Riceviamo e pubblichiamo la lettera del Comitato Murodellatèra. Domani si terrà il consiglio comunale sui lavori al Belvedere.
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"Il Comitato Belvedere di Sezze, auto-costituitosi nel maggio 2019 all’indomani dell’apertura del cantiere privato per il posizionamento di una statua privata di San Lidano al centro dello spazio del murodellatèra, si è battuto democraticamente in questo anno per evitare l’ennesimo scempio urbanistico che si stava perpetrando proprio nel cuore del centro storico del nostro paese, in Piazza Duomo. Quel cantiere è stato poi bloccato da un’ordinanza dell’Ufficio Tecnico Comunale del 21 maggio 2019. Da allora, il cantiere è chiuso, a limitare la fruizione completa del luogo alle persone. Domani 10 giugno il Consiglio Comunale sarà chiamato a prendere posizione e votare una proposta di delibera che viene descritta come risolutiva delle carenze tecniche e procedurali che avevano determinato la chiusura del cantiere e propedeutica alla ripresa dei lavori. Le voci di paese dicono che il privato possessore della statua di San Lidano abbia deciso di donarla al paese. Noi abbiamo raccontato in maniera chiara il nostro punto di vista in tutte le sedi, anche in confronti pubblici con il Sindaco. Noi abbiamo più volte precisato, e lo ribadiamo a voce alta, che non si tratta di essere a favore o contro la statua di S. Lidano. Noi siamo sorti a difesa della conservazione di quel luogo libero da ogni orpello, così com’è sempre stato, contrari solo al fatto che nel progetto originario, realizzato da un privato, sia stato scelto proprio quel luogo, così prezioso e centrale per tutti. La statua, se effettivamente donata, potrebbe essere posizionata in altre piazzette del paese, a scelta dell’Amministrazione. Ora però non è più il tempo delle chiacchiere, anche noi ne abbiamo fatte tante mentre altri non hanno proferito mai parola per provare a sanare la frattura che si è determinata nel paese. La parola passa adesso ai rappresentanti eletti democraticamente in Consiglio comunale, che dovranno ben valutare la proposta di delibera stilata dagli uffici competenti, con tutte le previsioni richiamate, e poi votarla con un Sì o con un No. Ci aspettiamo che la legittima posizione di ogni consigliere sia veramente libera, basata sulla base della lettura consapevole degli atti prodotti. Ognuno si prenda le proprie responsabilità, consapevoli però che non si tratta di essere a favore o contro la statua. Vi chiediamo di essere rispettosi delle vostre prerogative e della vostra sensibilità istituzionale, che ci auguriamo sappiano tener conto della normativa nazionale a tutela dei centri storici e dell’urbanistica della zona. Noi chiediamo a tutti i consiglieri, ricorrendo ai previsti regolamenti, di adoperarsi ancora per individuare ogni possibile soluzione alternativa che preveda il posizionamento della statua in qualunque altra piazzetta del paese, se è vero che la stessa è diventata ora di proprietà dell’Ente pubblico. Si eviterebbe così ogni ulteriore strascico, così da onorare degnamente il Santo patrono, ringraziare il privato cittadino del dono ricevuto e preservare il Belvedere da un ostacolo alla visuale sulla pianura, secondo noi, irregolare e deturpante, migliorabile in occasione dei necessari lavori di ripristino dell’area. Tenuto conto di alcune pretestuose polemiche sollevate in questo periodo, ci permettiamo di far notare che la pulizia e la messa in sicurezza della piazzetta Belvedere o l’eventuale realizzazione di una zona pedonale in Piazza Duomo, così da renderla meglio frequentabile e liberarla dalle troppe automobili parcheggiate, risultano essere materia ordinaria di gestione del territorio, quindi di stretta competenza del Sindaco. La bellezza e la fruizione completa della piazza della storica Cattedrale del nostro paese non sono, e non possono essere, dipendenti dalla presenza o no di una statua al Belvedere".
Una proposta interessante e utile, per una opportunità da non perdere, come solo sanno fare quei consiglieri che hanno il senso delle istituzioni, e che non guardano e pensano solo a curare il proprio orticello. I consiglieri comunali del Biancoleone hanno protocollato una lettera rivolta all’intero consiglio comunale per suggerire una “convenzione” riportata nell’ultimo decreto legge del Presidente del Consiglio dei Ministri a sostegno dell’economia, del lavoro e delle politiche sociali. “Nell’ambito di una leale cooperazione istituzionale – si legge nella lettera firmata da Serafino Di Palma, Paride Martella e Giovanni Moraldo – e considerato che l’amministrazione si è distratta sul posizionamento della statua di San Lidano, segnaliamo una importante opportunità. Il Mef e la Cdp hanno sottoscritto una convenzione prevista dall’articolo 115 del decreto rilancio che libera 12 miliardi di euro per il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione, ossia crediti vantati dalle aziende verso le amministrazioni locali. Dei 12 miliari messi a disposizione 8 miliardi andranno al pagamento di debiti commerciali degli Enti Locali, delle Regioni e delle Province, mentre i restanti 4 miliardi serviranno per i debiti degli enti del servizio sanitario”. Il Biancoleone fa notare che le anticipazioni di cassa avranno una durata di 30 anni ad un tasso del 1,22,% e che le richieste dovranno pervenire tra il 15 giugno e il 7 luglio prossimo. Insomma una occasione da non perdere, visto che già questa amministrazione comunale di treni ne ha persi tanti, così come sono stati tanti i finanziamenti non ottenuti per distrazione o per progetti ritenuti non congrui. Speriamo che sia la volta buona.
Una gita un po' particolare, bella, che mai ci aspettavamo. Questa volta la compagnia teatrale “Nemeo” di Sezze , ha voluto intraprendere un viaggio nelle tradizioni setine accompagnando i bambini della I a del plesso Melogrosso tra i vicoli del centro storico. Un’idea davvero originale se si pensa al lavoro di ripresa e montaggio svolto da una delle attrici della compagnia, Michela Capuccilli che ha, per l’occasione, reso reale un’uscita didattica tanto desiderata da mamme e bambini. Tutto inizia con un viaggio in pullman condotto dall’autista Isabella Baratta e l’evidente gioia dei bambini in passeggiata tra i luoghi più suggestivi di Sezze. Guide turistiche per l’occasione gli attori Annamaria Bovieri, Tony Piccaro e Luigi Costantini, altri componenti della compagnia Nemeo i quali hanno illustrato in maniera brillante le bellezze delle Mura Poligonali, la storia della casa di San Carlo nel quartiere di San Lorenzo e l’antico palazzo de Magistris, oggi casa Comunale. Un itinerario che si è concluso nel Parco della Rimembranza dove i bambini, ai piedi del Milite Ignoto, hanno consumato felici le loro merende. In una atmosfera surreale, tra realtà e fantasia, questo è stato, a conclusione di un anno difficile per l’emergenza covid, l’ultimo segnale di speranza e di coraggio a dimostrazione che una classe davvero unita sia portatrice sana di tante belle iniziative.
Ecco il link del video realizzato dal Plesso di Melogrosso. Si ringrazia la Preside prof.ssa Carolina Gargiulo, sempre gentile e disponibile.
Annunci roboanti, proclami di svolte epocali, fumisterie propagandistiche spacciate per risolutive riforme, in perenne attesa di panacee imminenti e sempre rinviate ad un futuro imprecisato, ci siamo smarriti nella selva oscura dei contorcimenti verbali, dell’impiego a sproposito di concetti e termini.
Nello straniamento generale, divorante le speranze di quanti il cambiamento lo attendono con sincerità e da tempo, le parole sono state violentate, ridotte a suoni vuoti, incapaci di esprimere contenuti, idee e valori. Riforma è divenuto un termine abusato, depotenziato, un simulacro di promesse inarrivabili e inseguite alla rinfusa, realizzazioni disfunzionali e utili solo a far rimpiangere il meno peggio precedente.
Con ormai alle spalle un esercizio ultraventennale della professione d’avvocato, posso testimoniare che la giustizia è campo prediletto delle scorribande sedicenti riformatrici della politica. Non vi è stato Ministro di Grazia e Giustizia che non si sia proclamato detentore della ricetta giusta e risolutiva dei problemi atavici che l’affliggono. Lungi anche solo dal pensare di fare di tutta l’erba un fascio, visto che ministri autorevoli e consapevoli del ruolo ricoperto, pur se pochi, negli anni ci sono stati, scetticismo e diffidenza sono stati i sentimenti prevalenti, immancabilmente confermati dall’incapacità a tradurre la palingenesi promessa in fatti. Incompetenti, teste di legno, scalda sedie, ventriloqui e tutori d’interessi particolari, perfino ingegneri specializzati nell’abbattimento dei rumori hanno occupato quella per nulla comoda poltrona, blaterando inutilità e fomentando con inettitudine e interventi errati e peggiorativi il disastroso stato organizzativo e morale della giustizia.
Sarebbe grave disonestà intellettuale e goffo tentativo di negare l’evidenza, puntare il dito accusatore e scaricare le colpe solo sulla politica, non riconoscendo che anche altri sono imputabili del suo cattivo funzionamento. Se vogliamo che i cittadini tornino ad aver fiducia nella giustizia occorre rifuggire le spiegazioni semplicistiche e ipocritamente assolutorie per gli uni o gli altri e al contempo evitare generalizzazioni, l’addebito delle responsabilità a tutti indistintamente.
Ogni comunità umana è variegata, non marcia mai in perfetta sintonia di valori etici e morali. Miserie e grettezze, egoismi e carrierismi, scorrettezze e astuzie per giungere ad occupare posizioni e potere sono parte della nostra esperienza, ma se li lasciamo prevalere nella società e nelle istituzioni, se il darwinismo dei più scaltri e ammanicati diventa regola accettata e favorita, se non li valutiamo mali da isolare e debellare, alla fine il disastro è garantito.
In primo luogo guardando alla categoria cui appartengo, non assolvo e giustifico tanti comportamenti castali intollerabili, l’incapacità spesso di fare seriamente pulizia al proprio interno, censurando e allontanando quanti calpestano e squalificano la dignità dell’avvocatura. L’esame d’abilitazione è un percorso a ostacoli, rivolto a scoraggiare ed escludere, un debito da espiare per non si sa bene quale colpa atavica, invece che itinerario formativo all’esercizio di una professione al servizio dei cittadini e a tutela dei diritti. Una volta entrati poi è una sorta di liberi tutti generalizzato: il rispetto delle regole deontologiche ed etiche è un consiglio, non un obbligo. Un paradosso per dei cultori della legge. Gli avvocati in stragrande maggioranza sono professionalmente seri e ineccepibili, perciò è indispensabile un’opera di rimozione degli indegni e di riqualificazione che aiuti a recuperare la credibilità perduta.
Il vaso di Pandora da qualche tempo scoperchiato, ha mostrato le distorsioni interne all’altro protagonista della giustizia, la magistratura. Senza entrare nel merito di indagini e responsabilità, il caso Palamara ha svelato realtà riprovevoli, meccanismi sconcertanti di scelta per gli incarichi direttivi frutto di indegne trattative tra correnti della magistratura e di interlocuzioni con i politici, una degenerazione del sistema associativo dei magistrati, è emersa un’idea di giudice agli antipodi di quella della Costituzione, invero per nulla sorprendente almeno per quanti frequentano le aule di giustizia: un mercimonio per soddisfare appetiti di amici e sodali, dove non contano meriti e attitudini, intelligenza e risultati e la qualità più importante di chi aspira alla carica è l’appartenenza correntizia o l’abilità a trattare del suo mentore. Ancora una volta però non è “La notte delle vacche nere” (Hegel). Ci sono giudici e PM, la gran parte, da elogiare, persone rigorose, spesso bistrattate ed emarginate.
Riformare il Consiglio Superiore della Magistratura, cambiare la legge per eleggerne i componenti sono escamotage: non è questione di meccanismi selettivi ma di moralità. Servono magistrati di spessore giuridico e umano, consapevoli di incidere con le loro decisioni sui diritti e le libertà delle persone. Ha ragione il mio professore di Diritto Penale, Franco Coppi, quando sulla separazione delle carriere afferma: “Se oggi giudice e pm sono fratelli, separandole sarebbero cugini. Una volta immessi in magistratura andrebbero invece valutati continuamente, verificate le loro condotte”, e riguardo l’abolizione delle correnti chiosa: “Non si impedirà comunque ai magistrati di riconoscersi in alcune idee comuni. Non è questo lo scandalo, ma la correttezza del giudice, l'imparzialità”. Le aggregazioni culturali sono sacrosante, basta che non si trasformino in gruppi di potere.
Un’ultima notazione, un disperato grido di dolore. Dopo la tragedia della pandemia, riparte il campionato di calcio, hanno riaperto giustamente palestre, ristoranti, centri estetici e attività commerciali e produttive, ma i tribunali rimangono con i portoni sbarrati. La giustizia, uno dei presidii più importanti dello stato democratico, non è una priorità ma un fastidioso e superfluo orpello. Gli avvocati che ne invocano la riapertura sono additati come novelli untori, disposti a far riprendere i contagi pur di lucrare guadagni, sorvolando sul fatto che un paese senza un sistema giudiziario operativo per la tutela di diritti, libertà e interessi dei cittadini è destinato alla barbarie e alla deriva antidemocratica. E poi gli avvocati non sono anch’essi lavoratori con la medesima dignità e uguale diritto di guadagnare per vivere? Evidentemente un dettaglio per alcuni…….
Mentre la città e soprattutto la politica locale nell’ultimo anno si è divisa sul nuovo monumento che si vuole edificare a San Lidano al Belvedere, un altro Santo è stato totalmente abbandonato all’interno della Cattedrale Santa Maria di Sezze. Infatti, oltre al corpo del patrono san Lidano d’Antena (1026-1118), e ai resti di Frà Bonifacio, nella chiesa madre di Sezze si conserva anche san Leonzio, un martire dei primi secoli del cristianesimo. Fino a qualche anno fa sull'altare edificato a San Filippo Neri era collocata un'urna di legno in stile barocco come l’altare dove all’interno riposavano le spoglie di San Leonzio, rivestite da abiti riccamente decorati e con una piccola spada al fianco. San Leonzio nostro venne donato ai fedeli dal Cardinal Pietro Marcellino Corradini. Da qualche anno le spoglie del povero Santo sono imbustate e riposte dietro un mobile di scadente fattura messo davanti le spoglie del Santo per occultarlo. Non sappiamo chi sia stato il responsabile di questa provvisoria sistemazione, ma tra le cause si adduce che, per problemi di umidità, era stata rimossa l’urna con il Santo. L’urna però è stata accantonata dietro l’altare maggiore in attesa di un munifico e di restauro, mentre San Leonzio è stato posto in una busta lì dove c’era e pare che continui ad esserci umidità. La vicenda è riemersa sui social dopo la pubblicazione da parte dell'ingegnere Giuseppe Viglianti di una vignetta (che pubblichiamo sotto). Molti cittadini e fedeli non erano a conoscenza del fatto e francamente sono rimasti senza parole. A proposito di Santi, che tanto hanno appassionato la comunità (un po' meno le associazioni cattoliche) ricordiamo che la statua di San Lidano dello scultore francese Jean Poiret di Nancy (1672), insieme al baldacchino ligneo che sovrasta l’altare maggiore basilicale, è stato riposto (anche qui non sappiamo da chi e perché) in fondo in una nicchia sotto li rosone della Cattedrale, quando invece venne realizzato esclusivamente per essere un corpo integrante con l’altare. Mercoledì 10 giugno si terrà il consiglio comunale sui lavori al Belvedere. Non è dato sapere se la politica – perché ormai è solo una questione politica - abbia trovato un compromesso o se si andrà ad uno scontro tra le parti tra chi vuole il monumento con la nuova statua moderna al Belvedere (alta 3 metri con il basamento in cemento armato) e chi vorrebbe solo spostarla sempre a Santa Maria senza offendere un luogo storico e architettonico unico nel suo genere.
Una vignetta dell'ingegnere Giuseppe Viglianti che ringraziamo per la gentile concessione
Cyrano de Bergerac. Chi non ha mai sentito parlare del celebre protagonista della commedia teatrale scritta dal drammaturgo francese Edmond Rostand (1868-1918), pubblicata nel 1897 e ispirata alla figura storica di Savinien Cyrano de Bergerac, uno dei più estrosi scrittori del seicento francese? L’opera, un classico del genere in 5 atti, ancora oggi è messa in scena da grandi produzioni teatrali e da compagnie con famosi attori nel ruolo di Cyrano, anche nella versione in italiano, vanta diverse versioni cinematografiche e messe in musica.
Cyrano de Bergerac è l’eroe riconoscibile per il suo lunghissimo naso, ricordato per la sua abilità da spadaccino e per essere un poeta dalla vita particolarmente vivace. Nell’opera viene raccontato soprattutto per il suo amore non ricambiato verso Rossana e per la sua passione per i giochi di parole, con i quali si diverte a prendere in giro i suoi molti nemici, soprattutto potenti e prepotenti. Citatissimo, ed atteso dagli spettatori in sala durante le rappresentazioni in teatro, il celeberrimo monologo di Cyrano «Ma poi che cos'è un bacio? Un giuramento fatto poco più da presso, un più preciso patto, una confessione che sigillar si vuole, un apostrofo rosa messo tra le parole "T'amo". Un segreto detto sulla bocca, un istante d'infinito che ha il fruscio d'un'ape tra le piante, una comunione che ha gusto di fiore, un mezzo di potersi respirare un po' il cuore e assaporarsi l'anima a fior di labbra».
A volte, alcuni protagonisti della letteratura acquisiscono un rinnovato vigore, soprattutto quando qualche autore moderno prova a dedicare loro una sorta di omaggio o tributo postumo, magari solo per togliere polvere e ragnatele, a sottolineare una qualche caratteristica di comportamento attualissima. Quando a cimentarsi con tali eroi sono i cantautori nazionali, sarà anche per il contorno musicale che riescono a tessere, sarà per il carisma da star di cui godono tra gli appassionati, spesso ne escono fuori quadretti incorniciati per bene, come saprebbe fare un pittore o un fotografo ritrattista, rinnovandone i tratti e destinando la canzone ad un pubblico più giovanile.
Francesco Guccini e Roberto Vecchioni, in tempi e modi diversi, ognuno secondo stile peculiare, si sono avvicinati alla figura di Cirano.
Rossana di Vecchioni, dall’album Blumun del 1993, ci parla del tratto più romantico di Cirano, quello dell’amore per sua cugina Rossana.
“Rossana, Rossana, non ce la faccio più a vivere col cuore dentro il naso; lontana, lontana bellezza che eri tu”… “Io sono quello di ieri che ti cantava nella notte e ho nelle mani soltanto stelle rotte: l'ombra perduta tra i rami che non potevi mai vedere, mentre quell'altro saliva e ti faceva l'amore, l'amore, l'amore...”.
Un Cirano cantato mentre è assorbito e perso nella sua delusione in amore, superato nello stesso sogno di conquista femminile da un altro spasimante, che probabilmente è già riuscito già a cogliere il fiore e le attenzioni di Rossana. Il testo di Vecchioni rimane confinato in questa dimensione, un’istantanea baroccheggiante, in cui il protagonista è sospeso tra speranza di innamoramento e successiva delusione.
Cirano di Guccini, inserita nell'album "D'amore di morte e di altre sciocchezze" del 1996 è stata scritta dal vecchio di Pavana (che proprio il 14 giugno festeggerà la ottantesima candelina) su precedente testo di Giuseppe Dati e musica di Giancarlo Bigazzi, per dare a Cesare quel che è di Cesare. Ma lo stile gucciniano nella canzone c’è tutto, segno evidente che la revisione e la produzione finale del brano spettano sicuramente a lui.
Il cantautore de La Locomotiva è attratto da par suo soprattutto da un'altra dimensione della storia, con finalità e rilettura più civica e sociale del citoyen Cyrano, ampliando il registro narrativo rispetto a quello di Vecchioni.
In questo Cirano colpisce soprattutto la rabbia dell’uomo nei confronti di alcuni mali atavici della vita sociale dell’epoca (anche se per molti versi è davvero molto contemporaneo): i difetti eterni di tutte le società sono le troppe e diverse ingiustizie partorite dal potere e dai diversi governanti, il popolo degli arrivisti. Una canzone con una presa di posizione etica precisa e circostanziata, come ha sempre fatto Guccini. L’impareggiabile testo, scritto tutto in metrica a rima baciata con una sequenza continua che fa drizzar la pelle, dopo un preludio introduttivo, fin da subito alza il tono per attaccare i colleghi (sia di Cirano che di Guccini), aprendo la strada ad uno sfogo con tono tanto polemico quanto centrato nell’obiettivo: “Venite pure avanti poeti sgangherati, inutili cantanti di giorni sciagurati, buffoni che campate di versi senza forza avrete soldi e gloria, ma non avete scorza; godetevi il successo, godete finché dura, che il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura e andate chissà dove per non pagar le tasse col ghigno e l' ignoranza dei primi della classe”.
Subito dopo è la volta dei protagonisti attivi della politica ad esser presi di mira, che sono dipinti e caratterizzati dai medesimi vecchi vizi di ogni tempo: “Facciamola finita, venite tutti avanti nuovi protagonisti, politici rampanti, venite portaborse, ruffiani e mezze calze, feroci conduttori di trasmissioni false che avete spesso fatto del qualunquismo un’arte, coraggio liberisti, buttate giù le carte tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto, assurdo bel paese”. Sembra proprio che il cantautore bolognese parli del più recente ed attuale presente del panorama politico, prendendosela con i peggiori rappresentanti eletti del popolo, attaccando anche la protervia del potere di ogni colore, quella di voler controllare anche le trasmissioni tv e la stampa servendosi di personaggi servili, pronti a cambiar padrone col rovesciamento di monarca. A pensarci bene, questo Cirano ricorda molto, per i toni usati contro il potere, un altro eroe letterario, anch’egli protagonista di un’altra ottima canzone di Guccini: Don Chisciotte <il "potere" è l'immondizia della storia degli umani e, anche se siamo soltanto due romantici rottami, sputeremo il cuore in faccia all'ingiustizia giorno e notte: siamo i "Grandi della Mancha", Sancho Panza... e Don Chisciotte !>
Subito dopo ecco la discesa verso il secondo ritornello, quello che tutti i fans conoscono e cantavano a memoria nei concerti del Guccio e che adesso canticchiano ancora ascoltandola in cuffia: “Non me ne frega niente se anch'io sono sbagliato, spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato; coi furbi e i prepotenti da sempre mi balocco e al fin della licenza io non perdono e tocco, io non perdono, non perdono e tocco!”. Un attacco diretto ai furbi e ai prepotenti, ma anche una difesa preordinata: sarò sbagliato anch’io ma non la perdóno a nessuno, sotto a chi tocca! Poi, cambiando la melodia, arriva un ponte con melodia più triste rispetto al canto libero delle prime strofe, che poi sarà ripreso con altre invettive, ed ecco il Cirano innamorato e triste:
“Ma quando sono solo con questo naso al piede che almeno di mezz' ora da sempre mi precede si spegne la mia rabbia e ricordo con dolore che a me è quasi proibito il sogno di un amore; non so quante ne ho amate, non so quante ne ho avute, per colpa o per destino le donne le ho perdute e quando sento il peso d' essere sempre solo mi chiudo in casa e scrivo e scrivendo mi consolo, ma dentro di me sento che il grande amore esiste, amo senza peccato, amo, ma sono triste perché Rossana è bella, siamo così diversi, a parlarle non riesco: le parlerò coi versi, le parlerò coi versi...”.
Un Cirano intimo, romanticamente deluso dall’impossibile rapporto con Rossana, con la quale non riesce più neanche a parlare, per cui preferisce dedicarle versi, nonostante abbia avuto tante donne. Poi eccolo riprendere l’invettiva verso altri personaggi pubblici che animano la vita sociale nella Francia di qualche secolo fa, ma poi Guccini aggiunge qualcosa per sgombrare il campo a dubbi e lasciare intendere che è dell’Italia moderna che vuol parlare: “tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto, assurdo bel paese”. Con il “Belpaese” si intende classicamente l’Italia, non ci sono dubbi. E poi eccolo prendersela con il clero, quei sacerdoti impegnati a vendere la promessa di una vita eterna nell’aldilà lontano con un Dio infinito bene, ma che loro stessi tradiscono con turpi azioni in questo mondo, non riuscendo a sentire quello stesso Dio nell’intimo del proprio cuore. E poi ancora un’altra bella botta anche agli integralisti materialisti, quelli che non riescono proprio a vedere le cose da altro punto di vista, più alto…
“Venite gente vuota, facciamola finita, voi preti che vendete a tutti un'altra vita; se c'è, come voi dite, un Dio nell' infinito, guardatevi nel cuore, l'avete già tradito e voi materialisti, col vostro chiodo fisso, che Dio è morto e l'uomo è solo in questo abisso, le verità cercate per terra, da maiali, tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali; tornate a casa nani, levatevi davanti, per la mia rabbia enorme mi servono giganti”.
E poi la celebre chiusura, un manifesto di libertà per gli uomini che non si sentono mai servi, urlato con rabbia da quelli che non riescono proprio rinunciare al vizio di voler a tutti i costi ragionare con la propria testa:
“Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco, io non perdono, non perdono e tocco”.
Guccini, come sempre del resto, parla chiaro e stavolta ne ha per tutti.
E se qualcuno dovesse sentirsi assolto, sappia che siamo tutti coinvolti.
il link della canzone
https://www.youtube.com/watch?v=7M7wDqZGq94
Ma Sergio Di Raimo ancora fa parte del PD? Si sta smarcando dal suo partito per correre alle prossime amministrative con un altro progetto politico? Fabrizio Bonne Année, presidente di Sezze Bene Comune, interviene nel dibattito politico a seguito di alcune dichiarazioni del sindaco di Sezze. "Con larghissimo anticipo il Sindaco ha lanciato la sua campagna elettorale in un periodo estremamente delicato come quello che stiamo vivendo a causa della grande crisi generata da una pandemia globale senza precedenti. Il tutto, elencando a sostegno della sua decisione, i “grandi” risultati ottenuti in solo tre anni della sua amministrazione, quasi a evidenziare che neanche le precedenti amministrazioni sono state in grado di fare. L’unico suo dubbio - afferma Bonne Année - pare rivolto al partito democratico al quale, in maniera del tutto estranea, rivolge l’invito a decidere se vuole far parte della coalizione che lo appoggerà per il secondo mandato, evidentemente considerandolo ormai marginale per la sua possibile rielezione. In questo paradossale spaccato politico, non possiamo fare a meno di esprimere il nostro punto di vista come movimento civico e possiamo, come SBC, affermare che la nostra opinione è completamente diversa, considerati i risultati deludenti sia nei contenuti, sia nel metodo di gestione della cosa pubblica che avviene sempre in maniera verticistica, poco trasparente e nelle segrete stanze del potere. Ormai, quel pomposo programma sbandierato durante tutta la sua campagna elettorale è rimasto solamente nei suoi sogni e nella sua immaginazione". SBC, per il momento, continuerà a svolgere "il ruolo di opposizione e di proposta, con l’auspicio di poter partecipare alla costruzione di un’alternativa per la prossima tornata amministrativa e dare l’avvio a quel cambio di passo e a quella svolta politica che la nostra città attende da troppo tempo a questa parte. Lo vogliamo fare senza retorica - conclude il presidente civico - a servizio della città e dei suoi abitanti, insieme alla società civile e a tutti quelli che sentono l’esigenza che avvertiamo noi. Lavorando per le persone e la città con un programma chiaro, trasparente e condiviso".
Il 28 maggio 2019, un anno fa, nel corso di un consiglio comunale il sindaco di Sezze Sergio Di Raimo come un fulmine a ciel sereno annunciava la decisione di revocare le deleghe assessorili, fatta eccezione per il vicesindaco. Una scelta – affermò il primo cittadino - dettata dalla necessità di rilanciare l’azione della macchina amministrativa. 25 giorni dopo, ossia il 22 giugno, con una nota, il commercialista setino rassegnava le sue dimissioni dalla carica di sindaco perché erano “venute meno le condizioni politico/amministrative per continuare ad amministrare questa città”. Il 10 luglio sappiamo che Di Raimo ritirava le sue dimissioni e il giorno dopo varava la nuova giunta tecnica con l’ex sindaco Andrea Campoli, l’ex sindaco Giancarlo Siddera e la new entry Giulia Mattei. Irremovibili Antonio Di Prospero e Sabrina Pecorilli. A distanza di un anno molti sono pronti a scommettere che l’attuale Giunta comunale inizia a scricchiolare soprattutto in vista delle amministrative del 2022. Sappiamo infatti che in politica, alla fine della fiera, contano solo i numeri e senza quelli non si canta messa. Forse l’operazione tecnica voluta fortemente dal sindaco e scongiurata da una parte del PD (il consigliere comunale Giovanni Bernasconi lascerà il partito dopo il rimpasto e passerà all’opposizione) e da una parte della maggioranza, inizia ad assumere la dimensione di un palloncino bucato e le richieste di qualcuno a richiamare i primi dei non eletti una profezia. Qualcuno, infatti, incomincia a pensare che il sindaco sia intenzionato a ricandidarsi alla guida della città, con o senza Pd, e abbia in mente di prepararsi il terreno come sanno fare solo i buoni contadini. Tra le ipotesi, infatti, spunta un nuovo rimpasto che potrebbe prevedere l’ingresso in giunta dei primi dei non eletti o comunque dimissioni di consiglieri per farli rientrare in consiglio. Questa è una delle idee in campo, una soluzione che secondo qualcuno potrebbe ricompattare la sua base elettorale e recuperare oltre 1000 voti con un colpo da maestro. Restano ipotesi, per un eventuale diritto di replica o smentita la redazione è a completa disposizione come sempre. Non fummo smentiti ma solo derisi quando il 2 marzo del 2019, cioè tre mesi prima del terremoto politico in Giunta, pubblicammo l’articolo sotto riportato “La Giunta Di Raimo in odor di rimpasto”. Ci fu chi parlò di fanta-politica e con aria presuntuosa ci bollò come romanzieri da strapazzo. I fatti però dimostrarono il contrario, invece sulla fanta-politica siamo convinti che avevano sbagliato noi e faccio un mea culpa.
Qui sotto il link dell'articolo pubblicato su La Notizia Condivisa
Altro...
Il sindaco di Sezze Sergio Di Raimo ha firmato una nuova ordinanza riguardante il Servizio Pubblico Locale. Nell’atto firmato dal primo cittadino viene ordinato alla Ditta Baratta Enrico SRL di proseguire il servizio pubblico fino al prossimo 31 agosto. Nell’ordinanza n° 18 del 30 maggio 2020 vengono citati e ripresi i diversi passaggi amministrativi che hanno portato l’Ente comunale a votare l'atto per andare a gara e per affidare il servizio; in ordine di tempo la delibera votata dal consiglio comunale riunitosi il 29 gennaio scorso con la quale si stabilisce che “il servizio TPL sarà affidato ad un operatore economico individuato con procedura negoziata d’urgenza secondo le norme vigenti, garantendo l’evidenza pubblica e la libera concorrenza in ragione delle cogenti sopravvenute disposizione della L.R. 21.12.2019”. Considerato però che occorreva “garantire la continuità del servizio nelle more delle successive attività finalizzate alla selezione di un operatore economico” il Comune di Sezze ha ordinato alla ditta che gestisce il servizio da oltre 30 anni di perseguire il servizio con le stesse modalità contrattuali.
«L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione».
Anche il Comune di Sezze questa mattina ha voluto festeggiare la festa della Repubblica Italiana. Alla presenza del sindaco e di autorità istituzionali e cittadini, presso il Parco della Rimembranza si è tenuta una semplice ma significativa cerimonia con la lettura di articoli della Costituzione e deposizione di una corona di alloro sotto la statua del Milite Ignoto. Presente anche una delegazione dell'ANPI Sezione di Sezze per la lettura di brani dell'assemblea Costituente.
Un momento della Cerimonia
Il Presidente dell'Associazione culturale “Le Decarcie”, Francesco Petrianni, interviene nel dibattito politico e culturale esploso in città sul monumento di San Lidano al Belvedere di Sezze. Il sodalizio setino sottolinea un ulteriore elemento di "conflittualità" dell'iter, questa volta presente nel programma elettorale di mandato. Riportiamo l'intervento di Francesco Petrianni.
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"Il monumento a San Lidano nell’area dello spettacolare Belvedere, dopo le polemiche e proteste, il nascere di uno specifico comitato, la presentazione di interrogazioni, dopo il video-manifesto e gli interventi di Grassucci, Amici ed Eramo, da un punto di vista squisitamente procedimentale ed amministrativo è tornato al punto di partenza. Come in una sorta di Gioco dell’Oca, quando si arriva in una determinata casella si torna indietro, a beneficio degli altri “giocatori” che restano nelle loro posizioni. Soprattutto nel Centro Storico, un intervento, ritenuto ambizioso e animato dai più benevoli propositi, non può decidersi nelle stanze chiuse di qualche sagrestia o del palazzo comunale; ha bisogno prima di tutto di una verifica sulla fattibilità, che non c’è stata. Sia sufficiente a tal proposito consultare le Norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore. Contestualmente c’è la necessità di sottoporre all’attenzione dei cittadini la proposta dell’intervento ed attivare un confronto serio e non formale con la cittadinanza in armonia con la normativa vigente e con quanto Sindaco ed intera Amministrazione comunale, nelle sedi istituzionali, hanno proclamato solennemente di praticare. E neanche questo è stato sinora fatto. Ma non è mai troppo tardi. La consultazione è un atto politico, una fase preliminare all’adozione di un provvedimento di siffatta specie, per sondare il consenso della comunità cittadina e verificare se l’impatto culturale e sociale, politico e psicologico possa esser tale da scoraggiare l’avvio amministrativo dell’iter. Consultare significa mettere altri e se stessi nella condizione di condividere. Come abbiamo già ricordato in un nostro precedente intervento “Il paesaggio (dice la Convenzione europea per il Paesaggio e nel nostro caso parliamo di paesaggio storico e di beni culturali) è una questione che interessa tutti i cittadini e deve venir trattato in modo democratico, soprattutto a livello locale e regionale”. Sindaco e Consiglio comunale, quelli in carica, nel programma di consiliatura, sostengono che “L’intero comprensorio comunale va trattato concettualmente e operativamente come territorio storico” (estratto da Indirizzi Programmatici dell’Amministrazione comunale). E aggiungono che tra le priorità strategiche dell’attuale amministrazione c’è quella di praticare “Una buona politica, animata da forti idealità e coniugata con l’attenzione alle esigenze concrete, capace di ascoltare e dialogare, un civismo vero che si alimenta di partecipazione, del contributo di tutti, dando la parola ai cittadini non solo nei passaggi elettorali ma come pratica politica costante”. Con l’approvazione del nuovo Piano Regolatore Generale, dice il Sindaco, “Si apre una fase importante e delicata rappresentata dalla sua attuazione mediante Piani Particolareggiati e un nuovo Regolamento Edilizio, che abbiano come connotazione essenziale la partecipazione dei cittadini”. E non dovrebbero esserci dubbi che l’intervento nel Belvedere abbia il valore e la forma di un piano urbanistico particolareggiato o esecutivo, ma i cittadini non sono stati minimamente coinvolti. Con un immotivato atto amministrativo i lavori sono stati sospesi, senza però revocare o annullare nessuno degli atti precedenti, adottati peraltro da organi che sembrano agire ognuno per proprio conto. Cari Sindaco, Presidente del consiglio e Consiglieri, le citazioni che abbiamo richiamato non sono opinioni comuni ma linee programmatiche uscite dalla bocca del Sindaco, scritte nel suo programma elettorale, sottoposte al giudizio dei cittadini nell’ultima consultazione elettorale ed approvate integralmente dal Consiglio comunale al momento del suo insediamento (Delibera consiliare n.34 del 30.6.2017). L’organo comunale l’ha votata, stipulando un vero e proprio contratto politico-amministrativo con i cittadini, diversamente le delibere consiliari sarebbero carte al vento. Sarebbe opportuno che il Consiglio comunale si prendesse materialmente la briga di verificare come il procedimento intrapreso confligga con le linee programmatiche da essi stessi deliberate e poi tragga le conseguenze. E se ritenesse di avere rispettato il giusto procedimento e salvaguardata la coerenza con i propri indirizzi programmatici, andasse pure avanti. Altrimenti ci ripensasse. Perché non è di opinioni diverse che si sta parlando, ma di rispetto degli impegni assunti verso i propri elettori, prima, e verso tutti i cittadini, dopo, quando il programma elettorale si è trasformato nelle linee programmatiche dell’attuale consiliatura, diventando una deliberazione del Consiglio comunale".