Un importante gesto di solidarietà, una donazione utile in un momento molto delicato per tutti, in modo particolare per chi resta in prima fila per combattere il covid19. L’amministrazione del gruppo Stema Groups di Latina, nelle persone di Stefano La Penna e Marco Nicoletti, ha ufficializzato nei giorni scorsi la donazione nei confronti dell'Ospedale Santa Maria Goretti - Reparto Covid-19 la fornitura di tute tecniche idrorepellenti per tutto il personale del reparto, e a breve ci sarà l’acquisizione di nuove piante per flebo e un carrello per le emergenze sanitarie. La consegna di una parte del materiale donato da STEMA Groups è avvenuta ieri alla presenza del patron Stefano La Penna e del Dottor Erasmo Galeno di STEMAfisiolab Latina, direttamente nelle mani della Caposala del Reparto Covid-19 del Santa Maria Goretti di Latina, Dott.ssa Laura Carrocci. Il resto della consegna avverrà nella prossima settimana. Una raccolta fondi aveva anticipato la donazione ed era stata avviata nel corso del periodo di quarantena forzato da STEMA Training e dal Dott. Erasmo Galeno, nel merito delle conference call e video-live che STEMA Training ha eseguito in questo periodo.
La consegna del materiale al reparto covid19 di Latina
Importanti interventi di restyling e riqualificazione verranno realizzati entro la fine dell’anno a Sezze Scalo, nel piazzale della stazione. Infatti, nell’ambito del protocollo di intesa fra Regione Lazio e Ferrovie dello Stato, che prevede investimenti per 18 miliardi di euro per i trasporti su ferro nella Regione Lazio, sono previsti interventi di riqualificazione della stazione di Sezze con un budget fino a 8 milioni di euro. Ad annunciarlo il consigliere regionale del Pd Salvatore La Penna. “Vi sarà il restyling completo dello scalo ferroviario con la disponibilità di Regione Lazio e RFI alla realizzazione, con l’amministrazione comunale di Sezze, di una piazza nell’attuale piazzale della stazione”. Il progetto è stato già deliberato e finalmente presto la piazza diventerà un luogo di incontro per i residenti di Sezze Scalo. “Mi preme ringraziare per le sollecitazioni, il contributo fattivo e la sensibilità sul tema della riqualificazione della stazione – afferma La Penna - il Sindaco Di Raimo, l’intero consiglio comunale di Sezze ed in particolar modo, per la presenza e l’apporto decisivo che ho potuto verificare in diversi momenti di interlocuzione istituzionale, il Presidente del Consiglio Comunale di Sezze Enzo Eramo e il consigliere Serafino Di Palma. Voglio ringraziare per la sensibilità e l’impegno Ferrovie dello Stato, RFI, il Presidente Zingaretti e l’Assessore Regionale ai Lavori Pubblici, Infrastrutture, Trasporti Mauro Alessandri. Continua, anche in questa fase difficile e di emergenza, l’impegno per il nostro territorio, con uno sguardo rivolto alla ripartenza e al futuro”.
Il consigliere regionale La Penna
Il 25 Aprile è la festa di tutti gli italiani
Scritto da Vincenzo Mattei
Neanche oggi, 25 Aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo, gli italiani sono uniti. L'emergenza del coronavirus, infatti, non ha fermato le provocazioni di una parte della Destra, sempre puntuale, quando si avvicina questa ricorrenza, a mostrare il suo volto peggiore. E' il caso del senatore Ignazio La Russa, cresciuto nel MSI ed oggi esponente di Fratelli d'Italia, che propone provocatoriamente che il 25 Aprile "venga ricordato per i caduti di tutte le guerre senza esclusione alcuna, comprese le vittime della pandemia". Negando così il valore in sé della Resistenza e volendo confondere le acque. Insieme a lui, non a caso, si sono schierati i nostalgici di Forza Nuova, movimento politico di estrema destra, che arriva a dire ai partigiani:" Buttatevi giù dal balcone, infami traditori"! Ci sarà tempo per ricordare adeguatamente i tanti morti e i tanti eroi deceduti a causa del coronavirus. Ma il 25 Aprile con la peste di oggi non c'entra niente! Si tratta, codesta, di una minoranza di persone che tendono a provocare, ad avvelenare il pozzo della storia: un fronte nostrano di revisionisti, di oscurantisti, di amici di Trump, di populisti, di no vax, di camicie nere. Per costoro la democrazia è un lutto. Peccato, perché oggi dovrebbe essere la giornata della concordia nazionale, che festeggia la rinascita della democrazia, della libertà, della Costituzione che è la Carta Magna dei valori e dei princìpi di tutta la Nazione, alla quale tutti ci dobbiamo richiamare e alla quale tutti dobbiamo obbedire. Non è questo il momento, quindi, di riaccendere il focolaio dell'odio, di mettere in discussione i valori fondanti del vivere civile di un popolo che ha subìto una guerra drammatica e venti anni di dittatura. I partigiani hanno combattuto contro il nazifascismo per restituire dignità e libertà a tutti (dico tutti!) gli italiani. E' questo il nesso inscindibile tra la lotta partigiana, la Resistenza, la Liberazione e la Costituzione repubblicana. Ciò è storicamente fuori dubbio! Per questo il 25 Aprile appartiene a tutti gli italiani, come dovrebbe capire chi nega la libertà riconquistata mentre la usa, mettendosi al di fuori della storia. Dice il giornalista Michele Serra di Repubblica: "C'è una differenza tra i fascisti e gli antifascisti: i primi si vendicano, gli altri no!". Quest'anno non ci saranno comizi e cortei: il coronavirus ce lo impedisce. Ma ci sarà certamente un corale sentimento di gioia , di fratellanza e di pace di tutti gli italiani al canto di Bella Ciao!
25 Aprile. Serve memoria per costruire il futuro
Scritto da Luigi De Angelis
“Quando io considero questo misterioso e miracoloso moto di popolo, questo volontario accorrere di gente umile, fino a quel giorno inerme e pacifica, che in una improvvisa illuminazione sentì che era giunto il momento di darsi alla macchia, di prendere il fucile, di ritrovarsi in montagna per combattere contro il terrore, mi vien fatto di pensare a certi inesplicabili ritmi della vita cosmica, ai segreti comandi celesti che regolano i fenomeni collettivi, come le gemme degli alberi che spuntano lo stesso giorno, come certe piante subacquee che in tutti i laghi di una regione alpina affiorano nello stesso giorno alla superficie per guardare il cielo primaverile, come le rondini di un continente che lo stesso giorno s’accorgono che è giunta l’ora di mettersi in viaggio. Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini”. (Piero Calamandrei)
Celebrare il 25 aprile, 75 anni dalla liberazione dell’Italia dal nazifascismo, non significa volgere lo sguardo indietro a quanto è stato, coltivare un ricordo, rifugiarci nell’idealizzazione di eventi superati e consumati dal tempo o nell’esercizio sterile di una rievocazione, ma compiere il dovere di altissimo valore civico e morale della memoria. La lotta di liberazione è patrimonio insuperabile e insostituibile delle nostre radici, da incarnare ed attuare nel presente fondando la nostra identità di popolo sugli ideali e i valori che guidarono quanti combatterono nella Resistenza con coraggio e abnegazione e sacrificarono la vita per la libertà, la democrazia e la giustizia, principi sostanziali e inviolabili che intessono la nostra Carta Costituzionale.
La Resistenza fu rivolta di popolo contro la dittatura e conseguentemente contro l’invasore nazista. Il fascismo non rappresentò un ventennio d’ordine e grandezza nazionale, ma di illegalismo, corruzione, asservimento dei cittadini ad un potere dispotico e violento che cancellò diritti e libertà, si macchiò di orrendi crimini, culminati nelle leggi razziali del 1938, aberrazione indicibile, macchia indelebile, macigno insopportabile e abisso di disumanità. Il movimento antifascista si sviluppò immediatamente e ne fecero parte donne e uomini perseguitati, assassinati, arrestati, mandati al confino, costretti all’esilio, Matteotti, Amendola, i fratelli Rosselli, Gramsci, don Sturzo, don Minzoni, Trentin, Pertini, Spinelli, Anselmi, Venturini, Zanotti, Cremoni, Tonelli, Benetti e tanti altri, gran parte dei quali rimasti anonimi o sconosciuti ai più i quali, non potendo manifestare nelle piazze dove gli squadristi impedivano ogni esercizio di libertà, si fecero artefici di una resistenza quotidiana, rifiutarono di piegarsi al regime, lottarono per un’Italia diversa coltivando e alimentando l’ideale “di creare una società retta sulla volontaria collaborazione degli uomini liberi ed uguali, sul senso di autoresponsabilità e di autodisciplina che necessariamente si stabilisce quando tutti gli uomini si sentono ugualmente artefici e partecipi del destino comune, e non divisi tra padroni e servi“ (Piero Calameandrei). Il destino della dittatura fascista era scritto già dalla sua nascita, non poteva essere che una parentesi, tragica e dolorosa, nella storia dell’Italia, destinata a crollare di fronte all’inevitabile rivolta, in nome dell’affermazione dei diritti irrinunciabili e inalienabili dell’uomo, senza i quali una società non solo non può definirsi umana ma neppure esistere. Il regime fascista non cadde solo a causa della guerra e dell’intervento degli Alleati, ma anche per la spinta che venne da una sollevazione di popolo, da un moto profondo di ribellione che partì dalle coscienze e si fece insurrezione e lotta armata di liberazione sulle montagne, per le strade delle città, nei reparti dell’esercito che voltarono le spalle alla dittatura e agli invasori suoi alleati e combatterono dalla parte dei cittadini, onorando il giuramento di fedeltà all’Italia. La liberazione fu possibile grazie a uomini e donne appartenenti a un ampio schieramento politico, cattolici, socialisti, azionisti, monarchici, liberali, comunisti, che si chiamavano tutti con un solo nome: Partigiani. La Resistenza non fu un derby tra comunisti e fascisti, ma una lotta tra democratici di ogni orientamento e fascisti.
Coltivare la memoria è indispensabile per smascherare le falsità di certo revisionismo storico e fermare il tentativo mistificante di parificare i valori di chi combatté dalla parte giusta per la libertà e l’indipendenza nazionale, a quelli di quanti invece si schierarono dalla parte sbagliata al servizio dei nazisti e della dittatura. Bellissime e inequivocabili sono le parole di Italo Calvino: “Lo spirito dei nostri e quello della brigata nera non sono la stessa cosa, ma tutto il contrario. Perché qui si è nel giusto, là nello sbagliato. Qua si risolve qualcosa, là ci si ribadisce la catena. Quel peso di male che grava sugli uomini nel Dritto, quel peso che grava su tutti noi, su me, su te, quel furore antico che è in tutti noi, e che si sfoga in spari, in nemici uccisi, è lo stesso che fa sparare i fascisti, che li porta a uccidere con la stessa speranza di purificazione, di riscatto. Ma allora c’è la storia. C’è che noi, nella storia, siamo nella parte del riscatto, loro dall’altra.”(I. Calvino – Sul sentiero dei nidi di ragno).
La memoria è risposta alla domanda su chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo.
Buon 25 aprile, festa della Resistenza e dell’Italia liberata!
Il lockdown a causa del Covid19 che per tanti ha significato una pausa forzata, per i ragazzi della Protezione Civile di Roccagorga ha significato invece un extra impegno che sono riusciti a portare a termine grazie alla passione, alla coordinazione esemplare da parte dei loro vertici e alla sinergia con l’Amministrazione Comunale. Il Centro Operativo Comunale p stato infatti aperto il 13 marzo e ha visto impegnati circa 30 volontari. Volontari che in poco più di un mese, ovvero fino al 14 aprile, hanno consegnato 1711 spese alimentari, 1089 consegne di farmaci a domicilio effettuate, consegnato 174 pacchi di spesa solidale, 750 mascherine rifornite a Forze dell’Ordine, Polizia Locale, dipendenti pubblici, commercianti, operatori ecologici attivi sul territorio, farmacisti, operatori di Protezione Civile, case famiglie e residenze per anziani. Sono state 1300 le mascherine artigianali consegnate ai cittadini, 420 le uova di Pasqua portate a casa dei bambini residenti sul territorio, 60 le colombe pasquali, 690 autocertificazioni cui si aggiungono le 39 rilevazioni con termometro infrarossi effettuate, 2 interventi a supporto del 118 per altrettante emergenze e 2 consegne a casa di tablet per le video lezioni. Il tutto con la perla, rappresentata la consegna del pranzo fatta all'ospedale Santa Maria Goretti di Latina per dimostrare la propria solidarietà e vicinanza al personale medico e infermieristico impegnato in prima linea contro il Covid 19.
La Protezione Civile Comunale di Roccagorga è così composta
- Palombi Pio-Delegato Pc Comunale
- De Nardis Alessandro-Responsabile Coc
- Babbo Roberto- Responsabile Dpi
- Ciarmatore Tommaso-Responsabile Area Sociale
- Pietrosanti Marco-Responsabile Area Medicinali
- Ciani Luca-Responsabile Area
Comunicazioni
- Telolli Giorgio- Responsabile Area Accoglienza
- Orsini Fabio-ResponRaccolta Dati
I nomi dei volontari
Sanges Davide, Romanzi Giulia, Nardacci Stefano, Fusco Antonio, Minarchi M. Onorata, Agnessi Emilio, Ciotti Onorata, Battisti Giovanni ,Fusco Loredana, Coia Vincenzo, Agostini Matilde, Palombi Pio, Briganti Gianluca, Battisti Luca, Guerrieri Mi chele, Agnessi Erasmo Ciotti Carlo e Sanges Simone
I volontari della Protezione Civile
In attesa dei nuovi decreti ministeriali e soprattutto dei protocolli da mettere in atto per garantire sicurezza e incolumità dei clienti, molte attività commerciali continuano a soffrire la chiusura imposta dal covid19. Gli appelli alla riapertura si moltiplicano e si diffondo da Provincia a Provincia, da Comune a Comune. Una delle categorie più colpite e che sta facendo sentire il proprio grido è quella dei parrucchieri e delle estetiste. In ogni dove ci sono accorati appelli per chiedere maggiore attenzione per un settore, come altri, fermo dai primi decreti e che rischia di essere definitivamente compromesso e danneggiato. Anche a Sezze molti operatori del settore sono in ansia e si uniscono al coro degli appelli che si leggono in tutte le Regioni. In attesa di disposizioni governative, anche a Sezze, hanno iniziato a riorganizzare gli spazi per garantire il distacco necessario come richiesto dalle norme. Sono molti i dubbi e le domande che parrucchieri ed estetisti si stanno ponendo ma ciò che chiedono a gran voce e di poter riprendere a lavorare. Questa è una categoria, inoltre, che rischia di essere danneggiata dagli abusivi, in barba a di chi è rimasto chiuso rispettando le misure e le restrizioni imposte dal governo. Le amministrazioni locali, ovviamente, non hanno autonomia e non potrebbero assolutamente intervenire e prendere decisioni diverse rispetto a quelle delle Regioni e del Governo. Quella dei barbieri e degli estetisti però sono categorie che rischiano di essere lasciate per ultime, visto il contatto ravvicinato con i clienti, ma è necessario, anche per questo, rimodulare un nuovo modello di sviluppo economico e professionale, adeguato alle misure e alle doverose regole dovute dal coronavirus. Acconciatori ed estetisti, come altri, stanno attraversando una delle crisi economiche più profonde degli ultimi 50 anni e si auspica che nei nuovi decreti, dopo il 4 maggio, ci siano delle condizioni per permettere anche a loro di riaprire, limitando al massimo la possibilità di contagio. In altre città sono state avanzate proposte e condizioni per la riapertura dei locali, ad esempio per un solo cliente all’interno del negozio e con accorgimenti per evitare contatti: pannelli in plexiglas e altri accorgimenti. Ci potrebbero essere, ad esempio, delle aperture limitate previo appuntamento con il cliente, sempre con le restrizioni necessarie e con gli accorgimenti di sicurezza. Vedremo.
C’è un ragazzo di 34 anni che questo particolare periodo di quarantena lo sta vivendo in una maniera singolare. Si chiama Erasmo Corsi, è di Roccagorga, è il Presidente della Protezione Civile del suo paese, ma da gennaio è ricoverato all’Icot di Latina, ormai vicino alle dimissioni dopo aver rischiato di rimanere su una sedia a rotelle a causa di una caduta. La sua forza di volontà lo sta portando fuori da un calvario e fuori troverà un mondo cambiato, così come è cambiato lui dopo questa esperienza.
Da quando sei in ospedale e perchè?
Sono in ospedale ormai da quasi tre mesi...per colpa di una caduta lo scorso 12 gennaio...
Sei entrato in all’ICOT che fuori vivevamo la normalità, uscirai, speriamo quanto prima, con la realtà stravolta dall’emergenza Coronavirus e le norme di contenimento del virus che hanno stravolto la nostra vita
Com’è vivere questo momento particolare in ospedale?
Sono entrato in ospedale che fuori c’era la normalità e adesso che uscirò troverò un altro mondo…
Questo momento è un momento particolare per tutti e viverlo in un ospedale è difficile. C’è massima attenzione, tutti protetti da mascherine e visiera e non si può avere un abbraccio da parte di chi ti sta vicino anche per darti un conforto morale. Devo però dire che i tantissimi messaggi che mi arrivano e le bellissime parole di conforto da parte del personale sanitario dell' Icot che mi sono stati sempre vicino dai medici infermieri terapisti, mi hanno fatto sentire lo stesso coccolato da persone fantastiche.
Quanto ti manca la Protezione Civile?
La Protezione Civile mi manca tantissimo, è stata sempre una mia passione sin da piccolo fino ad arrivare ad essere quello che sono oggi grazie anche a chi ha creduto in me e mi ha dato fiducia. Ringrazio di questo i miei compagni di squadra e le tante altre persone che mi hanno aiutato e sono loro che mi mancano di più
Hai saputo anche di tutto il lavoro svolto dai volontari della Protezione Civile in questi giorni così particolari con la consegna delle uova di pasqua per i bambini e i pacchi di spesa solidale per le famiglie in difficoltà
Ho visto sui social la consegna delle uova di Pasqua; è stato un bellissimo gesto da parte non solo della mia Protezione Civile ma anche di tutte le altre nella nostra provincia. Aiutare non fa mai male ed é un gesto che deve partire dal cuore perché se lo si fa con il cuore lo si fa con amore verso chi in questo momento si trova in serie difficoltà.
Non sono mancati purtroppo, anche durante la quarantena, gli incendi:
Anche in questo periodo c è sempre chi si diverte ad appiccare incendi ma queste io non le ho mai definite persone ma soltanto criminali perché chi è capace di bruciare una montagna è capace secondo me anche di ammazzare una persona.
Un messaggio a Roccagorga e a tutti gli altri che sono fuori
Il messaggio che voglio mandare al mio paese ma anche a tutte le persone che stanno vivendo questo momento è quello di continuare a restare in casa e continuare a lottare per raggiungere un obbiettivo comune quello di uscire al più presto da questa pandemia e di tornare ad abbracciarci come una volta, ma questo sarà possibile soltanto se tutti insieme collaboriamo e rispettiamo le regole
Uno ai tuoi amici di Protezione Civile, su tutti Tommasino Ciarmatore e Gianluca Calvano?
I ragazzi delle p.c stanno dando l’anima da circa due mesi voglio citare due miei fratelli Gianluca Calvano e Tommaso Ciarmatore, impegnati in questo momento ad aiutare le tante persone, a loro voglio mandare un mio saluto. Appena uscirò dall'ospedale dovrò stare per un po’ di tempo sicuramente fermo, pensare a quello che ho passato e soprattutto ricominciare di nuovo un’altra vita in cui non potrò di nuovo fare tutto quello che facevo prima.
Purtroppo qualcosa cambierà:
Questo caduta mi ha segnato e sicuramente insegnato tante cose. A settembre inizierò una preparazione che mi porterà a fare nel 2021 una cosa che ho sempre sognato insieme ad altre persone, in particolare una ma per ora non vado oltre.
Una cosa che mi ha insegnato questa esperienza e quella di dire alle tante persone che in questo momento si trovano in quelle che erano le mie condizioni, a non mollare nemmeno un secondo perché come ce l'ho fatta io ce la faranno anche loro. La parola mollare non fa parte del mio dna come tanti mi conoscono e sanno, io nella mia vita non mi sono mai arreso a nessun tipo di problema non mi sono mai messo paura di affrontare qualsiasi cosa e ridevo quando ero seduto su quella carrozzina perché in me sapevo che un giorno sarei riuscito ad alzarmi e tornare a vivere come tutti. Ora posso dire di avercela fatta e l unico momento che sto aspettando e quello delle mie dimissioni per tornare a casa.
La politica è fatta anche di buon senso, di rispetto reciproco e soprattutto di senso di responsabilità. Avere la consapevolezza di essere amministratore di una città significa pur sempre essere comunque cittadino, genitore, nonno, zio, insomma una persona che ricopre sì un ruolo istituzionale ma pro-tempore. In questo lungo periodo di quarantena credo che di una cosa dobbiamo essere fieri, e cioè del rispetto del momento tragico che stiamo vivendo da parte degli amministratori della nostra città. Non prendendo nemmeno in considerazione qualche sciacallaggio mediatico, speculativo, creato ad arte dai soliti aizzatori, i nostri amministratori in questa fase hanno dimostrato rispetto, educazione e umiltà. Non è vero come qualcuno continua a sostenere che la politica si è fermata, che la maggioranza e l’opposizione hanno smesso di ricoprire i rispettivi ruoli e se ne stanno da giorni con le mani in mano. E’ vero invece che i consiglieri comunali della nostra città hanno giustamente e coscientemente messo da parte invettive e azioni politiche per il dramma che tutti stiamo vivendo. Hanno utilizzato l’arma e la politica del sentimento. Ancora una volta, come era avvenuto per il passato, la politica setina, quella sana e perbene, si è dimostrata fucina di responsabilità e di sensibilità rispetto ad altri Comuni dove, in più occasioni, abbiamo assistito a manifestazioni e propagande elettorali disgustose. Ai nostri rappresentanti istituzionali e soprattutto ai rappresentanti delle opposizioni consiliari va quindi riconosciuto un temperamento, un attaccamento e una sensibilità genitoriale ammirevole. Avrebbero potuto fare la parte da leone su molte questioni ancora in sospeso ma hanno volontariamente fermato le bocce. In questi mesi nessuno dei consiglieri comunale è venuto meno al proprio ruolo, ma lo ha fatto restando in silenzio, chiedendo espressamente che su di loro non venissero accesi i riflettori della visibilità, dell'egocentrismo, nel rispetto del momento che stiamo vivendo. La politica non si è fermata, si è fermata momentaneamente quella dialettica che è pur sempre il condimento dell’agone politico, di cui in alcuni periodi però ne siamo schifati e sconcertati.
Il virus e il filo d'oro della solidarietà
Scritto da Luigi De Angelis
Si racconta che nel Giappone del XV° secolo viveva il nobile Ashikaga Yoshimasa, VIII° shogun dello shogunato Ashikaga, generale dell’esercito imperiale e feudatario, il quale amava bere il tè dalla sua tazza preferita. Un giorno mentre sorseggiava il tè, la tazza gli scivolò dalle mani e rovinò a terra, infrangendosi in numerosi pezzi. Sconsolato per l’accaduto raccolse fino al più piccolo frammento e li inviò in Cina affinché fosse riparata, non volendo rinunciare alla tazza. Quando le venne restituita constatò però che i pezzi erano stati riattaccati con legature di metallo brutte e poco funzionali. La sua tazza sembrava fatalmente perduta. Ashikaga Yoshimasa era così legato alla sua tazza che non si arrese e l’affidò alle cure di artigiani giapponesi, che sorpresi dalla sua tenacia nel cercare di riaverla, decisero di ripagare i suoi sforzi. Trascorsi alcuni giorni restituirono la tazza allo shogun, il quale constatò che era stata riparata in maniera eccellente, arricchita e impreziosita, essendo state le fessure riempite con una resina laccata e ricoperta d’oro. La tazza era più bella e possedeva un valore più grande. Gli artigiani crearono così la tecnica dello kintsugi, del riparare con l’oro, che si diffuse in tutto il Giappone. L’oggetto rotto veniva trasformato in qualcosa di prezioso, sia per l’oro che ricopriva le fratture, sia perché acquisiva veste nuova con le linee dorate d’irripetibile casualità che lo rendevano unico.
Lo kinsugi oltre ad essere un’arte, è simbolo e metafora del modo di affrontare avversità, rovesci e sofferenze. L’imperfezione, la crepa, la ferita raccontano la vita, sono preziosità che esaltano e rivelano il cammino di ricostruzione, sono come le cicatrici del guerriero che torna dal campo di battaglia. Occorre valorizzarle, sono un tesoro da cui attingere e imparare. La guarigione non è mai istantanea, richiede tempo e pazienza, ma ci irrobustisce e ci rende unici. Come la pelle si riforma più spessa e forte dove ci tagliamo formando la cicatrice, così quando patiamo dolori e ferite nell’animo ne usciamo fortificati e maturati.
Nel nostro mondo governato dalla logica del materiale e dell’efficiente, dello scarto e dell’inutilità non solo delle cose ma anche delle persone non rispondenti a criteri di produttività, arricchimento e bellezza estetica, la sofferenza di questi giorni ci obbliga a prendere atto della nostra fragilità, a misurarci con lo sgretolamento di sicurezze personali, affettive, sociali, economiche. La pandemia segna una rottura che investe i diversi piani del nostro vivere, ha carattere non transitorio e costituisce un passaggio, una cesura storicamente rilevante. Il virus ci accompagnerà per un tempo lungo o breve, questo al momento non lo sappiamo, dovremo conviverci fin quando non verrà sconfitto dalla scienza. Sicuramente il nostro domani sarà diverso rispetto a ciò che è stato il nostro ieri ed è il nostro presente, ma la direzione verso cui evolverà questa alterità dipenderà dalla nostra capacità di prendere in mano noi stessi, di raccogliere i frammenti sparsi delle nostre vite, di ricucirli e ritesserli pazientemente, non solo a livello personale ma anche relazionale e sociale. Dobbiamo assumere al contempo la veste dello shogun, con la sua caparbietà di non rinunciare alla tazza da tè tanto amata e degli artigiani in grado di inventarsi una nuova arte della ricucitura, con cui restituire vita, bellezza e futuro a quanto ritenuto perduto, inutilizzabile e di cui disfarsi. Le cicatrici saranno i segni della battaglia combattuta, dello scontro da cui ci siamo rialzati, della vittoria conquistata, della nuova occasione guadagnata e non dovremo nasconderle né vergognarcene. La strada da percorrere non sarà facile, ci riserverà passaggi impervi, c’imporrà di rivedere stili di vita, abitudini, convinzioni e avremo meno disponibilità per il superfluo e l’effimero. Nondimeno costituisce una opportunità per ricostruire e ricostruirci usando un collante eccezionale e prezioso: la solidarietà. Si tratta di far leva non su un sentire di reciproca vicinanza legato al contingente che viviamo, ma di riconoscere validità e dare corpo a ciò che in questi giorni abbiamo sentito ripetere: ci salveremo non da soli, ma tutti insieme.
Tutto vero, giusto e condivisibile, ma alcuni segnali che si vanno manifestando non sono rassicuranti. Personalmente non nutro antipatie lessicali, ma il termine ripartire, impiegato in dibattiti e discussioni per indicare la necessità di rimettere in moto la macchina produttiva del nostro paese e riprendere la socialità, pur con le dovute cautele per scongiurare una ripresa del contagio, indispensabile vista la oggettiva impossibilità di permanere in condizione di stasi a tempo indeterminato e perchè deleteria economicamente, mi cagiona allarme. La sensazione è che alcuni ormai da un po’ orfani di visibilità mediatica e magari in crisi di consensi, lo intendano come un riprendere esattamente da dove ci siamo fermati prima d’essere investiti da questo tsunami. E così sono ricominciate le polemiche sterili e fondate sul nulla, le giravolte, le intraprendenze fuori luogo, le smanie di onnipresenza, è ripartita la macchina del fango con bugie e insulti, si è ripreso a soffiare sul fuoco del rancore sociale, si sono tornati ad additare i soliti nemici contro cui scagliarsi, sperando di innescare e di lucrare sui conflitti tra noi e gli altri, i penultimi e gli ultimi, i poveri e i poverissimi, gli italiani e gli immigrati, scommettendo che sconforto, difficoltà economiche o superficialità inducano molti a cadere nel tranello premiando i ritrovati provocatori.
Il fallimento dei violenti manipolatori, dei professionisti dell’odio e del risentimento, dei fomentatori degli egoismi personali e di gruppo, di quanti classificano le persone per appartenenza etnica, linguistica, culturale, religiosa e per provenienza geografica è l’unica speranza. Se li lasceremo prevalere i tempi difficoltosi che ci aspettano diverranno insostenibili e ci trascineranno nel sicuro fallimento. Soltanto se sapremo ricucire le fratture personali e sociali con il filo d’oro della solidarietà tutti insieme avremo un futuro.
Gente a spasso come se nulla fosse. Macchine in giro. Persone che si godono tranquillamente il sole nelle piazze e nei parchi della città. Non è una sensazione ma è abbastanza evidente che molti cittadini, in barba ad altrettanti che sono chiusi in casa da 40 giorni nel pieno rispetto delle misure imposte dal governo, hanno abbassato la guardia e hanno iniziato (forse mai smesso) di fregarsene del coronavirus e dei rischi di contagio. Sono molte le segnalazioni di strade piene di gente che senza alcuna ragione passeggiano e chiacchierano del più e del meno per comprare 1 litro di latte. Anche il via vai delle macchine è aumentato, sia nel centro che nella pianura. Attraversando Sezze Scalo oggi si ha l’impressione che le restrizioni del governo non ci siano mai state. Girando per la periferia alta della città rispetto a qualche settimana fa gli atteggiamenti sono molto cambiati. Le continue richieste dell’amministrazione comunale di restare a casa per molti sono diventate voce al vento, messaggi inutili. E’ assurdo. Eppure la gravità della situazione a tutti i livelli non è per nulla cambiata: per coronavirus ancora muoiono 500/600 persone al giorno e anche se la curva dei contagi è scesa di poco, con oscillazioni ovviamente, la partita è ancora lunga e ogni sforzo potrebbe essere vanificato in pochi giorni a causa di questi atteggiamenti scellerati. Paesi a noi vicini come Fondi e Itri non bastano come monito? Non è accettabile che molti residenti continuino a non rispettare le restrizioni. Ci sono ovviamente comunitari ed extracomunitari, senza distinzione. Il territorio comunale è vasto ed è impossibile un controllo ed un monitoraggio costante. Dovrebbe essere il buon senso civico a dare il maggior contributo, cosa che non sta avvenendo per molti casi. La Polizia Locale sta lavorando molto per far rispettare le misure di contenimento e tutte le restrizioni. Nei giorni scorsi ci sono stati cittadini denunciati e multati ma evidentemente non basta. Serve allora un rafforzamento dei controlli anche con l’ausilio di personale volontariato autorizzato. Serve polso e personalità per gestire emergenze. I messaggi all'acqua di rosa sono inutili.
Altro...
In data odierna, il personale della Squadra Mobile ha tratto in arresto C. S. di Sezze (LT) classe 1989 e di Ceccano (FR) classe ‘89 perché responsabili, in concorso tra loro, del reato di detenzione di sostanza stupefacente del tipo Cocaina e Hascisc. I poliziotti hanno sequestrato a loro carico kg. 2,400 di sostanza stupefacente del tipo cocaina e kg.4,010 di sostanza stupefacente del tipo hashish. I due soggetti venivano fermati alle ore 13.00 odierne mentre percorrevano la strada reg. 148 all’altezza del centro abitato di Latina a bordo di un’ autovettura di grossa cilindrata sulla quale, previa apposita modifica, era stato ricavato un “sistema” consistente in un vano occulto, apribile attraverso un pistone idraulico, ed al cui interno era custodita la sostanza stupefacente che gli uomini della Polizia di Stato rinvenivano anche grazie all’int ervento dei cani poliziotto antidroga Enduro e Faye del gruppo cinofili di Nettuno. Nel corso delle successive perquisizioni domiciliari che venivano effettuate in conseguenza dell’arresto, tra le province di Latina e Frosinone, venivano rinvenuti ulteriori grammi 950 di sostanza stupefacente del tipo cocaina e grammi 166 di sostanza stupefacente tipo hashish, oltre alla somma in contanti di sessantamila euro circa, che venivano sottoposti tutti a sequestro penale. Infine l’attività di Polizia proseguiva con ulteriori perquisizioni effettuate nei confronti di tutti i congiunti degli arrestati. A casa di uno essi, con l’ausilio del cane anti esplosivo Fester si perveniva anche al rinvenimento di una pistola semiautomatica modello Colt Springfield calibro 45 con relativo munizionamento e matricola abrasa, oltre a cinque fucili uso caccia e, relativamente a questi ultimi, circa mille cartucce di vario calibro. Di conseguenza veniva tratto in arresto anche D. V. A. nato a Priverno classe 1974 , per violazione della legge sulle armi. Per tali fatti i tre individui sono stati arrestati e dopo le formalità espletate associati alla Casa Circondariale di Latina per ivi rimanere a disposizione dell’A.G. Le indagini continuano per disvelare ulteriori particolari sulla organizzazione dedita al traffico di stupefacenti.
Dopo il covid19 saremo migliori? Consigli utili
Scritto da Vincenzo Mattei
"Niente sarà più come prima": è la frase più ricorrente sui giornali, in TV, per strada. La ripetono gli scienziati, i politici, i laici e i sacerdoti. Questa lunga quarantena, che non ci ha risparmiato neanche la Pasqua, ci obbliga a ripensare il nostro modo di vivere e a riflettere sulla fragilità di tutti gli uomini. Mentre si spera che finisca la fase 1 e si passi rapidamente alla fase 2 e 3, al fine di non dimenticarci (come spesso ci capita!) le sofferenze passate, mi pare doveroso annotare un elenco di semplici e buone riflessioni che ci possono fare compagnia.
- inquinare e sprecare l'aria, l'acqua, la terra (elementi essenziali alla nostra sopravvivenza): non ce lo possiamo più permettere
- è necessario lasciare stare gli animali, gli uccelli, i pipistrelli nei loro siti naturali per evitare le contaminazioni di specie;
- avvilirsi per la mancanza di beni superflui e voluttuari, non vale la pena, perché possiamo benissimo farne a meno;
- le cose più semplici, come la libertà di muoversi, di uscire di casa, di incontrare gli amici, ritenute scontate e ovvie, rappresentano la base del nostro vivere e, se mancano, si rischia la depressione e l'impazzimento;
- se poi non vediamo e non sentiamo più i nipotini e i figli, allora ci accorgiamo che la vita non ha senso;
- la solidarietà verso i più deboli ci riempie di una gioia intima ma indefinibile;
- la peste ci ha scoperti indistintamente tutti fragili e impotenti, senza differenza di censo, di sesso, di colore;
- non è dignitoso sperare nelle preghiere di Papa Francesco se non capiamo che Dio non si cerca ma si accoglie facendo del bene al prossimo;
- in casi di emergenza non si deve andare in ordine sparso, tanto per far vedere di essere i primi della classe: serve una cabina di regia livello nazionale, europeo e internazionale: la peste non conosce muri, steccati e barriere;
- e infine: si dice giustamente che un vero amico si riconosce nel momento del bisogno. Ebbene: il virus che sta infestando l'intero pianeta dimostra che l'intervento pubblico degli Stati nazionali e internazionali resta fondamentale per la tutela della salute, per il rilancio dell'economia, per la protezione della popolazione, per la ricerca dei farmaci e dei vaccini. Chi ha osannato selvaggiamente al libero mercato che avrebbe creato ricchezza e benessere per tutti, che la sola impresa privata avrebbe dovuto sostituire quella pubblica, che il privato avrebbe assicurato " le magnifiche sorti e progressive" (Leopardi), dovrebbe riflettere un po’. La crisi mondiale dell'economia sta dimostrando platealmente che non è così e che lo Stato non può essere considerata un ferro vecchio e arrugginito. In questa drammatica emergenza, infatti, tutti invocano l'intervento massiccio dello Stato. Persino Trump, il campione del liberismo, ha fatto retromarcia di fronte al dilagare della peste nel suo Paese contribuendo con un massiccio intervento finanziario; altrettanto la Merkel, per non parlare della Cina, immenso Paese dove ancora vige un regime comunista. Il coronavirus ci fa capire che le idee di democrazia, di uguaglianza e di giustizia non sono affatto estinte e che, soprattutto, è lo Stato che deve governare l'economia e la società e non viceversa.
Nei giorni scorsi il primo cittadino Sergio Di Raimo sul suo profilo social istituzionale ha riportato la notizia dell’approvazione, da parte della Giunta, del progetto definitivo dei lavori di messa in sicurezza del plesso scolastico Valerio Flacco di via Bari a Sezze Scalo. Nella nota “social” del sindaco si aggiunge che il quadro economico del progetto prevede una spesa complessiva di 519.000 euro, in parte già presenti nel bilancio comunale, in parte di provenienza dalla Regione Lazio e altri dalla devoluzione dei residui mutui già contratti dal Comune. Benissimo. Detta così sembra cosa fatta… ma la realtà, purtroppo, è altra cosa, ed è una dura lotta contro il tempo, in attesa e, soprattutto, nella speranza che arrivino i soldi dall’Ente regionale. I tempi sono strettissimi perché entro il mese di agosto, quindi entro quattro mesi, stando alla relazione di verifica di idoneità statica del fabbricato della Flacco firmata dall’Ing. Giannetto, o i lavori di consolidamento vengono ultimati o il sindaco dovrà chiudere la scuola. Il ruolo da leone quindi lo avrà la Regione Lazio, perché nelle casse comunali non ci sono soldi a sufficienza per fare nulla, e nemmeno si potrebbero iniziare i lavori con le somme disponibili. Nel bilancio di previsione il Comune di Sezze, infatti, ha previsto soli 130 mila euro e i 389 mila euro che mancano per il progetto definitivo (519 mila euro) sono appesi proprio alle speranze del finanziamento regionale richiesto solo ieri, quando Di Raimo ha firmato la richiesta corredata dal progetto definitivo. Se poi la somma proveniente non dovesse essere sufficiente a coprire l’intero quadro economico approvato, il Comune di Sezze sarebbe costretto a fare ricorso alla devoluzione dei residui di mutuo già attivati. Altro capitolo questo molto spinoso. Per anni il Comune è rimasto ingessato per i tanti mutui accesi per la costruzione, ad esempio, delle scuole a Ceriara e Melogrosso, del centro sociale, dei marciapiedi e della Piazza ferro di Cavallo, tutti mutui che ancora oggi gravano sulle casse. Il ricorso al mutuo però è stata sempre l'unica soluzione, e sarebbe stato così anche per la Flacco se fosse stato acceso due anni fa.
Il sindaco Sergio Di Raimo
La politica ai tempi del Covid19, dalle autocelebrazioni ai falsi miti
Scritto da Alessandro Mattei
La politica ai tempi del coronavirus è molto cambiata, adattandosi immediatamente alla ricettività social. Nel corso di questa lunga quarantena abbiamo assistito a notiziari sacrosanti sull’aggiornamento del Covid19, a bollettini utili e a messaggi istituzionali necessari e molto importanti per la collettività. Ma abbiamo visto anche clamorose manifestazioni di onnipresenza, vertiginose capovolte, falsi miti, girandole varie e assurde intraprendenze del tutto fuori luogo che fanno pensare ad un clima da campagna elettorale avviata. Siamo sicuri, anzi stra-sicuri, della buona fede dei più e di quelli che ci sono sempre stati, mentre restiamo sconcertati e basiti da nuove presenze striscianti o da gruppi tali che, vuoi o non vuoi, ti mettono la pulce nell’orecchio, senza fare peccato però. Saranno i prossimi mesi a scoprire gli altarini e a mettere in luce quelle che sono state le vere e buone intenzioni e quelle che sono stati solo secondi fini. Non è vero come qualcuno sosteneva che la vita sui social è una vita virtuale e quindi romanzata. E’ vero esattamente il contrario: facebook e altri social sono lo specchio di quello che realmente siamo ma che, evidentemente, non riusciamo a manifestare fisicamente e a trasmettere chiaramente alle persone che conosciamo o che vogliamo conoscere. Ed ecco allora che sui social si incontrano molte persone equilibrate ma anche molti imbecilli, molti ipocriti come persone perbene, così come nella vita di tutti i giorni. Ci sono persone che vogliono autocelebrarsi, altri che preferiscono nascondersi, altri ancora che intervengono quando è veramente necessario. Insomma anche il mondo social è bello perché è vario ma quando tutto sarà finito inizieremo a tirare le somme, e a capire chi voleva cosa e chi voleva arrivare dove. Le tracce sui social le abbiamo tutti, ed è anche quella la storia di ognuno di noi.