Un esempio da seguire. Il progetto di collaborazione tra l’ISISS “Pacifici e De Magistris” di Sezze, la Sts Basket l’Ads Pallavolo, due storiche società sportive, è stato presentato in diretta streaming sui social delle due storiche società sportive e tutti ne hanno sostenuto la validità non solo sportiva, ma anche culturale e sociale. Oltre a Massimiliano Porcelli, presidente di entrambi i sodalizi sportivi, e Anna Giorgi, dirigente dell’Istituto scolastico, sono intervenuti Claudio Romano, presidente provinciale Fipav, Raffaele Imbrogno, professore di giochi sportivi presso l’ateneo Foro Italico di Roma, Massimiliano Di Maria, membro del consiglio regionale della Fip, Stefano Persichelli presidente regionale Fip e Flavio Tranquillo, giornalista e “voce” della Nba su Sky Sport. Un’ora di interessante confronto su un’iniziativa che non può e non deve essere inquadrata solo in un ambito sportivo: “Restiamo convinti che la risposta migliore a questa epoca di difficoltà e di cambiamenti – ha spiegato Massimiliano Porcelli – sia un deciso cambio di prospettiva e un approccio di tipo ‘comunitario’. Per questo motivo crediamo che la scuola possa rappresentare il più autorevole elemento di raccordo di un progetto plurisettoriale, che coinvolge nel giusto modo le associazioni sportive e non solo del territorio e che consenta alla stessa scuola di entrare a pieno titolo nelle loro dinamiche educative”. Dello stesso avviso i rappresentanti provinciali e regionali delle due federazioni interessate, così come, in un discorso allargato anche all’ambito nazionale, hanno convenuto che di sfida sociale e culturale si tratta, anche Raffaele Imbrogno e Flavio Tranquillo nei rispettivi interventi. Da settembre, alla ripresa delle attività agonistiche, le due società sportive cambieranno nome: si chiameranno rispettivamente ISISS “Pacifici e De Magistris” Basket e ISISS “Pacifici e Magistris” Pallavolo e, come nei college americani, svolgeranno le proprie attività all’interno dello stesso Istituto. L’intervento prevede inoltre: la condivisione dei principi educativi, l’avvio di corsi per ufficiali di campo, arbitri e dirigenti, la realizzazione di un Centro di educazione al benessere, l’apertura di uno Sportello d’ascolto per adolescenti e famiglie e l’organizzazione di grandi eventi per lo sport. Alla fine della presentazione del progetto, è intervenuta Anna Giorgi che, dopo aver ringraziato le due società sportive per la disponibilità e la sensibilità dimostrata, a nome della scuola, si è detta pronta a raccogliere la sfida, anche sotto il profilo “strutturale”, mettendo a disposizione risorse e capacità gestionali affinché il coinvolgimento sia sempre maggiore e si possa arrivare ad ottenere un vero e proprio polo sportivo, non nascondendo l’ambizione di inserire all’interno degli indirizzi dell’Istituto o anche il Liceo Sportivo, che permetterebbe di ragionare a medio-lungo termine su tante altre iniziative.
Il gruppo Biancoleone di Sezze, nello spirito di collaborazione, ha inviato una lettera al commissario prefettizio Raffaele Bonanno relativamente alla rigenerazione urbana citata nel DM del 2 aprile 2021. E lo fa proprio per evitare che il Comune di Sezze perda altri finanziamenti come avvenuto nel passato. Il Ministero dell’Interno ha stanziato complessivamente 8,5 miliardi di euro che dal 2021 al 2034 riguardano la manutenzione e il riuso di aree ed edifici pubblici. Entro il 4 giugno 2021 tutte le richieste devono essere redatte ed inviate. “Il comune di Sezze - si legge nella nota firmata da Serafino Di Palma e Paride Martella – può presentare richieste di contributo per 5 milioni di euro per singole opere o insiemi coordinati di interventi, anche per l’elenco delle opere incompiute. Il Gruppo Biancoleone ritiene che ai fini della legislazione sulla rigenerazione urbana possono essere messe a finanziamento le seguenti opere: Monastero delle Clarisse, Anfiteatro di Sezze, palazzo Comunale, Casale Parco dell’Anfiteatro, Palazzo Rappini, palazzo Pitti”.
Amo la mia città e sono orgoglioso delle mie radici.
Sezze è terra ricca di storia, di una cultura millenaria e dalla identità forte, è abitata da persone laboriose e tenaci, dai valori solidi e radicati, è capace di accoglienza, generosità e solidarietà straordinarie. Nessuno da noi è considerato straniero, diverso e fatto sentire persona non gradita. Alla diffidenza iniziale, inevitabile in una piccola comunità dove tutti si conoscono, cede subito il passo un sentimento autentico di condivisione, rispetto e inclusione. Campanilismo, grettezza, spocchia e preconcetti ci sono estranei, non ci appartengono contrariamente a quanto si potrebbe pensare a prima vista. L’essere distesa su una collina dei primi contrafforti dei Monti Lepini, con alle spalle la cima aspra del Semprevisa e affacciata sulla piana sterminata che si spinge verso il mare e si perde nell’infinito dell’orizzonte, rende Sezze e i suoi abitanti capaci di sguardi lunghi che superano le piccolezze e oltrepassano il contingente, soprattutto li fa amanti ostinati della libertà, refrattari a vincoli, catene e costrizioni di qualsivoglia genere.
Nella nostra lunga storia non abbiamo conosciuto signori e feudatari e, a causa della nostra indole ribelle, anarchica e libertaria, siamo sempre stati un libero comune, guardati con sospetto ma anche rispettati dal Papa Re, resistenti al totalitarismo fascista, la più grande sciagura del secolo scorso che sangue e distruzione ha seminato in Italia. Durante l’occupazione nazista abbiamo difeso i nostri concittadini di religione ebraica, li abbiamo nascosti rischiando personalmente, ma nessuno di loro è finito nei campi di sterminio.
Possediamo l’originalità di un dialetto che per noi è lingua, identità e appartenenza, ricco di suoni e sfumature, di modi di dire dall’immediata efficacia espressiva, trasudante vissuti ed esperienze, forgiato nella fornace di una quotidianità fatta di lavoro duro e di voglia di riscatto.
Siamo fieri di aver dato i natali a donne e uomini illustri, artisti, santi e intellettuali, i quali hanno lasciato l’impronta forte del loro passaggio non soltanto negli annali della storia locale e anche oggi siamo patria di eccellenze in diversi campi.
Possediamo uno straordinario passato, soprattutto possiamo contare su un presente ricco di valori ed opportunità. Tuttavia non siamo e soprattutto non ci consideriamo una comunità perfetta, tutt’altro. Compiacerci in una sterile autoreferenzialità ci è estraneo. Abbiamo tantissimi difetti, alcuni inqualificabili e imperdonabili, limiti gravissimi e i nostri più inflessibili e feroci critici siamo da sempre noi stessi. Insomma non siamo esenti dalle miserie umane e nella nostra comunità, accanto alla stragrande maggioranza di uomini e donne serie e oneste, vivono persone di cui ogni città o borgo farebbe volentieri a meno, esempi riprovevoli di una umanità storta, anche se purtroppo inevitabile. Costoro non ci rappresentano, non ne siamo fieri, soprattutto conviverci ci costa parecchio. Pur rigettandone azioni, scelte e contegni, non ne sconfessiamo l’esistenza, non fingiamo con grandissima e becera ipocrisia che non fanno pienamente parte di noi, non li nascondiamo come la polvere sotto il tappeto, anzi li combattiamo per quello che possiamo e ci compete a viso aperto.
Le recenti vicende giudiziarie hanno toccato nel profondo Sezze, lasciandola stordita, esterrefatta e incredula. Avremmo preferito guadagnarci l’onore delle cronache per le nostre pregevolezze e certamente non per vicende abiette, rispetto alle quali proviamo unicamente sentimenti di rabbia, rifiuto e condanna. La nostra è una terra aspra e siamo abituati alle difficoltà, perciò non conosciamo remissività e rassegnazione, anzi proprio nelle contrarietà siamo capaci di dare il meglio di noi stessi e di dimostrare una straordinaria capacità di riscatto.
È per questo motivo che non hanno fatto bene i conti quanti, approfittando di eventi inqualificabili e disdicevoli, di condotte delinquenziali emerse grazie all’azione meritoria della magistratura, invero per nulla diverse da quelle avvenute in tanti altri luoghi, pensano di umiliarci, di additarci al pubblico ludibrio, di dipingerci come un covo di dannati, di delinquenti dediti alle peggiori turpitudini, una comunità omertosa e addirittura mafiosa, ricorrendo a ricostruzioni distorte, senza alcun riscontro e in alcuni casi perfino contrastanti con le risultanze degli atti giudiziari. Non basta paludarsi con il manto di campioni dell’informazione per nascondere le finalità perseguite, assai distanti dal raccontare la verità. Amo scrivere e ritengo l’informazione un baluardo della democrazia, da difendere ad ogni costo, sempre e comunque, ma consentimi di dire con estrema franchezza che il giornalismo è altro dal fare illazioni, allusioni e pettegolezzi, ha ben altro spessore qualitativo. Esempi luminosi di professionalità cui ispirarsi e da cui imparare ce ne sono tanti e di altissimo profilo. I monologhi da predicatori fanatici, il non prevedere un minimo di contraddittorio, l’esclusione aprioristica di voci altre e dissenzienti rispetto alla vulgata propinata, l’apostrofare con epiteti irridenti e offensivi quanti osano criticare, paventare l’intervento di polizia e magistratura brandendolo come una clava per zittire, la gogna mediatica a cui tanti sono stati esposti per giorni immotivatamente o comunque in base a letture parziali delle carte processuali, la non comprensione di alcuni passaggi procedurali del lavoro della magistratura raccontano una approssimazione e un qualunquismo al limite del grottesco.
Nessuno vuole qui difendere chi ha sbagliato, chi ha violato la legge o si è dimostrato inadeguato per superficialità, incapacità e incompetenza. Lungi da me una anche solo pensarlo. Ognuno dovrà rispondere delle proprie responsabilità e pagare il fio per i propri errori, ove verrà accertato che ne ha commessi: è la legge e la giustizia e non ci possono e devono essere sconti o alternative. Tuttavia trascinare nel fango una intera comunità, non avere remore di sorta a sacrificare l’onore e la reputazione fosse anche di una sola persona innocente è qualcosa di eticamente e moralmente riprovevole. Pensare di costruire le proprie fortune sul dileggio degli altri è barbarie.
Se mentalità aperta e tolleranza ci contraddistinguono, non si deve commettere l’errore di credere che siamo disponibili a restare inerti di fronte a simili affronti.
Sicuramente offrirò il fianco a critiche di ogni sorta, sarò destinatario degli strali infuocati dei soliti benpensanti, detentori esclusivi della moralità, correrò il rischio di essere esposto anche io alla gogna mediatica, magari da parte di quanti si fanno forti di posizioni e ruoli. Poco importa.
Sono convinto che solo la verità ci rende liberi.
5,3 mln per la RSA a Sezze: una grande opportunità
Scritto da Vincenzo Mattei
Non deve passare in sordina la delibera della ASL di Latina n. 515 dell’11 maggio 2021, approvata con il parere favorevole del Nucleo di Valutazione della Regione Lazio. Con essa si approva lo stato di fattibilità tecnica ed economica per realizzare la RSA presso l'Ospedale di Sezze e vengono stanziati ben 5,3 milioni di euro. Non sono poca cosa ma un grosso investimento dovuto all' impegno assunto e sostenuto con determinazione dal consigliere regionale on. Salvatore La Penna. Le RSA nascono in Italia a metà degli anni '90, come strutture non ospedaliere a carattere sanitario, per ospitare per un certo periodo o, in caso di bisogno, per sempre le persone anziane non autosufficienti, bisognose di cure specifiche da parte di medici specialisti. Esse, infatti, assicurano assistenza infermieristica h.24; la presenza di esperti socio-sanitari per consentire ai pazienti lo svolgimento delle attività quotidiane; l’assistenza riabilitativa ad opera di psicologi, fisioterapisti, educatori professionali; le attività di animazione e di socializzazione; i servizi di ristorazione, di pulizia personale e di lavanderia. L'assistenza medica è garantita da un Direttore sanitario, preferibilmente geriatra. Si tratta, dunque, di una struttura basata su princìpi innovativi e inclusivi, aperta al territorio, con il coinvolgimento delle famiglie e dotata di spazi accessibili anche a utenti esterni. Una opportunità non più rinviabile per consentire una vita serena e dignitosa a una fascia sempre più numerosa di persone, che, dopo i sessanta anni, si sentono soli, abbandonati e privi delle cure necessarie. La società moderna, purtroppo, considera gli anziani un peso e un fardello inutile e improduttivo e molto spesso non si cura di loro. Sezze ha una lunga tradizione nella cura e nella assistenza agli anziani. L'anziano è stato sempre al centro dell'attenzione e dell'intervento della Amministrazioni comunali che si sono succedute nei decenni passati. Chi non ricorda il vecchio Ospizio in fondo al viale dei Cappuccini? Chi non ricorda il loro trasferimento nella Divisione ospedaliera di Geriatria, presso i locali del vecchio Orfanotrofio, sempre in via dei Cappuccini, grazie alla mobilitazione della comunità locale? Sarebbe opportuno che i nostri giovani venissero a conoscenza di questa tradizione antica e nobile, fatta di sensibilità e solidarietà profondamente radicata nell'animo dei sezzesi. Allora la Divisione di Geriatria era oggetto di ammirazione e di esempio per tutta la Regione Lazio! L'approvazione dello studio di fattibilità da parte della ASL è soltanto un primo passo, ma molto importante, per la realizzazione della RSA. Come in tutte le vicende umane, adesso occorre impegno, capacità e passione civile per portare a termine e realizzare in tempi brevi tale opera.
Il Circolo del Partito Democratico di Sezze prende parola in merito agli ultimi fatti di cronaca che hanno colpito la comunità di Sezze.
Ecco il comunicato stampa del partito guidato dal segretario Daniele Marchetti.
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Le vicende giudiziarie che hanno investito la nostra comunità cittadina in queste settimane, raccontano uno spaccato assai preoccupante ed articolato, di fronte al quale tutti siamo chiamati ad interrogarci e ad assumere posizioni forti ed inequivocabili.
Il Partito Democratico condanna con fermezza e senza appello ogni forma di illegalità, di violenza, di violazione delle regole essenziali dell’amministrazione pubblica e della civile convivenza. Siamo come sempre fermamente a fianco delle Forze dell’Ordine e della magistratura, cui soltanto spetta il compito di accertare i fatti, le responsabilità e di sanzionare le condotte illecite.
I noti atti non incarnano assolutamente l’autentico sentire e modo di essere dei cittadini di Sezze e pertanto respingiamo con forza le generalizzazioni, le strumentalizzazioni e le forzature con le quali, da più parti, si sta tentando di gettare discredito su una intera città e sulla nostra comunità.
La nostra è una comunità laboriosa e solidale, accogliente e rispettosa delle persone, capace di grande generosità e spirito di servizio, intessuta di valori forti e di specchiato rigore etico-morale. In questi anni il tessuto sociale comunitario ha subito profonde trasformazioni, sia dal punto di vista sociale che economico, su cui è necessaria una approfondita ed articolata riflessione; ma la nostra identità non è venuta mai meno così come la consapevolezza della nostra storia, basi fondamentali per affrontare e vincere le sfide del futuro.
È aumentata la domanda di tutela dei cittadini e di più elevati standard di sicurezza, a cui le amministrazioni di centrosinistra hanno cercato di dare adeguate risposte. A differenza di quanti hanno solo alimentato strumentalmente le paure delle persone, negli ultimi anni sono state messe in campo azioni concrete, chiedendo alle istituzioni competenti e alle istituzioni politiche, una maggiore attenzione al nostro territorio, con atti formali anche dello stesso Consiglio Comunale.
L’auspicio è che nelle prossime settimane vi sia la possibilità di una discussione articolata, rigorosa ma serena e scevra da strumentalizzazioni politiche sui fatti che hanno toccato la nostra comunità per il bene della democrazia e nell’interesse di tutti i cittadini.
A 200 anni dalla morte di Napoleone Bonaparte, avvenuta il 5 maggio 1821 sull’isola di Sant’Elena, il mondo delle istituzioni culturali ha dato inizio a un ciclo di eventi per celebrare il grande Imperatore dei Francesi. Con l’occasione, la classe IVB Cucina, dell’Istituto Alberghiero di Sezze, durante le ore di Storia, ha potuto approfondire alcuni aspetti inediti della vita di Napoleone attingendo ai recenti studi pubblicati per il Bicentenario, che hanno rivelato fatti poco noti della vita di Bonaparte. La scoperta di aneddoti sui suoi lussuosi banchetti parigini e le ricette in voga nella sua corte hanno fatto il resto. L’idea di riproporre un menu d’epoca, con piatti amati dall’Imperatore, ha portato gli alunni a immaginare di essere parte della Brigata di Cucina dello Chef de Cuisine Bailly e dello Chef Pâtissier Vicair. Gli alunni, basandosi su ricette originali, hanno riprodotto così un banchetto parigino immaginato presso il Giardino delle Tuileries e indetto per la celebrazione della Battaglia delle Piramidi, che ha consentito loro di immergersi anche nell’epopea della Campagna d’Egitto e delle scoperte sensazionali della Commission des Sciences et des Arts. Hanno riprodotto così la Stele di Rosetta e le Piramidi in pasta di zucchero dando vita a un progetto interdisciplinare che ha visto coinvolte diverse discipline tra l’entusiasmo e l’emozione degli alunni, del corpo docente e della Dirigente Scolastica.
In una nota il consigliere regionale Salvatore La Penna annuncia l'approvazione di uno studio di fattibilità per la realizzazione di una RSA presso l'ex nosocomio San Carlo di Sezze.
Ecco la nota di Salvatore La Penna
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Con la delibera 515 dell’11 Maggio la Asl di Latina ha approvato lo Studio di Fattibilità Tecnica ed Economica delle attività edili ed impiantistiche propedeutiche alla realizzazione e attivazione della Residenza Sanitaria Assistenziale presso l’immobile dell’ex Ospedale di Sezze. Il costo complessivo del finanziamento è pari a 5,3 milioni di euro, con parere favorevole espresso dal Nucleo di Valutazione Regionale. Questo passaggio importante è frutto del lavoro sinergico fra territorio, Asl e Regione Lazio. Per la struttura ospedaliera di Sezze il cospicuo finanziamento può rappresentare una grande opportunità di ricostruzione, riattivazione e rilancio, insieme al potenziamento dei servizi della Casa della Salute. Continueremo nei prossimi mesi ad impegnarci affinché questo ed altri importanti obiettivi già programmati per il nostro territorio, su cui abbiamo lavorato con determinazione, si concretizzino in breve tempo.
Salvatore La Penna
“Rimettiamoci tutti a fare con semplicità il nostro dovere. Chi ha da studiare, studi. Chi ha da insegnare, insegni. Chi ha da lavorare, lavori. Chi ha da combattere, combatta. Chi ha da fare politica attiva, la faccia, con la stessa semplicità di cuore con la quale si fa ogni lavoro quotidiano. Madri e padri attendano a educare i loro figlioli. E nessuno pretenda di fare meglio di questo, perché questo è veramente amare la Patria e l’umanità” (Aldo Moro)
Queste parole, pronunciate da Aldo Moro nel 1944 e rivolte ad una Italia ridotta in macerie, materiali e morali, dalla dittatura e dagli orrori della guerra nazifascista, possiedono un’attualità straordinaria, sembrano scritte per questo nostro tempo in cui la pandemia ha stravolto le nostre esistenze e messo in discussione le nostre certezze, sono uno sprone a non perdere la fiducia e la speranza anche quando le difficoltà paiono soverchiarci e travolgerci, ad assumerci la responsabilità, personale e collettiva, di farci protagonisti del destino comune attraverso i piccoli gesti della quotidianità, artefici di un tutto che ognuno di noi deve concorrere a costruire. L’impegno e la determinazione delle donne e degli uomini che in quel frangente storico si cimentarono nell’impresa difficile di ricostruire il tessuto sociale, culturale ed economico del nostro paese, di restituire all’Italia la dignità e il giusto ruolo tra le nazioni sono un modello a cui guardare ed ispirarci. Indiscutibilmente nel nostro presente avvertiamo un limite importante, l’assenza di figure alte di riferimento, di apprezzata e riconosciuta autorevolezza e caratura politica, etica e morale, capaci di proporsi come guide della comunità per l’autenticità dei valori democratici professati, il forte senso delle istituzioni e il perseguimento esclusivo del bene comune.
Figure come quella di Aldo Moro, le sue profonde convinzioni cristiane, il suo senso della laicità dello stato, le sue intuizioni politiche che ne hanno caratterizzato il lungo impegno nelle istituzioni a partire dall’Assemblea Costituente, la sua intelligenza e acutezza nel saper anticipare e comprendere le evoluzioni e le trasformazioni socio-culturali in atto nel corpo vivo della nazione, la sua capacità di approntare risposte e mettere in campo strumenti e soluzioni strategiche per governarle al meglio e indirizzarle al perseguimento degli interessi generali, possono e devono rappresentare un punto di riferimento fondamentale, un patrimonio importantissimo di idealità e valori cui attingere, una lezione etica e politica permanente e insuperata, anche e soprattutto a livello metodologico, per costruire insieme l’Italia del futuro.
Purtroppo intere generazioni conoscono Aldo Moro unicamente per la strage di via Fani, il suo sequestro ad opera delle Brigate Rosse, i terribili 55 giorni della prigionia, le foto che lo ritraggono con la stella a cinque punte alle spalle, il ritrovamento del suo corpo nella Renault 5 in via Caetani, a due passi dalla sede del PCI in via delle Botteghe Oscure e della Democrazia Cristiana in Piazza del Gesù, e non per essere stato uno dei più grandi statisti italiani. Il suo martirio per mano brigatista lo rese un personaggio popolare ed emblematico, come mai era stato negli anni precedenti, quando veniva presentato come un fumoso ideologo democristiano, dal linguaggio involuto, attento agli equilibri tra le correnti per tenere insieme il composito partito di cui faceva parte sin dalla fondazione. Aldo Moro invece è stato uno dei pochissimi politici dotati di autentica visione strategica, portatore di un progetto democratico e sociale che partiva da una analisi realistica della società italiana, destinato a svilupparsi lungo interi decenni e finalizzato al progressivo allargamento della base sociale dello Stato, mediante il coinvolgimento di strati sempre più ampi di cittadini nel governo del Paese. Nella sua elaborazione culturale e politica Aldo Moro è stato sempre attento a muoversi nel solco della storia che è in divenire e non si è mai lasciato irretire dall’illusione di poterla piegare e assoggettare a ideologie e progettualità astratte. Il rafforzamento delle istituzioni democratiche, il governare la modernizzazione e l’accompagnare le trasformazioni, aiutando la società su cui erano destinate ad incidere a metabolizzarle, sono state la cifra qualificante la sua azione politica. Aldo Moro è stato il paziente costruttore delle condizioni per la partecipazione prima dei socialisti e successivamente, con la terza fase e le cosiddette “convergenze parallele”, dell’inclusione nell’area di governo del PCI. Un passaggio questo che riteneva assolutamente necessario per non disperdere una risorsa essenziale della democrazia italiana, cioè la sua articolazione in maturi partiti di massa capaci di modulare, formare ed indirizzare l’opinione pubblica in una matura democrazia dell’alternanza. Nella sua visione dovevano coesistere momenti di unità nazionale per evitare ai partiti di arrendersi alle sirene del populismo e momenti di competizione e di alternanza al potere, in modo così da favorire il ricambio della classe dirigente e il coinvolgimento di nuove energie provenienti dalla società civile.
La frase di Aldo Moro: “datemi un milione di voti e toglietemi un atomo di verità e io sarò perdente” sintetizza la sua visione della politica e il grande rigore morale che ha sempre contraddistinto il suo impegno nelle istituzioni e all’interno del suo partito, non solo nella elaborazione teorica di possibili scenari futuri, ma anche e soprattutto nella gestione concreta del potere, quando è stato chiamato a ricoprire incarichi e responsabilità di governo. La distanza che separa questa sua concezione del governo del paese, improntata al ragionamento e alla verità, da larga parte della politica odierna è abissale. Inseguire e conquistare un consenso elettorale sempre più ampio, ma non essere portatori nemmeno di un atomo di verità, cioè di un minimo di visione del futuro del paese, rimanere schiacciati sul presente, adagiarsi sull’esistente e non essere in grado di avanzare proposte coraggiose e autentiche di cambiamento, rende il consenso conquistato perfettamente inutile e perdenti quanti lo hanno ottenuto.
Aldo Moro è stato uno dei più grandi protagonisti di una lunga fase della storia dell’Italia repubblicana, nella quale la politica era veramente capace di rappresentare la società e nell’interpretazione della complessità, nel dialogo rispettoso della pluralità e della diversità, nell’inclusione e nella progettualità partecipata ricercava le ragioni dello stare insieme tra cittadini.
Altro...
Nell’anno 2005 veniva presentato presso il Consorzio Industriale Roma Latina il progetto esecutivo per la realizzazione di una pista ciclabile lunga 50 chilometri che partendo da Velletri terminava il suo percorso fino a Sonnino attraversando diversi comuni del comprensorio dei Monti Lepini. Protagonisti di questo progetto furono la Regione Lazio e la Comunità Montana nonché i comuni interessati dall’attraversamento della pista ciclabile. Il movimento Impronta Setina ne ricorda l'iter per chi non avesse memoria, considerando che si trattava di un progetto che partiva da un’idea della primavera del 2000 proprio dal Comune di Sezze (per il tratto interessato dal proprio territorio).
L'ITER DEL PROGETTO DAL 2000
“A capo di tale iniziativa troviamo Di Palma, presidente della commissione assetto del Territorio, che, grazie alla collaborazione dell’allora assessore all’Urbanistica, Ing. Spadini, ed al presidente della commissione settori produttivi, Ceccano, portò all’attenzione del consiglio comunale setino tale proposta; proposta che veniva recepita e così accolta dal consiglio comunale (Sindaco Siddera). In particolare, in data 28 aprile 2001, il Comune di Sezze presentava alla Regione Lazio delle schede progettuali con richiesta di finanziamento e chiedeva alla Ferrovie dello Stato S.p.A. l’autorizzazione all’uso del sedime ferroviario per la realizzazione del progetto. Sul fine del 2001, del progetto del Comune di Sezze, avviato su iniziativa del consigliere Di Palma, si interessò la Comunità Montana con l’intento di coordinare un progetto intercomunale per percorsi turistici, enogastronomici e piste ciclabili con riuso di sedi ferroviarie, caselli, manufatti e immobili nel tratto di sedime ferroviario in disuso ex linea Velletri – Terracina e aree limitrofe. In particolare, la Comunità Montana prendendo atto che già da parte di alcuni Comuni erano avviate specifiche iniziative per la progettazione di piste ciclabili su sedime ferroviario linea dismessa Velletri – Terracina proponeva una collaborazione agli stessi per la elaborazione di una progettazione coordinata da presentare possibilmente in modo uniforme a valere su fondi CEE (Agenda 2000) ovvero su fondi nazionali e regionali, cofinanziamenti da parte di Enti Locali e finanziamenti privati (“progetto intercomunale”). Il primo impegno del coordinamento creato era quello di definire, anche in ragione dei progetti già elaborati dai Comuni di Sezze, Priverno, Sermoneta e Sonnino, uno schema di percorso che, oltre al tratto ferroviario, comprendesse raccordi con strade rurali, sentieri, argini di canali e fiumi, in modo di poter realizzare un tracciato sicuro e protetto. Il punto di forza in quel momento è che non si partiva da zero ma da una progettazione assai avanzata da parte di molti Comuni (in primis Sezze) che avevano già peraltro presentato alla Regione Lazio le proprie richieste di finanziamento. Diverse furono le iniziative prese al tempo per il coordinamento operativo, programmazione e progettazione nonché per l’individuazione delle fonti di finanziamento locali, provinciali, regionali, nazionali e comunitari. Nel mese di giugno dell’anno 2001, la Comunità Montana dei Monti Lepini, con domanda di finanziamento a valere sul fondo regionale per la progettazione, richiede il finanziamento alla Regione Lazio.“- La pista ciclabile interesserà i Comuni di Velletri – Cisterna – Cori – Sermoneta – Sezze – Priverno – Sonnino. La pista nascerà sul sedime della linea ferroviaria in disuso tratta Velletri – Priverno. La pista avrà una dimensione di circa 60 km. di lunghezza e tra i 3 e 4 mt. di larghezza; - Costo complessivo £ 1.188.721.121” Nell’anno 2003, la Regione Lazio determinava di “impegnare sul capitolo n. C12503 – esercizio finanziario 2003, la spesa di € 439.615,46 in favore della Comunità Montana dei Monti Lepini, quale contributo regionale per la redazione del progetto preliminare, definitivo ed esecutivo denominato “Pista ciclabile Velletri – Priverno” – cfr. determinazione n. B2378 del 30.10.2003. Tutto quindi iniziò nell’anno 2000, grazie all’iniziativa di alcuni esponenti politici locali che, già a quel tempo, furono lungimiranti ed acuti nel comprendere l’importanza della valorizzazione del nostro territorio comunale".
Un vecchio articolo che parlava dell'iniziativa
LA SITUAZIONE ATTUALE
Nonostante l’iter amministrativo avviato per la realizzazione dell’opera (sia a livello comunale che intercomunale), dal progetto non si è mai passati alla sua effettiva realizzazione seppure, inoltre, furono diverse le occasioni; per quanto riguarda il progetto di Sezze, questo veniva, perfino, riportato nell’atlante nazionale di Trenitalia ed il Comune di Sezze, in accordo con la Direzione distrettuale delle Ferrovie dello Stato, ottenne i dati catastali della proprietà demaniale di competenza F.S.. Per ragioni di varia natura non si riuscì, infatti, a dare corpo alle aspettative del territorio (problemi per il coordinamento dei diversi Comuni e delle diverse scelte politiche locali orientate verso ben altri obiettivi – vincoli ambientali e terreni da espropriare su alcuni tratti interessati dal progetto intercomunale, ad eccezione per il tratto di Sezze) tanto che ad oggi il progetto è inserito, ad esempio, nel “Contratto di Fiume” sottoscritto da tutti i Comuni interessati. Conseguentemente, per Sezze, che aveva già avviato il suo progetto nell’anno 2000, il tratto interessato (ex S.S. 156 Monti Lepini) è rimasto come tale finanche ad essere abbandonato al totale degrado con l’apertura del nuovo tratto di strada della S.R. 156 Monti Lepini.
Rifiuti abbandonati sul tratto interessato
NEL 2018 LA PROPOSTA DI IMPRONTA SETINA
"La nostra proposta - leggiamo nella nota - è stata accolta con particolare favore dai cittadini tanto che la stessa è stata peraltro accompagnata da una petizione popolare sottoscritta e protocollata al Comune di Sezze in data 31.05.2018. Da quella data ci stiamo attivando per rendere effettivamente realizzabile l’idea. Il tracciato che il nostro progetto propone, tiene conto del rispetto, il più possibile, dell’esistente e della rivalutazione di un’area, arricchendola e mettendola a disposizione della comunità intera. L’intervento è stato pensato ed orientato alle scelte quasi obbligate del tracciato facendo uso, per la sua quasi totalità, di aree del demanio pubblico (ramo Ferrovie e Acque pubbliche), delle opere esistenti quali, la sponda del fosso Brivolco, i tronchi stradali dismessi, la vecchia sede della ferrovia a binario unico, Velletri - Terracina. Con gli Enti proprietari si dovrà provvedere alla stipula di accordi di programma non gravosi per nessun ente, tanto meno che per il Comune di Sezze. Il percorso, per una lunghezza di circa Km. 4+700, interessa la sponda in sinistra del Fosso Brivolco dalla Migliara 45, al Cavalcavia realizzato in località denominata Cesarini, quindi attraversando la viabilità ordinaria, Via Veneto, si collega con il tratto della vecchia sede ferroviaria abbandonata, denominata ex ferrovia Velletri – Terracina. Tratto ferroviario interessato dall’altezza del Lago Mole Muti, alla località denominata Pantaniglio. Con questi presupposti intendiamo avviare da subito un confronto con il Comune di Sezze (con il Commissario, un domani con il futuro Sindaco eletto) nonché cooperare con tutti coloro che interessati (persone, associazioni e politici del territorio senza alcuna distinzione di appartenenza politica) volessero offrire il proprio contributo per rivitalizzare ed aggiornare il nostro progetto (magari anche riprendendo il progetto avvitato dal Comune di Sezze nell’anno 2000) proponendo così nuove e originali idee per valorizzare il nostro territorio con l’effettiva cantierizzazione di una pista ciclopedonale nel vecchio tratto dell’ex S.S. 156 Monti Lepini; convinti che tale iniziativa sia il modo migliore per risaltare quanto offerto dal nostro territorio (siti naturalistici: Lago Mole Muti; siti archeologici/storici: Monumento Naturale Orme di Dinosauro – sito archeologico “Le Grotte) e creare finalmente i presupposti per poter offrire un itinerario fruibile da tutti (sportivi e famiglie) ed anche turistico, agevolato dalla vicinanza della stazione di scalo della linea ferroviaria Roma – Napoli. Iniziamo a recuperare le aree del nostro Paese ed il resto verrà da sé".
Il progetto di Impronta Setina
Momenti di panico a Sezze lungo Viale Guglielmo Marconi a causa di una macchina in fiamme. L'auto, una mercedes classe A, in sosta provvisoria davanti un esercizio commerciale, ha preso improvvisamente fuoco nel motore davanti agli occhi del proprietario, probabilmente per un cortocircuito. Sul posto gli agenti della Polizia Locale.
Riceviamo e pubblichiamo l'ultimo comunicato stampa del Comitato Belvedere-Murodellatèra con il quale si annuncia la fine delle attività dello stesso comitato spontaneo nato all'indomani dell'inizio dei lavori (maggo 2019).
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Finalmente è stato rimosso il cantiere dal Belvedere di S. Maria ed è stato ripristinato lo stato dei luoghi al Murodellatèra a Sezze.
Al termine di una storia troppo lunga (2 anni!!!) che si è rivelata anomala e sbagliata fin dall’inizio, dopo fiumi di parole e di inchiostro che non hanno bisogno di altri commenti, oggi si è chiusa una vicenda che ha intrattenuto e interessato la cittadinanza, dividendola anche in fazioni. Dopo lettere, articoli di stampa, comunicati e commenti social, incontri preliminari riservati, dibattiti pubblici, annunci, un consiglio comunale dedicato, question time, colloqui riservati, silenzi ostinati, trattative varie, ricorsi al TAR e al Consiglio di Stato, sentenze, conferenze dei servizi, delibere e determine comunali, da domani chiunque potrà tornare ad affacciarsi dal Murodellatèra liberato.
Premessa: non ha vinto nessuno, ha perso la città.
Non è questo il momento di festeggiamenti o del redde rationem.
Ci teniamo a premettere che non ci sentiamo certo i vincitori; siamo nati d’impulso, dopo aver visto il cantiere con la grande buca e letto le prime carte, a difesa di un luogo. Convinti fin da subito della irregolarità dell’iter tecnico-amministrativo intrapreso, abbiamo cercato di informare la cittadinanza di cosa stava succedendo a due passi dalla Cattedrale e di convincere gli amministratori a desistere dal progetto.
Non è stata una battaglia “contro” qualcuno, tantomeno contro il Santo Patrono, come provocatoriamente si è voluto far credere. Come abbiamo sempre detto, non c’entra la Fede o direttamente la religione in questa vicenda, per questo Comitato si è trattato esclusivamente di esercitare un diritto-dovere individuale e collettivo di cittadinanza, di battersi civilmente (senza mai ricorrere ad atti fuori legge o ricorsi giudiziari) per la conservazione di un Bene pubblico paesaggistico unico nel suo genere, in pieno centro storico.
Ci teniamo a ringraziare tutti coloro che hanno sostenuto la nostra attività e che fattivamente si sono spesi, ognuno per quanto possibile (anche alcuni amministratori e tecnici comunali), per evitare un nuovo scempio urbanistico nel cuore di Sezze.
Speriamo vivamente che per tutti questa vicenda sia stata da insegnamento, soprattutto per le future Amministrazioni, al fine di evitare di ripetere l’errore di non ascoltare la popolazione prima di intraprendere progetti ad alto impatto sul territorio, ovviamente dopo aver ben valutato la fattibilità ai sensi delle normative vigenti, senza scorciatoie o interpretazioni sui generis.
Oggi stesso il Comitato Belvedere si scioglierà, anche con un po’ di tristezza perché si chiude un lungo periodo che ci ha uniti per un obiettivo comune e perché non sono più qui con noi a vedere il positivo finale due dei primi iscritti e sostenitori dell’iniziativa (Grazie Sergio B. e Antonio C.). Abbiamo subito duri attacchi, anche rivolti alle singole persone, che si sono rivelati però frutto di pregiudizi e di valutazioni non fondate, qualcuno ha provato anche a giocare sporco per intimidirci, ma non ci ha spaventato. Si conclude un percorso unitario, faticoso e costante, in cui non sono mancate differenze di vedute sulle iniziative da intraprendere, da domani ognuno tornerà ad essere normale cittadino, convinto di aver agito esclusivamente per tutelare un Bene pubblico amato dai sezzesi, che continuerà ad essere di tutti e di nessuno in particolare.
Siamo d’accordo nel lanciare un’ultima iniziativa social rivolta ai cittadini, anche per evitare assembramenti pericolosi e non consoni al tempo di contagio pandemico che stiamo ancora vivendo ma per comunicare comunque sobriamente la gioia per la restituzione del Murodellatèra: invitiamo tutti, una volta completati i lavori di ripristino, a scattare una fotografia o girare un breve video al Belvedere (al tramonto, in coppia, dandosi un bacio, con i figli, recitando una poesia, lanciando il turapitto o giocando a zuppì ecc.) e a condividerla sui social associandola al seguente hastag #belvederefinalmentelibero.
Tra i paradossi più noti del pensiero contemporaneo vi è certamente quello proposto dal filosofo austriaco Karl Popper nella sua celebre opera, La società aperta e i suoi nemici, quando afferma che una società aperta, tollerante, deve imporre un limite alla sua stessa tolleranza, pena la sua autodistruzione. La tolleranza infatti deve terminare laddove inizia la minaccia dell’intolleranza. Si tratta di un paradosso teoricamente inestricabile, che Popper però supera ricorrendo alla più pratica delle applicazioni democratiche. La soluzione che propone è nel bilanciamento tra i poteri dello Stato, nel suo sistema di pesi e contrappesi, nel ruolo della stampa, cane da guardia del potere, e nella società civile, libera di organizzarsi per contrastare le forze distruttive che provengono dal suo interno. Quando i contrappesi vengono messi in discussione dalle istanze degli intolleranti, la società aperta deve attivarsi per isolarli, ricorrendo non alla censura, ma sia a strumenti difensivi come gli istituti giudiziari, i reati di vilipendio, violenza o istigazione all’odio e alla discriminazione, sia a strumenti attivi quali l’educazione dei cittadini, la comprensione delle ragioni degli intolleranti e la loro riabilitazione ai principi del sistema democratico.
La cultura costituisce l’anima di una comunità, la identifica nella sua essenza, ispira con i suoi valori e dà sostanza alle regole giuridiche necessarie al vivere comune e alla tutela della specificità di ogni persona per impedire disparità, soprusi e emarginazioni e combattere l’intolleranza. L’Italia è il paese del diritto diluviante, delle norme a catinella, delle regolamentazioni fin nei dettagli. In Parlamento e nelle assemblee rappresentative gli eletti di ogni colore e schieramento si cimentano in leggi, leggine, commi e codicilli per raggiungere i fini più disparati, assai spesso particolaristici. Tuttavia quando si tratta di farsi carico di tutelare le minoranze, di fermare odi, fanatismi e discriminazioni e soprattutto di allargare l’area dei diritti e delle libertà, scatta quasi inesorabile nei valorosi rappresentanti dei cittadini una sorta di riflesso condizionato conformista, assistiamo a improvvide crisi di coscienza, si moltiplicano le pubbliche professioni di fede nei valori non negoziabili e in una morale invero spesso assai poco praticata, spuntano in ogni dove i paladini del diritto naturale e del presunto sentire comune, i quali non si fanno scrupolo di divenire così strumenti dell’intolleranza, negatori dei diritti altrui e con la loro ostilità, il loro cavillare da azzeccagarbugli e il loro ostruzionismo sfregiano i principi stessi della democrazia di cui a parole si dichiarano fedeli custodi. Ogni volta che una parte, fosse anche la maggioranza, si arroga la possibilità di limitare i diritti di gruppi, di singoli o della minoranza, non ci sarà libertà per nessuno. Una società non può definirsi liberale fintanto che non tutela i diritti di tutti e per dirla con Bakunin, spostandoci sul piano individuale: “Io non sono veramente libero che quando tutti gli esseri umani che mi circondano, uomini e donne, non sono ugualmente liberi”.
Il dibattito di queste settimane intorno alla proposta di legge del deputato Alessandro Zan per combattere l’omotransfobia e la discriminazione delle persone con disabilità, riproduce esattamente quanto descritto. In nome della libertà di parola e di opinione, alcuni eletti in Parlamento vanno legittimando l’intolleranza, negano il diritto delle persone di poter vivere liberamente il proprio essere e il proprio orientamento sessuale, qualificano la diversità come “deviante” e riducono l’identità di genere semplicemente all’atto sessuale. Poco importa che le persone hanno valore in sé, a prescindere da un bastone, da una protesi o da una carrozzina e che l’orientamento sessuale è qualcosa di molto più profondo, si lega a valori alti, non afferisce soltanto alla fisicità ma all’affettività nella sua complessità, al desiderio di compagnia nella propria vita, all’amare e all’essere amati, riguarda la persona da cui ci si sente attratti, assorbiti, alla quale si è portati a star vicino. Il momento in cui si avverte questo precede la riflessione o l’esperienza dell’atto sessuale e costituisce innanzitutto la presa di coscienza del proprio essere.
Pur con tutti i limiti derivanti dalla necessità di mediare tra diverse posizioni, la proposta di legge di Alessandro Zan è una soluzione equilibrata pur se perfettibile, marca un discrimine fondamentale tra la libera manifestazione del pensiero e l’affermazione invece di idee antidemocratiche, ignobili e brutali, che rivelano sentimenti di disprezzo e giungono all’istigazione all’odio, all’intolleranza, alla discriminazione e alla violenza. L’espressione delle proprie opinioni, come ad esempio la convinzione dell’esclusività del matrimonio eterosessuale, non viene affatto sanzionata in quanto discriminatoria verso altre forme di sessualità, idee di coppia o di famiglia. Nessun limite è posto al libero confronto. Tuttavia quando le parole e le opinioni diventano pietre per colpire l’altro, incitamento a compiere gesti violenti, a provocare conseguenze materiali tali da ledere i diritti e le libertà degli altri, vanno duramente represse e punite. Tale scelta è un atto di legittima difesa della società, le cui istituzioni devono garantire la più ampia possibilità di manifestare i propri convincimenti e al contempo tutelare da atti discriminatori le minoranze.
Le aggressioni fisiche e verbali, in questi ultimi anni moltiplicatesi soprattutto sui social, di cui sono vittime uomini e donne, ragazzi e ragazze in ragione della loro disabilità, del loro genere e del loro orientamento sessuale palesano l’assoluta necessità di prevedere specifiche fattispecie di reato. Le norme che oggi puniscono l’aggressione, la violenza e le lesioni sono troppo generiche e manifestamente insufficienti a perseguire in modo proporzionato i responsabili e a tutelare le vittime. Il ricorso semplicemente alle aggravanti previste dalla normativa vigente non è la soluzione. Se due ragazzi o due ragazze si baciano alla fermata della metropolitana non compiono alcun atto riprovevole o di cui vergognarsi. Scambiarsi un gesto di affetto non solo nulla toglie agli altri, ma arricchisce chi ha lo sguardo libero da pregiudizi. Essere derisi perché disabili è intollerabile, soprattutto è inammissibile fingere di non vedere che perfino dire “sei bellissima, nonostante la tua disabilità” rappresenta una microaggressione che offende e umilia la persona.
L’approvazione di questa proposta di legge è perciò un atto di civiltà, un passo importante per promuovere il principio costituzionalmente garantito dell’uguaglianza e della pari dignità delle persone (art. 3 Cost.), per riaffermare l’importanza del rispetto dell’individuo e dell’inclusione sociale, per combattere pregiudizi, discriminazioni e violenze motivati dalla disabilità, dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere.