è già partita la corsa per le elezioni amministrative dell’estate del 2022. Pur volendo dare per scontata la ricandidatura del sindaco di Sezze Sergio Di Raimo, probabilmente con una coalizione molto diversa rispetto a quella che gli ha permesso l’elezione al primo turno, in campo questa volta sono intenzionati a scendere due blocchi civici con base elettorale differente ma con gli stessi obiettivi: scongiurare la conferma dell’attuale sindaco. Il primo cittadino, stando agli umori generali, infatti, sarebbe ostacolato non solo all’interno del Partito Democratico e da alcune liste civiche di appoggio ormai appannaggio solo di un paio di consiglieri comunali, ma da gruppi civici che si stanno organizzando per presentare nuove coalizioni: una che strizza l’occhio a sinistra, l’altra che guarda ad una destra moderata. Insomma l’attuale sindaco, a meno di due anni dal voto, sarebbe già stretto da una morsa a due ganasce sociali contrapposte. Per la ripresa post vacanze sono previsi già degli incontri per mettere a punto liste e soprattutto idee e progetti. Un ruolo importante lo avranno sicuramente i social, cassa di risonanza dei cittadini e strumento di confronto e discussione. Ma la vera sfida sarà quella del rapporto diretto con le persone, del contatto reale con i bisogni e le  priorità di una città che sta perdendo senso di comunità e appartenenza. Per quanto concerne il Partito Democratico non è dato sapere se riuscirà a trovare la quadra intorno al sindaco, anche perché diversi consiglieri di peso non hanno intenzione di ripresentarsi alle elezioni amministrative. Dentro il Pd, infine, serpeggia anche una silente divisione, ricollegabile a quell’atavica rivalità tra ex Ds ed ex Margherita, quest’ultima pronta a scalare cime pur di dominare il direttivo e la segreteria locale. Una situazione simile ai livelli provinciali del partito, dove lo scacchiere politico e le future mosse sono già condizionate da ambizioni personali e da caselle da occupare a tutti i costi.   

Le mani

Queste tue mani a difesa di te:

mi fanno sera sul viso.

Quando lente le schiudi, là davanti

la città è quell’arco di fuoco.

Sul sonno futuro

saranno persiane rigate di sole

e avrò perso per sempre

quel sapore di terra e di vento

quando le riprenderai.

(Vittorio Sereni, da Frontiera, 1941)

 

In questo strano tempo della pandemia, nel quale abbracci, contatti e fisicità sono banditi, sconsigliati, le mani considerate un pericolo perché veicolo di trasmissione di un virus malefico e subdolo che vorrebbe cambiare violentemente il nostro vivere, Vinicio Costantini, con la sua arte ci guida a riscoprire, al di là di questo accadere contingente, il loro valore essenziale, materiale e simbolico. Il nostro essere possiede una inscindibile duplicità: siamo spirito e corpo, sentimento e materia. L’incontro e la sintesi tra queste dimensioni ci raccontano in pienezza, la loro reciprocità e il loro incessante relazionarsi consentono di ritrovare e ritrovarci autenticamente in noi stessi. È semplicemente impensabile scinderle, eliminare l’una o l’altra perché significherebbe annullare la nostra natura più profonda e cancellarci. Le mani sono la frontiera più avanzata del nostro rapportarci con l’altro da noi, il mezzo insostituibile per avvicinarlo e avvicinarci, per trasmettere presenza e calore, per condividere quanto siamo e viviamo quotidianamente. Le mani rendono corporee la complicità che è intreccio di spiriti e cuori, hanno la capacità di riconoscere senza necessità di guardare, esprimono emozioni spesso indicibili, annullano le distanze e abbattono le barriere, permettono di conseguire una unione e una intimità particolare che solo la fisicità può donarci in modo peculiare. L’amore in tutte le sue declinazioni non è solo parole pronunciate, sguardi e sorrisi scambiati, ha bisogno della concretezza di gesti apparentemente semplici ma di grande potenza. Carezze scambiate, abbracci dati e ricevuti, dita intrecciate, mani che si tengono reciprocamente sono il lessico dei sentimenti, sono i propulsori di energie ed emozioni difficili da esprimere, che ci aiutano a percepire l’altro, a trasportarlo in un miracolo continuo dentro di noi, a farlo partecipe della nostra esistenza. Per quanti hanno il dono straordinario della fede, Dio stesso, nel Cristo suo Figlio, ha scelto di assumere e condividere la nostra condizione, la nostra corporeità in pienezza e si è fatto causa di salvezza integrale dell’umanità. Paolo di Tarso ci insegna che il nostro corpo è tempio dello Spirito Santo, luogo privilegiato dell’inabitazione dell’Eterno. Pertanto la nostra corporeità, nella quale si saldano mirabilmente fede, razionalità, emozioni e relazionalità fisica, non è un peso di cui disfarsi, un involucro inutile, un intralcio al ricongiungimento con Dio, ma lo spazio dove sperimentare la sua azione redentrice e rinnovante. Gesù stesso ha conosciuto la bellezza e la dolcezza delle carezze, dei baci, l’emozione di un cuore che batte all’unisono con quello della persona amata, dei genitori e in particolare della madre, degli amici, delle mani che si congiungono e ha avvertito fortissimamente l’esigenza della prossimità e del contatto fisico in particolare con gli ultimi e i reietti durante gli anni della sua predicazione per le strade della Palestina. Le mani sono questo e molto altro. Sta a ciascuno di noi farne uno strumento per avvicinare e unire, annullare le disuguaglianze e condividere, trasmettere solidarietà e compassione, aiutare a rialzare chiunque è caduto e condurlo alla gioia del sentirsi accolto e amato. Grazie a Vinicio Costantini che con il suo vernissage, da martedì 12 a domenica 16 agosto, presso il Palazzo Comunale di Bassiano, offre a noi tutti la straordinaria opportunità di scoprire e addentrarci nella sua sorprendente capacità creativa, nella sua arte in cui materia e forma trovano sintesi sublime, mettendo a nudo se stesso, la sua sensibilità, i suoi sentimenti, la sua appassionata ricerca del trascendente, il suo spessore umano e culturale e di riflettere su noi stessi e sulle direttrici delle nostre esistenze.

«Gratitude is one of the most neglected emotions and one of the most underestimated of the virtues» (The Psychology of Gratitude – Robert C. Salomon, 2004).

Questa è l’introduzione di uno dei più importanti manuali sul valore psicologico della gratitudine. Tradotto in italiano: «La gratitudine è una delle emozioni più trascurate e una delle virtù più sottovalutate». Emozioni e virtù sono qualcosa strettamente legato all’animo delle persone, le emozioni spesso sono scatenate da quello che osserviamo e vediamo accadere intorno a noi, o vicino a noi. La virtù è quella capacità di compiere al meglio un’azione particolare volta ad aggiungere valore alla nostra persona, un “modo perfetto d’essere”. Emozioni e virtù rappresentano quello che siamo e quello che proviamo rispetto a noi stessi, agli altri e alla vita. La gratitudine (dal latino grātus =favore, benevolenza, credito) presuppone un atteggiamento positivo verso un beneficio ricevuto e questo scatena una forte motivazione verso la reciprocità portandoci fuori da quella triste “economia dell’io”. La gratitudine rappresenta anche un grande atto di coraggio (Robert C. Salomon): il coraggio di riconoscere il proprio debito (verso gli altri, la vita, il contesto) e di porsi in una posizione di restituzione. La gratitudine è pure il raggiungimento di uno stato psicologico di equilibrio tra la tensione di sentirsi in debito e la proattività del dono. La gratitudine, come ogni virtù ed emozione, va allenata ogni giorno e quando si trasforma in esercizio quotidiano aumenta la resilienza psicologica oltre che al benessere mentale. Uno studioso (Lewis) ha affermato che la gratitudine è la via maestra verso la felicità umana. La gratitudine è anche quel test che ci fa comprendere la nostra bontà e quella degli altri e qui riporto una bellissima affermazione di Melanie Klein pioniera della psicanalisi infantile: “Il sentimento di gratitudine è una delle espressioni più evidenti della capacità di amare. La gratitudine è un fattore essenziale per stabilire il rapporto con l’oggetto buono e per poter apprezzare la bontà degli altri e la propria”. Concludo con qualche consiglio: guardate sempre le persone e le situazioni intorno a voi attraverso il “filtro della gratitudine”, solo in questo modo riuscirete ad apprezzare veramente il valore della vita e delle piccole cose che fanno di questo dono (la vita) un capolavoro da apprezzare. Esercitate la gratitudine sul posto di lavoro anche quando tutto sembra mettersi di traverso, apprezzate i vostri colleghi con i loro difetti ricordandoci che ne abbiamo anche noi. Se vi trovate in una posizione da leader dispensate “grazie” ad ogni incontro con i vostri collaboratori, anche dopo riunioni infuocate non concludete con un semplice e sterile buon lavoro ma con un bel GRAZIE che trasformerà il sentimento delle persone e aumenterà la motivazione a fare meglio. Ringraziate chi vi sta vicino e vi dà supporto e spesso vi sopporta! Ringraziate i vostri e le vostre compagne di vita, i vostri figli e i vostri amici, sono loro a tenervi in corsa nel viaggio della vita. Se potete, educate alla gratitudine.

Più sarete grati e più sarete felici.

Domenica, 09 Agosto 2020 06:04

Del perduto senso di umanità

Scritto da

Ogni uomo è colpevole di tutto il bene che non fatto” (Voltaire)

Le notizie si rincorrono frenetiche, ma prontamente si dissolvono in una mescolanza indistinta, che tutto avvolge nell’indifferenza e nell’oblio. La ricerca incessante della novità e la scarsa propensione a indagare senso e ragioni di quanto accade, rischiano di ostacolare la piena comprensione dei tempi che viviamo, del substrato valoriale sotteso al nostro stesso agire. Convinzioni e sentire collettivo sono modellati e orientati da quanti rivestono ruoli politico-istituzionali o possiedono e dirigono media e social, ma il loro agire non è mai unidirezionale, estemporaneo e sganciato rispetto al contesto sociale. In definitiva c’è una costante interazione, un autentico processo osmotico con il vissuto dei destinatari. Negli ultimi decenni la promozione di modelli culturali e comportamentali, spesso riprovevoli e negativi ma funzionali a perseguire obiettivi politici, economici e mediatici, procede di pari passo con lo sdoganamento, la legittimazione e la normalizzazione di condotte egoistiche, narcisiste e intolleranti, di linguaggi beceri, volgari e denigranti, fatti propri e riprodotti in maniera acritica e superficiale da molti, senza avvertire imbarazzo alcuno e senza necessità di sottostare alla disapprovazione della comunità.

Una vicenda che ha avuto scarsa eco nei notiziari televisivi, cui i giornali hanno dedicato trafiletti o al più scarni servizi nelle pagine di cronaca e oggetto di sparuti post sui social ritengo invece sia emblematica di questo nostro tempo e perciò meriti una particolare attenzione e riflessione.  

Sabato 1 agosto, verso le 13, nella campagna rovente di Ombriano alle porte di Crema, una donna ospite di una comunità terapeutica psichiatrica, esce, raggiunge un campo davanti ad un ristorante, si cosparge di un liquido infiammabile e si dà fuoco. Un epilogo doloroso e amaro, verosimile conseguenza della sua condizione. Sicuramente la sua malattia sarà stata accompagnata dalla difficoltà dei familiari di prendersene cura, avendo a disposizione risorse scarse e supporti inadeguati dalle strutture sanitarie. Se ci fermassimo a tali considerazioni, pur rattristati per la vicenda tragica, dovremmo ritenere adeguata la copertura mediatica garantita, ancor più poi che, senza voler apparire cinici o indifferenti, altre storie simili accadono nel nostro paese quotidianamente e restano del tutto sconosciute.   

Tuttavia il gesto estremo di questa donna è stato accompagnato da comportamenti di gravità inaudita delle persone presenti. Sul punto lasciamo spazio alle parole indirizzate da un uomo, tramite i social, al sindaco di Crema. “Una donna poco fa, al campo del Mezzo si è data fuoco. Mentre passavo con mia moglie sono sceso subito dall'auto e ho cercato di spegnere quello che potevo con un asciugamano da palestra. La signora bruciava nel campo di fronte e io ero l'unico che cercava di fare qualcosa. In compenso una ventina di persone con il telefonino, che riprendevano la scena. Dopo minuti e minuti si è avvicinato uno con un estintore che non sapeva cosa fare. Ho spento tutto con l'estintore. La signora penso sia morta, nonostante io continuavo a parlare cercando un respiro… alla fine i soccorsi sono arrivati dopo 15 minuti... ho provato anche io il 113-112 e rimanevo in attesa. Non so se si sarebbe salvata. Ma la gente con il telefonino dal parcheggio del Mezzo mi ha lasciato di sasso. Sono arrivati solo alla fine. Quando ormai avevo spento tutto... per curiosità! Si parla di un essere umano, ma quelle persone con il telefonino cosa facevano, riprendendo????Se fossi passato un paio di minuti prima, forse l'avrei salvata. Scrivo a lei perché è il primo cittadino di Crema e questo evento è successo nella sua, Nostra, città. So che lei non può far nulla… ma ho pensato a lei come primo cittadino per avvisarla per prima. Ho scritto a lei perché magari alcuni messaggi arrivano più forti dalla sua carica… Mi è spiaciuto che nessuno abbia avuto l'idea di intervenire prima…”.

La risposta di Stefania Bonaldi, sindaco di Crema, è significativa. “Non sappiamo ancora chi sia questa povera donna e non conosciamo bene le dinamiche di quanto accaduto. Saranno le Forze dell'Ordine a farci capire qualcosa in più. Ma la testimonianza di questo primo soccorritore, che passava in quel momento e si è fermato a porgere aiuto, è agghiacciante. La pubblico, d’accordo con colui che me l'ha mandata, per sollecitare la nostra riflessione. Comprendo che non tutti possano avere il sangue freddo e la prontezza per intervenire quando una persona si dà fuoco. Si può rimanere gelati dallo shock di quanto sta accadendo, anche coi 40 gradi di oggi. Ma se gli spettatori di questa tragedia hanno avuto la freddezza di prendere il telefonino ed immortalare la scena, anziché correre in aiuto o chiamare i soccorsi, allora dobbiamo farci delle domande. Serie e molto, molto urgenti. Cosa siamo diventati? E se quella donna fosse stata nostra figlia, sorella, moglie, madre? Cosa può renderci così insensibili e distaccati verso la sofferenza degli altri? Perché questa indifferenza? Un abbraccio a questo “buon samaritano”, che passava per caso e si è fermato a prestare aiuto, anche se evidentemente non è bastato, ed un pensiero pieno di dolore per questa donna. Non è un buon giorno, oggi, Crema”.

Cosa siamo diventati? Veramente follower e mi piace misurano il valore delle nostre vite e delle nostre scelte? Un rogo nella generale indifferenza. Che fine hanno fatto la compassione e l’umana pietà? Filmare una donna avvolta nelle fiamme è folle, atroce, una mostruosità, è considerare la morte uno spettacolo da postare sui social, è pensare che la vita sia riducibile ad uno show, ad un reality come quelli che vediamo in televisione. Nell’animo dell’uomo alberga l’opaca attitudine, come sosteneva Baudelaire, a provare piacere nel vedere cose dolorose e orrende. Tuttavia sta a noi decidere se alimentarla e assecondarla o combatterla e educarla. E’ troppo facile condannare i passanti di Crema e non vedere che dietro il gesto del filmare c’è un pericolosissimo nichilismo, una diffusa egemonia di idee e condotte che sviliscono la persona umana, la privano della sostanza, di quello che Pasolini e Ungaretti definivano il senso del sacro. Se nulla è sacro, se la persona umana non è sacra, tutto allora è fruibile, consumabile e nulla ha valore.

Voglio credere che questa vicenda non sarà stata inutile, ci spingerà a riflettere sull’importanza di risvegliare in noi l’empatia, la solidarietà, il senso di appartenenza alla comunità umana, grandi assenti nella nostra contemporaneità.

Mercoledì, 05 Agosto 2020 05:42

21 anni fa moriva Bufalotto, maestro di vita

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Ventun anni fa, il 5 AGOSTO 1999, moriva Alessandro Di Trapano, familiarmente detto Sandrino Bufalotto. Sindaco di Sezze per diversi anni, ininterrottamente dal 1970 al 1990. Chi ha avuto, come me, la fortuna di conoscerlo e di collaborare con lui, non può dimenticarlo. La buona politica è stata la sua passione e il Partito Comunista Italiano la sua casa. Il sindaco "contadino”, era  da tutti stimato e rispettato. Orgoglioso di coltivare la terra, aveva frequentato solo la Quinta elementare ma possedeva una cultura e una conoscenza degli uomini e delle cose eccezionale. Non era un marxista ortodosso, seppure in carcere aveva letto e studiato le teorie marxiste, ma sapeva coniugare la lotta di classe agli ideali democratici e progressisti della Nazione. Mai sovversivo e anarchico, sempre rispettoso delle regole e del confronto politico. Mai con il cappello in mano, fiero di rappresentare gli interessi legittimi di una città e di inculcare, con il suo esempio, una coscienza civile e democratica. La sua testimonianza è stata fondamentale per la crescita di migliaia di cittadini e per i giovani della mia generazione. Il suo unico obiettivo era quello di risollevare le condizioni materiali e spirituali dei contadini e degli operai, di insegnare loro come si governa una Comunità.  Ed essi lo ricambiavano con affetto e con una valanga di voti e di preferenze. Negli ultimi anni della sua vita la realtà sembrava andare contro la sua storia personale. Se ne rammaricava ma allo stesso tempo non si disperava e cercava nuove strade per non far disperdere i valori e gli ideali ai quali era abbarbicato. Ascoltava i giovani dirigenti e gli intellettuali, con i quali discuteva animatamente ma senza fare passi indietro. Non fu mai disponibile ad allargare la maggioranza del governo della città di Sezze: lo riteneva un brutto compromesso di potere e di poltrone. Voleva mantenere "l'innocenza della sua diversità", quella di essere comunista e con le mani pulite. Considerava effimero e illusorio il consumismo degli ultimi anni della sua vita, convinto che il vero progresso consisteva nello sviluppo dell'agricoltura, nella tutela dell'ambiente, nel miglioramento materiale della povera gente e non tanto nella diffusione dei beni voluttuari. Era un rigido assertore del rigore morale e della austerità, del risparmio, dell'attaccamento alla famiglia.  Con il crollo del muro di Berlino e dell'URSS (1989), crollano alcune sue certezze ma aderisce convintamente al nuovo partito di Achille Occhetto, il PDS, in ragione della sua appartenenza a una parte della società. Improvvisamente, nell'Agosto  del 1999, muore. Non so cosa avrebbe pensato dei turbolenti tempi presenti, del cambio di casacche di tanti politici, della nascita di nuovi partiti e movimenti. Sono certo,  però, che non si sarebbe messo da parte  e che non avrebbe cambiato cavallo perché la sua adesione all'idea comunista non è stata una scelta opportunistica e accademica.  Ha saputo sempre da che parte stare. I partiti possono cambiare e anche morire, ma le ingiustizie e le diseguaglianze no! E Sandrino Bufalotto sarebbe stato sempre dalla stessa parte, quella dei più deboli e dei più poveri!

 

 

Per la quinta edizione di “Racconti, la sottile linea rossa”, manifestazione ideata e organizzata dall’Associazione culturale Le Colonne di Sezze, stasera è previsto il racconto della setina Ester Marchionne, giovane laureata in Storia dell’arte presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ateneo La Sapienza di Roma. La debuttante dott.ssa Marchionne racconterà, partendo dal lavorio di ricerca diventata poi la sua tesi di Laurea magistrale, l’attività artistica di un altro setino purosangue, il marmoraro Franco Vitelli, artista poliedrico che si è specializzato nel corso degli anni nell’attività di composizione di opere marmoree originali e in restauro. Inserendosi nella tradizione degli antichi cosmateschi, fini artisti del sec. XII e XIII che ornarono interi settori della pavimentazione delle più belle chiese di quel tempo con straordinarie opere figurative, il Magister Vitelli si è ritagliato un ruolo da protagonista nazionale nel settore della lavorazione del marmo e di pietre varie, e alternandolo con porfido di vari colori realizza così pregevoli mosaici ornamentali in cui spiccano geometrie con losanghe e triangoli policromi. Di questo e di molto altro, stasera ci racconterà la bella ex-piccola Ester (ndr: sono il suo padrino di battesimo) che, seppur abituata da anni ad esibirsi in pubblico con il Coro Incantu e come attrice nella Sacra Rappresentazione del Venerdì Santo e nelle Compagnia teatrale "Parsifal", ha confidato di sentirsi emozionatissima per questa prima occasione davanti al pubblico di casa. Introdurrà l’evento il direttore artistico de Le Colonne, Giancarlo Loffarelli e sarà presente, emozionatissimo anch’egli, Franco Vitelli. Inizio ore 21.30, ingresso libero. Si raccomanda di rimanere distanziati e di indossare la mascherina.

 

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